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Il vero ecumenismo e l'autentico dialogo interreligioso nel pensiero ed insegnamento di Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 11/08/2013 19:49
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Sesso: Femminile
11/08/2013 12:39

Il rapporto con coloro che sono della stessa religione cristiana, ma di un’altra confessione

Provenendo io stesso da questo paese, conosco bene la situazione penosa che la rottura dell'unità nella professione della fede ha comportato per tante persone e tante famiglie. Anche per questo motivo, subito dopo la mia elezione a vescovo di Roma, quale successore dell'apostolo Pietro, ho manifestato il fermo proposito di assumere il ricupero della piena e visibile unità dei cristiani come una priorità del mio pontificato.

La Germania nel dialogo ecumenico riveste senza dubbio un posto di particolare importanza. Noi siamo il paese d'origine della Riforma; però la Germania è anche uno dei paesi da cui è partito il movimento ecumenico del XX secolo.

A seguito dei flussi migratori del secolo scorso, anche cristiani delle Chiese ortodosse e delle antiche Chiese dell'Oriente hanno trovato in questo paese una nuova patria. Ciò ha indubbiamente favorito il confronto e lo scambio, cosicché ora esiste fra noi un dialogo a tre.

Insieme ci rallegriamo nel constatare che il dialogo, col passare del tempo, ha suscitato una riscoperta della nostra fratellanza e creato tra i cristiani delle varie Chiese e Comunità ecclesiali un clima più aperto e fiducioso. Il mio venerato predecessore nella sua enciclica “Ut Unum Sint” (1995) ha indicato proprio in questo un frutto particolarmente significativo del dialogo (cfr nn. 41s.; 64).

Ritengo che non sia poi così scontato che ci consideriamo veramente fratelli, che ci amiamo, che ci sentiamo insieme testimoni di Gesù Cristo. Questa fraternità è in sé, come credo, un frutto molto importante del dialogo, di cui dobbiamo essere lieti e che dovremmo continuare a curare e a praticare.

La fraternità tra i cristiani non è semplicemente un vago sentimento e nemmeno nasce da una forma di indifferenza verso la verità. Essa è fondata... sulla realtà soprannaturale dell'unico battesimo, che ci inserisce tutti nell'unico corpo di Cristo (cfr 1 Cor 12, 13; Gal 3, 28; Col 2, 12).

Insieme confessiamo Gesù Cristo come Dio e Signore; insieme lo riconosciamo come unico mediatore tra Dio e gli uomini (cfr 1 Tm 2, 5), sottolineando la nostra comune appartenenza a lui (cfr “Unitatis Redintegratio”, 22; “Ut Unum Sint”, 42).

A partire da questo essenziale fondamento del battesimo, che è una realtà da lui proveniente, una realtà nell'essere e poi nel professare, nel credere e nell'agire, a partire da questo decisivo fondamento il dialogo ha portato i suoi frutti e continuerà a farlo.

Vorrei menzionare il riesame, auspicato da papa Giovanni Paolo II durante la sua prima visita in Germania, delle reciproche condanne. Penso con un po' di nostalgia a quella prima visita. Ho potuto essere presente quando eravamo insieme a Magonza in un circolo relativamente piccolo e autenticamente fraterno. Furono poste delle questioni e il papa elaborò una grande visione teologica, nella quale la reciprocità aveva un suo spazio.

Da quel colloquio scaturì poi la commissione a livello episcopale e cioè ecclesiale, sotto la responsabilità ecclesiale, che con l'aiuto dei teologi portò infine all'importante risultato della "Dichiarazione comune sulla dottrina della giustificazione" del 1999 e a un accordo su questioni fondamentali che fin dal XVI secolo erano state oggetto di controversie.

Ed ora chiediamoci: che cosa significa ristabilire l'unità di tutti i cristiani? Sappiamo tutti che esistono numerosi modelli di unità e voi sapete anche che la Chiesa cattolica si prefigge il raggiungimento della piena unità visibile dei discepoli di Gesù Cristo secondo la definizione che ne ha dato il Concilio Ecumenico Vaticano II in vari suoi documenti (cfr “Lumen Gentium”, nn. 8;13; “Unitatis Redintegratio”, nn. 2; 4 ecc.). Tale unità, secondo la nostra convinzione, sussiste, sì, nella Chiesa cattolica senza possibilità di essere perduta (cfr “Unitatis Redintegratio”, n. 4); la Chiesa infatti non è scomparsa totalmente dal mondo.

D'altra parte questa unità non significa quello che si potrebbe chiamare ecumenismo del ritorno: rinnegare cioè e rifiutare la propria storia di fede. Assolutamente no! Non significa uniformità in tutte le espressioni della teologia e della spiritualità, nelle forme liturgiche e nella disciplina. Unità nella molteplicità e molteplicità nell'unità: nell'omelia per la solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, lo scorso 29 giugno, ho rilevato che piena unità e vera cattolicità nel senso originario della parola vanno insieme. Condizione necessaria perché questa coesistenza si realizzi è che l'impegno per l'unità si purifichi e si rinnovi continuamente, cresca e maturi.

A questo scopo può recare un suo contributo il dialogo. Esso è più di uno scambio di pensieri, di un'impresa accademica: è uno scambio di doni (cfr “Ut Unum Sint”, n. 28), nel quale le Chiese e le Comunità ecclesiali possono mettere a disposizione i loro tesori (cfr “Lumen Gentium”, nn. 8; 15; “Unitatis Redintegratio”, nn. 3; 14s; “Ut Unum Sint”, nn. 10-14).

Desidero anche io in questo contesto ricordare il grande pioniere dell'unità, padre Roger Schutz, che è stato strappato alla vita in modo così tragico. Lo conoscevo personalmente da tempo e avevo con lui un rapporto di cordiale amicizia.

Mi ha spesso reso visita e, come ho già detto a Roma, il giorno della sua uccisione ho ricevuto una sua lettera che mi è rimasta nel cuore perché in essa sottolineava la sua adesione al mio cammino e mi annunciava di volermi venire a trovare. Ora ci visita dall'alto e ci parla. Penso che dovremmo ascoltarlo, ascoltare dal di dentro il suo ecumenismo vissuto spiritualmente e lasciarci condurre dalla sua testimonianza verso un ecumenismo interiorizzato e spiritualizzato.

Vedo un confortante motivo di ottimismo nel fatto che oggi si sta sviluppando una sorta di "rete" di collegamento spirituale tra cattolici e cristiani delle varie Chiese e Comunità ecclesiali: ciascuno si impegna nella preghiera, nella revisione della propria vita, nella purificazione della memoria, nell'apertura della carità.

Il padre dell'ecumenismo spirituale, Paul Couturier, ha parlato a questo riguardo di un "chiostro invisibile", che raccoglie tra le sue mura queste anime appassionate di Cristo e della sua Chiesa. Io sono convinto che, se un numero crescente di persone si unirà interiormente alla preghiera del Signore "perché tutti siano una sola cosa" (Gv 17, 21), una tale preghiera nel nome di Gesù non cadrà nel vuoto (cfr Gv 14, 13; 15, 7.16 ecc.).
(dal discorso tenuto da Benedetto XVI ai rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali, nell’arcivescovado di Colonia, il 19 agosto 2005, durante la Giornata Mondiale della Gioventù)

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Quello dei modelli di unità è un grande e difficile problema. Viene subito da chiedersi: che cosa è possibile? Che cosa possiamo o non possiamo sperare? E in secondo luogo, che cosa è veramente bene? Non oso sperare in una unità di cristiani pienamente compiuta all’interno della storia. Vediamo anzi che, contemporaneamente agli sforzi che si compiono per arrivare all’unità, avvengono continuamente ulteriori frammentazioni. Non solo continuano a formarsi nuove sette (tra le quali anche sette sincretistiche, con grandi componenti pagane e non cristiane), ma, anzi, aumentano anche le divisioni all’interno delle Chiese: tanto in quelle riformate, in cui si approfondisce sempre più la frattura tra elementi più evangelici e movimenti modernisti (anche nel protestantesimo tedesco vediamo come le due correnti siano sempre più distanti), quanto nell’ortodossia.

Qui l’unità è comunque sempre meno forte a causa delle autocefalie, ma anche lì ci sono movimenti di separazione, anche lì vediamo all’opera lo stesso fermento. Anche nella stessa Chiesa cattolica esistono profonde spaccature, cosicché talvolta si ha letteralmente la sensazione che in essa convivano due chiese l’una accanto all’altra. Si devono vedere entrambi gli aspetti, sia l’avvicinarsi di cristiani separati, sia il contemporaneo nascere di spaccature interne. Ci si dovrebbe cautelare da speranze utopistiche. L’importante è che si rifletta sempre sull’essenziale, cioè che ognuno cerchi di andare oltre se stesso e di guardare con fede a ciò che conta davvero. Sarebbe già un risultato se non si verificassero ulteriori fratture e se comprendessimo che anche nella separazione possiamo essere uniti in molte cose. Non credo che si arriverà molto rapidamente a grandi “unioni confessionali”. Molto più importante è che noi ci accettiamo reciprocamente con profondo rispetto, con amore, che ci riconosciamo come cristiani e che tentiamo, nelle cose essenziali, di portare nel mondo una testimonianza comune, tanto a favore di un giusto ordinamento mondiale, quanto per dare una risposta ai grandi interrogativi su Dio, sull’origine e sul destino dell’uomo.

(da J.Ratzinger, Il sale della terra, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1997, pag.273-274)





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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