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IL CRISTIANO E IL MONDO spiegato da Ratzinger in Dogma e Predicazione

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2014 15:07
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24/10/2014 15:06



3. Il cristiano e il mondo contemporaneo


Per poter iniziare a formulare una risposta mi sembra importante distinguere tra la situazione del singolo cristiano come individuo e ciò che è compito della Chiesa in quanto chiesa. I due aspetti si integrano, ma non sono identici e devono perciò venir esaminati singolarmente.


1. L’ethos del lavoro, della scienza, del desiderio di un ordinamento basato sulla giustizia esprime la forma contemporanea delle relazioni dell’uomo con la realtà terrena. E questo è il «mondo» con il quale il cristiano ha a che fare. Il problema del rapporto del cristiano con il «mondo contemporaneo» è dunque, precisamente, una questione riguardante il suo rapporto con queste realtà e quindi con l’insieme degli atteggiamenti descritti. È evidente che in questa nuova unione di atteggiamenti possono operare in ogni epoca degli elementi dell’indipendenza umana e del rifiuto di Dio — del mondo, quindi, nel senso del concetto giovanneo di «questo mondo» — e sono realmente operanti, in non piccola misura.
Per questo il «mondo di oggi» esige dal credente vigilanza e senso critico. Non mi sembra tuttavia meno evidente che quell’atteggiamento globale, che noi abbiamo riconosciuto come il contenuto reale del «mondo d’oggi», possegga degli elementi che derivano dal nucleo centrale del cristianesimo.

Ciò che veramente vuole e deve volere un amore cristiano — procurare a ciascun uomo le identiche possibilità che egli stesso possiede; rendere più sopportabile ad ogni uomo il peso dell’esistenza; render possibile a ciascun uomo il completamento dei doni a lui dati dal Creatore; portare gli uomini dalla loro divisione all’unità — non è di certo l’unico movente del moderno mondo del sapere e del lavoro, nel quale non soltanto una critica marxista è in grado di trar fuori, da sotto delle belle maschere, degli interessi imbarazzanti; però questo impulso è presente e il purificare gli «interessi» in base ad esso dovrebbe costituire il compito di una concreta e creativa critica cristiana al «mondo contemporaneo».

Noi oggi ci troviamo di fronte al paradosso di dover affermare che proprio la "curiositas" della scienza, e del mondo che ne porta l'impronta, è in grado di realizzare l’impulso della caritas cristiana, per molti aspetti, in forma più radicale della caritas individuale dell’antichità e del medioevo cristiani.

Perché la chiesa, in questa situazione, dovrebbe aver paura ad ammettere ed essere grata del fatto che ciò che le è peculiare ritorna e ricerca proprio lei dal di fuori? Dovrebbe essere compito del cristiano non quello di stare accanto al mondo di oggi disapprovando, ma quello di purificare, di esorcizzare, di liberare, nella caritas christiana, il mondo contemporaneo della scienza e del lavoro, partendo dal suo interno. Vivendo nel mondo, a partire da questo punto centrale, e solo così, il cristiano può nello stesso tempo contribuire ad eliminare quelle potenze di «questo mondo» (in senso negativo), che in esso operano in ogni epoca. (cfr. Gv.15, 1-26)

Se di fronte all'innegabile presenza anche di questo fattore il sì del cristiano al «mondo contemporaneo» deve essere un sì critico, questo non vuol dire certo che egli possa impegnarsi solo a metà — purtroppo, invece, è così. Non può voler dire che egli se ne possa occupare solo perché trascinato e non facendosi promotore egli stesso.

La dedizione a metà non serve a niente. La risposta del cristiano ai problemi di oggi non può essere per metà un credere e per metà un lasciarsi trascinare da un mondo al quale non può sfuggire.

La sua risposta dev’essere piuttosto un credere completo e, nella totalità della fede, un sostenere la totalità del mondo contemporaneo, cioè un agire nel completamento delle strutture tecniche, che prende le mosse dalla responsabilità dell’amore. Un simile prestarsi di tutto cuore al compito del mondo contemporaneo non significa davvero un’infedeltà nei confronti della stoltezza della croce, a favore di una ingenua fede ottimistica nel progresso. Proprio l'oggettività del tipo di servizio intrapreso richiede — se si vuol comprendere tutto questo in modo diverso da quello che parte dal punto centrale della caritas christiana — la disponibilità al perdere-se-stessi in ogni giorno di nuovo, senza che ci sia un ritrovarsi.

L’ascesi cristiana non diviene superflua, anche se le sue forme cambiano. Ed è evidente. Anche il servizio dell’amore personale non diventa superfluo, per quanto venga cambiato il volto del mondo. Senza quella disposizione a servire, l’impulso fondamentale della caritas christiana dovrebbe perdere la sua credibilità.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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