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RAPPORTO SULLA FEDE (libro completo)

Ultimo Aggiornamento: 05/02/2014 15:56
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28/05/2013 19:44



Un rimedio: Maria [SM=g27998]

Alla crisi dell'idea stessa di Chiesa, alla crisi della morale, alla crisi della donna, il Prefetto ha da proporre, tra gli altri, un rimedio che, dice, "ha mostrato concretamente la sua efficacia lungo tutti i secoli cristiani. Un rimedio il cui prestigio sembra oggi essersi oscurato presso alcuni cattolici, ma che è più che mai attuale". E il rimedio che indica con un nome breve: Maria.

Ratzinger è ben cosciente che qui - forse più che altrove - c'è difficoltà da parte di certi settori di credenti a recuperare in pieno un aspetto del cristianesimo come la mariologia, che pure è stato ribadito dal Vaticano II come culmine della Costituzione dogmatica sulla Chiesa. "Inserendo il mistero di Maria nel mistero della Chiesa - dice - il Vaticano Il ha compiuto una scelta significativa che avrebbe dovuto ridare nuova lena alle indagini teologiche; le quali, invece, nel primo periodo postconciliare hanno registrato per questo aspetto una brusca caduta. Quasi un collasso, anche se ora appaiono segni di ripresa".

Commemorando, nel 1968, il 18° anniversario della proclamazione del dogma dell'assunzione di Maria in corpo e anima alla gloria celeste, l'allora professor Ratzinger già osservava: "L'orientamento, in pochi anni, è talmente mutato che oggi ci riesce difficile capire l'entusiasmo e la gioia che allora regnarono nella Chiesa. Oggi si cerca magari di eludere quel dogma che tanto ci aveva esaltati, ci si domanda se questa verità dell'Assunta - come tutte le altre verità cattoliche su Maria - non procuri difficoltà con i fratelli protestanti. Quasi che la mariologia fosse una pietra che ostacola il cammino verso la riunione. E ci domandiamo anche se, attribuendo il posto tradizionale a Maria, non si minacci addirittura l'orientamento della pietà cristiana, deviandola dal guardare solo a Dio Padre e all'unico mediatore, Gesù Cristo".

Eppure, mi dirà durante il colloquio, "se sempre il posto occupato dalla Madonna è stato essenziale all'equilibrio della fede, oggi ritrovare quel posto è urgente come in poche altre epoche della storia della Chiesa".

La testimonianza di Ratzinger è anche umanamente importante, essendo raggiunta attraverso un cammino personale di riscoperta, di successivo approfondimento, quasi di piena "conversione " al mistero mariano. Mi confida infatti: "Quando ero un giovane teologo, prima del Concilio, avevo qualche riserva su certe antiche formule, come ad esempio quella famosa de Maria numquam satis, "su Maria non si dirà mai abbastanza". Mi sembrava esagerata. Mi riusciva poi difficile capire il senso vero di un'altra famosa espressione (ripetuta nella Chiesa sin dai primi secoli quando - dopo una disputa memorabile - il Concilio di Efeso del 431 aveva proclamato Maria Theotókos, Madre di Dio), l'espressione, cioè, che vuole la Vergine "nemica di tutte le eresie". Ora - in questo confuso periodo dove davvero ogni tipo di deviazione ereticale sembra premere alle porte della fede autentica - ora comprendo che non si trattava di esagerazioni di devoti ma di verità oggi più che mai valide".

"Sì - continua - bisogna tornare a Maria se vogliamo tornare a quella "verità su Gesù Cristo, sulla Chiesa, sull'uomo" che Giovanni Paolo II proponeva come programma alla cristianità intera, presiedendo nel 1979 a Puebla la Conferenza dell'Episcopato latino-americano. I vescovi replicavano all'invito del Pontefice proponendo nei documenti finali (quelli stessi che sono stati letti da alcuni in modi incompleti) l'auspicio unanime di tutti i vescovi: " Maria deve essere più che mai la pedagogia per annunciare il vangelo agli uomini d'oggi ". Proprio in quel Sud America dove la tradizionale pietà mariana del popolo declina, il vuoto è riempito da ideologie politiche. È un fenomeno che si riscontra un po' dovunque, a conferma dell'importanza di quella che non è solo una devozione".

Sei motivi per non dimenticarla

Sei sono i punti nei quali - pur in modo assai sintetico e dunque necessariamente incompleto il Cardinale vede riassunta la funzione della Vergine di equilibrio e di completezza per la fede cattolica. Sentiamo.

Primo punto: "Riconoscere a Maria il posto che il dogma e la tradizione le assegnano significa stare saldamente radicati nella cristologia autentica. (Vaticano II: " La Chiesa, pensando a lei con pietà filiale e contemplandola alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra più profondamente nell'altissimo mistero dell'Incarnazione e si va sempre più conformando con il suo Sposo ", Lumen Gentium n. 65). È del resto al servizio diretto della fede nel Cristo - non dunque, innanzitutto, per devozione alla Madre - che la Chiesa ha proclamato i suoi dogmi mariani: prima la verginità perpetua e la maternità divina e poi, dopo una lunga maturazione e riflessione, il concepimento senza la macchia del peccato originale e l'assunzione al cielo. Questi dogmi mettono al riparo la fede autentica nel Cristo, come vero Dio e vero uomo: due nature in una sola Persona. Mettono al riparo anche l'indispensabile tensione escatologica, indicando in Maria assunta il destino immortale che tutti ci attende. E mettono al riparo pure la fede, oggi minacciata, in Dio creatore che (è tra l'altro uno dei significati della più che mai incompresa verità sulla verginità perpetua di Maria) può liberamente intervenire anche sulla materia. Insomma, come ricorda ancora il Concilio: " Maria, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede" (Lumen Gentium n. 65)".

A questo primo punto, Ratzinger ne fa seguire un secondo: "La mariologia della Chiesa suppone il giusto rapporto, la necessaria integrazione tra Bibbia e Tradizione. I quattro dogmi mariani hanno la loro base indispensabile nella Scrittura. Ma qui vi è come un germe che cresce e dà frutto nella vita calda della Tradizione così come si esprime nella liturgia, nell'intuizione del popolo credente, nella riflessione della teologia guidata dal Magistero".

Terzo punto: "Nella sua persona stessa di fanciulla ebrea divenuta madre del Messia, Maria lega insieme in modo vitale e inestricabile antico e nuovo popolo di Dio, Israele e cristianesimo, Sinagoga e Chiesa. E' come il punto di giunzione senza il quale la fede (come oggi succede) rischia di sbilanciarsi o sull'Antico Testamento o soltanto sul Nuovo. In lei possiamo invece vivere la sintesi della Scrittura intera".

Quarto punto: "La corretta devozione mariana garantisce alla fede la convivenza dell'indispensabile " ragione " con le altrettanto indispensabili " ragioni del cuore ", come direbbe Pascal. Per la Chiesa l'uomo non è solo ragione né solo sentimento, è l'unione di queste due dimensioni. La testa deve riflettere con lucidità ma il cuore deve essere riscaldato: la devozione a Maria ("esente da qualunque falsa esagerazione ma anche da una grettezza di mente che non consideri la singolare dignità della Madre di Dio ", come raccomanda il Concilio) assicura alla fede la sua dimensione umana completa".

Continuando nella sua sintesi, Ratzinger indica un quinto punto: "Per usare le espressioni stesse del Vaticano II, Maria è " figura ", " immagine ", " modello " della Chiesa. Allora, guardando a lei, la Chiesa è messa al riparo da quel modello maschilista di cui parlavo che la vede come strumento di un programma d'azione socio-politico. In Maria, sua figura e modello, la Chiesa ritrova il suo volto di Madre, non può degenerare in una involuzione che la trasformi in un partito, in un'organizzazione, in un gruppo di pressione a servizio di interessi umani, anche se nobilissimi. Se in certe teologie ed ecclesiologie Maria non trova più posto, la ragione è semplice: hanno ridotto la fede ad una astrazione. E un'astrazione non ha bisogno di una Madre".

Sesto e ultimo punto di questa sintesi: "Con il suo destino, che è insieme di Vergine e di Madre, Maria continua a proiettare luce su ciò che il Creatore ha inteso per la donna di ogni tempo, il nostro compreso. Anzi, forse soprattutto il nostro, dove come sappiamo - è minacciata l'essenza stessa della femminilità. La sua Verginità e la sua Maternità radicano il mistero della donna in un destino altissimo da cui non può essere scardinata. Maria è l'intrepida annunciatrice del Magnificat; ma è anche colei che rende fecondi il silenzio e il nascondimento. È colei che non teme di stare sotto la croce, che è presente alla nascita della Chiesa; ma è anche colei che, come sottolinea più volte l'evangelista, " serba e medita nel suo cuore " ciò che le avviene attorno. Creatura del coraggio e dell'obbedienza è (ancora e sempre) un esempio al quale ogni cristiano - uomo e donna - può, deve guardare".

Fatima e dintorni

A una delle quattro sezioni della Congregazione per la fede (la sezione detta "disciplinare") spetta il giudizio sulle apparizioni mariane.

Gli chiedo: "Cardinal Ratzinger, lei ha letto il cosiddetto " terzo segreto di Fatima ", quello fatto pervenire a Giovanni XXIII da suor Lucia, la sola superstite del gruppo dei veggenti, e che il Papa, dopo averlo esaminato, consegnò al suo predecessore cardinal Ottaviani, ordinandogli di depositarlo negli archivi del Sant'Uffizio?".

La risposta è ìmmediata, secca: "Sì, l'ho letto".

"Circolano nel mondo - continuo - versioni mai smentite che descrivono i contenuti di quel " segreto " come inquietanti, apocalittici, annunciatori di terribili sofferenze. Giovanni Paolo II stesso, nella sua visita pastorale in Germania, è sembrato confermare (seppure con prudentì perifrasi, privatamente, con un gruppo di invitati qualificati) i contenuti non certo confortanti di quel testo. Prima di lui Paolo VI, nel suo pellegrinaggio a Fatima, pare avere accennato anch'egli ai temi apocalittici del " segreto -. Perché non si è mai deciso di renderlo pubblico, anche per evitare supposizioni azzardate?".

"Se finora non si è presa questa decisione - risponde - non è perché i Papi vogliano nascondere qualcosa di terribile".

Dunque, insisto, " qualcosa di terribile " c'è, in quel manoscritto di suor Lucia?

"Se anche ci fosse - replica, evitando di spingersi troppo oltre -, ebbene, questo non farebbe che confermare la parte già nota del messaggio di Fatima. Da quel luogo è stato lanciato un segnale severo, che va contro la faciloneria imperante, un richiamo alla serietà della vita e della storia, ai pericoli che incombono sull'umanità. È quanto Gesù stesso ricorda assai spesso, non temendo di dire: " Se non vi convertite, tutti perirete " (Lc 13,3). La conversione - e Fatima lo ricorda in pieno - è un'esigenza perenne della vita cristiana. Dovremmo già saperlo da tutta quanta la Scrittura".


Dunque, niente pubblicazione, almeno per ora?

"Il Santo Padre giudica che non aggiungerebbe nulla a quanto un cristiano deve sapere dalla Rivelazione e, anche, dalle apparizioni mariane approvate dalla Chiesa nei loro contenuti noti, che non fanno che riconfermare l'urgenza di penitenza, di conversione, di perdono, di digiuno. Pubblicare il " terzo segreto " significherebbe anche esporsi al pericolo di utilizzazioni sensazionaliste del contenuto".

Forse anche implicazioni politiche, azzardo, visto che a quanto pare anche qui - come nei due altri " segreti " - la Russia è menzionata?

A questo punto, però, il cardinale si dice indisponibile a spingersi oltre, rifiuta con fermezza di entrare in altri particolari. D'altro canto, mentre si svolgeva il nostro colloquio, da poco il Papa aveva proceduto a riconsacrare il mondo (con una menzione particolare all'Est europeo) al Cuore Immacolato di Maria, giusto secondo l'esortazione della Madonna di Fatima. Ed è lo stesso Giovanni Paolo II che, ferito dal suo attentatore un 13 maggio anniversario della prima apparìzione nella località portoghese - si recò a Fatima in pellegrinaggio di ringraziamento a Maria "la cui mano (dìsse) ha miracolosamente guidato il proiettile" e sembrando fare riferimento ai preannunci che, attraverso un gruppo dì bambini, erano stati trasmessi all'umanità e riguardavano anche la persona dei pontefici. Restando in tema, è ben noto che da anni, ormai, un villaggio della Jugoslavia, Medjugorie, è al centro dell'attenzione mondiale per il rinnovarsi di apparizioni che - vere o presunte che siano - hanno già richiamato milioni di pellegrini ma hanno provocato anche dolorose polemiche tra i francescani che reggono la parrocchia e il vescovo della diocesi locale. È prevedibile un intervento chiarificatore della Congregazione per la dottrina della fede, suprema istanza in materia, naturalmente con quell'approvazione del Papa indispensabile per ogni suo documento?

Risponde: "In questo campo, più che mai, la pazienza è un elemento fondamentale della politica della nostra Congregazione. Nessuna apparizione è indispensabile alla fede, la Rivelazione è terminata con Gesù Cristo, Egli stesso è la Rivelazione. Ma non possiamo certo impedire a Dio di parlare a questo nostro tempo, attraverso persone semplici e anche per mezzo di segni straordinari che denuncino l'insufficienza delle culture che ci dominano, marchiate di razionalismo e di positivismo. Le apparizioni che la Chiesa ha approvato ufficialmente - innanzitutto Lourdes e ancora Fatima - hanno un loro posto preciso nello sviluppo della vita della Chiesa nell'ultimo secolo. Mostrano tra l'altro che la Rivelazione - pur essendo unica, conchiusa e dunque non superabile - non è cosa morta, è viva e vitale. Del resto - al di là di Medjugorje, sul quale non posso esprimere alcun giudizio, il caso essendo ancora sotto esame da parte della Congregazione - uno dei segni del nostro tempo è che le segnalazioni di " apparizioni " mariane si stanno moltiplicando nel mondo. Anche dall'Africa, ad esempio e da altri continenti, giungono rapporti alla nostra sezione competente".

Ma, chiedo, oltre all'elemento tradizionale della pazienza e della prudenza, a quali criteri si appoggia la Congregazione per un giudizio, davanti al moltiplicarsi di questi fatti?

"Uno dei nostri criteri - dice - è separare l'aspetto della vera o presunta "soprannaturalità" dell'apparizione da quello dei suoi frutti spirituali. 1 pellegrinaggi della cristianità antica si dirigevano verso luoghi a proposito dei quali il nostro spirito critico di moderni sarebbe talvolta perplesso quanto alla "verità scientifica" della tradizione che vi è legata. Ciò non toglie che quei pellegrinaggi fossero fruttuosi, benefici, importanti per la vita del popolo cristiano. Il problema non è tanto quello della ipercritica moderna (che finisce poi, tra l'altro, in una forma di nuova credulità) ma è quello della valutazione della vitalità e dell'ortodossia della vita religiosa che si sviluppa attorno a questi luoghi".

 



[SM=g27998]  CAPITOLO OTTAVO

UNA SPIRITUALITA' PER OGGI

La fede e il corpo


Riconosciuti o no che siano, i "messaggi delle apparizioni mariane" fanno problema anche perché sembrano andare in una direzione poco omogenea a certa "spiritualità post-conciliare".

Mi interrompe: "Ribadisco che non amo i termini pre o post-conciliare; accettarli significherebbe accettare l'idea di una frattura nella storia della Chiesa. Nelle "apparizioni" c'è spesso un coinvolgimento del corpo (segni di croce, acqua benedetta, appello al digiuno), ma tutto questo è in pieno nella linea del Vaticano II che ha insistito per l'unità dell'uomo, dunque per l'incarnazione dello Spirito nella carne".

Quel digiuno al quale accenna sembra essere addirittura in una posizione centrale per molti di quei "messaggi".

"Digiunare significa accettare un aspetto essenziale della vita cristiana. Occorre ritrovare l'aspetto anche corporale della fede: l'astensione dal cibo è uno di questi aspetti. Sessualità e nutrimento sono gli elementi centrali della fisicità dell'uomo: ora, al declino della comprensione della verginità ha corrisposto il declino della comprensione del digiuno. E questi due declini sono entrambi legati a una sola radice: l'attuale oscuramento della tensione escatologica, cioè verso la vita eterna, della fede cristiana. Essere vergini e saper periodicamente rinunciare al cibo è testimoniare che la vita eterna ci attende, anzi è già tra noi, che "la scena di questo mondo passa" (1 Cor 7,3 1). Senza verginità e senza digiuno la Chiesa non è più Chiesa, si appiattisce nella storia. E per questo dobbiamo :guardare come a un esempio ai fratelli delle Chiese ortodosse dell'Oriente, grandi maestre - anche oggi - di autentico ascetismo cristiano".

Ma, osservo, se le "forme corporali" di espressione della fede sembrano scomparse tra la base cattolica (sopravvivendo, forse, in ristrette élites di claustrali), è anche per orientamento della Chiesa istituzionale: venerdì, vigilie, quaresime, avventi e altri " tempi forti " sono stati mitigati da provvedimenti susseguitisi in questi anni e provenienti da Roma.

"È vero, ma l'intenzione era buona - dice -. Si trattava di eliminare dei sospetti di legalismo, delle tentazioni di trasformare la religione in pratiche esterne. Resta confermato che digiuni, astinenze e altre " penitenze " devono continuare a essere legati alla responsabilità personale. Ma è anche urgente ritrovare espressioni comuni della penitenza ecclesiale. Oltretutto, in un mondo che in tante sue parti muore di fame, dobbiamo ridare la testimonianza visibile e comunitaria di una privazione dal cibo accettata liberamente, per amore".

Diversi rispetto al "mondo"

Per lui, comunque, il problema è più generale: "Anche qui dobbiamo riscoprire il coraggio del non conformismo davanti alle tendenze del mondo opulento. Invece di seguire lo spirito dell'epoca dovremmo essere noi a marchiare di nuovo quello spirito con l'austerità evangelica. Noi abbiamo perduto il senso che i cristiani non possono vivere come vive chiunque. L'opinione stolta secondo cui non esisterebbe una specifica morale cristiana è solo una espressione particolarmente spinta della perdita di un concetto base: la " differenza del cristiano "rispetto ai modelli del mondo". Anche in alcuni ordini e congregazioni religiose si è scambiata la vera riforma con il rilassamento della austerità tradizionale. S'è scambiato il rinnovamento con l'accomodamento. Per fare un piccolo esempio preciso: un religioso mi ha riferito che la dissoluzione del suo convento era cominciata - molto concretamente - quando si era dichiarata "non più praticabile" la levata dei frati per la recita dell'ufficio notturno previsto dalla liturgia. Ebbene, questo indubbio ma significativo "sacrificio" era stato sostituito con uno stare a guardare la televisione sino a notte avanzata. Un piccolo caso, in apparenza: ma è anche di questi "piccoli casi" che è fatto il declino attuale della indispensabile austerità della vita cristiana. A cominciare da quella dei religiosi".

Continua, completando il suo pensiero: "Oggi più che mai il cristiano deve essere conscio di appartenere a una minoranza e di essere in contrasto con ciò che appare buono, ovvio, logico per lo "spirito del mondo", come lo chiama il Nuovo Testamento. Tra i compiti più urgenti per il cristiano, c'è il recupero della capacità di opporsi a molte tendenze della cultura circostante, rinunziando a certa solidarietà troppo euforica post-conciliare".

Dunque, accanto alla Gaudium et spes (il testo del Concilio sui rapporti tra Chiesa e mondo) possiamo ancora tenere l'Imitazione di Cristo.

"Si tratta, ovviamente, di due spiritualità molto diverse. L'Imitazione è un testo che rispecchia la grande tradizione monastica medievale. Ma il Vaticano II non voleva affatto togliere le cose buone ai buoni".

E l'Imitazione di Cristo (presa, si intende, come simbolo di una certa spiritualità) è ancora tra le cose buone "?

"Anzi: tra gli obiettivi più urgenti del cattolico moderno c'è proprio il recupero degli elementi positivi di una spiritualità come quella, con la sua consapevolezza del distacco qualitativo tra mentalità di fede e mentalità mondana. Certo, nella Imitazione c'è un'accentuazione unilaterale della relazione privata del cristiano con il suo Signore. Ma in troppa produzione teologica contemporanea c'è una comprensione insufficiente della interiorità spirituale. Condannando in blocco e senza appello la fuga saeculi che è al centro della spiritualità classica, non si è capito che c'era in quella " fuga " anche un aspetto sociale. Si fuggiva dal mondo non per abbandonarlo a se stesso, ma per ricreare in luoghi dello spirito una nuova possibilità di vita cristiana e, dunque, umana. Si prendeva atto della alienazione della società e - nell'eremo o nel monastero - si ricostruivano delle oasi vivibili, delle speranze di salvezza per tutti".

C'è da riflettere: vent'anni fa ci si diceva in tutti i modi che il problema più urgente del cattolico era trovare una spiritualità " nuova ", " comunitaria ", "aperta", "non sacrale", " secolare ", "solidale con il mondo". Ora, dopo tanto vagare, si scopre che il compito urgente è ritrovare un aggancio con la spiritualità antica, quella della "fuga dal secolo".
"Il problema - replica - è ancora una volta quello di un equilibrio da ritrovare. A parte legittime, anzi preziose, vocazioni monastiche o eremitiche, il credente è tenuto a vivere il non facile equilibrio tra giusta incarnazione nella storia e indispensabile tensione verso l'eternità. È questo equilibrio che impedisce di sacralizzare l'impegno terreno ma, insieme, di ricadere nell'accusa di " alienazione "".


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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