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Libro intervista Luce del mondo, un capolavoro di sublime pastorale

Ultimo Aggiornamento: 28/08/2016 00:13
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10/05/2013 09:28


LEGGENDO "LUCE DEL MONDO"... - Parte Prima


di Francesco Colafemmina
 
Ho appena finito di rileggere "Luce del mondo", il libro intervista di Papa Benedetto XVI. Proporrò quindi una serie di brevi considerazioni divise in tre parti. Ad ogni parte seguirà una sorta di florilegio dei pensieri del Santo Padre.
 
 
Chiusa l'ultima pagina la sensazione finale è che "Luce del mondo", il libro intervista di Benedetto XVI non sia tanto indirizzato ai cattolici, quanto al "mondo" che porta già nel titolo. Forse i lettori di notizie ecclesiali sul web e sulla stampa, coloro che leggono i discorsi del Papa e le sue encicliche non vi troveranno nulla di nuovo, e non resteranno stupiti nell'apprendere che il messale è "il libro liturgico per il rito cattolico romano" (così si legge in nota a p.155), ma potranno trovarci nondimeno fatti e realtà della Chiesa dibattuti negli ultimi anni. Si deduce pertanto che la funzione del volume è chiaramente apologetica. Difendere il Papa, difendere la Chiesa e riabilitarle entrambi agli occhi del mondo, affinché il mondo guardi con maggiore fiducia al Cattolicesimo e non abbia paura di abbracciare il Vangelo.
 
La funzione coincide dunque con quell'intento di promuovere una "nuova evangelizzazione" di cui aveva parlato Mons. Fisichella il giorno della sua presentazione in Vaticano. Una evangelizzazione che deve partire questa volta non direttamente dal Vangelo ma da colui che lo annuncia e dall'istituzione in cui Cristo vive, ossia il Papa e la Chiesa. Abbattere i muri del pregiudizio, ridurre le distanze del disagio causato dall'impatto tragico degli scandali pedofili, recuperare la fiducia del mondo, delle istituzioni, degli uomini di cultura, dei lettori credenti e non credenti di questa terra: questo è l'obiettivo di "Luce del mondo". Non è detto, tuttavia, che a questo obiettivo corrispondano analoghi risultati.
 
Il tono dell'intervista lo si intuisce dalla citazione del salmo 53, 1-5: "lo stolto pensa: 'Dio non c'è'. Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c'è chi agisca bene..."
 
Una citazione emblematica che focalizza già il discorso sulla questione degli abusi sessuali da parte di alcuni membri del clero, forse uno dei più grandi scandali mediatici che abbiano mai colpito la Chiesa Cattolica. Il volume si articola in tre parti: la prima dedicata ad una analisi dei "Segni dei Tempi" (ossia la crisi del clero, la crisi economica, e la crisi della fede); la seconda parte riguarda più specificamente la figura del Pontefice (notevoli i passaggi in cui Papa Benedetto racconta la sua elezione e il rapporto con Islam e Ortodossia); la terza parte passa ad affrontare le prospettive per il futuro, senza mai dimenticare le posizioni della Chiesa sui temi considerati più scottanti (in verità tali da almeno 60 anni): il sacerdozio femminile, il celibato, la comunione per i separati... Molto belle le pagine finali dedicate ai Novissimi e alla Parusia del Signore.
 
Ripeto, che il libro sia dedicato principalmente a non cattolici lo si comprende sin dall'inizio. Il Papa deve spiegare chi è e cosa fa il Successore di Pietro, deve anche spiegare cosa significa essere Vicario di Cristo ("se nel mio intimo accolgo e vivo la fede di questa Chiesa, se parlo e penso a partire da questa fede, allora quando annuncio Lui, parlo per Lui, anche se è chiaro che nel dettaglio possono sempre esserci delle insufficienze, delle debolezze" - p.22). Giunge persino a parlare delle dimissioni di un Pontefice come di un fatto quasi scontato (p.53 "Ci si può dimettere in un momento di serenità, o quando semplicemente non ce la si fa più...").
 
Le parole ricorrenti tendono ad essere improntate talvolta ad un lessico internazionale, come nel caso dell'espressione "diritti umani": "Il mio predecessore, in quanto grande antesignano della lotta per i diritti umani, per la pace e per la libertà, ha sempre trovato anche grande consenso. Sono temi tuttora validi. Oggi soprattutto il Papa ha il dovere di battersi ovunque per il rispetto dei diritti umani, come intima conseguenza della fede nel fatto che l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio e che ha una vocazione divina. Il Papa ha il dovere di lottare per la libertà, contro la violenza e contro le minacce di guerra." pp.39-40).
 
I giudizi del Papa sulla questione pedofilia sono oltremodo chiari e netti: punire i colpevoli, rifuggire da ogni forma di omertà, occuparsi delle vittime, evitare che si ripetano i crimini. Da notare che il Papa spiega la ragione per cui ha evitato di ripetere ogni cinque minuti il suo dolore e il suo sgomento per quanto accaduto, oltre alla richiesta di perdono rivolta alle vittime: "Penso che tutto l'essenziale sia stato detto; perché quello che è stato detto per l'Irlanda non valeva solo per l'Irlanda. In questo senso le parole della Chiesa e del Papa sono state udite in modo assolutamente chiaro, inequivocabile e ovunque." (p.52).
 
Anche l'analisi delle cause di questi abusi è oltremodo chiara e profonda. Il Papa non nasconde che il problema è nato con l'abolizione tacita della disciplina nei seminari a partire dagli anni Sessanta: "Dominava la convinzione che la Chiesa non dovesse essere una Chiesa di diritto, ma una Chiesa dell'amore; che non dovesse punire. Si spense in tal modo la consapevolezza che la punizione può essere un atto d'amore" p.47.
 
Nell'affrontare il tema della crisi economica globale, il Papa ricorre a profonde argomentazioni filosofiche il cui obiettivo è armonizzare etica cattolica ed etica umana. In parole povere la coscienza del potere distruttivo che attualmente l'uomo ha a disposizione grazie alla scienza e alla tecnica, dovrebbe indurre l'umanità a cercare una espansione "etica" del proprio potenziale, affinché quel potere sia incanalato sulla strada della sopravvivenza dell'uomo, del rispetto del creato, della preservazione della vita (pp.79-74).
Sono temi già sviluppati nell'enciclica Caritas in Veritate, in particolare quello racchiuso in questa frase del Papa: "Cosa possiamo fare? A fronte della minaccia incombente, tutti ormai si sono resi conto che è necessario fare scelte di ordine morale".
 
Il Papa passa quindi ad affrontare la questione che da molti anni gli sta a cuore: la "dittatura del relativismo". Il rapporto fra fede, verità e tolleranza già elaborato in una famosa raccolta di saggi da Joseph Ratzinger, viene attualizzato alla luce dei più recenti fenomeni causati dalla globalizzazione e dalla perdita di riferimenti culturali. Da notare il riferimento del Papa ad una vera e propria "nuova religione" che in nome della tolleranza vorrebbe soppiantare il Cristianesimo: "C'è il pericolo che la ragione, la cosiddetta ragione occidentale, sostenga di avere finalmente riconosciuto ciò che è giusto e avanzi così una pretesa di totalità che è nemica della libertà. Credo necessario denunciare con forza questa minaccia. Nessuno è costretto ad essere cristiano. Ma nessuno deve essere costretto a vivere secondo la 'nuova religione' come fosse l'unica e vera, vincolante per tutta l'umanità" pp.82-83.
 
E' però a pagina 98 che Papa Benedetto rivela il senso di questo libro intervista, assieme ad una delle strategie da lui promosse perché il mondo secolarizzato possa ritornare ad aprirsi alla fede (concetto già espresso in altri termini nel famoso "cortile dei gentili"): "Spesso Colui che viene è stato presentato con formule senz'altro vere che però sono insieme inerti. Esse non riescono più a penetrare nel contesto della nostra vita e spesso ci risultano incomprensibili. Oppure accade anche che questo Colui che viene è totalmente svuotato, falsificato in quanto ridotto a generico topos morale dal quale non viene niente e che non significa niente. Dobbiamo quindi cercare di dire veramente l'essenziale come tale, ma di dirlo con parole nuove. Per Jurgen Habermas è importante che esistano teologi capaci di tradurre il tesoro della loro fede in modo tale che esso, nel mondo secolarizzato, riesca a diventare parole per questo mondo. Lui magari lo intenderà in maniera un po' diversa da noi, ma ha ragione quando dice che l'interno processo di traduzione delle grandi parole nei termini e modi di pensare del nostro tempo è avviato, ma non è ancora del tutto riuscito." pp.97-98.
 
Questo approccio tuttavia parte da un dato di fondo storicistico e sociologico (Habermas la chiamava "sociologizzazione della storia"): i gruppi culturali creano un proprio linguaggio e il linguaggio della cultura dominante colonizza gli altri linguaggi. Se le culture ristrette sono in grado di adattare il proprio linguaggio sopravvivono, sennò sono destinate ad estinguersi. Così la pensa - e sto semplificando di molto - Habermas. Chiaramente se applichiamo questo discorso al Cristianesimo entriamo nell'errore dello storicismo: la Chiesa in quanto cultura dominante del passato ha visto permanere il suo linguaggio per secoli, perché era "dominante" e non perché quel linguaggio fosse intrinsecamente vero. Oggi però lo deve adattare alla modernità se vuole proseguire il suo annuncio. Così facendo per prima cosa si crede che l'espressione, il linguaggio culturale cattolico sia prodotto di un'epoca, dunque mera forma espressiva e non unione di contenuto e struttura formale. In secondo luogo si rischia, adattando il "linguaggio" della Chiesa al mondo secolarizzato, di snaturarlo e di perderne per sempre il contenuto, perché sarà vero che ciò "potrà riuscire soltanto se gli uomini vivranno il Cristianesimo a partire da Colui che viene", tuttavia perché si viva a partire da Cristo, bisogna essere radicati nel mondo logico di Cristo. Il logos non è insomma una struttura culturale, è di più, è Cristo stesso.
Tantopiù che il linguaggio del mondo contemporaneo non è nato per un autonomo rinnovamento, bensì perché il mondo è stato permeato di logiche e linguaggi alieni al Cristianesimo, anzi in lotta aperta con esso.
 
Dopo averci rassicurati sull'inutilità del Concilio Vaticano III, senza però deludere coloro che in futuro se l'aspettano ("Abbiamo avuto in totale più di venti concili, prima o poi sicuramente ce ne sarà un altro. Al momento non ne vedo le condizioni" p.100), il Papa passa poi a descrivere la sua missione di Successore di Pietro....
 
Fine prima parte
 
 
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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