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IL CRISTIANO E IL MONDO spiegato da Ratzinger in Dogma e Predicazione

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2014 15:07
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24/10/2014 15:02





 

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Riflessioni sulla Costituzione pastorale del CVII(1)

Raramente una parola ha colpito gli uomini del nostro tempo con tanta forza come quella di «aggiornamento», che Giovanni XXIII ha usato in relazione al suo progetto del concilio. È difficile renderla in tedesco, perché il concetto di «adattamento», al quale si potrebbe riferirsi in un primo momento, evita la difficoltà in quanto esprime contemporaneamente troppo e troppo poco. Esprime troppo poiché dà l’impressione che la chiesa voglia elevare le esigenze moderne a norma del suo essere e del suo messaggio; si può trattare invece solo di ripensare e di ripresentare Tunica, insopprimibile verità e realtà, che è stata consegnata alle fide mani della chiesa dal suo Signore, in forma così nuova che essa possa arrivare di nuovo ai nostri orecchi e penetrare completamente nei nostri cuori, nella sua serietà e grandezza, con la sua letizia e con la sua inesorabile esigenza.

Però il termine dice troppo poco se risveglia l’impressione che per «adattamento» si intenda soltanto una precauzione esteriore, tattico-pedagogica, che prende le mosse da un possesso in se stesso pienamente sicuro, come se la chiesa non dovesse entrare a fondo nel processo di traduzione nell’oggi del messaggio di ieri, condizione necessaria questa perché il messaggio possa veramente essere vissuto e predicato. In tale traduzione, in tale porre-al-di-là (über-setzen) del corso dei tempi, si realizza quel «passaggio» nel quale si completa necessariamente l’essenza della chiesa che vive del mistero della pasqua, del passaggio pasquale.

L’entusiasmo ovunque suscitato dal termine e dall’idea di aggiornamento, dal «diventare moderno» del cristianesimo (come forse potremmo tradurre), può aver origini molto diverse, che possono benissimo basarsi su un malinteso. Essa indica tuttavia che si è risposto ad una vera necessità; nel mondo così radicalmente cambiato era difficile che l’uomo, anche se disponibile per la fede, considerasse l’antica parola del messaggio cristiano come la parola sempre attuale dell’alleanza sempre «nuova» di Dio con l’uomo; egli, di conseguenza, si credeva spesso costretto a vivere contemporaneamente in due mondi, nel passato, al quale lo indirizzava la fede, e nel presente, in cui veniva posto dalla sua professione.
Allo stesso modo sembrava raddoppiato lo scandalo della fede: era già abbastanza difficile per l’uomo lasciarsi sollevare, al di sopra della terrenità, nel mondo di Dio; a questo si aggiunse l’impressione di poterlo fare soltanto se egli, allo stesso tempo, aderiva ad un modo alquanto anacronistico di vedere e di pensare nei confronti della storia terrena e delle sue realtà. La particolare speranza, che sorse dalla parola aggiornamento e colpì i cuori in forma così eccitante, era appunto quella che venisse dissolto questo anacronismo e il doppio scandalo della fede, su di esso basato.

Il concilio, in conformità a questa idea iniziale, voleva aiutare a superare il secondo scandalo. Lo fece, cercando di dare alla liturgia una forma più chiara e comprensibile; si sforzò di distinguere nella chiesa l’essenziale dall’accessorio e di provvedere, in corrispondenza, anche ad una trasposizione di questi criteri nella Costituzione sulla chiesa; cercò infine, nella Costituzione pastorale sulla chiesa nel mondo contemporaneo, di toccare i problemi specifici dell’uomo di oggi e di riportare nella sua situazione sia la missione che la speranza cristiana. In questo lavoro il concetto di «mondo» si pose ovviamente al centro delle riflessioni.

Già prima del concilio si era diffusa l’idea che il cristiano d’oggi dovesse essere «aperto al mondo». Se questa richiesta sta in un primo momento si era presentata come un’attitudine morale, era stata ben presto immersa nell’ontologia; la fede cristiana si basa sul rivolgersi al mondo da parte di Dio, che, nella incarnazione, è uscito dalla sua magnificenza ed è diventato uomo e quindi anche «mondo». La moderna secolarizzazione del mondo non sarebbe solo un prodotto pratico della fede cristiana nella creazione e nella incarnazione, ma corrisponderebbe in linea di principio anche al suo essenziale orientamento. Il cristiano dovrebbe volere il mondo come qualcosa di mondano (e non di sacrale, di numinoso e di divinizzato) per rimanere fedele all’incarico datogli dal Dio che ha creato il mondo come mondo ed ha spezzato in Cristo i legami sacrali, sostituendo con la sua vita e la sua sofferenza il culto del tempio, mettendo al posto dei sacramenti del tempio i servitori della parola e della gioia.

Con l’idea di mondo si associava il concetto della storicità: un mondo può esistere soltanto nel tempo; l’epoca attuale sarebbe perciò il vero segno di Dio. Dovrebbe perciò addentrarsi nell’oggi colui che vuol leggere i segni di Dio; una temporalità come grandezza aperta sarebbe insieme espressione del fatto che un mondo non esiste come qualcosa di già presente finora, ma soltanto come grandezza che deve venir creata; questo appunto definirebbe l’uomo, la sua chiamata ad esistere ed a creare. A partire da qui il «mondo contemporaneo» divenne il motivo conduttore di questo amplissimo testo conciliare, che tentò una nuova determinazione spaziale di ciò che è cristiano.

Il suo dilemma non consisteva soltanto nel fatto che il mondo contemporaneo è una grandezza estremamente complessa, difficilmente compendiabile in una definizione. Il testo conciliare condivideva questa difficoltà con ogni persona, che da sociologo, da psicologo o da futurologo cerchi di fare delle affermazioni sull’orientamento globale del mondo contemporaneo e futuro. Oltre a ciò il documento doveva anche mettere in relazione questa immensa struttura con le costanti della tradizione cristiana; a partire da qui poi doveva aiutare l’uomo ad orientarsi, a prendere delle decisioni veramente impegnative per il futuro. L’ottimismo della teologia della secolarizzazione si scontrava qui duramente con le parole della Scrittura, che parlano del mondo in termini molto diversi; se molti erano disposti a giudicare erroneo l’atteggiamento finora assunto dalla storia cristiana o per lo meno a ritenerlo puramente legato al suo tempo, sorgeva invece un problema sul quale non poteva semplicemente sorvolare chi voleva mantenere salda la fede degli apostoli.

Le considerazioni che seguono furono scritte nel mezzo di questa disputa; esse volevano, e vogliono, in primo luogo, aiutare a chiarire dei concetti, per poi contribuire anche ad illuminare il pensiero, la fede, l’agire.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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