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Tutti i Messaggi per le Giornate Mondiali di Preghiera per le Vocazioni

Ultimo Aggiornamento: 06/01/2014 23:21
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Giornate Mondiali di Preghiera per le Vocazioni 

 


   



MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
PER LA XLIII GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA
PER LE VOCAZIONI

7 MAGGIO 2006 - IV DOMENICA DI PASQUA

 

Venerati Fratelli nell'Episcopato, 
Cari fratelli e sorelle!

La celebrazione della prossima Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni mi offre l'occasione per invitare tutto il Popolo di Dio a riflettere sul tema della Vocazione nel mistero della Chiesa. Scrive l'apostolo Paolo: «Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo ... In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo ... predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo» (Ef 1, 3-5). Prima della creazione del mondo, prima della nostra venuta all'esistenza, il Padre celeste ci ha scelti personalmente, per chiamarci ad entrare in relazione filiale con Lui, mediante Gesù, Verbo incarnato, sotto la guida dello Spirito Santo. Morendo per noi, Gesù ci ha introdotti nel mistero dell'amore del Padre, amore che totalmente lo avvolge e che Egli offre a tutti noi. In questo modo, uniti a Gesù, che è il Capo, noi formiamo un solo corpo, la Chiesa.

Il peso di due millenni di storia rende difficile percepire la novità del mistero affascinante dell'adozione divina, che è al centro dell'insegnamento di san Paolo. Il Padre, ricorda l'Apostolo, «ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà ..., il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose» (Ef 1, 9-10). Ed in un’altra Lettera scrive, non senza entusiasmo: «Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8, 28-29). La prospettiva è davvero affascinante: siamo chiamati a vivere da fratelli e sorelle di Gesù, a sentirci ed essere in comunione con lui, vero Dio e vero uomo, partecipi della natura divina (cfr 2 Pt 1,4) - figli e figlie nel Figlio. È un dono che capovolge ogni idea e progetto esclusivamente umani. La confessione della vera fede spalanca le menti e i cuori all'inesauribile mistero di Dio, che permea l'esistenza umana. Che dire allora della tentazione, molto forte ai nostri giorni, di sentirci autosufficienti fino a chiuderci al misterioso piano di Dio nei nostri confronti? L'amore del Padre, che si rivela nella persona di Cristo, ci interpella.

Per rispondere alla chiamata di Dio e mettersi in cammino, non è necessario essere già perfetti. Sappiamo che la consapevolezza del proprio peccato ha permesso al figliol prodigo di intraprendere la via del ritorno e di sperimentare così la gioia della riconciliazione con il Padre. Le fragilità e i limiti umani non rappresentano un ostacolo, a condizione che contribuiscano a renderci sempre più consapevoli del fatto che abbiamo bisogno della grazia redentrice di Cristo. È questa l'esperienza di san Paolo. Alla sua preghiera di essere liberato dagli schiaffi di satana riceve la risposta: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Paolo, accettando questa decisione del Signore, dice: «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo» (2 Cor 12, 7.9). ‘Vantarsi delle debolezze’ significa accettare volentieri, di cuore, la propria situazione di debolezza: i limiti delle proprie forze, le sofferenze, sapendosi così vicini al Signore, vivendo fiduciosi nella sua potenza, nonostante le nostre debolezze. Nel mistero della Chiesa, Corpo mistico di Cristo, il potere divino dell'amore cambia il cuore dell'uomo, rendendolo capace di comunicare l'amore di Dio ai fratelli. Nel corso dei secoli tanti uomini e donne, trasformati dall'amore divino, hanno consacrato le proprie esistenze alla causa del Regno. Già sulle rive del mare di Galilea, molti si sono lasciati conquistare da Gesù: erano alla ricerca della guarigione del corpo o dello spirito e sono stati toccati dalla potenza della sua grazia. Altri sono stati scelti personalmente da Lui e sono diventati suoi apostoli. Troviamo pure persone, come Maria Maddalena e altre donne, che lo hanno seguito di propria iniziativa, semplicemente per amore, ma, al pari del discepolo Giovanni, hanno occupato esse pure un posto speciale nel suo cuore. Questi uomini e queste donne, che hanno conosciuto attraverso Cristo il mistero dell'amore del Padre, rappresentano la molteplicità delle vocazioni da sempre presenti nella Chiesa. Modello di chi è chiamato a testimoniare in maniera particolare l'amore di Dio è Maria, la Madre di Gesù, direttamente associata, nel suo pellegrinaggio di fede, al mistero dell'Incarnazione e della Redenzione.

In Cristo, Capo della Chiesa, che è il suo Corpo, tutti i cristiani formano «la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui» (1 Pt 2, 9). La Chiesa è santa, anche se i suoi membri hanno bisogno di essere purificati, per far sì che la santità, dono di Dio, possa in loro risplendere fino al suo pieno fulgore. Il Concilio Vaticano II mette in luce l'universale chiamata alla santità, affermando che «i seguaci di Cristo, chiamati da Dio non secondo le loro opere, ma secondo il disegno della sua grazia e giustificati in Gesù Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi» (Lumen gentium, 40). Nel quadro di questa chiamata universale, Cristo, Sommo Sacerdote, nella sua sollecitudine per la Chiesa chiama poi, in ogni generazione, persone che si prendano cura del suo popolo; in particolare, chiama al ministero sacerdotale uomini che esercitino una funzione paterna, la cui sorgente è nella paternità stessa di Dio (cfr Ef 3, 15). La missione del sacerdote nella Chiesa è insostituibile. Pertanto, anche se in alcune regioni si registra scarsità di clero, non deve mai venir meno la certezza che Cristo continua a suscitare uomini, i quali, come gli Apostoli, abbandonata ogni altra occupazione, si dedicano totalmente alla celebrazione dei sacri misteri, alla predicazione del Vangelo e al ministero pastorale. Nell'Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II ha scritto in proposito: «La relazione del sacerdote con Gesù Cristo e, in Lui, con la sua Chiesa si situa nell'essere stesso del sacerdote, in forza della sua consacrazione-unzione sacramentale, e nel suo agire, ossia nella sua missione o ministero. In particolare, “il sacerdote ministro è servitore di Cristo presente nella Chiesa mistero, comunione e missione. Per il fatto di partecipare all'‘unzione’ e alla ‘missione’ di Cristo, egli può prolungare nella Chiesa la sua preghiera, la sua parola, il suo sacrificio, la sua azione salvifica. È dunque servitore della Chiesa mistero perché attua i segni ecclesiali e sacramentali della presenza di Cristo risorto”» (n. 16).

Un'altra vocazione speciale, che occupa un posto d'onore nella Chiesa, è la chiamata alla vita consacrata. Sull'esempio di Maria di Betania, che «sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola» (Lc 10, 39), molti uomini e donne si consacrano ad una sequela totale ed esclusiva di Cristo. Essi, pur svolgendo diversi servizi nel campo della formazione umana e della cura dei poveri, nell'insegnamento o nell'assistenza dei malati, non considerano queste attività come lo scopo principale della loro vita, poiché, come ben sottolinea il Codice di Diritto Canonico, «primo e particolare dovere di tutti i religiosi deve essere la contemplazione delle verità divine e la costante unione con Dio nell'orazione» (can. 663, § 1). E nell'Esortazione apostolica Vita consecrata Giovanni Paolo II annotava: «Nella tradizione della Chiesa la professione religiosa viene considerata come un singolare e fecondo approfondimento della consacrazione battesimale in quanto, per suo mezzo, l'intima unione con Cristo, già inaugurata col Battesimo, si sviluppa nel dono di una conformazione più compiutamente espressa e realizzata, attraverso la professione dei consigli evangelici» (n. 30).

Memori della raccomandazione di Gesù: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!» (Mt 9, 37), avvertiamo vivamente il bisogno di pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Non sorprende che, laddove si prega con fervore, fioriscano le vocazioni. La santità della Chiesa dipende essenzialmente dall'unione con Cristo e dall'apertura al mistero della grazia che opera nel cuore dei credenti. Per questo vorrei invitare tutti i fedeli a coltivare un'intima relazione con Cristo, Maestro e Pastore del suo popolo, imitando Maria, che custodiva nell'animo i divini misteri e li meditava assiduamente (cfr Lc 2, 19). Insieme con Lei, che occupa un posto centrale nel mistero della Chiesa, preghiamo:

O Padre, fa' sorgere fra i cristiani
numerose e sante vocazioni al sacerdozio, 
che mantengano viva la fede
e custodiscano la grata memoria del tuo Figlio Gesù
mediante la predicazione della sua parola
e l'amministrazione dei Sacramenti, 
con i quali tu rinnovi continuamente i tuoi fedeli.

Donaci santi ministri del tuo altare, 
che siano attenti e fervorosi custodi dell'Eucaristia, 
sacramento del dono supremo di Cristo
per la redenzione del mondo.

Chiama ministri della tua misericordia, 
che, mediante il sacramento della Riconciliazione, 
diffondano la gioia del tuo perdono.

Fa', o Padre, che la Chiesa accolga con gioia
le numerose ispirazioni dello Spirito del Figlio tuo
e, docile ai suoi insegnamenti, 
si curi delle vocazioni al ministero sacerdotale
e alla vita consacrata.

Sostieni i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, 
i consacrati e tutti i battezzati
in Cristo, 
affinché adempiano fedelmente la loro missione
al servizio del Vangelo.

Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.

Maria, Regina degli Apostoli, prega per noi!

Dal Vaticano, 5 Marzo 2006.

BENEDICTUS PP. XVI







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
PER LA XLIV GIORNATA MONDIALE 
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

29 APRILE 2007 - IV DOMENICA DI PASQUA

 

Tema: « La vocazione al servizio della Chiesa comunione»

 

Venerati Fratelli nell'Episcopato, 
cari fratelli e sorelle!

L'annuale Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni è un’opportuna occasione per porre in luce l'importanza delle vocazioni nella vita e nella missione della Chiesa, ed intensificare la nostra preghiera perché crescano in numero e qualità. Per la prossima ricorrenza vorrei proporre all'attenzione dell'intero popolo di Dio il seguente tema, quanto mai attuale: la vocazione al servizio della Chiesa comunione.

Lo scorso anno, dando inizio a un nuovo ciclo di catechesi nelle Udienze generali del mercoledì, dedicato al rapporto tra Cristo e la Chiesa, feci notare che la prima comunità cristiana ebbe a costituirsi, nel suo nucleo originario, quando alcuni pescatori di Galilea, incontrato Gesù, si lasciarono conquistare dal suo sguardo, dalla sua voce ed accolsero questo pressante suo invito: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini!» (Mc l, 17; cfr Mt 4,19). In verità, Dio ha sempre scelto alcune persone per collaborare in maniera più diretta con Lui alla realizzazione del suo disegno salvifico. Nell'Antico Testamento all'inizio chiamò Abramo per formare «un grande popolo» (Gn 12,2), e in seguito Mosè per liberare Israele dalla schiavitù d'Egitto (cfr Es 3, 10). Designò poi altri personaggi, specialmente i profeti, per difendere e tener viva l'alleanza con il suo popolo. Nel Nuovo Testamento, Gesù, il Messia promesso, invitò singolarmente gli Apostoli a stare con Lui (cfrMc 3,14) e a condividere la sua missione. Nell'Ultima Cena, affidando loro il compito di perpetuare il memoriale della sua morte e risurrezione sino al suo glorioso ritorno alla fine dei tempi, rivolse per essi al Padre questa accorata invocazione: «Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il qua1e mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,26). La missione della Chiesa si fonda pertanto su un'intima e fedele comunione con Dio.

La Costituzione Lumen gentium del Concilio Vaticano II descrive la Chiesa come «un popolo radunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (n. 4), nel quale si rispecchia il mistero stesso di Dio. Ciò comporta che in esso si rifletta l'amore trinitario e, grazie all'opera dello Spirito Santo, tutti i suoi membri formino «un solo corpo ed un solo spirito» in Cristo. Soprattutto quando si raduna per l'Eucaristia questo popolo, organicamente strutturato sotto la guida dei suoi Pastori, vive il mistero della comunione con Dio e con i fratelli. L'Eucaristia è la sorgente di quell'unità ecclesiale per la quale Gesù ha pregato alla vigilia della sua passione: «Padre ... siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,2 1). Questa intensa comunione favorisce il fiorire di generose vocazioni al servizio della Chiesa: il cuore del credente, ripieno di amore divino, è spinto a dedicarsi totalmente alla causa del Regno. Per promuovere le vocazioni è dunque importante una pastorale attenta al mistero della Chiesa-comunione, perché chi vive in una comunità ecclesiale concorde, corresponsabile, premurosa, impara certamente più facilmente a discernere la chiamata del Signore. La cura delle vocazioni esige pertanto una costante "educazione" ad ascoltare la voce di Dio, come fece Eli che aiutò il giovane Samuele a capire quel che Dio gli chiedeva e a realizzarlo prontamente (cfr 1 Sam 3,9). Ora l’ascolto docile e fedele non può avvenire che in un clima di intima comunione con Dio. E questo si realizza innanzitutto nella preghiera. Secondo l'esplicito comando del Signore, noi dobbiamo implorare il dono delle vocazioni in primo luogo pregando instancabilmente e insieme il «padrone della messe». L'invito è al plurale: «Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe» (Mt 9,38). Questo invito del Signore ben corrisponde allo stile del «Padre nostro" (Mt 6,9), preghiera che Egli ci ha insegnato e che costituisce una «sintesi di tutto il Vangelo», secondo la nota espressione di Tertulliano (cfr De Oratione, 1,6: CCL 1, 258). In questa chiave è illuminante anche un'altra espressione di Gesù: «Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà» (Mt 18,19). Il buon Pastore ci invita dunque a pregare il Padre celeste, a pregare uniti e con insistenza, perché Egli mandi vocazioni al servizio della Chiesa-comunione.

Raccogliendo l'esperienza pastorale dei secoli passati, il Concilio Vaticano II ha  posto in evidenza l'importanza di educare i futuri presbiteri a un'autentica comunione ecclesiale. Leggiamo in proposito nella Presbyterorum ordinis: «Esercitando l'ufficio di Cristo Capo e Pastore per la parte di autorità che spetta loro, i presbiteri, in nome del Vescovo, riuniscono la famiglia di Dio come fraternità animata nell'unità, e per mezzo di Cristo la conducono al Padre nello Spirito Santo» (n. 6). A questa affermazione del Concilio fa eco l'Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, la quale sottolinea che il sacerdote «è servitore della Chiesa comunione perché - unito al Vescovo e in stretto rapporto con il presbiterio - costruisce l'unità della comunità ecclesiale nell'armonia delle diverse vocazioni, carismi e servizi” (n. 16). E' indispensabile che all'interno del popolo cristiano ogni ministero e carisma sia orientato alla piena comunione, ed è compito del Vescovo e dei presbiteri favorirla in armonia con ogni altra vocazione e servizio ecclesiali. Anche la vita consacrata, ad esempio, nel suo proprium è al servizio di questa comunione, come viene posto in luce nell'Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata dal mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II: «La vita consacrata ha sicuramente il merito di aver efficacemente contribuito a tener viva nella Chiesa l'esigenza della fraternità come confessione della Trinità. Con la costante promozione dell'amore fraterno anche nella forma della vita comune, essa ha rivelato che la partecipazione alla comunione trinitaria può cambiare i rapporti umani, creando un nuovo tipo di solidarietà” (n. 41).

Al centro di ogni comunità cristiana c'è l'Eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa. Chi si pone al servizio del Vangelo, se vive dell'Eucaristia, avanza nell'amore verso Dio e verso il prossimo e contribuisce così a costruire la Chiesa come comunione. Potremmo affermare che «l'amore eucaristico» motiva e fonda l'attività vocazionale di tutta la Chiesa, perché, come ho scritto nell'Enciclica Deus caritas est, le vocazioni al sacerdozio e agli altri ministeri e servizi fioriscono all'interno del popolo di Dio laddove ci sono uomini nei quali Cristo traspare attraverso la sua Parola, nei sacramenti e specialmente nell'Eucaristia. E questo perché «nella liturgia della Chiesa, nella sua preghiera, nella comunità viva dei credenti, noi sperimentiamo l'amore di Dio, percepiamo la sua presenza e impariamo in questo modo anche a riconoscerla nel quotidiano. Egli per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l'amore» (n. 17).

Ci rivolgiamo, infine, a Maria, che ha sorretto la prima comunità dove - «tutti erano concordi, e tutti si riunivano regolarmente per la preghiera» (cfr At 1, 14), perché aiuti la Chiesa ad essere nel mondo di oggi icona della Trinità, segno eloquente dell'amore divino per tutti gli uomini. La Vergine, che ha prontamente risposto alla chiamata del Padre dicendo: «Eccomi, sono la serva del Signore» (Lc 1,38), interceda perché non manchino all'interno del popolo cristiano i servitori della gioia divina: sacerdoti che, in comunione con i loro Vescovi, annunzino fedelmente il Vangelo e celebrino i sacramenti, si prendano cura del popolo di Dio, e siano pronti ad evangelizzare l'intera umanità. Faccia sì che anche in questo nostro tempo aumenti il numero delle persone consacrate, le quali vadano contro corrente, vivendo i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, e testimonino in modo profetico Cristo e il suo liberante messaggio di salvezza. Cari fratelli e sorelle che il Signore chiama a vocazioni particolari nella Chiesa, vorrei affidarvi in modo speciale a Maria, perché Lei, che più di tutti ha compreso il senso delle parole di Gesù: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,2 1), vi insegni ad ascoltare il suo divin Figlio. Vi aiuti a dire con la vita: «Eccomi, o Dio, io vengo a fare la tua volontà (cfr Eb 10,7). Con questi auspici assicuro per ciascuno uno speciale ricordo nella preghiera e tutti di cuore vi benedico.

Dal Vaticano, 10 Febbraio 2007

BENEDICTUS PP. XVI






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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06/01/2014 21:23





MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
PER LA XLV GIORNATA MONDIALE 
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

13 APRILE 2008 - IV DOMENICA DI PASQUA

 

Tema: « Le vocazioni al servizio della Chiesa-missione»

 

Cari fratelli e sorelle!

1. Per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 13 aprile 2008, ho scelto il tema: Le vocazioni al servizio della Chiesa-missione. Agli Apostoli Gesù risorto affidò il mandato: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19), assicurando: “Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). La Chiesa è missionaria nel suo insieme e in ogni suo membro. Se in forza dei sacramenti del Battesimo e della Confermazione ogni cristiano è chiamato a testimoniare e ad annunciare il Vangelo, la dimensione missionaria è specialmente e intimamente legata alla vocazione sacerdotale. Nell’alleanza con Israele, Dio affidò a uomini prescelti, chiamati da Lui ed inviati al popolo in suo nome, la missione di essere profeti e sacerdoti. Così fece, ad esempio, con Mosè: “Ora va’! - gli disse Jahvé - Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo ... quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte” (Es 3,10.12). Ugualmente avvenne con i profeti.

2. Le promesse fatte ai padri si realizzarono appieno in Gesù Cristo. Afferma in proposito il Concilio Vaticano II: “È venuto quindi il Figlio, mandato dal Padre, il quale in Lui prima della fondazione del mondo ci ha eletti e ci ha predestinati ad essere adottati come figli ... Perciò Cristo, per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei cieli e ce ne ha rivelato il mistero, e con la sua obbedienza ha operato la redenzione” (Cost. dogm. Lumen gentium3). E Gesù si scelse, come stretti collaboratori nel ministero messianico, dei discepoli già nella vita pubblica, durante la predicazione in Galilea. Ad esempio, in occasione della moltiplicazione dei pani, quando disse agli Apostoli: “Date loro voi stessi da mangiare” (Mt 14,16), stimolandoli così a farsi carico del bisogno delle folle, a cui voleva offrire il cibo per sfamarsi, ma anche rivelare il cibo “che dura per la vita eterna” (Gv 6,27). Era mosso a compassione verso la gente, perché mentre percorreva le città ed i villaggi, incontrava folle stanche e sfinite, “come pecore senza pastore” (cfrMt 9,36). Da questo sguardo di amore sgorgava il suo invito ai discepoli: “Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38), e inviò i Dodici prima “alle pecore perdute della casa d’Israele”, con precise istruzioni. Se ci soffermiamo a meditare questa pagina del Vangelo di Matteo, che viene solitamente chiamata “discorso missionario”, notiamo tutti quegli aspetti che caratterizzano l’attività missionaria di una comunità cristiana, che voglia restare fedele all’esempio e all’insegnamento di Gesù. Corrispondere alla chiamata del Signore comporta affrontare con prudenza e semplicità ogni pericolo e persino le persecuzioni, giacché  “un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone” (Mt 10,24). Diventati una cosa sola con il Maestro, i discepoli non sono più soli ad annunciare il Regno dei cieli, ma è lo stesso Gesù ad agire in essi: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Mt10,40). Ed inoltre, come veri testimoni, “rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49), essi predicano “la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24,47) a tutte le genti.

3. Proprio perché inviati dal Signore, i Dodici prendono il nome di “apostoli”, destinati a percorrere le vie del mondo annunciando il Vangelo come testimoni della morte e risurrezione di Cristo. Scrive san Paolo ai cristiani di Corinto: “Noi – cioè gli Apostoli – predichiamo Cristo crocifisso” (1 Cor1,23). Il Libro degli Atti degli Apostoli attribuisce un ruolo molto importante, in questo processo di evangelizzazione, anche ad altri discepoli, la cui vocazione missionaria scaturisce da circostanze provvidenziali, talvolta dolorose, come l’espulsione dalla propria terra in quanto seguaci di Gesù (cfr 8,1-4). Lo Spirito Santo permette di trasformare questa prova in occasione di grazia, e di trarne spunto perché il nome del Signore sia annunciato ad altre genti e si allarghi in tal modo il cerchio della Comunità cristiana. Si tratta di uomini e donne che, come scrive Luca nel Libro degli Atti, “hanno votato la loro vita al nome del Signore nostro Gesù Cristo” (15,26). Primo tra tutti, chiamato dal Signore stesso sì da essere un vero Apostolo, è senza dubbio Paolo di Tarso. La storia di Paolo, il più grande missionario di tutti i tempi, fa emergere, sotto molti punti di vista, quale sia il nesso tra vocazione e missione. Accusato dai suoi avversari di non essere autorizzato all’apostolato, egli fa appello ripetutamente proprio alla vocazione ricevuta direttamente dal Signore (cfr Rm 1,1; Gal 1,11-12.15-17).

4. All’inizio, come in seguito, a “spingere” gli Apostoli (cfr 2 Cor 5,14) è sempre “l’amore di Cristo”. Quali fedeli servitori della Chiesa, docili all’azione dello Spirito Santo, innumerevoli missionari, nel corso dei secoli, hanno seguito le orme dei primi discepoli. Osserva il Concilio Vaticano II: “Benché l'impegno di diffondere la fede cada su qualsiasi discepolo di Cristo in proporzione delle sue possibilità, Cristo Signore chiama sempre dalla moltitudine dei suoi discepoli quelli che egli vuole, perché siano con lui e per inviarli a predicare alle genti (cfr Mc 3,13-15)” (Decr. Ad gentes, 23). L’amore di Cristo, infatti, va comunicato ai fratelli con gli esempi e le parole; con tutta la vita. “La vocazione speciale dei missionari ad vitam – ebbe a scrivere il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II - conserva tutta la sua validità: essa rappresenta il paradigma dell'impegno missionario della Chiesa, che ha sempre bisogno di donazioni radicali e totali, di impulsi nuovi e arditi” (Enc. Redemptoris missio, 66).

5. Tra le persone che si dedicano totalmente al servizio del Vangelo vi sono in particolar modo sacerdoti chiamati a dispensare la Parola di Dio, amministrare i sacramenti, specialmente l’Eucaristia e la Riconciliazione, votati al servizio dei più piccoli, dei malati, dei sofferenti, dei poveri e di quanti attraversano momenti difficili in regioni della terra dove vi sono, talora, moltitudini che ancora oggi non hanno avuto un vero incontro con Gesù Cristo. Ad esse i missionari recano il primo annuncio del suo amore redentivo. Le statistiche testimoniano che il numero dei battezzati aumenta ogni anno grazie all’azione pastorale di questi sacerdoti, interamente consacrati alla salvezza dei fratelli. In questo contesto, speciale riconoscenza va data “ai presbiteri fidei donum, che con competenza e generosa dedizione edificano la comunità annunciandole la Parola di Dio e spezzando il Pane della vita, senza risparmiare energie nel servizio alla missione della Chiesa. Occorre ringraziare Dio per i tanti sacerdoti che hanno sofferto fino al sacrificio della vita per servire Cristo … Si tratta di testimonianze commoventi che possono ispirare tanti giovani a seguire a loro volta Cristo e a spendere la loro vita per gli altri, trovando proprio così la vita vera” (Esort. ap. Sacramentum caritatis, 26). Attraverso i suoi sacerdoti, Gesù dunque si rende presente fra gli uomini di oggi, sino agli angoli più remoti della terra.

6. Da sempre nella Chiesa ci sono poi non pochi uomini e donne che, mossi dall'azione dello Spirito Santo, scelgono di vivere il Vangelo in modo radicale, professando i voti di castità, povertà ed obbedienza. Questa schiera di religiosi e di religiose, appartenenti a innumerevoli Istituti di vita contemplativa ed attiva, ha “tuttora una parte importantissima nell’evangelizzazione del mondo” (Decr. Ad gentes, 40). Con la loro preghiera continua e comunitaria, i religiosi di vita contemplativa intercedono incessantemente per tutta l’umanità; quelli di vita attiva, con la loro multiforme azione caritativa, recano a tutti la testimonianza viva dell’amore e della misericordia di Dio. Quanto a questi apostoli del nostro tempo, il Servo di Dio Paolo VI ebbe a dire: “Grazie alla loro consacrazione religiosa, essi sono per eccellenza volontari e liberi per lasciare tutto e per andare ad annunziare il Vangelo fino ai confini del mondo. Essi sono intraprendenti, e il loro apostolato è spesso contrassegnato da una originalità, una genialità che costringono all’ammirazione. Sono generosi: li si trova spesso agli avamposti della missione, ed assumono i più grandi rischi per la loro salute e per la loro stessa vita. Sì, veramente, la Chiesa deve molto a loro” (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 69).

7. Inoltre, perché la Chiesa possa continuare a svolgere la missione affidatale da Cristo e non manchino gli evangelizzatori di cui il mondo ha bisogno, è necessario che nelle comunità cristiane non venga mai meno una costante educazione alla fede dei fanciulli e degli adulti; è necessario mantenere vivo nei fedeli un attivo senso di responsabilità missionaria e di partecipazione solidale con i popoli della terra. Il dono della fede chiama tutti i cristiani a cooperare all’evangelizzazione. Questa consapevolezza va alimentata attraverso la predicazione e la catechesi, la liturgia e una costante formazione alla preghiera; va incrementata con l’esercizio dell’accoglienza, della carità, dell’accompagnamento spirituale, della riflessione e del discernimento, come pure con una progettazione pastorale, di cui parte integrante sia l’attenzione alle vocazioni.

8. Solo in un terreno spiritualmente ben coltivato fioriscono le vocazioni al sacerdozio ministeriale ed alla vita consacrata. Infatti, le comunità cristiane, che vivono intensamente la dimensione missionaria del mistero della Chiesa, mai saranno portate a ripiegarsi su se stesse. La missione, come testimonianza dell’amore divino, diviene particolarmente efficace quando è condivisa in modo comunitario, “perché il mondo creda” (cfr Gv 17,21). Quello delle vocazioni è il dono che la Chiesa invoca ogni giorno dallo Spirito Santo. Come ai suoi inizi, raccolta attorno alla Vergine Maria, Regina degli Apostoli, la Comunità ecclesiale apprende da lei ad implorare dal Signore la fioritura di nuovi apostoli che sappiano vivere in sé quella fede e quell’amore che sono necessari per la missione.

9. Mentre affido questa riflessione a tutte le Comunità ecclesiali, affinché le facciano proprie e soprattutto ne traggano spunto per la preghiera, incoraggio l’impegno di quanti operano con fede e generosità al servizio delle vocazioni e di cuore invio ai formatori, ai catechisti e a tutti, specialmente ai giovani in cammino vocazionale, una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 3 dicembre 2007

BENEDICTUS PP. XVI





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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06/01/2014 21:26





MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
PER LA XLVI GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI.

3 MAGGIO 2009 - IV DOMENICA DI PASQUA

 

Tema: «La fiducia nell’iniziativa di Dio e la risposta umana.»

 

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, 
cari fratelli e sorelle!

In occasione della prossima Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata, che sarà celebrata il 3 maggio 2009, Quarta Domenica di Pasqua, mi è gradito invitare l’intero Popolo di Dio a riflettere sul tema: La fiducia nell’iniziativa di Dio e la risposta umana. Risuona perenne nella Chiesa l’esortazione di Gesù ai suoi discepoli: “Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!” (Mt 9,38). Pregate! Il pressante appello del Signore sottolinea come la preghiera per le vocazioni debba essere ininterrotta e fiduciosa. Solamente se animata dalla preghiera infatti, la comunità cristiana può effettivamente “avere maggiore fede e speranza nella iniziativa divina” (Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis26).

La vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata costituisce uno speciale dono divino, che si inserisce nel vasto progetto d’amore e di salvezza che Iddio ha su ogni uomo e per l’intera umanità. L’apostolo Paolo, che ricordiamo in modo speciale durante quest’Anno Paolino nel bimillenario della sua nascita, scrivendo agli Efesini afferma: “Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo, in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,3-4). Nell’universale chiamata alla santità risalta la peculiare iniziativa di Dio, con cui sceglie alcuni perché seguano più da vicino il suo Figlio Gesù Cristo, e di lui siano ministri e testimoni privilegiati. Il divino Maestro chiamò personalmente gli Apostoli “perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni” (Mc 3,14-15); essi, a loro volta, si sono associati altri discepoli, fedeli collaboratori nel ministero missionario. E così, rispondendo alla chiamata del Signore e docili all’azione dello Spirito Santo, schiere innumerevoli di presbiteri e di persone consacrate, nel corso dei secoli, si sono poste nella Chiesa a totale servizio del Vangelo. Rendiamo grazie al Signore che anche oggi continua a convocare operai per la sua vigna. Se è pur vero che in talune regioni della terra si registra una preoccupante carenza di presbiteri, e che difficoltà e ostacoli accompagnano il cammino della Chiesa, ci sorregge l’incrollabile certezza che a guidarla saldamente nei sentieri del tempo verso il compimento definitivo del Regno è Lui, il Signore, che liberamente sceglie e invita alla sua sequela persone di ogni cultura e di ogni età, secondo gli imperscrutabili disegni del suo amore misericordioso.

Nostro primo dovere è pertanto di mantenere viva, con preghiera incessante, questa invocazione dell’iniziativa divina nelle famiglie e nelle parrocchie, nei movimenti e nelle associazioni impegnati nell’apostolato, nelle comunità religiose e in tutte le articolazioni della vita diocesana. Dobbiamo pregare perché l’intero popolo cristiano cresca nella fiducia in Dio, persuaso che il “padrone della messe” non cessa di chiedere ad alcuni di impegnare liberamente la loro esistenza per collaborare con lui più strettamente nell’opera della salvezza. E da parte di quanti sono chiamati si esige attento ascolto e prudente discernimento, generosa e pronta adesione al progetto divino, serio approfondimento di ciò che è proprio della vocazione sacerdotale e religiosa per corrispondervi in modo responsabile e convinto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda opportunamente che la libera iniziativa di Dio richiede la libera risposta dell’uomo. Una risposta positiva che presuppone sempre l’accettazione e la condivisione del progetto che Dio ha su ciascuno; una risposta che accolga l’iniziativa d’amore del Signore e diventi per chi è chiamato un’esigenza morale vincolante, un riconoscente omaggio a Dio e una totale cooperazione al piano che Egli persegue nella storia (cfrn. 2062).

Contemplando il mistero eucaristico, che esprime in modo sommo il libero dono fatto dal Padre nella Persona del Figlio Unigenito per la salvezza degli uomini, e la piena e docile disponibilità di Cristo nel bere fino in fondo il “calice” della volontà di Dio (cfr Mt 26,39), comprendiamo meglio come “la fiducia nell’iniziativa di Dio” modelli e dia valore alla “risposta umana”.Nell’Eucaristia, il dono perfetto che realizza il progetto d’amore per la redenzione del mondo, Gesù si immola liberamente per la salvezza dell’umanità. “La Chiesa - ha scritto il mio amato predecessore Giovanni Paolo II - ha ricevuto l’Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza” (Enc. Ecclesia de Eucharistia11).

A perpetuare questo mistero salvifico nei secoli, sino al ritorno glorioso del Signore, sono destinati i presbiteri, che proprio in Cristo eucaristico possono contemplare il modello esimio di un “dialogo vocazionale” tra la libera iniziativa del Padre e la fiduciosa risposta del Cristo. Nella celebrazione eucaristica è Cristo stesso che agisce in coloro che Egli sceglie come suoi ministri; li sostiene perché la loro risposta si sviluppi in una dimensione di fiducia e di gratitudine che dirada ogni paura, anche quando si fa più forte l’esperienza della propria debolezza (cfr Rm 8,26-30), o si fa più aspro il contesto di incomprensione o addirittura di persecuzione (cfr Rm 8,35-39).

La consapevolezza di essere salvati dall’amore di Cristo, che ogni Santa Messa alimenta nei credenti e specialmente nei sacerdoti, non può non suscitare in essi un fiducioso abbandono in Cristo che ha dato la vita per noi. Credere nel Signore ed accettare il suo dono, porta dunque ad affidarsi a Lui con animo grato aderendo al suo progetto salvifico. Se questo avviene, il “chiamato” abbandona volentieri tutto e si pone alla scuola del divino Maestro; ha inizio allora un fecondo dialogo tra Dio e l’uomo, un misterioso incontro tra l’amore del Signore che chiama e la libertà dell’uomo che nell’amore gli risponde, sentendo risuonare nel suo animo le parole di Gesù: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16).

Questo intreccio d’amore tra l’iniziativa divina e la risposta umana è presente pure, in maniera mirabile, nella vocazione alla vita consacrata. Ricorda il Concilio Vaticano II: “I consigli evangelici della castità consacrata a Dio, della povertà e dell’obbedienza, essendo fondati sulle parole e sugli esempi del Signore, e raccomandati dagli Apostoli, dai Padri, dai dottori e dai pastori della Chiesa, sono un dono divino, che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva” (Cost. Lumen gentium43). Ancora una volta, è Gesù il modello esemplare di totale e fiduciosa adesione alla volontà del Padre, a cui ogni persona consacrata deve guardare. Attratti da lui, fin dai primi secoli del cristianesimo, molti uomini e donne hanno abbandonato famiglia, possedimenti, ricchezze materiali e tutto quello che umanamente è desiderabile, per seguire generosamente il Cristo e vivere senza compromessi il suo Vangelo, diventato per essi scuola di radicale santità. Anche oggi molti percorrono questo stesso esigente itinerario di perfezione evangelica, e realizzano la loro vocazione con la professione dei consigli evangelici. La testimonianza di questi nostri fratelli e sorelle, nei monasteri di vita contemplativa come negli istituti e nelle congregazioni di vita apostolica, ricorda al popolo di Dio “quel mistero del Regno di Dio che già opera nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei cieli” (Esort. ap. postsinodale Vita consecrata1).

Chi può ritenersi degno di accedere al ministero sacerdotale? Chi può abbracciare la vita consacrata contando solo sulle sue umane risorse? Ancora una volta, è utile ribadire che la risposta dell’uomo alla chiamata divina, quando si è consapevoli che è Dio a prendere l’iniziativa ed è ancora lui a portare a termine il suo progetto salvifico, non si riveste mai del calcolo timoroso del servo pigro che per paura nascose sotto terra il talento affidatogli (cfr Mt 25,14-30), ma si esprime in una pronta adesione all’invito del Signore, come fece Pietro quando non esitò a gettare nuovamente le reti pur avendo faticato tutta la notte senza prendere nulla, fidandosi della sua parola (cfr Lc 5,5). Senza abdicare affatto alla responsabilità personale, la libera risposta dell’uomo a Dio diviene così “corresponsabilità”, responsabilità in con Cristo, in forza dell’azione del suo Santo Spirito; diventa comunione con Colui che ci rende capaci di portare molto frutto (cfr Gv 15,5).

Emblematica risposta umana, colma di fiducia nell’iniziativa di Dio, è l’“Amen” generoso e pieno della Vergine di Nazaret, pronunciato con umile e decisa adesione ai disegni dell’Altissimo, a Lei comunicati dal messo celeste (cfr Lc 1,38). Il suo pronto “si” permise a Lei di diventare la Madre di Dio, la Madre del nostro Salvatore. Maria, dopo questo primo “fiat”, tante altre volte dovette ripeterlo, sino al momento culminante della crocifissione di Gesù, quando “stava presso la croce”, come annota l’evangelista Giovanni, compartecipe dell’atroce dolore del suo Figlio innocente. E proprio dalla croce, Gesù morente ce l’ha data come Madre ed a Lei ci ha affidati come figli (cfrGv 19,26-27), Madre specialmente dei sacerdoti e delle persone consacrate. A Lei vorrei affidare quanti avvertono la chiamata di Dio a porsi in cammino nella via del sacerdozio ministeriale o nella vita consacrata.

Cari amici, non scoraggiatevi di fronte alle difficoltà e ai dubbi; fidatevi di Dio e seguite fedelmente Gesù e sarete i testimoni della gioia che scaturisce dall’unione intima con lui. Ad imitazione della Vergine Maria, che le generazioni proclamano beata perché ha creduto (cfr Lc 1,48), impegnatevi con ogni energia spirituale a realizzare il progetto salvifico del Padre celeste, coltivando nel vostro cuore, come Lei, la capacità di stupirvi e di adorare Colui che ha il potere di fare “grandi cose” perché Santo è il suo nome (cfr ibid., 1,49).

Dal Vaticano, 20 Gennaio 2009

 

BENEDETTO XVI







 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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06/01/2014 22:46




MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
PER LA XLVII GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI.

25 APRILE 2010 -  IV DOMENICA DI PASQUA

 

Tema: La testimonianza suscita vocazioni.

 

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, 
cari fratelli e sorelle!

La 47a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che si celebrerà la IV domenica di Pasqua - domenica del “Buon Pastore” - il 25 aprile 2010, mi offre l'opportunità di proporre alla vostra riflessione un tema che ben si intona con l'Anno SacerdotaleLa testimonianza suscita vocazioni.La fecondità della proposta vocazionale, infatti, dipende primariamente dall'azione gratuita di Dio, ma, come conferma l'esperienza pastorale, è favorita anche dalla qualità e dalla ricchezza della testimonianza personale e comunitaria di quanti hanno già risposto alla chiamata del Signore nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata, poiché la loro testimonianza può suscitare in altri il desiderio di corrispondere, a loro volta, con generosità all'appello di Cristo. Questo tema è dunque strettamente legato alla vita e alla missione dei sacerdoti e dei consacrati. Pertanto, vorrei invitare tutti coloro che il Signore ha chiamato a lavorare nella sua vigna a rinnovare la loro fedele risposta, soprattutto in quest'Anno Sacerdotale, che ho indetto in occasione del 150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney, il Curato d'Ars, modello sempre attuale di presbitero e di parroco.

Già nell'Antico Testamento i profeti erano consapevoli di essere chiamati con la loro esistenza a testimoniare ciò che annunciavano, pronti ad affrontare anche l'incomprensione, il rifiuto, la persecuzione. Il compito affidato loro da Dio li coinvolgeva completamente, come un “fuoco ardente” nel cuore, che non si può contenere (cfr Ger 20,9), e perciò erano pronti a consegnare al Signore non solo la voce, ma ogni elemento della loro esistenza. Nella pienezza dei tempi, sarà Gesù, l'inviato del Padre (cfr Gv 5,36), a testimoniare con la sua missione l'amore di Dio verso tutti gli uomini, senza distinzione, con particolare attenzione agli ultimi, ai peccatori, agli emarginati, ai poveri. Egli è il sommo Testimone di Dio e del suo anelito per la salvezza di tutti. All'alba dei tempi nuovi, Giovanni Battista, con una vita interamente spesa per preparare la strada a Cristo, testimonia che nel Figlio di Maria di Nazaret si adempiono le promesse di Dio. Quando lo vede venire al fiume Giordano, dove stava battezzando, lo indica ai suoi discepoli come “l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). La sua testimonianza è tanto feconda, che due dei suoi discepoli “sentendolo parlare così, seguirono Gesù” (Gv 1,37).

Anche la vocazione di Pietro, secondo quanto scrive l'evangelista Giovanni, passa attraverso la testimonianza del fratello Andrea, il quale, dopo aver incontrato il Maestro e aver risposto al suo invito a rimanere con Lui, sente il bisogno di comunicargli subito ciò che ha scoperto nel suo “dimorare” con il Signore: “Abbiamo trovato il Messia - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù” (Gv 1,41-42). Così avvenne per Natanaele, Bartolomeo, grazie alla testimonianza di un altro discepolo, Filippo, il quale gli comunica con gioia la sua grande scoperta: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nazaret” (Gv1,45). L'iniziativa libera e gratuita di Dio incontra e interpella la responsabilità umana di quanti accolgono il suo invito a diventare strumenti, con la propria testimonianza, della chiamata divina. Questo accade anche oggi nella Chiesa: Iddio si serve della testimonianza di sacerdoti, fedeli alla loro missione, per suscitare nuove vocazioni sacerdotali e religiose al servizio del Popolo di Dio. Per questa ragione desidero richiamare tre aspetti della vita del presbitero, che mi sembrano essenziali per un'efficace testimonianza sacerdotale.

Elemento fondamentale e riconoscibile di ogni vocazione al sacerdozio e alla consacrazione è l'amicizia con Cristo. Gesù viveva in costante unione con il Padre, ed è questo che suscitava nei discepoli il desiderio di vivere la stessa esperienza, imparando da Lui la comunione e il dialogo incessante con Dio. Se il sacerdote è l' “uomo di Dio”, che appartiene a Dio e che aiuta a conoscerlo e ad amarlo, non può non coltivare una profonda intimità con Lui, rimanere nel suo amore, dando spazio all'ascolto della sua Parola. La preghiera è la prima testimonianza che suscita vocazioni. Come l'apostolo Andrea, che comunica al fratello di aver conosciuto il Maestro, ugualmente chi vuol essere discepolo e testimone di Cristo deve averlo "visto" personalmente, deve averlo conosciuto, deve aver imparato ad amarlo e a stare con Lui.

Altro aspetto della consacrazione sacerdotale e della vita religiosa è il dono totale di sé a Dio. Scrive l'apostolo Giovanni: “In questo abbiamo conosciuto l'amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1 Gv 3,16). Con queste parole, egli invita i discepoli ad entrare nella stessa logica di Gesù che, in tutta la sua esistenza, ha compiuto la volontà del Padre fino al dono supremo di sé sulla croce. Si manifesta qui la misericordia di Dio in tutta la sua pienezza; amore misericordioso che ha sconfitto le tenebre del male, del peccato e della morte. L'immagine di Gesù che nell'Ultima Cena si alza da tavola, depone le vesti, prende un asciugamano, se lo cinge ai fianchi e si china a lavare i piedi agli Apostoli, esprime il senso del servizio e del dono manifestati nell'intera sua esistenza, in obbedienza alla volontà del Padre (cfr Gv13,3-15). Alla sequela di Gesù, ogni chiamato alla vita di speciale consacrazione deve sforzarsi di testimoniare il dono totale di sé a Dio. Da qui scaturisce la capacità di darsi poi a coloro che la Provvidenza gli affida nel ministero pastorale, con dedizione piena, continua e fedele, e con la gioia di farsi compagno di viaggio di tanti fratelli, affinché si aprano all'incontro con Cristo e la sua Parola divenga luce per il loro cammino. La storia di ogni vocazione si intreccia quasi sempre con la testimonianza di un sacerdote che vive con gioia il dono di se stesso ai fratelli per il Regno dei Cieli. Questo perché la vicinanza e la parola di un prete sono capaci di far sorgere interrogativi e di condurre a decisioni anche definitive (cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinod. Pastores dabo vobis, 39).

Infine, un terzo aspetto che non può non caratterizzare il sacerdote e la persona consacrata è il vivere la comunione. Gesù ha indicato come segno distintivo di chi vuol essere suo discepolo la profonda comunione nell'amore: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). In modo particolare, il sacerdote dev'essere uomo di comunione, aperto a tutti, capace di far camminare unito l'intero gregge che la bontà del Signore gli ha affidato, aiutando a superare divisioni, a ricucire strappi, ad appianare contrasti e incomprensioni, a perdonare le offese. Nel luglio 2005, incontrando il Clero di Aosta, ebbi a dire che se i giovani vedono sacerdoti isolati e tristi, non si sentono certo incoraggiati a seguirne l'esempio. Essi restano dubbiosi se sono condotti a considerare che questo è il futuro di un prete. È importante invece realizzare la comunione di vita, che mostri loro la bellezza dell'essere sacerdote. Allora, il giovane dirà: “questo può essere un futuro anche per me, così si può vivere” (Insegnamenti I[2005], 354). Il Concilio Vaticano II, riferendosi alla testimonianza che suscita vocazioni, sottolinea l'esempio di carità e di fraterna collaborazione che devono offrire i sacerdoti (cfr Decreto Optatam totius2).

Mi piace ricordare quanto scrisse il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II: “La vita stessa dei presbiteri, la loro dedizione incondizionata al gregge di Dio, la loro testimonianza di amorevole servizio al Signore e alla sua Chiesa - una testimonianza segnata dalla scelta della croce accolta nella speranza e nella gioia pasquale -, la loro concordia fraterna e il loro zelo per l'evangelizzazione del mondo sono il primo e il più persuasivo fattore di fecondità vocazionale” (Pastores dabo vobis,41)Si potrebbe dire che le vocazioni sacerdotali nascono dal contatto con i sacerdoti, quasi come un prezioso patrimonio comunicato con la parola, con l'esempio e con l'intera esistenza.

Questo vale anche per la vita consacrata. L'esistenza stessa dei religiosi e delle religiose parla dell'amore di Cristo, quando essi lo seguono in piena fedeltà al Vangelo e con gioia ne assumono i criteri di giudizio e di comportamento. Diventano "segno di contraddizione" per il mondo, la cui logica spesso è ispirata dal materialismo, dall'egoismo e dall'individualismo. La loro fedeltà e la forza della loro testimonianza, poiché si lasciano conquistare da Dio rinunciando a se stessi, continuano a suscitare nell'animo di molti giovani il desiderio di seguire, a loro volta, Cristo per sempre, in modo generoso e totale. Imitare Cristo casto, povero e obbediente, e identificarsi con Lui: ecco l'ideale della vita consacrata, testimonianza del primato assoluto di Dio nella vita e nella storia degli uomini.

Ogni presbitero, ogni consacrato e ogni consacrata, fedeli alla loro vocazione, trasmettono la gioia di servire Cristo, e invitano tutti i cristiani a rispondere all'universale chiamata alla santità. Pertanto, per promuovere le vocazioni specifiche al ministero sacerdotale ed alla vita consacrata, per rendere più forte e incisivo l'annuncio vocazionale, è indispensabile l'esempio di quanti hanno già detto il proprio “si” a Dio e al progetto di vita che Egli ha su ciascuno. La testimonianza personale, fatta di scelte esistenziali e concrete, incoraggerà i giovani a prendere decisioni impegnative, a loro volta, che investono il proprio futuro. Per aiutarli è necessaria quell'arte dell'incontro e del dialogo capace di illuminarli e accompagnarli, attraverso soprattutto quell'esemplarità dell'esistenza vissuta come vocazione. Così ha fatto il Santo Curato d'Ars, il quale, sempre a contatto con i suoi parrocchiani, “insegnava soprattutto con la testimonianza di vita. Dal suo esempio, i fedeli imparavano a pregare” (Lettera per l'Indizione dell'Anno Sacerdotale, 16 giugno 2009).

Possa ancora una volta questa Giornata Mondiale offrire una preziosa occasione a molti giovani per riflettere sulla propria vocazione, aderendovi con semplicità, fiducia e piena disponibilità. La Vergine Maria, Madre della Chiesa, custodisca ogni più piccolo germe di vocazione nel cuore di coloro che il Signore chiama a seguirlo più da vicino; faccia sì che diventi albero rigoglioso, carico di frutti per il bene della Chiesa e dell'intera umanità. Per questo prego, mentre imparto a tutti la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 13 novembre 2009

 

BENEDETTO XVI


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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06/01/2014 22:50





MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
PER LA XLVIII GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI.

15 MAGGIO 2011 -  IV DOMENICA DI PASQUA

Tema: “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”

 

 

Cari fratelli e sorelle!

La XLVIII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 15 maggio 2011, quarta Domenica di Pasqua, ci invita a riflettere sul tema: “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”. Settant’anni fa, il Venerabile Pio XII istituì la Pontifìcia Opera per le Vocazioni Sacerdotali. In seguito, opere simili sono state fondate dai Vescovi in molte diocesi, animate da sacerdoti e da laici, in risposta all'invito del Buon Pastore, il quale, “vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”, e disse: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai. Pregate, dunque, il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe!” (Mt 9,36-38).

L’arte di promuovere e di curare le vocazioni trova un luminoso punto di riferimento nelle pagine del Vangelo in cui Gesù chiama i suoi discepoli a seguirlo e li educa con amore e premura. Oggetto particolare della nostra attenzione è il modo in cui Gesù ha chiamato i suoi più stretti collaboratori ad annunciare il Regno di Dio (cfr Lc 10,9). Innanzitutto, appare chiaro che il primo atto è stata la preghiera per loro: prima di chiamarli, Gesù passò la notte da solo, in orazione ed in ascolto della volontà del Padre (cfr Lc 6,12), in un’ascesa interiore al di sopra delle cose di tutti i giorni. La vocazione dei discepoli nasce proprio nel colloquio intimo di Gesù con il Padre. Le vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata sono primariamente frutto di un costante contatto con il Dio vivente e di un'insistente preghiera che si eleva al “Padrone della messe” sia nelle comunità parrocchiali, sia nelle famiglie cristiane, sia nei cenacoli vocazionali.

Il Signore, all’inizio della sua vita pubblica, ha chiamato alcuni pescatori, intenti a lavorare sulle rive del lago di Galilea: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19). Ha mostrato loro la sua missione messianica con numerosi “segni” che indicavano il suo amore per gli uomini e il dono della misericordia del Padre; li ha educati con la parola e con la vita affinché fossero pronti ad essere continuatori della sua opera di salvezza; infine, “sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre” (Gv 13,1), ha affidato loro il memoriale della sua morte e risurrezione, e prima di essere elevato al Cielo li ha inviati in tutto il mondo con il comando: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19).

È una proposta, impegnativa ed esaltante, quella che Gesù fa a coloro a cui dice “Seguimi!”: li invita ad entrare nella sua amicizia, ad ascoltare da vicino la sua Parola e a vivere con Lui; insegna loro la dedizione totale a Dio e alla diffusione del suo Regno secondo la legge del Vangelo: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24); li invita ad uscire dalla loro volontà chiusa, dalla loro idea di autorealizzazione, per immergersi in un’altra volontà, quella di Dio e lasciarsi guidare da essa; fa vivere loro una fraternità, che nasce da questa disponibilità totale a Dio (cfr Mt 12,49-50), e che diventa il tratto distintivo della comunità di Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Gv13,35).

Anche oggi, la sequela di Cristo è impegnativa; vuol dire imparare a tenere lo sguardo su Gesù, a conoscerlo intimamente, ad ascoltarlo nella Parola e a incontrarlo nei Sacramenti; vuol dire imparare a conformare la propria volontà alla Sua. Si tratta di una vera e propria scuola di formazione per quanti si preparano al ministero sacerdotale ed alla vita consacrata, sotto la guida delle competenti autorità ecclesiali. Il Signore non manca di chiamare, in tutte le stagioni della vita, a condividere la sua missione e a servire la Chiesa nel ministero ordinato e nella vita consacrata, e la Chiesa “è chiamata a custodire questo dono, a stimarlo e ad amarlo: essa è responsabile della nascita e della maturazione delle vocazioni sacerdotali” (Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 41). Specialmente in questo nostro tempo in cui la voce del Signore sembra soffocata da “altre voci” e la proposta di seguirlo donando la propria vita può apparire troppo difficile, ogni comunità cristiana, ogni fedele, dovrebbe assumere con consapevolezza l’impegno di promuovere le vocazioni. È importante incoraggiare e sostenere coloro che mostrano chiari segni della chiamata alla vita sacerdotale e alla consacrazione religiosa, perché sentano il calore dell’intera comunità nel dire il loro “sì” a Dio e alla Chiesa. Io stesso li incoraggio come ho fatto con coloro che si sono decisi ad entrare in Seminario e ai quali ho scritto: “Avete fatto bene a farlo. Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale, per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere presenti e rendere efficaci i criteri della vera umanità” (Lettera ai Seminaristi, 18 ottobre 2010).

Occorre che ogni Chiesa locale si renda sempre più sensibile e attenta alla pastorale vocazionale, educando ai vari livelli, familiare, parrocchiale, associativo, soprattutto i ragazzi, le ragazze e i giovani - come Gesù fece con i discepoli – a maturare una genuina e affettuosa amicizia con il Signore, coltivata nella preghiera personale e liturgica; ad imparare l’ascolto attento e fruttuoso della Parola di Dio, mediante una crescente familiarità con le Sacre Scritture; a comprendere che entrare nella volontà di Dio non annienta e non distrugge la persona, ma permette di scoprire e seguire la verità più profonda su se stessi; a vivere la gratuità e la fraternità nei rapporti con gli altri, perché è solo aprendosi all’amore di Dio che si trova la vera gioia e la piena realizzazione delle proprie aspirazioni. “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”, significa avere il coraggio di indicare, attraverso una pastorale vocazionale attenta e adeguata, questa via impegnativa della sequela di Cristo, che, in quanto ricca di senso, è capace di coinvolgere tutta la vita.

Mi rivolgo particolarmente a voi, cari Confratelli nell’Episcopato. Per dare continuità e diffusione alla vostra missione di salvezza in Cristo, è importante “incrementare il più che sia possibile le vocazioni sacerdotali e religiose, e in modo particolare quelle missionarie” (Decr. Christus Dominus, 15). Il Signore ha bisogno della vostra collaborazione perché le sue chiamate possano raggiungere i cuori di chi ha scelto. Abbiate cura nella scelta degli operatori per il Centro Diocesano Vocazioni, strumento prezioso di promozione e organizzazione della pastorale vocazionale e della preghiera che la sostiene e ne garantisce l’efficacia. Vorrei anche ricordarvi, cari Confratelli Vescovi, la sollecitudine della Chiesa universale per un’equa distribuzione dei sacerdoti nel mondo. La vostra disponibilità verso diocesi con scarsità di vocazioni, diventa una benedizione di Dio per le vostre comunità ed è per i fedeli la testimonianza di un servizio sacerdotale che si apre generosamente alle necessità dell’intera Chiesa.

Il Concilio Vaticano II ha ricordato esplicitamente che “il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana, che è tenuta ad assolvere questo compito anzitutto con una vita perfettamente cristiana” (Decr. Optatam totius, 2). Desidero indirizzare quindi un fraterno e speciale saluto ed incoraggiamento a quanti collaborano in vario modo nelle parrocchie con i sacerdoti. In particolare, mi rivolgo a coloro che possono offrire il proprio contributo alla pastorale delle vocazioni: i sacerdoti, le famiglie, i catechisti, gli animatori. Ai sacerdoti raccomando di essere capaci di dare una testimonianza di comunione con il Vescovo e con gli altri confratelli, per garantire l’humus vitale ai nuovi germogli di vocazioni sacerdotali. Le famiglie siano “animate da spirito di fede, di carità e di pietà” (ibid.), capaci di aiutare i figli e le fìglie ad accogliere con generosità la chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata. I catechisti e gli animatori delle associazioni cattoliche e dei movimenti ecclesiali, convinti della loro missione educativa, cerchino “di coltivare gli adolescenti a loro affidati in maniera di essere in grado di scoprire la vocazione divina e di seguirla di buon grado” (ibid.).

Cari fratelli e sorelle, il vostro impegno nella promozione e nella cura delle vocazioni acquista pienezza di senso e di efficacia pastorale quando si realizza nell’unità della Chiesa ed è indirizzato al servizio della comunione. È per questo che ogni momento della vita della comunità ecclesiale - la catechesi, gli incontri di formazione, la preghiera liturgica, i pellegrinaggi ai santuari - è una preziosa opportunità per suscitare nel Popolo di Dio, in particolare nei più piccoli e nei giovani, il senso di appartenenza alla Chiesa e la responsabilità della risposta alla chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata, compiuta con libera e consapevole scelta.

La capacità di coltivare le vocazioni è segno caratteristico della vitalità di una Chiesa locale. Invochiamo con fiducia ed insistenza l’aiuto della Vergine Maria, perché, con l’esempio della sua accoglienza del piano divino della salvezza e con la sua efficace intercessione, si possa diffondere all’interno di ogni comunità la disponibilità a dire “sì” al Signore, che chiama sempre nuovi operai per la sua messe. Con questo auspicio, imparto di cuore a tutti la mia Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 15 novembre 2010

 

BENEDETTO XVI






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
PER LA XLIX GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI.

29 APRILE 2012 - IV DOMENICA DI PASQUA

 

Tema: Le vocazioni dono della Carità di Dio

 

Cari fratelli e sorelle!

la XLIX Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 29 aprile 2012, quarta domenica di Pasqua, ci invita a riflettere sul tema: Le vocazioni dono della Carità di Dio.

La fonte di ogni dono perfetto è Dio Amore - Deus caritas est -: «chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). La Sacra Scrittura narra la storia di questo legame originario tra Dio e l’umanità, che precede la stessa creazione. San Paolo, scrivendo ai cristiani della città di Efeso, eleva un inno di gratitudine e lode al Padre, il quale con infinita benevolenza dispone lungo i secoli l’attuarsi del suo universale disegno di salvezza, che è disegno d’amore. Nel Figlio Gesù - afferma l’Apostolo - Egli «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4). Noi siamo amati da Dio “prima” ancora di venire all’esistenza! Mosso esclusivamente dal suo amore incondizionato, Egli ci ha “creati dal nulla” (cfr 2Mac 7,28) per condurci alla piena comunione con Sé.

Preso da grande stupore davanti all’opera della provvidenza di Dio, il Salmista esclama: “Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?” (Sal 8,4-5). La verità profonda della nostra esistenza è, dunque, racchiusa in questo sorprendente mistero: ogni creatura, in particolare ogni persona umana, è frutto di un pensiero e di un atto di amore di Dio, amore immenso, fedele, eterno (cfr Ger 31,3). La scoperta di questa realtà è ciò che cambia veramente la nostra vita nel profondo.

In una celebre pagina delle Confessioni, sant’Agostino esprime con grande intensità la sua scoperta di Dio somma bellezza e sommo amore, un Dio che gli era stato sempre vicino, ma al quale finalmente apriva la mente e il cuore per essere trasformato: “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace” (X, 27.38). Con queste immagini, il Santo di Ippona cerca di descrivere il mistero ineffabile dell’incontro con Dio, con il Suo amore che trasforma tutta l’esistenza.

Si tratta di un amore senza riserve che ci precede, ci sostiene e ci chiama lungo il cammino della vita e ha la sua radice nell’assoluta gratuità di Dio. Riferendosi in particolare al ministero sacerdotale, il mio predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, affermava che «ogni gesto ministeriale, mentre conduce ad amare e a servire la Chiesa, spinge a maturare sempre più nell’amore e nel servizio a Gesù Cristo Capo, Pastore e Sposo della Chiesa, un amore che si configura sempre come risposta a quello preveniente, libero e gratuito di Dio in Cristo» (Esort. ap. Pastores dabo vobis25). Ogni specifica vocazione nasce, infatti, dall’iniziativa di Dio, è dono della Carità di Dio! È Lui a compiere il “primo passo” e non a motivo di una particolare bontà riscontrata in noi, bensì in virtù della presenza del suo stesso amore «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm5,5).

In ogni tempo, alla sorgente della chiamata divina c’è l’iniziativa dell’amore infinito di Dio, che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. Come ho scritto nella mia prima Enciclica Deus caritas est,«di fatto esiste una molteplice visibilità di Dio. Nella storia d’amore che la Bibbia ci racconta, Egli ci viene incontro, cerca di conquistarci - fino all’Ultima Cena, fino al Cuore trafitto sulla croce, fino alle apparizioni del Risorto e alle grandi opere mediante le quali Egli, attraverso l’azione degli Apostoli, ha guidato il cammino della Chiesa nascente. Anche nella successiva storia della Chiesa il Signore non è rimasto assente: sempre di nuovo ci viene incontro - attraverso uomini nei quali Egli traspare; attraverso la sua Parola, nei Sacramenti, specialmente nell’Eucaristia» (n. 17).

L’amore di Dio rimane per sempre, è fedele a se stesso, alla «parola data per mille generazioni» (Sal 105,8). Occorre, pertanto, riannunciare, specialmente alle nuove generazioni, la bellezza invitante di questo amore divino, che precede e accompagna: esso è la molla segreta, è la motivazione che non viene meno, anche nelle circostanze più difficili.

Cari fratelli e sorelle, è a questo amore che dobbiamo aprire la nostra vita, ed è alla perfezione dell’amore del Padre (cfr Mt 5,48) che ci chiama Gesù Cristo ogni giorno! La misura alta della vita cristiana consiste infatti nell’amare “come” Dio; si tratta di un amore che si manifesta nel dono totale di sé fedele e fecondo. Alla priora del monastero di Segovia, in pena per la drammatica situazione di sospensione in cui egli si trovava in quegli anni, San Giovanni della Croce risponde invitandola ad agire secondo Dio: «Non pensi ad altro se non che tutto è disposto da Dio; e dove non c’è amore, metta amore e raccoglierà amore» (Epistolario, 26).

Su questo terreno oblativo, nell’apertura all’amore di Dio e come frutto di questo amore, nascono e crescono tutte le vocazioni. Ed è attingendo a questa sorgente nella preghiera, con l’assidua frequentazione della Parola e dei Sacramenti, in particolar modo dell’Eucaristia, che è possibile vivere l’amore verso il prossimo nel quale si impara a scorgere il volto di Cristo Signore (cfr Mt25,31-46). Per esprimere il legame inscindibile che intercorre tra questi “due amori” – l’amore verso Dio e quello verso il prossimo - scaturiti dalla medesima sorgente divina e ad essa orientati, il Papa San Gregorio Magno usa l’esempio della pianticella: «Nel terreno del nostro cuore [Dio] ha piantato prima la radice dell’amore verso di Lui e poi si è sviluppato, come chioma, l’amore fraterno» (Moralium Libri, sive expositio in Librum B. Job, Lib. VII, cap. 24, 28; PL 75, 780D).

Queste due espressioni dell’unico amore divino, devono essere vissute con particolare intensità e purezza di cuore da coloro che hanno deciso di intraprendere un cammino di discernimento vocazionale verso il ministero sacerdotale e la vita consacrata; ne costituiscono l’elemento qualificante. Infatti, l’amore per Dio, di cui i presbiteri e i religiosi diventano immagini visibili - seppure sempre imperfette - è la motivazione della risposta alla chiamata di speciale consacrazione al Signore attraverso l’Ordinazione presbiterale o la professione dei consigli evangelici. Il vigore della risposta di san Pietro al divino Maestro: «Tu lo sai che ti voglio bene» (Gv 21,15), è il segreto di una esistenza donata e vissuta in pienezza, e per questo ricolma di profonda gioia.

L’altra espressione concreta dell’amore, quello verso il prossimo, soprattutto verso i più bisognosi e sofferenti, è la spinta decisiva che fa del sacerdote e della persona consacrata un suscitatore di comunione tra la gente e un seminatore di speranza. Il rapporto dei consacrati, specialmente del sacerdote, con la comunità cristiana è vitale e diventa anche parte fondamentale del loro orizzonte affettivo. Al riguardo, il Santo Curato d’Ars amava ripetere: «Il prete non è prete per sé; lo è per voi» (Le curé d’Ars. Sa pensée – Son cœur, Foi Vivante, 1966, p. 100).

Cari Fratelli nell’episcopato, cari presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, catechisti, operatori pastorali e voi tutti impegnati nel campo dell’educazione delle nuove generazioni, vi esorto con viva sollecitudine a porvi in attento ascolto di quanti all’interno delle comunità parrocchiali, delle associazioni e dei movimenti avvertono il manifestarsi dei segni di una chiamata al sacerdozio o ad una speciale consacrazione. È importante che nella Chiesa si creino le condizioni favorevoli affinché possano sbocciare tanti “sì”, quali generose risposte alla chiamata di amore di Dio.

Sarà compito della pastorale vocazionale offrire i punti di orientamento per un fruttuoso percorso. Elemento centrale sarà l’amore alla Parola di Dio, coltivando una familiarità crescente con la Sacra Scrittura e una preghiera personale e comunitaria attenta e costante, per essere capaci di sentire la chiamata divina in mezzo a tante voci che riempiono la vita quotidiana. Ma soprattutto l’Eucaristia sia il “centro vitale” di ogni cammino vocazionale: è qui che l’amore di Dio ci tocca nel sacrificio di Cristo, espressione perfetta di amore, ed è qui che impariamo sempre di nuovo a vivere la “misura alta” dell’amore di Dio. Parola, preghiera ed Eucaristia sono il tesoro prezioso per comprendere la bellezza di una vita totalmente spesa per il Regno.

Auspico che le Chiese locali, nelle loro varie componenti, si facciano “luogo” di attento discernimento e di profonda verifica vocazionale, offrendo ai giovani e alle giovani un saggio e vigoroso accompagnamento spirituale. In questo modo la comunità cristiana diventa essa stessa manifestazione della Carità di Dio che custodisce in sé ogni chiamata. Tale dinamica, che risponde alle istanze del comandamento nuovo di Gesù, può trovare eloquente e singolare attuazione nelle famiglie cristiane, il cui amore è espressione dell’amore di Cristo che ha dato se stesso per la sua Chiesa (cfr Ef 5,32). Nelle famiglie, «comunità di vita e di amore» (Gaudium et spes48), le nuove generazioni possono fare mirabile esperienza di questo amore oblativo. Esse, infatti, non solo sono il luogo privilegiato della formazione umana e cristiana, ma possono rappresentare «il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 53), facendo riscoprire, proprio all’interno della famiglia, la bellezza e l’importanza del sacerdozio e della vita consacrata. I Pastori e tutti i fedeli laici sappiano sempre collaborare affinché nella Chiesa si moltiplichino queste «case e scuole di comunione» sul modello della Santa Famiglia di Nazareth, riflesso armonico sulla terra della vita della Santissima Trinità.

Con questi auspici, imparto di cuore la Benedizione Apostolica a voi, Venerati Fratelli nell’episcopato, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli laici, in particolare ai giovani e alle giovani che con cuore docile si pongono in ascolto della voce di Dio, pronti ad accoglierla con adesione generosa e fedele.

Dal Vaticano, 18 ottobre 2011

 

BENEDETTO XVI

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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06/01/2014 23:03





MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
PER LA L GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

21 APRILE 2013 - IV DOMENICA DI PASQUA

 

Tema: Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede

 

Cari fratelli e sorelle!

Nella 50ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che si celebrerà il 21 aprile 2013, quarta domenica di Pasqua, vorrei invitarvi a riflettere sul tema: «Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede», che ben si inscrive nel contesto dell’Anno della fede e nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Il Servo di Dio Paolo VI, durante l’Assise conciliare, istituì questa Giornata di invocazione corale a Dio Padre affinché continui a mandare operai per la sua Chiesa (cfr Mt 9,38). «Il problema del numero sufficiente dei sacerdoti - sottolineò allora il Pontefice - tocca da vicino tutti i fedeli: non solo perché ne dipende l’avvenire religioso della società cristiana, ma anche perché questo problema è il preciso e inesorabile indice della vitalità di fede e di amore delle singole comunità parrocchiali e diocesane, e testimonianza della sanità morale delle famiglie cristiane. Ove numerose sbocciano le vocazioni allo stato ecclesiastico e religioso, là si vive generosamente secondo il Vangelo» (Paolo VI, Radiomessaggio, 11 aprile 1964).

In questi decenni, le diverse comunità ecclesiali sparse in tutto il mondo si sono ritrovate spiritualmente unite ogni anno, nella quarta domenica di Pasqua, per implorare da Dio il dono di sante vocazioni e per riproporre alla comune riflessione l’urgenza della risposta alla chiamata divina. Questo significativo appuntamento annuale ha favorito, infatti, un forte impegno a porre sempre più al centro della spiritualità, dell’azione pastorale e della preghiera dei fedeli l’importanza delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

La speranza è attesa di qualcosa di positivo per il futuro, ma che al tempo stesso deve sostenere il nostro presente, segnato non di rado da insoddisfazioni e insuccessi. Dove si fonda la nostra speranza? Guardando alla storia del popolo di Israele narrata nell’Antico Testamento, vediamo emergere, anche nei momenti di maggiore difficoltà come quelli dell’esilio, un elemento costante, richiamato in particolare dai profeti: la memoria delle promesse fatte da Dio ai Patriarchi; memoria che chiede di imitare l’atteggiamento esemplare di Abramo, il quale, ricorda l’Apostolo Paolo, «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: così sarà la tua discendenza» (Rm 4,18). Una verità consolante e illuminante che emerge da tutta la storia della salvezza è allora la fedeltà di Dio all’alleanza, alla quale si è impegnato e che ha rinnovato ogniqualvolta l’uomo l’ha infranta con l’infedeltà, con il peccato, dal tempo del diluvio (cfr Gen 8,21-22), a quello dell’esodo e del cammino nel deserto (cfr Dt 9,7); fedeltà di Dio che è giunta a sigillare la nuova ed eterna alleanza con l’uomo, attraverso il sangue del suo Figlio, morto e risorto per la nostra salvezza.

In ogni momento, soprattutto in quelli più difficili, è sempre la fedeltà del Signore, autentica forza motrice della storia della salvezza, a far vibrare i cuori degli uomini e delle donne e a confermarli nella speranza di giungere un giorno alla «Terra promessa». Qui sta il fondamento sicuro di ogni speranza: Dio non ci lascia mai soli ed è fedele alla parola data. Per questo motivo, in ogni situazione felice o sfavorevole, possiamo nutrire una solida speranza e pregare con il salmista: «Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia speranza» (Sal 62,6). Avere speranza equivale, dunque, a confidare nel Dio fedele, che mantiene le promesse dell’alleanza. Fede e speranza sono pertanto strettamente unite. « “Speranza”, di fatto, è una parola centrale della fede biblica, al punto che in diversi passi le parole “fede” e “speranza” sembrano interscambiabili. Così la Lettera agli Ebreilega strettamente alla “pienezza della fede” (10,22) la “immutabile professione della speranza” (10,23). Anche quando la Prima Lettera di Pietro esorta i cristiani ad essere sempre pronti a dare una risposta circa il logos - il senso e la ragione - della loro speranza (cfr 3,15), “speranza” è l'equivalente di “fede”» (Enc. Spe salvi, 2).

Cari fratelli e sorelle, in che cosa consiste la fedeltà di Dio alla quale affidarci con ferma speranza? Nel suo amore. Egli, che è Padre, riversa nel nostro io più profondo, mediante lo Spirito Santo, il suo amore (cfr Rm 5,5). E proprio questo amore, manifestatosi pienamente in Gesù Cristo, interpella la nostra esistenza, chiede una risposta su ciò che ciascuno vuole fare della propria vita, su quanto è disposto a mettere in gioco per realizzarla pienamente. L’amore di Dio segue a volte percorsi impensabili, ma raggiunge sempre coloro che si lasciano trovare. La speranza si nutre, dunque, di questa certezza: « Noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1 Gv4,16).
E questo amore esigente, profondo, che va oltre la superficialità, ci dà coraggio, ci fa sperare nel cammino della vita e nel futuro, ci fa avere fiducia in noi stessi, nella storia e negli altri. Vorrei rivolgermi in modo particolare a voi giovani e ripetervi: «Che cosa sarebbe la vostra vita senza questo amore? Dio si prende cura dell’uomo dalla creazione fino alla fine dei tempi, quando porterà a compimento il suo progetto di salvezza. Nel Signore Risorto abbiamo la certezza della nostra speranza» (Discorso ai giovani della diocesi di San Marino-Montefeltro, 19 giugno 2011).

Come avvenne nel corso della sua esistenza terrena, anche oggi Gesù, il Risorto, passa lungo le strade della nostra vita, e ci vede immersi nelle nostre attività, con i nostri desideri e i nostri bisogni. Proprio nel quotidiano continua a rivolgerci la sua parola; ci chiama a realizzare la nostra vita con Lui, il solo capace di appagare la nostra sete di speranza. Egli, Vivente nella comunità di discepoli che è la Chiesa, anche oggi chiama a seguirlo. E questo appello può giungere in qualsiasi momento. Anche oggi Gesù ripete: «Vieni! Seguimi!» (Mc 10,21). Per accogliere questo invito, occorre non scegliere più da sé il proprio cammino. Seguirlo significa immergere la propria volontà nella volontà di Gesù, dargli davvero la precedenza, metterlo al primo posto rispetto a tutto ciò che fa parte della nostra vita: alla famiglia, al lavoro, agli interessi personali, a se stessi. Significa consegnare la propria vita a Lui, vivere con Lui in profonda intimità, entrare attraverso di Lui in comunione col Padre nello Spirito Santo e, di conseguenza, con i fratelli e le sorelle. E questa comunione di vita con Gesù il «luogo» privilegiato dove sperimentare la speranza e dove la vita sarà libera e piena!

Le vocazioni sacerdotali e religiose nascono dall’esperienza dell’incontro personale con Cristo, dal dialogo sincero e confidente con Lui, per entrare nella sua volontà. È necessario, quindi, crescere nell’esperienza di fede, intesa come relazione profonda con Gesù, come ascolto interiore della sua voce, che risuona dentro di noi. Questo itinerario, che rende capaci di accogliere la chiamata di Dio, può avvenire all’interno di comunità cristiane che vivono un intenso clima di fede, una generosa testimonianza di adesione al Vangelo, una passione missionaria che induca al dono totale di sé per il Regno di Dio, alimentato dall’accostamento ai Sacramenti, in particolare all’Eucaristia, e da una fervida vita di preghiera. Quest’ultima «deve, da una parte, essere molto personale, un confronto del mio io con Dio, con il Dio vivente. Dall’altra, tuttavia, essa deve essere sempre di nuovo guidata e illuminata dalle grandi preghiere della Chiesa e dei santi, dalla preghiera liturgica, nella quale il Signore ci insegna continuamente a pregare nel modo giusto» (Enc. Spe salvi, 34).

La preghiera costante e profonda fa crescere la fede della comunità cristiana, nella certezza sempre rinnovata che Dio mai abbandona il suo popolo e che lo sostiene suscitando vocazioni speciali, al sacerdozio e alla vita consacrata, perché siano segni di speranza per il mondo. I presbiteri e i religiosi, infatti, sono chiamati a donarsi in modo incondizionato al Popolo di Dio, in un servizio di amore al Vangelo e alla Chiesa, un servizio a quella salda speranza che solo l’apertura all’orizzonte di Dio può donare. Pertanto essi, con la testimonianza della loro fede e con il loro fervore apostolico, possono trasmettere, in particolare alle nuove generazioni, il vivo desiderio di rispondere generosamente e prontamente a Cristo che chiama a seguirlo più da vicino.

Quando un discepolo di Gesù accoglie la divina chiamata per dedicarsi al ministero sacerdotale o alla vita consacrata, si manifesta uno dei frutti più maturi della comunità cristiana, che aiuta a guardare con particolare fiducia e speranza al futuro della Chiesa e al suo impegno di evangelizzazione. Esso infatti necessita sempre di nuovi operai per la predicazione del Vangelo, per la celebrazione dell’Eucaristia, per il Sacramento della Riconciliazione. Non manchino perciò sacerdoti zelanti, che sappiano accompagnare i giovani quali «compagni di viaggio» per aiutarli a riconoscere, nel cammino a volte tortuoso e oscuro della vita, il Cristo, Via, Verità e Vita (cfr Gv 14,6); per proporre loro, con coraggio evangelico, la bellezza del servizio a Dio, alla comunità cristiana, ai fratelli. Sacerdoti che mostrino la fecondità di un impegno entusiasmante, che conferisce un senso di pienezza alla propria esistenza, perché fondato sulla fede in Colui che ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,19).

Ugualmente, auspico che i giovani, in mezzo a tante proposte superficiali ed effimere, sappiano coltivare l’attrazione verso i valori, le mete alte, le scelte radicali, per un servizio agli altri sulle orme di Gesù. Cari giovani, non abbiate paura di seguirlo e di percorrere le vie esigenti e coraggiose della carità e dell’impegno generoso! Così sarete felici di servire, sarete testimoni di quella gioia che il mondo non può dare, sarete fiamme vive di un amore infinito ed eterno, imparerete a «rendere ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3,15)!

Dal Vaticano, 6 ottobre 2012

BENEDETTO XVI







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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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06/01/2014 23:21




   



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