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Dal Magistero di Benedetto XVI - la dolcezza, le meditazioni, la gioia della fede

Ultimo Aggiornamento: 27/07/2015 16:31
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04/01/2014 23:31





La visita di Benedetto XVI nei media statunitensi


Ha svelato all'America
il vero volto del Papa


di Robert Imbelli
Docente di teologia,
Boston College (Massachusetts, Stati Uniti d'America)

Il viaggio di Benedetto XVI ha scatenato negli Stati Uniti una copertura

mediatica senza precedenti.

I giornali gli hanno dedicato pagine intere, la radio e la televisione innumerevoli ore di trasmissione e - segno dei tempi! - la visita è stata oggetto di discussione su molti forum in rete. Alcuni giornali, come il "New York Times", hanno creato speciali blog con i commenti di personaggi famosi su ogni aspetto del viaggio papale. I discorsi e le omelie sono stati resi disponibili e immessi su Internet appena pronunciati, permettendo una loro analisi immediata. In breve, la copertura mediatica è stata, come diciamo qui, negli Stati Uniti, 24/7, cioè ventiquattr'ore al giorno, per sette giorni su sette.

Il messaggio del Papa è stato trasmesso con le parole e, cosa ancor più importante, con immagini straordinarie, in un'epoca ad esse particolarmente sensibile. Ogni mattina i quotidiani, soprattutto a Washington, a New York e a Boston, hanno pubblicato in prima pagina fotografie di Papa Benedetto, alcune delle quali di notevole qualità artistica. Inoltre, non meno di tre reti televisive hanno offerto una copertura continua di ogni evento: le celebrazioni della liturgia, il discorso alle Nazioni Unite, gli incontri individuali, da quello col Presidente degli Stati Uniti a quello col Segretario Generale delle Nazioni Unite fino a quelli con uomini e donne comuni che non sono di certo meno importanti dei leader.

Ora descriverò alcune immagini particolarmente affascinanti e importanti che, insieme, hanno influenzato in maniera decisiva l'impressione suscitata nel cuore e nella mente del popolo americano dalla visita di Benedetto XVI. In alcuni ambienti hanno addirittura modificato il modo in cui il Papa è stato percepito e recepito.

Le prime immagini sono quelle dell'incontro con i bambini disabili. Si è svolto nella cappella del seminario dell'arcidiocesi di New York. I più giovani erano raggruppati nella navata principale della cappella. Alcuni erano in carrozzina, altri erano sostenuti dai loro accompagnatori. Il Pontefice si è fermato davanti a ognuno di loro, lo ha abbracciato e benedetto. Le riprese televisive hanno indugiato amabilmente su questa scena di immensa tenerezza. Le immagini hanno avuto una vasta eco nella Chiesa negli Stati Uniti dove, con nostra grande vergogna, alcuni bambini hanno subito abusi da parte di sacerdoti e religiosi. Qui, invece, a imitazione del Buon Pastore, il Papa ha benedetto i piccoli e riaffermato la loro dignità. Una seconda immagine straordinariamente commovente è stata vista da milioni di americani grazie alla diretta televisiva: il Papa che prega a Ground Zero e poi saluta con grande sollecitudine i sopravvissuti e i familiari di chi ha perso la vita l'11 settembre 2001. Guardando quelle immagini è stato difficile trattenere le lacrime al ricordo della terribile distruzione di quel giorno di violenza. Ma era anche chiaro che il Papa, con la sua presenza e la sua sollecitudine, ha promosso un processo di guarigione, anche nel dolore e nella perdita.

Non si può fare a meno di interrogarsi sulle vie misteriose del Signore grazie alle quali un uomo che, adolescente durante la seconda Guerra Mondiale e poi prigioniero degli americani, sta ora aiutando l'America a guarire le proprie ferite.
Una terza serie di immagini riguarda la visita di Papa Ratzinger alla Park East Synagogue per porgere gli auguri per la Pasqua ebraica. L'immagine del Papa e del Rabbino della sinagoga che si scambiano doni ha riconfermato l'impegno della Chiesa cattolica per il dialogo ispirato dalla Nostra aetate del Concilio Vaticano II più efficacemente di quanto possano fare le parole. Il "New York Times" ha pubblicato in posizione preminente sulla prima pagina la foto del Papa e del Rabbino, che è stata poi diffusa in tutta la nazione. Non si potrà mai sottolineare abbastanza la buona volontà trasmessa da questa immagine. Un quarto insieme di immagini è in qualche modo paradossale perché esse non si sono viste direttamente, ma sono state evocate nella mente di molti dalla testimonianza di quanti erano presenti. Mi riferisco, ovviamente, all'incontro pieno di grazia fra il Papa e le vittime degli abusi sessuali da parte di alcuni sacerdoti. Questo incontro è stato possibile grazie agli sforzi dell'arcivescovo di Boston, il cardinale Sean O'Malley.

Boston, come è noto, è stata il centro della crisi che ha travolto la Chiesa negli Stati Uniti. Il cardinale O'Malley, con la sua saggezza pastorale e la sua sensibilità, ha stabilito un rapporto personale con alcune delle vittime. Tre di quelle che hanno incontrato il Papa si sono espresse in modo commovente su tale incontro, sulla sollecitudine del Papa per loro e sul dolore che lo ha sopraffatto per le sofferenze da loro subite. Il loro racconto ha colpito l'immaginazione e trasformato le simpatie dell'opinione pubblica americana.

Senza dubbio, questo incontro, non annunciato e quindi giunto come una totale sorpresa per la maggior parte delle persone, è stato un punto di svolta emozionale della visita papale. Di certo molti avevano auspicato l'incontro, alcuni avevano espresso scetticismo e altri, pochissimi in verità, si erano dimostrati addirittura contrari. Tuttavia, è stato come se questo gesto straordinario avesse dato il via a un'ondata di apprezzamento e simpatia per un uomo giunto qui non solo come Sommo Pontefice e autorevole maestro, ma anche, e soprattutto, come Pastore compassionevole del suo popolo. Nessun aspetto della visita papale è stato più commentato dai mezzi di comunicazione sociale di questo incontro con le vittime degli abusi, basato sulla preghiera e sul sostegno.
Un ultimo insieme di immagini è quello relativo alle liturgie celebrate da Benedetto XVI. Ogni gesto e ogni espressione del volto sono stati catturati dalle telecamere e trasmessi in milioni di case. Il comportamento del Papa, la sua attenzione alle letture tratte dalle Sacre Scritture, il suo atteggiamento reverenziale nella preghiera sono stati trasmessi tramite immagini vibranti e rivelatrici come un dipinto rinascimentale.

L'effetto di queste immagini meravigliose si può definire soltanto come mistagogico. Il Papa è chiaramente rivolto al Signore e incarna nella sua persona il messaggio che porta: Cristo è la nostra speranza.

Dunque Benedetto XVI ha fatto il suo ingresso nell'agorà americana. Le sue parole e i suoi gesti sono stati registrati e osservati. Le immagini trasmesse hanno persuasivamente cancellato la caricatura del severo custode della disciplina, del professore cerebrale e hanno rivelato il volto del sacerdote e del Pastore compassionevole, dell'umile Successore di Pietro. Benedetto ha conquistato il cuore di milioni di persone.
Ora la sfida che la Chiesa negli Stati Uniti deve affrontare consiste nel valutare i preziosi insegnamenti che ci ha lasciato. Come dobbiamo testimoniare in maniera convincente l'arricchimento reciproco della ragione e della fede, il vincolo indissolubile fra verità e libertà, l'integrazione creativa di visione religiosa e presenza pubblica? Inoltre, quanto siamo pronti a impegnarci nuovamente nella sequela di Gesù Cristo, con gioia e coraggio in qualità di membri del suo Corpo, la Chiesa, che è semper purificanda, ma che resta la sposa sempre amata di Cristo?

(L'Osservatore Romano 23 aprile 2008)

   


     




Le mani nelle mani
Il Papa incontra le vittime di abusi sessuali


di Federico Lombardi

Benedetto XVI non si è limitato a parlare del tema drammatico degli abusi sessuali compiuti da sacerdoti, ma ha anche voluto compiere un gesto significativo da molti atteso ma pur sempre difficile e delicato: incontrare personalmente alcune delle vittime.
Giovedì pomeriggio, infatti, prima di lasciare la nunziatura per gli altri incontri previsti dal programma ufficiale, il Papa si è recato nella cappella dove si trovava ad attenderlo un piccolo gruppo di persone, vittime di abusi sessuali da parte di esponenti del clero, accompagnato dal cardinale arcivescovo di Boston, Sean Patrick O'Malley, e da un sacerdote e una signora responsabili delle attività di cura spirituale e psicologica per tali situazioni nell'arcidiocesi.
L'incontro, molto semplice, è iniziato alle 16.15 ed è stato introdotto da un momento di preghiera comune guidato dall'arcivescovo che ha poi brevemente spiegato il significato spirituale dell'incontro. Le parole del Santo Padre, ispirate non solo al profondo dolore per i fatti avvenuti, ma anche all'incoraggiamento e alla speranza, hanno creato un clima di grande confidenza spirituale così che i singoli presenti si sono poi avvicinati a lui, a uno a uno, esprimendogli i loro racconti, i loro sentimenti, la loro gratitudine per la sua comprensione e anche la ritrovata fiducia di unirsi spiritualmente con lui e con la Chiesa.
Per ognuno il Santo Padre ha trovato ancora una parola di conforto, tenendo strette le mani dei suoi interlocutori, assicurando le sue preghiere per le loro intenzioni, per le loro famiglie e per tutte le vittime di abusi sessuali. Infine la benedizione.
Il cardinale O'Malley ha anche voluto consegnare al Santo Padre un libro contenente i nomi di circa 1500 persone (i nomi soli, non accompagnati dal cognome), vittime di abusi sessuali nel corso dei decenni passati perché li ricordasse nella sua preghiera.
Poco più di venti minuti di commozione intensissima per tutti i presenti. Ma un lungo passo nel cammino di risanamento spirituale e di purificazione della Chiesa. Dalla pagina del dolore e della vergogna si passa così alla pagina della speranza. La Chiesa in America e tutta la Chiesa saranno molte grate al Papa di questo suo aiuto così determinato e spiritualmente efficace.
In soli tre giorni, dopo le parole nella conversazione con i giornalisti in aereo, le considerazioni rivolte ai vescovi e l'importante passaggio dell'omelia nella grande messa al Nationals stadium, il Santo Padre ha anche voluto fare questo gesto che, attraverso le poche persone fisicamente presenti, in realtà ne ha raggiunte moltissime proprio con un messaggio concreto di speranza cristiana, secondo il tema di questo viaggio: Cristo è la nostra speranza.

(L'Osservatore Romano 19 aprile 2008)


   

       


In una conferenza del 1990

Quando Ratzinger difese Galileo alla Sapienza

Giorgio Israel
Professore ordinario di Matematiche complementari
Università di Roma La Sapienza

È sorprendente che quanti hanno scelto come motto la celebre frase attribuita a Voltaire - "mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso" - si oppongano a che il Papa tenga un discorso all'università di Roma La Sapienza.
È tanto più sorprendente in quanto le università italiane sono ormai un luogo aperto ad ogni tipo di intervento ed è inspiegabile che al Papa soltanto sia riservato un divieto d'ingresso. Che cosa di tanto grave ha spinto a mettere da parte la tolleranza volterriana? Lo ha spiegato Marcello Cini nella lettera dello scorso novembre in cui ha condannato l'invito fatto dal rettore Renato Guarini a Benedetto XVI.

Quel che gli appare "pericoloso" è che il Papa tenti di aprire un discorso tra fede e ragione, di ristabilire una relazione fra le tradizioni giudaico-cristiana ed ellenistica, di non volere che scienza e fede siano separate da un'impenetrabile parete stagna. Per Cini questo programma è intollerabile perché sarebbe in realtà dettato dall'intento perverso, che Benedetto XVI coltiverebbe fin da quando era "capo del Sant'Uffizio", di "mettere in riga la scienza" e ricondurla entro "la pseudo-razionalità dei dogmi della religione". Inoltre, secondo Cini, egli avrebbe anche prodotto l'effetto nefasto di suscitare veementi reazioni nel mondo islamico. Dubitiamo però che Cini chiederebbe a un rappresentante religioso musulmano di pronunziare un mea culpa per la persecuzione di Averroè prima di mettere piede alla Sapienza. Siamo anzi certi che lo accoglierebbe a braccia aperte in nome dei principi del dialogo e della tolleranza.

L'opposizione alla visita del Papa non è quindi motivata da un principio astratto e tradizionale di laicità. L'opposizione è di carattere ideologico e ha come bersaglio specifico Benedetto XVI in quanto si permette di parlare di scienza e dei rapporti tra scienza e fede, anziché limitarsi a parlare di fede.

Anche la lettera contro la visita firmata da un gruppo di fisici è ispirata da un sentimento di fastidio per la persona stessa del Papa, presentato come un ostinato nemico di Galileo. Essi gli rimproverano di aver ripreso - in una conferenza tenuta proprio alla Sapienza il 15 febbraio 1990 (cfr J. Ratzinger, Wendezeit für Europa? Diagnosen und Prognosen zur Lage von Kirche und Welt, Einsiedeln-Freiburg, Johannes Verlag, 1991, pp. 59 e 71) - una frase del filosofo della scienza Paul Feyerabend: "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto".

Non si sono preoccupati però di leggere per intero e attentamente quel discorso. Esso aveva come tema la crisi di fiducia nella scienza in sé stessa e ne dava come esempio il mutare di atteggiamento sul caso Galileo. Se nel Settecento Galileo è l'emblema dell'oscurantismo medioevale della Chiesa, nel Novecento l'atteggiamento cambia e si sottolinea come Galileo non avesse fornito prove convincenti del sistema eliocentrico, fino all'affermazione di Feyerabend - definito dall'allora cardinale Ratzinger come un "filosofo agnostico-scettico" - e a quella di Carl Friedrich von Weizsäcker che addirittura stabilisce una linea diretta tra Galileo e la bomba atomica.

Queste citazioni non venivano usate dal cardinale Ratzinger per cercare rivalse e imbastire giustificazioni: "Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità". Esse piuttosto venivano addotte come prova di quanto "il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".

In altri termini, il discorso del 1990 può ben essere considerato, per chi lo legga con un minimo di attenzione, come una difesa della razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della cultura postmoderna. Del resto chi conosca un minimo i recenti interventi del Papa sull'argomento sa bene come egli consideri con "ammirazione" la celebre affermazione di Galileo che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico.
Come è potuto accadere che dei docenti universitari siano incorsi in un simile infortunio? Un docente dovrebbe considerare come una sconfitta professionale l'aver trasmesso un simile modello di lettura disattenta, superficiale e omissiva che conduce a un vero e proprio travisamento. Ma temo che qui il rigore intellettuale interessi poco e che l'intenzione sia quella di menar fendenti ad ogni costo.
Né c'entra la laicità, categoria estranea ai comportamenti di alcuni dei firmatari, che non hanno mai speso una sola parola contro l'integralismo islamico o contro la negazione della Shoah. Come ha detto bene Giuseppe Caldarola, emerge qui "una parte di cultura laica che non ha argomenti e demonizza, non discute come la vera cultura laica, ma crea mostri". Pertanto, ripetiamo con lui che "la minaccia contro il Papa è un evento drammatico, culturalmente e civilmente".


(L'Osservatore Romano 16 gennaio 2008)

   


 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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