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Per il Compleanno di Papa Benedetto e per ricordare l'Anniversario della sua elezione

Ultimo Aggiornamento: 20/04/2014 01:05
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14/04/2014 09:33


"voce di uno che grida nel deserto".... ma noi vogliamo farci autentici testimoni del Risorto,

ringraziando Papa Benedetto per il suo immenso insegnamento, è il nostro modo di ricordare

il suo 87° compleanno (il 16 aprile) e l'Anniversario della sua elezione a Sommo Pontefice

(il 19 aprile) 



   












 

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16/04/2014 15:36


Compie 87 anni Benedetto XVI, "nonno" che indica la strada di Dio ai "nipoti" nella fede



La Chiesa si stringe oggi attorno a Benedetto XVI che festeggia il suo 87.mo compleanno. Il Papa emerito è nato il 16 aprile 1927 a Marktl am Inn, un paesino della Baviera. La sua vita è narrata, fra l’altro in una nota autobiografia, ma in diverse occasioni, durante il Pontificato, Benedetto XVI ha ricordato momenti della sua giovinezza spesso dialogando con dei bambini. Alessandro De Carolis ricorda in questo servizio alcune di questi incontri:RealAudioMP3 

Per Papa Francesco è affettuosamente il “nonno”, che vive alla porta accanto e alla cui saggezza è possibile attingere in ogni momento. In questa affermazione viene immediatamente in risalto di Benedetto XVI quello che di lui è universalmente noto, le sue qualità di dottrina, finezza teologica, fede adamantina. Papa Benedetto è nella e per la Chiesa un chiaro maestro. Ma la parola “nonno” evoca anche altro, una caratteristica spesso poco considerata dalla “ritrattistica” ufficiale, che tende a celebrare le doti del Pontefice trascurando i tratti dell’uomo. Il nonno è tale perché ha dei nipoti e i nipoti sono bambini, ragazzini, che hanno un rapporto intimo con lui, sono attirati dalle sue storie raccontate a tu per tu, che parlano di cose mai sentite, avvenute tanto tempo fa. Questo piace ai nipoti, che non hanno invece interesse per l’eventuale aura di prestigio pubblico di cui gode il loro nonno. Ed è questo il “nonno” che vogliamo ricordare oggi: Joseph Ratzinger, l’uomo dalla simpatia soave più che plateale, temperata da un naturale riserbo, ma non per questo meno genuina, emersa proprio in quelle occasioni in cui Papa Benedetto ha potuto parlare come un nonno a dei bambini, ricordando se stesso bambino. Per esempio, in una di quelle a lui care domeniche trascorse famiglia:

“La domenica cominciava già il sabato pomeriggio. Il padre ci diceva le letture, le letture della domenica (...) Il giorno dopo andavamo a Messa. Io sono di casa vicino a Salisburgo, quindi abbiamo avuto molta musica – Mozart, Schubert, Haydn – e quando cominciava il
Kyrie
era come se si aprisse il cielo. E poi a casa era importante, naturalmente, il grande pranzo insieme. E poi abbiamo cantato molto: mio fratello è un grande musicista, ha fatto delle composizioni già da ragazzo per noi tutti, così tutta la famiglia cantava. Il papà suonava la cetra e cantava; sono momenti indimenticabili”. (Incontro mondiale delle famiglie, 2 giugno 2012). 

Squarci di vita di un bambino che diventerà Papa e che parla a dei bambini come parlerebbe un nonno. Il quale non trasmette solo ricordi, ma il valore che quei ricordi portano con sé. Ad esempio, il valore senza prezzo che per dei bambini hanno la serenità e la sicurezza di una famiglia unita:

“Abbiamo fatto insieme viaggi, camminate; eravamo vicino ad un bosco e così camminare nei boschi era una cosa molto bella: avventure, giochi eccetera. In una parola, eravamo un cuore e un’anima sola, con tante esperienze comuni, anche in tempi molto difficili, perché era il tempo della guerra, prima della dittatura, poi della povertà. (...) E così siamo cresciuti nella certezza che è buono essere un uomo, perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei genitori e nei fratelli”.

E si rifletteva anche negli amici, che prima di esserlo erano degli sconosciuti, poiché la famiglia Ratzinger non era originaria del paesino dove il piccolo Joseph visse i primi anni di scuola. Colpisce allora – in un’epoca di paradossi, in cui la diversità provoca ancora barricate e dove, per altri versi, la tolleranza al diverso è un valore da imporre anche schiacciando – ascoltare una testimonianza di integrazione dove il traguardo del rispetto duraturo è raggiunto perché si ha avuto la pazienza di passare, sbagliando e ricominciando, per la strada del dialogo:

“La nostra famiglia poco prima dell'inizio della scuola elementare era arrivata in questo paese da un altro paese, quindi eravamo un po' stranieri per loro, anche il dialetto era diverso (…) Non eravamo santi: abbiamo avuto i nostri litigi, ma tuttavia c'era una bella comunione, dove le distinzioni tra ricchi e poveri, tra intelligenti e meno intelligenti non contavano (...) Abbiamo trovato la capacità di vivere insieme, di essere amici, e benché dal 1937, cioè da più di settanta anni, non sia più stato in quel paese, siamo restati ancora amici. Quindi abbiamo imparato ad accettarci l'un l'altro, a portare il peso l'uno dell'altro”.

Ricordi, e valori, di un “nonno” – ma anche un maestro di anime – che ai suoi “nipoti spirituali” non affida tanto l’emozione e la commozione di una bella storia di famiglia, ma con quella storia indica una strada sicura, solida, per una vita che sia profondamente felice. Una strada che per lui, che ne ha già percorsa un lungo tratto, è anche viaggio che continua verso una terra promessa:

“In questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare ‘a casa’, andando verso l’’altra parte del mondo’”.




Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/04/16/compie_87_anni_benedetto_xvi,_nonno_che_indica_la_strada_di_dio_ai/it1-791307 
del sito Radio Vaticana 




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16/04/2014 16:00




In quel Sabato Santo
del 1927, il 16 aprile
intonava il suo canto.
*
Dalla Baviera, la Provvidenza
che tutto muoveva,
il suo sacerdozio e ministero promuoveva.
*
Raggiunse Roma
come l'orso di san Corbiniano,
lavorando per sempre all'ombra del colonnato berniniano.
*
Habemus Papam! riecheggiò nel mondo
quel 19 aprile del 2005:
Difensore della Fede, ma lo trattarono da immondo.
*
Nella sobrietà e nel silenzio del suo Pontificato
non esitò di farsi carico della croce,
sulla quale il mondo l'ha inchiodato.
*
Causa dimissionaria fu quel "morire a se stesso",
non s'è invecchiato per i suoi 87 anni,
con Cristo sul Monte affronta gli stessi tiranni.
*
Un grande Dottore è dato alla Chiesa,
troppo ci vuole al mondo per capire:
Cooperatore Veritatis, la fede degli uomini continua a nutrire.
*
Signore Gesù: se egli piange o si rallegra, ancora spera e si offre vittima di carità per il Tuo gregge, noi vogliamo continuare ad essere con lui;
desideriamo anzi che la voce delle anime nostre si confonda con la sua.
Deh! per pietà fa' Tu, o Signore, che nessuno di noi sia lontano dalla sua mente e dal suo cuore nell'ora in cui egli prega e offre a te il Sacrificio del Tuo benedetto Figliuolo.
E nel momento in cui il nostro veneratissimo Benedetto XVI, tenendo tra le sue mani il Corpo stesso di Gesù Cristo, dirà al popolo sul Calice di benedizioni queste parole: «La pace del Signore sia sempre con voi», Tu fa', o Signore, che la pace Tua dolcissima discenda con una efficacia nuova e visibile
nel cuore nostro ed in tutte le nazioni.
E quando sgrana fra le mani la dolce Corona del Rosario, fà Tu,
o Madre di Dio dolcissima, che le sue e le nostre Ave Maria si fondano in un unico coro che salga a Te, e dal Tuo Cuore materno
si diffondano le grazie scaturite dal suo sacrificio unito a quello del Tuo amatissimo Figlio e Signore Nostro, Gesù Cristo.
Amen.
***


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20/04/2014 01:05





Nove anni fa l'elezione di Benedetto XVI,

"semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore"



Alle 17.50 del 19 aprile 2005, la fumata bianca dalla Cappella Sistina annunciava l’elezione di Benedetto XVI, 265.mo Pontefice della Chiesa. Il breve saluto col quale il nuovo Papa si presentò alla folla e al mondo diede subito la cifra dell’uomo e del pastore, un uomo umile che si apprestava al massimo ministero fidando nella “gioia di Cristo Risorto”. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3 

Ventitré anni, cioè una vita intera, a reggere il luogo dove si “ausculta” con discrezione e attenzione il cuore della Chiesa, la regolarità oppure l’alterazione dei suoi battiti – la Congregazione per la Dottrina della Fede – rimanendo in totale sintonia d’anima, e in amicizia, con Giovanni Paolo II. Poi, alle 18.50 di un martedì pomeriggio di aprile, mentre la Chiesa ha ancora in gola il groppo per la morte del Papa che si vuole “Santo subito”, tocca proprio all’“insigne maestro di teologia” – come lo definì Paolo VI facendolo cardinale – succedere all’amico ormai affacciato a una finestra più alta e grande. Ma anche quella della Loggia centrale di San Pietro, verso la quale il nuovo Papa avanza e da dove arriva il brusio frontale di 100 mila persone, è una finestra lata e soprattutto enorme come l’emozione che l’uomo mite, abituato a cattedre e carte più che a prosceni e microfoni, cerca di contenere dentro di sé:

“Cari fratelli e care sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me…”.

Ovvio senso del limite, ma ancor più senso della perdita. Entrambi traspaiono all’unisono nelle parole d’esordio di Benedetto XVI. Ma se immaginarsi successore di un Pietro col carisma di Giovanni Paolo II è impresa che appare smisurata da ogni lato, forse più smisurato in quel momento di ferite aperte è certamente il dolore privato inferto al cuore da quel “dopo”. “Dopo il grande Papa” è anche il “dopo” i tanti anni vissuti non all’ombra ma nella luce di uno straordinario amico:

“…hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti…”.

Schietti i due aggettivi che valgono titoli istantanei e future biografie. E più che sufficienti per presentarsi a un uomo che la vigna del Signore ha sempre servito con dedizione, dissodando però zone e zolle fuori del raggio dei riflettori, terreni che quasi mai fanno notizia e che non richiedono di affinare doti di presenza mediatica. Il nuovo Pietro ne è consapevole, come pure del fatto che, là dove possono risultare “insufficienti” le doti, arriva Dio con i suoi doni a migliorare la natura con la grazia:

“…e soprattutto mi affido alle vostre preghiere, nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del Suo aiuto permanente. Andiamo avanti, il Signore ci aiuterà, e Maria, Sua Santissima Madre, sta dalla nostra parte. Grazie”.

Fiducia nel sostegno divino, in quello della Vergine, richiesta di preghiere: forse quanto di più “normale” da esprimere in una circostanza simile. Ma la chiave del Pontificato che inizia sta tra queste due sponde e sarebbe banale spiegarla solo come riferimento al tempo liturgico. Ed è un messaggio che possiede un’eco di antica comunità cristiana, di quando chi professava la fede, e rischiava la vita, si faceva forza con la forza di una certezza, quella che in tanti cristiani tiepidi di oggi – e oggi si direbbe “di pasticceria” – sembra un panno scolorito, un carburante esausto, un entusiasmo solo per bambini. La parola chiave di Benedetto XVI è gioia della Risurrezione, perché il suo Pontificato - è bene ricordarlo - inizia così: “Nella gioia del Signore Risorto”.




Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/04/19/nove_anni_fa_lelezione_di_benedetto_xvi,_semplice_e_umile/it1-791955 
del sito Radio Vaticana 



 





 

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