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Ratzinger e il dramma della libera docenza e gli anni di Frisinga

Ultimo Aggiornamento: 23/08/2015 11:07
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22/08/2015 22:59



Ratzinger e il dramma della libera docenza e gli anni di Frisinga 

La vera storia raccontata da Ratzinger, della discussione sulla tesi per l'esame di abilitazione all'insegnamento, la sofferenza, ma anche la Provvidenza. Il travaglio di questa abilitazione, infatti, si chiuderà positivamente il giorno - una coincidenza? - 11 febbraio del 1957. La questione chiarita sull'eresia degli "spiritualisti" francescani discepoli della teoria di Gioacchino da Fiore. Cliccare sulle immagini per ingrandirle.

***

 

Nel frattempo era ormai maturata anche la questione della casa.

Per i miei genitori - mio padre aveva frattanto compiuto i 78 anni, mia madre 71 - l'idillio di Hufschlag diventava sempre più difficoltoso. La chiesa e tutti i negozi si trovavano in città e, per arrivarci, bisognava percorrere due chilometri a piedi, cosa che non era affatto facile, soprattutto nell'inverno di Traunstein, con la sua gran quantità di neve e le strade spesso gelate. Per quanto tutti noi ci tenessimo a quella tranquilla casa ai margini del bosco, sembrava giunto il momento di cercare una nuova soluzione.

Dato che ormai l'esame di abilitazione sembrava una cosa sicura e la casa vicino al duomo aspettava chi ci abitasse, a tutti noi parve giusto che mio padre e mia madre ci raggiungessero a Frisinga: essi avrebbero potuto abitare vicino al duomo, i negozi erano vicini e noi avremmo potuto ritornare a stare insieme come famiglia, tanto più che anche mia sorella stava prendendo in considerazione l'ipotesi di raggiungerci in seguito.

Il trasloco ebbe luogo il 17 novembre, una giornata di nebbia, la cui malinconia si comunicò subito ai miei buoni genitori nel momento di un distacco, che non significava solo andar via da un luogo, ma da un pezzo di vita. Essi, però, vi si accinsero con coraggio e voglia di fare. Gli operai del trasloco erano appena arrivati che subito mia madre indossò il suo grembiule e si mise a lavorare; alla sera era già in cucina a preparare la prima cena; mio padre si impegnò con altrettanta circospezione ed energia a sistemare ogni cosa nel modo giusto. Un grande incoraggiamento venne dalla presenza di numerosi studenti, ciascuno desideroso di aiutarci il più possibile: non si entrava in un luogo vuoto, ma in un contesto di amicizia e di disponibilità a sostenersi reciprocamente. Vivemmo un bellissimo avvento e, quando a Natale arrivarono anche mio fratello e mia sorella, quell'abitazione estranea era divenuta un luogo dove ci sentivamo davvero a casa nostra.

A quel tempo nessuno di noi immaginava quali nubi temporalesche si addensassero su di me. Gottlieb Sòhngen aveva letto subito con entusiasmo la mia tesi di abilitazione, citandola più volte anche a lezione. Il professor Schmaus, che era il mio correlatore, a causa dei suoi numerosi impegni la lasciò da parte per un paio di mesi. Da una segretaria venni a sapere che a febbraio aveva finalmente cominciato a leggerla. Per la Pasqua del 1956 Schmaus convocò a Konigstein i dogmatici di lingua tedesca, che, in seguito, continuarono a radunarsi a intervalli regolari, costituendo l'associazione tedesca dei teologi dogmatici e fondamentali.

Ero presente anch'io e fu proprio in quell'occasione che, tra l'altro, conobbi , per la prima volta personalmente Karl Rahner. Si accingeva a pubblicare la nuova edizione del Lexikon fur Theologie und kirche, fondato dal vescovo Buchberger, e, dato che io avevo scritto alcuni articoli per l'opera evangelica parallela, Die Religion in Geschichte und Gegenwart, era interessato a sapere da me qualcosa dei criteri editoriali ivi adottati.

Grazie a quella circostanza instaurammo un rapporto davvero cordiale tra noi. Nel corso del convegno di Kónigstein, Schmaus mi chiamò per un breve colloquio, in cui in maniera piuttosto fredda e senza alcuna emozione mi dichiarò che doveva ricusare il mio lavoro di abilitazione, perché non rispondeva ai criteri di rigore scientifico richiesti per opere di quel genere.

 

Le preoccupazioni

Aggiunse che i particolari mi sarebbero stati resi noti dopo la decisione del consiglio di facoltà. Era come se mi avesse colpito un fulmine a ciel sereno. Tutto un mondo minacciava di crollarmi addosso. Che cosa sarebbe avvenuto ai miei genitori, che in buona fede erano venuti da me, a Frisinga, se ora, a causa di questo fallimento, avrei dovuto lasciare l'insegnamento? I miei progetti per l'avvenire, tutti orientati all'insegnamento della teologia, erano falliti. Pensavo di chiedere di rimanere a Frisinga come coadiutore a St. Georg, dal momento che lì era disponibile un'abitazione per chi ricopriva quella funzione, ma non era una soluzione particolarmente consolante.

Per il momento c'era solo da aspettare; con animo depresso iniziai il semestre estivo.

Che cos'era successo?

Per quel che ho potuto capire i fattori in gioco erano tre. Nel corso del mio lavoro di ricerca avevo constatato che a Monaco la ricerca sul Medioevo, il cui principale esponente era proprio Schmaus, era sostanzialmente rimasta ferma a prima della guerra e non aveva in nessun modo recepito le nuove grandi prospettive, che nel frattempo erano state elaborate soprattutto in ambito francese.

Con una durezza che certo poco si adattava a un principiante, nel mio testo criticavo quelle posizioni superate e per Schmaus doveva essere stato davvero troppo, tanto più che non riusciva nemmeno a capire come avessi potuto affrontare un tema medievale senza affidarmi alla sua guida.

Alla fine, l'esemplare del mio libro passato attraverso la sua correzione era pieno di note a margine, scritte in ogni colore, che a loro volta non lasciavano certo a desiderare quanto a durezza.

Dato che era già furioso, lo irritarono anche l'insufficiente veste grafica e i numerosi errori nelle citazioni, che erano rimasti malgrado tutti i miei sforzi. Ma anche il risultato delle mie analisi non lo trovava per nulla d'accordo. Avevo constatato che in Bonaventura (e, anzi, nei teologi del secolo XIII in generale) non c'era alcuna corrispondenza con il nostro concetto di "rivelazione", che eravamo soliti usare per definire l'insieme dei contenuti rivelati, tanto che anche nel lessico si era introdotta l'abitudine di definire la Sacra Scrittura semplicemente come la "rivelazione".

Nel linguaggio medievale una tale identificazione sarebbe stata impensabile.In esso, infatti, la "rivelazione" è sempre un concetto di azione: il termine definisce l'atto con cui Dio si mostra, non il risultato oggettivizzato di questo atto. E dato che le cose stanno così, del concetto di "rivelazione" fa sempre parte anche il soggetto ricevente: dove nessuno percepisce la rivelazione, lì non è avvenuta nessuna rivelazione, dato che lì nulla è stato svelato. L'idea stessa di rivelazione implica un qualcuno che ne entri in possesso.

Questi concetti, acquisiti grazie ai miei studi su Bonaventura, sono poi divenuti molto importanti per me, quando nel corso del dibattito conciliare vennero affrontati i temi della rivelazione, della Scrittura e della tradizione.Perché se le cose stanno come le ho descritte, allora la rivelazione precede la Scrittura e si riflette in essa, ma non è semplicemente identica a essa.

Questo significa inoltre che la rivelazione è sempre più grande del solo scritto. Se ne deduce, di conseguenza, che non può esistere un mero Sola Scriptura (solamente attraverso la Scrittura), che alla Scrittura è legato il soggetto comprendente, la Chiesa, e con ciò è già dato anche il senso essenziale della tradizione.

Ma intanto si trattava della tesi di abilitazione alla libera docenza, e Michael Schmaus, cui forse erano giunte da Frisinga delle voci irritate sulla modernità della mia teologia, non vedeva affatto in queste tesi una fedele ripresa del pensiero di Bonaventura (cosa di cui, al contrario, io sono ancor oggi convinto), ma un pericoloso modernismo, che doveva condurre verso la soggettivizzazione del concetto di rivelazione.

La seduta del consiglio di facoltà che si occupò della mia tesi dovette essere piuttosto tempestosa.

A differenza di Sóhngen, Schmaus poteva contare su amici influenti tra i docenti della facoltà, ma il verdetto di condanna venne comunque attenuato: il lavoro non venne ricusato, ma restituito perché fosse corretto. Quel che c'era da correggere, avrei dovuto desumerlo dalle correzioni che Schmaus aveva riportato sul suo esemplare.

Con ciò mi era restituita la speranza, anche se dopo quella seduta Schmaus aveva dichiarato - come mi riferì Sòhngen - che gli interventi che mi erano richiesti erano di tali dimensioni da richiedere degli anni di lavoro. Se così fosse stato, allora la restituzione sarebbe stata equivalente a una ricusazione, e indubbiamente io avrei dovuto por fine al mio lavoro di docente universitario.

Sfogliai l'esemplare ampiamente sfigurato del mio libro e feci una scoperta incoraggiante. Mentre le prime due parti brulicavano di annotazioni polemiche, che peraltro solo raramente mi parevano convincenti e che talvolta si chiarivano solo due pagine dopo, l'ultima parte - dedicata alla teologia della storia di Bonaventura - mancava completamente di osservazioni criticheEppure anche qui era presente del materiale esplosivo. 



 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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