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2005 - 2013 - 2015 dieci anni con Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 14/07/2015 14:09
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03/02/2015 13:14

[SM=g1740717] Noi non festeggiamo la "rinuncia", piuttosto vogliamo ricordare e vivere e trasmettere questi 8 anni di Pontificato eccezionale a due anni dal tragico evento, il cui dolore, ancora non è lenito.

Quest'anno sono dieci anni dalla elezione di Benedetto XVI, il più grande Dottore della Chiesa del nostro tempo:

"Questo spirito, lungi dallo sgretolarsi con l’andare del tempo, apparirà di generazione in generazione sempre più grande e potente, Benedetto XVI è un grande Papa."
(Papa Francesco 27.10.2014)

www.youtube.com/watch?v=CL6fRwkXPyg&feature=youtu.be






[SM=g1740738]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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05/02/2015 10:40

     










   









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18/04/2015 11:02

19 aprile 2015








10.mo elezione Benedetto XVI. Ouellet: crescono frutti del suo Pontificato

Benedetto XVI

19/04/2015

“Un umile lavoratore nella Vigna del Signore”. Il 19 aprile di 10 anni fa il cardinale Joseph Ratzinger veniva eletto Pontefice. Per una riflessione sui frutti del Pontificato di Benedetto XVI in questo 10.mo anniversario,Alessandro Gisotti ha intervistato uno dei più stretti collaboratori del Papa emerito, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi:

R. – Io vedo soprattutto dei frutti a lunga scadenza e, come primo frutto, mi sembra che il Pontificato di Benedetto XVI sia stato una chance per l’Europa. Il Papa, col suo nome e col suo pensiero, ha ricordato le radici cristiane dell’Europa e la stima dovuta al suo patrimonio spirituale e culturale. I suoi viaggi e discorsi – per esempio a Parigi, Londra e Berlino – rimarranno dei punti fermi per il futuro dell’Europa. Un altro frutto importante è il contributo specifico di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, sui rapporti tra la fede e la ragione, nelle sue grandi encicliche. Inoltre, il Papa Benedetto ha – direi – avvicinato l’esegesi e la teologia nella teoria e nella pratica, con l’Esortazione apostolica “Verbum Domini” e soprattutto col suo libro su Gesù di Nazaret. Un terzo frutto è il tesoro delle sue omelie mistagogiche, che ci ha lasciato in eredità, una scuola di predicazione. Molte di queste omelie saranno lette nei secoli.

D. – Papa Benedetto ha affrontato con fermezza questioni dolorose come la pedofilia nella Chiesa e la trasparenza nella gestione dei beni. Si può dire che su questi fronti Francesco raccolga i frutti di un grande lavoro iniziato con coraggio dal suo predecessore?

R. – Certamente. Io vedo una grande continuità tra i due Pontefici. La più bella continuità tra i due Papi è la loro differenza di stile e di carisma. C’è grande continuità sulla riforma della Chiesa, sulla lotta alla pedofilia, sulla trasparenza finanziaria, anche sulle questioni della famiglia, che sono state molto care a Benedetto, e si va avanti con grande continuità nella riflessione sulla nuova evangelizzazione e anche sull’interpretazione del Concilio.

D. – Da due anni, dopo la rinuncia al ministero petrino, Papa Benedetto si è ritirato in preghiera lontano dal mondo. Il suo contributo alla Chiesa, però, continua in modo diverso…

R. – Benedetto XVI si è ritirato nel silenzio con un grande gesto di umiltà e coraggio, un gesto rivoluzionario, che ha aperto anche la strada alla novità di Papa Francesco. Credo che l’autorità morale di Papa Benedetto ne risulti ancora più grande e sono convinto che la sua preghiera sia un potente aiuto per il suo successore.

D. – Lei è stato uno dei più stretti collaboratori di Benedetto XVI, personalmente qual è il dono più grande che ha ricevuto dall’essere vicino ad un uomo e un pastore così grande come Joseph Ratzinger?

R. – Conservo molti ricordi personali degli incontri di lavoro con lui, soprattutto sulle nomine dei vescovi, e ho ammirato la sua prudenza, la sua saggezza. Ma forse ciò che più mi ha colpito, nei momenti difficili e critici che lui ha dovuto vivere, è stata la sua umiltà e la sua pazienza: con i collaboratori, con i traditori, con tutte le difficoltà, anche le critiche dei media. Credo abbia saputo prendere la sua croce e seguire nostro Signore. Benedetto rimane per me un maestro di vita - non solo un dottore della Chiesa, ma un maestro di vita - un uomo buono, colto, che ha guadagnato l’affetto profondo e durevole di tanti fedeli. 


 


[Modificato da Caterina63 19/04/2015 11:00]
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19/04/2015 12:15










 





 

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20/04/2015 20:06

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BENEDETTO DA DIECI ANNI



Don Aldo Buonaiuto
 
 
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benedetto XVI

Benedetto XVI ha appena compiuto 88 anni e celebra oggi il suo decennale dall’elezione al Soglio Petrino vivendo da papa emerito all’interno delle mura vaticane. Nel congedarsi dal mondo aveva annunciato di voler trascorrere una vita molto ritirata nel silenzio e nella solitudine. Di fatto la sua presenza all’interno di quelle mura si fa sentire ed ogni suo passo riverbera fortemente, riaccendendo addirittura in alcuni il desiderio di vederlo tornare a governare la Chiesa, contrapponendolo a Papa Francesco. Fantasie che spesso diventano leggende nel tentativo di voler trascinare Ratzinger nel solito vortice delle polemiche ecclesiastiche.

 

 
Ma il grande Papa teologo sarà principalmente ricordato per due grandi passaggi del suo pontificato; il primo fu proprio all’inizio quando diede battaglia pubblica alla “dittatura del relativismo”, termine che irritò fortemente tutto il sistema del sincretismo religioso proteso alla globalizzazione e cioè alla distruzione del cattolicesimo. Quella presa di posizione così forte contro i poteri forti divenne l’inizio di un ministero da abbattere in tutti i sensi. E così è accaduto con un attacco senza precedenti che proprio l’ex prefetto della Congregazione della fede ha dovuto affrontare.

 

Fu proprio durante l’omelia della Missa pro eligendo Romano Pontifice, il mattino del 18 aprile 2005 per il rito d’apertura dei lavori del Conclave, che pronunciò un discorso divenuto celebre come il suo “programma di pontificato”. In esso denunciò appunto il pericolo della “dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le proprie voglie. La storia dimostra con grande chiarezza – affermò – che le maggioranze possono sbagliare. La vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla trasparenza della ragione umana alla ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa fonte della nostra razionalità”. Il mondo e la cultura contemporanea non si pongono più come obiettivo “la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell’equilibrio dei poteri. Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia, perché il relativismo garantirebbe la tolleranza e il rispetto reciproco delle persone. Ma se fosse così, la maggioranza di un momento diventerebbe l’ultima fonte del diritto”. “E’ necessario – specificò Ratzinger – riscoprire l’esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell’essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere”.

La spiritualità di Benedetto XVI è stata influenzata dall’originario movimento liturgico tedesco, favorito in gran parte dai Benedettini verso i quali egli ha sempre avuto una grande devozione. La vera lotta per la liturgia è stata fatta nel tentativo di superare la contrapposizione ideologica fra antico e nuovo, che ha dominato e ostacolato la ricezione e l’applicazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Un grande tema teologico caro a Ratzinger concerne la convinzione che “l’Eucaristia è più di un convito fraterno”. Primariamente è il sacrificio della Chiesa in cui il Signore prega con il suo popolo e si dona a lui. Pertanto, non è mai inutile parteciparvi, anche chi non può ricevere la comunione, come i divorziati e i cattolici risposati.

Papa Ratzinger è il più grande teologo vivente e con la sua trilogia su Gesù ha cercato di riscoprire la fede cominciando dalle radici, dai fondamentali; spiegando che nella prospettiva cristiana prima viene la fede e poi la morale, anche se la prassi pastorale a volte sembra suggerire il contrario. Il fondamento del cristianesimo è l’annuncio della resurrezione di Cristo.

Ha inoltre manifestato particolare impegno e determinazione nel dialogo interreligioso. Più volte ha ripreso la dichiarazione “Nostra Aetate”, precisando “l’atteggiamento della Comunità ecclesiale nei confronti delle religioni non cristiane”, riaffermando il rapporto speciale che i cristiani hanno con gli ebrei, la stima verso i musulmani e i membri delle altre religioni, confermando, infine, “lo spirito di fraternità universale che bandisce qualsiasi discriminazione o persecuzione religiosa”.

Promotore del rapporto tra fede e ragione, il quale può funzionare solo a doppio senso, ha sostenuto che le “distorsioni della religione – come il settarismo e il fondamentalismo – emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all’interno della religione”. D’altra parte “senza il correttivo fornito dalla religione anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana”.

Nel messaggio per la Giornata della pace del 2012, ha scritto che “la pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile. I nostri occhi devono vedere più in profondità, sotto la superficie delle apparenze e dei fenomeni, per scorgere una realtà positiva che esiste nei cuori, perché ogni uomo è creato ad immagine di Dio”. Ribadendo inoltre i principi della difesa della vita e della famiglia fondata sul matrimonio, affermò: “Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

Uno degli snodi fondamentali del pontificato di Benedetto XVI è stato anche il dialogo ecumenico, in particolare con il Patriarcato di Costantinopoli e la Chiesa ortodossa tutta. Oltre a numerose visite apostoliche in Italia Sua Santità ha compiuto viaggi in 21 paesi di tutti i continenti: è stato tre volte in Germania e in Spagna. Sono seguite Polonia, Turchia, Austria, Francia, Repubblica Ceca, a Malta, in Portogallo, a Cipro, nel Regno Unito, in Croazia e a San Marino. Cui si aggiungono le tappe intercontinentali Brasile, Stati Uniti, Messico, Cuba, Australia, Africa, Libano e Terra Santa.

Nel concistoro ordinario dell’11 febbraio 2013 il Papa mite ha sconvolto il mondo rinunciando “al ministero di vescovo di Roma, successore di san Pietro”. Ritirandosi nel silenzio con un grande gesto rivoluzionario, di umiltà e coraggio, ha aperto la strada alla novità di Papa Francesco. Uno schiaffo a chi, superficialmente, lo aveva dipinto come un conservatore. E’ stato l’8º pontefice della storia della Chiesa a rinunciare al ministero petrino, se si considerano unicamente i casi dei papi Clemente, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Gregorio VI, Celestino V e Gregorio XII, di cui si hanno fonti storiche certe. Pochi giorni fa il suo segretario particolare monsignor, George Gaenswein, in un’intervista a Retequattro, ha detto che Ratzinger è molto lucido, conta su una forte memoria ed è ancora dedito ai suoi amati studi. Di fatto tanti lo cercano e molti ecclesiastici vanno a chiedergli consiglio. Il papa emerito non si ritrae ma con la propria gentile accoglienza si concede. La sua profonda intelligenza e grande umiltà continuano a sorprenderci.


     




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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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15/05/2015 18:38

BENEDETTO XVI «SONO LA FINE DEL VECCHIO E L'INIZIO DEL NUOVO»


 


 

 


 

 

Il nostro ultimo incontro risale a ben dieci settimane prima della storica rinuncia. Il Papa mi aveva accolto nel Palazzo Apostolico per proseguire i nostri colloqui finalizzati al lavoro sulla sua biografia. L’udito era calato; l’occhio sinistro non vedeva più; il corpo smagrito, tanto che i sarti facevano fatica a tenere il passo con nuovi abiti. È diventato molto delicato, ancora più amabile e umile, del tutto riservato. Non appare malato, ma la stanchezza che si era impossessata di tutta la sua persona, corpo e anima, non si poteva più ignorare.


Abbiamo parlato di quando ha disertato dall’esercito di Hitler; del suo rapporto con i genitori; dei dischi su cui imparava le lingue; degli anni fondamentali sul «Mons doctus», il monte dei dotti di Freising dove da 1.000 anni l’élite spirituale del Paese viene introdotta ai misteri della fede. Qui aveva tenuto le sue primissime prediche davanti a un pubblico di scolari, da parroco aveva assistito gli studenti e nel freddo confessionale del Duomo aveva dato ascolto alle pene della gente.

Ad agosto, durante un colloquio a Castel Gandolfo, durato un’ora e mezzo, gli avevo chiesto quanto lo avesse colpito l’affare Vatileaks. «Non mi lascio andare a una sorta di disperazione o di dolore universale – mi ha risposto – semplicemente mi appare incomprensibile. Anche considerando la persona (Paolo Gabriele, ndr ), non capisco cosa ci si possa aspettare. Non riesco a penetrare la sua psicologia». Sosteneva tuttavia che l’evento non gli aveva fatto perdere la bussola né gli aveva fatto sentire la stanchezza del suo ruolo, «perché può sempre accadere». L’importante per lui era che nell’elaborazione del caso «in Vaticano sia garantita l’indipendenza della giustizia, che il monarca non dica: adesso me ne occupo io!».

Mai lo avevo visto così esausto, così prostrato. Con le ultime forze rimaste aveva portato a termine il terzo volume della sua opera su Gesù, «il mio ultimo libro», come mi ha detto con sguardo triste al momento dei saluti. Joseph Ratzinger è un uomo incrollabile, una persona capace sempre di riprendersi rapidamente. Mentre due anni addietro, malgrado i primi disturbi dell’età, appariva ancora agile, quasi giovanile, ora percepiva ogni nuovo raccoglitore che approdava sulla sua scrivania da parte della Segreteria di Stato come un colpo.


«Cosa ci si deve ancora aspettare da Sua Santità, dal Suo pontificato?», gli ho chiesto. «Da me? Da me non molto. Sono un uomo anziano e le forze mi abbandonano. Penso che basti ciò che ho fatto». Pensa di ritirarsi? «Dipende da cosa mi imporranno le mie energie fisiche». Lo stesso mese ha scritto a uno dei suoi dottorandi che il successivo incontro sarebbe stato l’ultimo. Pioveva a Roma, nel novembre del 1992, quando ci incontrammo per la prima volta nel Palazzo della Congregazione per la dottrina della fede. La stretta di mano non era di quelle che ti spezzano le dita, la voce piuttosto insolita per un «panzerkardinal», mite, delicata. Mi piaceva come parlava delle questioni piccole, e soprattutto delle grandi; quando metteva in discussione il nostro concetto di progresso e chiedeva di riflettere se davvero si potesse misurare la felicità dell’uomo in base al prodotto interno lordo.
Gli anni lo avevano messo a dura prova.

Veniva descritto come un persecutore mentre era un perseguitato, il capro espiatorio da chiamare in causa per ogni ingiustizia, il «grande inquisitore» per antonomasia, una definizione azzeccata quanto spacciare un gatto per un orso. Eppure nessuno l’ha mai sentito lamentarsi. Nessuno ha sentito uscire dalla sua bocca una cattiva parola, un commento negativo su altre persone, nemmeno su Hans Küng. Quattro anni dopo abbiamo trascorso insieme molte giornate, per parlare del progetto di un libro sulla fede, la Chiesa, il celibato e l’insonnia. Il mio interlocutore non camminava in giro per la stanza, come fanno abitualmente i professori. Non c’era in lui la minima traccia di vanità, né di presunzione. Mi colpivano la sua superiorità, il pensiero non al passo coi tempi ed ero in qualche modo sorpreso di udire risposte pertinenti ai problemi del nostro tempo, apparentemente quasi irrisolvibili, tratte dal grande tesoro di rivelazione, dall’ispirazione dei padri della Chiesa e dalle riflessioni di quel guardiano della fede che mi sedeva di fronte. Un pensatore radicale – questa era la mia impressione – e un credente radicale che tuttavia nella radicalità della sua fede non afferra la spada, ma un’altra arma molto più potente: la forza dell’umiltà, della semplicità e dell’amore.

Joseph Ratzinger è l’uomo dei paradossi. Linguaggio sommesso, voce forte. Mitezza e rigore. Pensa in grande eppure presta attenzione al dettaglio. Incarna una nuova intelligenza nel riconoscere e rivelare i misteri della fede, è un teologo, ma difende la fede del popolo contro la religione dei professori, fredda come la cenere.
Così come egli stesso è equilibrato, così insegnava; con la leggerezza che gli era propria, con la sua eleganza, la sua capacità di penetrazione che rende leggero ciò che è serio, senza privarlo del mistero e senza banalizzare la sacralità. Un pensatore che prega, per il quale i misteri di Cristo rappresentano la realtà determinante della creazione e della storia del mondo, un amante dell’uomo che alla domanda, quante strade portino a Dio, non ha dovuto riflettere a lungo per rispondere: «Tante quanti sono gli uomini».

È il piccolo Papa che con la matita ha scritto grandi opere. Nessuno prima di lui, il massimo teologo tedesco di tutti i tempi, ha lasciato al popolo di Dio durante il suo Pontificato un’opera altrettanto imponente su Gesù né ha redatto una cristologia. I critici sostengono che la sua elezione sia stata una scelta sbagliata. La verità è che non c’era un’altra scelta. Ratzinger non ha mai cercato il potere. Si è sottratto al gioco degli intrighi in Vaticano. Conduceva da sempre la vita modesta di un monaco, il lusso gli era estraneo e un ambiente con un comfort superiore allo stretto necessario gli era completamente indifferente.
 
Ma restiamo alle presunte piccole cose, spesso molto più eloquenti delle grandi dichiarazioni, dei congressi e dei programmi. Mi piaceva il suo stile pontificale; che il suo primo atto sia stata una lettera alla Comunità ebraica; che abbia tolto la tiara dallo stemma, simbolo anche del potere terreno della Chiesa; che ai sinodi vescovili chiedesse di parlare anche agli ospiti di altre religioni – anche questa una novità.

Con Benedetto XVI per la prima volta l’uomo al vertice ha preso parte al dibattito, senza parlare dall’alto verso il basso, bensì introducendo quella collegialità per la quale si era battuto nel Concilio. Correggetemi, diceva, quando presentava il suo libro su Gesù che non voleva annunciare come un dogma o apporvi il sigillo della massima autorità. L’abolizione del baciamano è stata la più difficile da attuare. Una volta ha preso per un braccio un ex studente che si inchinava per baciare l’anello, dicendogli: «Comportiamoci normalmente». Tante prime volte. Per la prima volta un Papa visita una sinagoga tedesca (e successivamente più sinagoghe nel mondo di tutti i papi prima di lui messi assieme). Per la prima volta un Papa visita il monastero di Martin Lutero, un atto storico senza eguali.

Ratzinger è un uomo della tradizione, si affida volentieri a ciò che è consolidato, ma sa distinguere quello che è davvero eterno da quello che è valido solo per l’epoca da cui è emerso. E se necessario, come nel caso della messa tridentina, aggiunge il vecchio al nuovo, poiché insieme non riducono lo spazio liturgico, bensì lo ampliano.
Non ha fatto tutto giusto, ma ha ammesso gli errori, anche quelli (come lo scandalo Williamson) di cui non aveva alcuna responsabilità. Di nessun fallimento ha sofferto di più che di quello dei suoi preti, anche se da prefetto aveva già avviato tutte le misure che consentivano di scoprire i terribili abusi e punire i colpevoli. Benedetto XVI se ne va, ma la sua eredità resta. Il successore di questo umilissimo Papa dell’era moderna seguirà le sue orme. Sarà uno con un altro carisma, un proprio stile, ma con la stessa missione: non incentivare le forze centrifughe, ma coloro che tengono insieme il patrimonio della fede, che restano coraggiosi, annunciano un messaggio e fanno una testimonianza autentica.
 
Non è un caso che il Papa uscente abbia scelto il Mercoledì delle Ceneri per la sua ultima grande liturgia. Vedete, vuole dimostrare, era qui che vi volevo portare fin dall’inizio, questa è la via. Disintossicatevi, rasserenatevi, liberatevi dalla zavorra, non fatevi divorare dallo spirito del tempo, non perdete tempo, desecolarizzatevi! Dimagrire per aumentare di peso è il programma della Chiesa del futuro. Privarsi del grasso per guadagnare vitalità, freschezza spirituale, non da ultimo ispirazione e fascino. E bellezza, attrattiva, in fondo anche forza, per far fronte a un compito diventato tanto difficile. «Convertitevi», così disse con le parole della Bibbia quando segnò la fronte di cardinali e abati con la cenere, «e credete al Vangelo».«Lei è la fine del vecchio – chiesi al Papa nel nostro ultimo incontro – o l’inizio del nuovo?». La sua risposta fu: «Entrambi».
 
Peter Seewald
 
 FONTE Corriere della sera, 18 febbraio 2013, pagina 17


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29/05/2015 23:55


Benedetto XVI e la crisi economica 

Solo uomini nuovi 
cambieranno i vecchi strumenti


È stato appena pubblicato l'Annale 2010 della Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci), dal titolo Un'economia per l'uomo. Ragioni dell'etica e provocazioni della fede, a cura di Luca Bilardo ed Emanuele Bordello (Roma, Edizioni Studium, 2011, pagine 199, euro 16). Pubblichiamo ampi stralci del contributo del presidente dell'Istituto per le opere di religione.

 

di ETTORE GOTTI TEDESCHI

È da quando ho ultimato gli studi universitari, nel 1971, che, alla fine di una crisi economica - e personalmente ne ho viste tante - viene proposta come soluzione l'imposizione di nuove regolamentazioni e di nuovi controlli. La crisi in questo modo diventa ancora più complessa: quando si è in difficoltà e si stabiliscono sistemi di controllo si irrigidisce tutto il sistema. Resta poi una domanda che non trova mai risposta: chi controlla i controllori? Non è lo strumento che fa marciare i processi, ma è l'uomo. Max Weber distinse, in modo opportunistico e machiavellico, l'etica personale della responsabilità dall'etica della convinzione. 
Secondo il sociologo tedesco vi è quindi un'etica di chi ha la responsabilità di un determinato settore e quella di chi ne è veramente convinto. Come è possibile avere la responsabilità e praticarla, se non si è convinti? Il convincimento, cioè il riferimento a qualcosa di forte, di stabile, di vero, è determinante per poter ottenere risultati. Non esiste l'etica degli strumenti, l'etica del mercato, l'etica del capitalismo: esiste un uomo che dà senso etico ad ogni comportamento.

Le famiglie americane, a causa della crisi, hanno perso circa il 50 per cento dei propri investimenti, percentuale corrispondente al valore del crollo della ricchezza americana. Questo perché negli ultimi venticinque anni è stata gonfiata del 50 per cento tutta l'economia statunitense. Le famiglie hanno avuto il dimezzamento del valore della casa, dei risparmi, del fondo pensione, di fronte ora hanno un futuro fatto di debiti da pagare e di un alto rischio di disoccupazione. 

Perché si è dovuto gonfiare per oltre dieci anni il Pil della più grande economia del mondo? La risposta corretta non la si trova di frequente, ma il Papa la fornisce nell'enciclica Caritas in veritate: perché trent'anni fa il sistema del mondo occidentale (Stati Uniti, Canada, Europa e Giappone) ha smesso di fare figli. 

Quando si afferma che l'origine della crisi è nell'uso sbagliato di strumenti finanziari, nell'avidità dei banchieri o nella mancanza dei controlli si dicono falsità. Perché l'economia è stata costretta a espandere il credito senza controllarlo? Perché si era inceppata negli anni Ottanta la crescita economica, il Pil dei Paesi occidentali cresceva troppo poco ed era legato alla crescita zero della popolazione. 
Se la popolazione non cresce, non può crescere l'economia e quindi bisogna accontentarsi. Il mondo occidentale, ricco, avido di cose ed egoista, ha deciso di non accontentarsi e si è quindi inventata la crisi economica.

Benedetto XVI salverà il mondo: lo farà perché sta proponendo un radicale cambiamento culturale per l'uomo. Leggendo l'introduzione alla Caritas in ventate, si coglie come il Papa rimandi al primo comandamento del Decalogo, distinguendo esplicitamente e implicitamente verità e libertà. 

Nella cultura dominante la libertà, che dall'Illuminismo si condisce con positivismo, relativismo, fino all'odierno nichilismo, precede la verità. L'uomo deve essere libero di trovare la verità, ma così facendo, non solo non la trova, ma la confonde con la libertà stessa. 
Benedetto XVI invece ribadisce che occorre cambiare gli uomini, e non gli strumenti. Saranno infatti gli uomini nuovi a cambiare gli strumenti vecchi. La verità precede la libertà e non esiste vera libertà responsabile che non si riferisca ad una verità assoluta. Il Papa distrugge il pensiero nichilista, che porta l'uomo ad essere un animale intelligente, il quale orienta il suo agire solo all'appagamento dei bisogni materiali.

Se l'uomo infatti vivesse solo di questo genere di soddisfazioni oggi dovrebbe esultare, perché le conquiste della scienza e della tecnologia lo hanno portato a livelli mai raggiunti in passato. Se l'uomo è solo figlio del caos o del caso, quale dignità potrà mai pretendere? Quella di vivere il più a lungo possibile, magari senza malattie, ma nulla più. Il Papa può salvare l'uomo, nel senso che gli riapre gli occhi sulla sua reale dignità di Figlio di Dio.
Gli strumenti, in generale, sono tutti neutri. Le grandi iniquità che sono state compiute nel mondo della finanza non sono dovute soltanto a cattive interpretazioni o applicazioni delle regole della finanza. In più occasioni anche i Governi hanno sostenuto l'infrazione di alcune regole. Gli abusi veri ci sono perché si è permesso che ci fossero, non perché mancavano le strutture di controllo. 
Esistono 23 boards, strutture di regolamentazione dei mercati finanziari, dal Financial stability board fino a quelle più periferiche che riguardano determinate aree geografiche. Un istituto finanziario oggi deve sottoporsi a 23 nuove regolamentazioni immediate con la minaccia di sanzioni fortissime. 

Queste regole c'erano anche prima, ma non sono mai state rispettate. È l'uomo infatti che deve crescere da un'etica di responsabilità ad una nella quale crede veramente in quello che compie. Ecco perché oggi si parla di emergenza educativa, perché c'è bisogno di essere formati.
Nel sesto capitolo dalla Caritas in veritate troviamo un passaggio chiave, in modo diverso, ma con lo stesso spirito, già presente nella Sollicitudo rei socialis. Giovanni Paolo II si domandava come può l'uomo tecnologico, che cresce enormemente nella capacità di elaborare tecniche e strumenti sempre più sofisticati, gestire tali conoscenze nell'immaturità che lo caratterizza. Ancora una volta Benedetto XVI mette in guardia l'uomo del nostro tempo dalla deriva etica, la definitiva autonomia morale degli strumenti.



(©L'Osservatore Romano 1° maggio 2011)




 


Un incontro con il cardinale Georges Cottier 

Vi spiego come leggere Ratzinger

 

di SILVIA GUIDI

"I libri noiosi esistono, come sappiamo tutti, ma non è questo il nostro caso, per fortuna". Il cardinale Georges Cottier, teologo emerito della Casa Pontificia sta spiegando "Come leggere Joseph Ratzinger". L'incontro, organizzato dalla Libreria Editrice Vaticana e coordinato da Neria De Giovanni e don Giuseppe Costa, si è svolto venerdì 18 febbraio nella Libreria Internazionale Paolo VI a Roma; lo spazio della libreria dedicato alle conferenze non è stato sufficiente a contenere tutte le persone presenti e molte sedie supplementari sono state aggiunte al piano terra, in mezzo agli scaffali dei libri, davanti a uno schermo che ha permesso a tutti di seguire il raffinato excursus del cardinale. 

"Io suggerirei di prendere alla lettera il Papa - ha spiegato Cottier, parlando degli scritti e del pensiero del teologo diventato Benedetto XVI, dalle prime opere fino all'ultimo avvincente libro-intervista con Peter Seewald, Luce del mondo - la teologia è il tentativo umano, e quindi perfettibile, di indagare il mistero di Dio. Il teologo ha il suo punto di vista, può sbagliarsi e cambiare opinione. Il carisma del successore di Pietro, invece, ha il ruolo di mantenere nella Chiesa l'unità e la rettitudine del messaggio rivelato. Quando il Papa si firma Joseph Ratzinger intende ribadire questo; sembra una distinzione ovvia, ma temo non sia stata sufficientemente capita". 

"Nell'opera del cardinale Ratzinger - continua Cottier - ci sono dei temi ricorrenti, uno di questi è il "divorzio" tra fede e ragione, un tema cruciale della modernità. La fede è stata ridotta a superstizione o sentimento, senza avere più niente a che fare con la verità. Ma la ragione è presente nella Bibbia, nella teologia cristiana, in Agostino, Tommaso, abbiamo grandissimi pensatori nella nostra tradizione. Il problema della nostra epoca è una ragione che pretende di essere sufficiente a se stessa e nega, ignora o bolla come irragionevole tutto ciò che non riesce a raggiungere con le proprie forze". 

In ambito esegetico, un'analoga frattura è nata tra il "Cristo storico" e il "Cristo della fede". Il metodo storico-critico in esegesi - spiega il cardinale - "ha portato a risultati preziosi, ma bisogna diffidare di quelle "vite di Gesù" che tradiscono tale metodo e nelle quali l'autore parla più di se stesso che del Nazareno". 

Se il Settecento aveva la ragione filosofica come misura, adesso è la ragione scientifica a proporsi come unico criterio di conoscenza. "I grandi spiriti pensano alle cose più evidenti che noi non vediamo - chiosa Cottier, continuando la sua "visita guidata" ai temi principali della teologia di Ratzinger - è il Verbo, il Lògos fatto carne di cui parla il Vangelo di Giovanni il ponte fra la ragione umana e la ragione divina. Dio si è rivelato, mi ha raggiunto, questo significa il Verbo si è fatto carne". 

"Quello che stupisce di più di Benedetto XVI - conclude il teologo - è che rimane un uomo felice. Il tema della gioia è molto presente, anche nelle prediche, e tanti lettori sono rimasti colpiti dall'autenticità e dalla semplicità delle cose dette dal Papa in Luce del mondo. La gente si è chiesta: ma è lo stesso uomo di cui parlano i giornali, la stessa persona che viene trasformata dai media in una caricatura di cattivo gusto? In molte pagine del libro si riconosce un Papa rilassato, fiducioso, che si esprime con libertà senza nascondere niente. Prende atto senza censure della secolarizzazione e del relativismo che prevalgono nel vissuto reale di tanti. Davanti a questo, la sua serenità non sembra appoggiarsi su qualche sua trovata, o su qualche ricetta particolare; ripete semplicemente che a tenere accesa nella Chiesa la fiamma viva della fede è Gesù stesso".



(©L'Osservatore Romano 20 febbraio 2011)






[Modificato da Caterina63 30/05/2015 01:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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14/07/2015 14:09



 Caste Gandolfo rivive grazie alla presenza di Benedetto XVI



La presenza del Papa emerito a Castel Gandolfo ha portato più turisti, come racconta il primo cittadino. "In questi quattrodici giorni - racconta Milvia Monachesi all’ Adnkrons- c'è stato molto più turismo a Castel Gandolfo. Il 30 giugno scorso, poi, al suo arrivo Ratzinger fece sostare la macchina nella piazza, raccogliendo l'affetto di tanti. Il fatto poi che il portone della residenza estiva sia rimasto aperto in questi giorni con la presenza dei gendarmi ha determinato grande interesse e affluenza e ci ha fatto capire che l'affetto per Benedetto XVI è  ancora molto grande".

Papa Benedetto è ritornato in Vaticano e ha salutato la città di Castelgandolfo che lo ringrazia con un un abbraccio di affetto. Il Papa ha inviato una lettera di ringraziamento ed un libro in dono al sindaco Milvia Monachesi.

"Gentilissima Signora Sindaco - scrive il Papa- non posso ritornare da Castel Gandolfo al mio Monastero a Roma senza aver comunicato a Lei una parola di sincero ringraziamento per il caloroso benvenuto che Lei mi ha trasmesso nel giorno del mio arrivo al Castello.

In queste due bellissime settimane di vacanze ho sentito confermato di nuovo quando avevo detto alcuni anni fa sulla bellezza naturale di Castel Gandolfo nella sintonia tra lago, montagne e mare e l’ospitalità della gente di questa piccola città. Mi sentivo in questi giorni portato dalla simpatia silenziosa degli abitanti di Castel Gandolfo.

Come segno concreto della mia gratitudine Le trasmetto un libro in occasione del X anniversario della mia elezione al soglio di San Pietro.

Con mi miei migliori auguri per Lei e la Sua città e con la mia benedizione". Il Sindaco Monachesi da parte sua ha risposto con una lettera di ringraziamento per le “parole inaspettate e graditissime, per la benedizione che ha voluto regalare a Castel Gandolfo ed ai suoi abitanti e per il prezioso libro di cui ha voluto farmi dono.

Siamo felici che Le sia giunta la nostra vicinanza silenziosa ma carica di affetto e  la nostra grande emozione per la Sua presenza. Il Suo saluto alla cittadinanza dalla macchina che ha fatto sostare sulla piazza, è stato per noi un grande dono e la conferma che di un legame profondo e duraturo. Nella certezza che la bellezza e la tranquillità dei luoghi.

L’abbiano aiutata a ritemprare il fisico e lo spirito, Le auguriamo un buon rientro a Roma, senza nasconderLe però il desiderio e la speranza di poterLa avere presto di nuovo con noi. Ci teniamo infine a farLe sapere, Santità, che ovunque sarà non Le mancherà mai la nostra preghiera e il nostro affetto. Ancora un sentitissimo grazie da tutta la comunità castellana".

Benedetto XVI aveva accettato l’invito di Papa Francesco a trascorrere un periodo nella residenza estiva dei Papi e si era recato il 30 giugno nella cittadina. Francesco, che avrebbe voluto accompagnarlo ma aveva avuto una udienza non prevista ai partecipanti al Convegno internazionale promosso dall’International Council of Christians and Jews, aveva salutato Papa Benedetto al Monastero Mater Ecclesiale.

La presenza del Papa emerito a Castel Gandolfo ha portato più turisti, come racconta il primo cittadino. "In questi quattrodici giorni - racconta Milvia Monachesi all’ Adnkrons- c'è stato molto più turismo a Castel Gandolfo. Il 30 giugno scorso, poi, al suo arrivo Ratzinger fece sostare la macchina nella piazza, raccogliendo l'affetto di tanti. Il fatto poi che il portone della residenza estiva sia rimasto aperto in questi giorni con la presenza dei gendarmi ha determinato grande interesse e affluenza e ci ha fatto capire che l'affetto per Benedetto XVI è  ancora molto grande".

Alla residenza estiva di Castel Gandolfo, gli abitanti continuano ad attendere con trepidazione anche papa Francesco. "Il 24 scorso - spiega il sindaco - sono stata in udienza in piazza San Pietro. Quando il Pontefice mi ha stretto la mano, simpaticamente si è lasciato andare ad una battuta: 'Lei è arrabbiata con me?', alludendo al fatto che da quando è stato eletto non ha mai fatto vacanze a Castello. "Io ho risposto che la speranza non muore mai e che lo aspettiamo".


    



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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