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Laici? Europa? termine e radici cristiane, Benedetto XVI l'aveva ben spiegato....

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2014 10:50
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11/08/2013 10:46



Nel 1453 Costantinopoli venne conquistata dai turchi. Otto Hiltbrunner commenta l’evento in maniera laconica: “Gli ultimi... dotti emigrarono... verso l’Italia e trasmisero agli umanisti del Rinascimento la conoscenza dei testi originali greci; ma l’Oriente sprofondò nell’assenza di cultura”. Questa affermazione è forse un po’ eccessiva, poiché anche il regno della dinastia degli Osmanli aveva la sua cultura; ma è vero che la cultura greco-cristiana, europea, di Bisanzio ebbe fine. Così una delle due ali dell’Europa rischiò di scomparire, ma l’eredità bizantina non era morta: Mosca si dichiara come la terza Roma, fonda un proprio patriarcato sul principio di una seconda translatio imperii e si presenta dunque come una nuova metamorfosi del Sacrum Imperium, come una distinta forma di Europa, che tuttavia rimase legata all’Occidente e si orientò sempre più verso di esso, fino a che Pietro il Grande tentò di farla diventare un paese occidentale.

Contemporaneamente anche in Occidente si producono due eventi di notevole significato storico. Il primo è che gran parte del mondo germanico si distacca da Roma; sorge una nuova, “illuminata” forma di cristianesimo, cosicché l’ “Occidente” è attraversato da una linea di separazione, la quale segna chiaramente anche un limes culturale, un confine tra due diverse modalità di pensare e di rapportarsi. Ma anche all’interno del mondo protestante c’è una frattura, in primo luogo tra luterani e riformati, ai quali si associano metodisti e presbiteriani, mentre la Chiesa anglicana tenta di formare una via di mezzo tra cattolici ed evangelici; a ciò si aggiunge poi anche la differenza tra cristianesimo sotto la forma di una Chiesa di Stato, che diventa contrassegno dell’Europa, e chiese libere, che, come vedremo, trovano il loro spazio in Nordamerica. Il secondo evento, che contraddistingue la nuova Europa rispetto all’Europa latina, è la scoperta dell’America. All’allargamento verso est dell’Europa, in virtù della progressiva estensione della Russia verso l’Asia, corrisponde la radicale espansione dell’Europa fuori dai suoi confini geografici, verso il mondo che sta al di là dell’oceano e che riceve il nome di America; la suddivisione dell’Europa in una metà latino-cattolica e una metà germanico-protestante si ripercuote su questa parte del mondo occupata dall’Europa. L’America si configura da principio come un’Europa allargata, una colonia, ma poi, sulla scia del sommovimento dell’Europa ad opera della Rivoluzione francese, si dota del carattere di soggetto: dal XIX secolo in poi, sebbene intimamente forgiata dalla sua nascita europea, l’America si pone di fronte all’Europa come un soggetto indipendente.

Consideriamo ora la terza svolta, quella operata dalla Rivoluzione Francese. E’ vero che il Sacrum Imperium nel tardo Medioevo era già in declino e si era indebolito anche come valida e indiscussa interpretazione della storia, ma soltanto adesso questa cornice spirituale va in frantumi anche formalmente, una cornice spirituale senza cui l’Europa non avrebbe potuto formarsi. E’ un processo di portata considerevole, sia dal punto di vista politico, sia da quello ideale. Dal punto di vista ideale significa che la fondazione sacrale della storia e dell’esistenza statuale viene rigettata: la storia non si misura più in base a un’idea di Dio ad essa precedente e che le dà forma; lo Stato viene oramai inteso in termini puramente secolari, fondato sulla razionalità e sul volere dei cittadini. Per la prima volta in assoluto nella storia sorge lo Stato secolare, che abbandona e mette da parte la garanzia e la legittimazione divina dall’elemento politico, considerandole come una visione mitologica del mondo, e dichiara Dio come questione privata, che non fa parte della vita pubblica e della formazione democratica della volontà pubblica. La vita pubblica viene ora vista solamente come il terreno della ragione, per la quale Dio non appare chiaramente conoscibile: religione e fede in Dio appartengono all’ambito del sentimento, non a quello della ragione. Dio e la sua volontà cessano di essere rilevanti nella vita pubblica. In questa maniera sorge, con la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, un nuovo scisma, la cui gravità noi percepiamo ora sempre più nettamente. Questo scisma non ha un nome in lingua tedesca, poiché in Germania è avvenuto lentamente. Nelle lingue latine invece si definisce come divisione tra cristiani e laici.

La dissoluzione dell’antica idea di impero si realizza nella formazione degli Stati-nazione, definiti in virtù di ambiti linguistici distinti, che risultano i veri e unici portatori della storia, detentori di un potere senza precedenti.

Infine dobbiamo qui considerare un ulteriore processo con cui la storia degli ultimi secoli trapassa in un mondo nuovo. La vecchia Europa premoderna, nelle sue due metà, aveva conosciuto essenzialmente solo un dirimpettaio, con il quale doveva confrontarsi per la vita e per la morte, ossia il mondo islamico; il passo successivo aveva portato l’allargamento verso l’America e in parti dell’Asia prive di grandi soggetti culturali. Ora invece si avanza verso i due continenti sinora toccati solo marginalmente, l’Africa e l’Asia, che pure si era tentato di trasformare in succursali dell’Europa, in colonie. La colonizzazione è in parte riuscita, in quanto adesso anche Asia e Africa inseguono l’ideale del mondo forgiato dalla tecnica e del benessere, e anche là le antiche tradizioni religiose entrano in crisi e strati di pensiero secolare dominano sempre più la vita pubblica.

L’ottimismo riguardo alla cultura europea, che Arnold Toynbee poteva esprimere all’inizio degli anni Sessanta, appare oggi stranamente inadeguato: “Di ventotto culture che noi abbiamo identificato ... diciotto sono morte e nove delle dieci rimaste – cioè tutte tranne la nostra – si presentano già colpite a morte”. Chi ripeterebbe oggi ancora le stesse parole? E, soprattutto, qual è la nostra cultura, che cosa ne è rimasto?

Io vedo qui una sincronia paradossale: con la vittoria del mondo tecnico-secolare posteuropeo, con l’universalizzazione del suo modello di vita e della sua maniera di pensare, si diffonde, specialmente nei paesi strettamente non europei dell’Asia e dell’Africa, l’impressione che il sistema di valori dell’Europa, la sua cultura e la sua fede, ciò su cui si basa la sua identità, sia giunto alla fine e sia anzi già uscito di scena; che sia giunta l’ora dei sistemi di valori di altri mondi, dell’America precolombiana, dell’islam, della mistica asiatica.
L’Europa, proprio nell’ora del suo massimo successo, sembra svuotata dall’interno, come paralizzata da una crisi circolatoria, una crisi che mette a rischio la sua vita affidandola a trapianti che ne cancellano l’identità. Al cedimento delle forze spirituali portanti si aggiunge un crescente declino etnico. C’è una strana mancanza di voglia di futuro. I figli, che sono il futuro, vengono visti come una minaccia per il presente. Ci portano via qualcosa della nostra vita, così si pensa. Non vengono sentiti come una speranza, bensì come una limitazione. Il confronto con l’Impero Romano al tramonto si impone: esso funzionava ancora come grande cornice storica, ma in pratica viveva già di quei modelli che dovevano dissolverlo, aveva esaurito la sua energia vitale.

Ci eravamo fermati alla Rivoluzione Francese e al XIX secolo. Da allora si sono sviluppati due nuovi modelli europei. Nelle nazioni latine ha prevalso il modello laico. Lo Stato è nettamente distinto dagli organismi religiosi, che attengono all’ambito privato. Lo Stato rifiuta un fondamento religioso e si dichiara bastato sulla ragione e sulle sue intuizioni.

Nel mondo germanico, ha prevalso il modello di Chiesa e Stato del protestantesimo liberale. Una religione cristiana illuminata, essenzialmente concepita come morale – anche con forme di culto sostenute dallo Stato -, garantisce un consenso morale e un fondamento religioso ampio, al quale le singole religioni non di Stato devono adeguarsi. Questo modello in Gran Bretagna, negli stati scandinavi e in un primo tempo anche nella Germania dominata dai prussiani ha garantito per lungo tempo una coesione statuale e sociale.

Tra i due modelli si colloca il modello degli Stati Uniti d’America, che da una parte – sulla base delle chiese libere – adotta un rigido dogma di separazione, dall’altra parte, al di là delle singole confessioni, è attraversato da un consenso di fondo cristiano-protestante non definito in termini confessionali, bensì legato a una particolare coscienza della missione religiosa nei confronti del resto del mondo.

Per complicare ulteriormente il quadro si deve ammettere che oggi la Chiesa cattolica rappresenta la più grande comunità religiosa negli Stati Uniti, che però i cattolici americani riguardo al rapporto tra Chiesa e politica hanno recepito le tradizioni delle chiese libere, nel senso che una Chiesa distinta dallo Stato garantisce meglio le fondamenta morali del tutto, cosicché la promozione dell’ideale democratico appare come un dovere morale profondamente conforme alla fede.

Ai due modelli di cui parlavo... se ne è aggiunto nel XIX secolo un terzo, ossia il socialismo, che si biforcò presto in due diverse vie, quella totalitaria e quella democratica. Il socialismo democratico è riuscito a inserirsi all’interno dei due modelli esistenti come un salutare contrappeso nei confronti delle posizioni liberali radicali, le ha arricchite e corrette. Esso riuscì anche ad andare al di là delle confessioni: in Inghilterra era il partito dei cattolici, che non potevano sentirsi a casa loro né nel campo protestante-conservatore, né in quello liberale. Anche nella Germania guglielmina il nucleo cattolico poteva sentirsi più vicino al socialismo democratico che alle forze conservatrici rigidamente prussiane e protestanti. In molte cose il socialismo democratico era ed è vicino alla dottrina sociale cattolica, in ogni caso ha considerevolmente contribuito alla formazione di una coscienza sociale. Il modello totalitario, invece, era legato a una filosofia della storia rigidamente materialistica e ateistica: la storia è deterministicamente intesa come un processo di progresso che passa attraverso la fase religiosa e quella liberale per giungere alla società assoluta e definitiva, in cui la religione come relitto del passato viene superata e il funzionamento delle condizioni materiali può garantire la felicità di tutti. L’apparente scientificità nasconde un dogmatismo intollerante: lo spirito è prodotto della materia: la morale è prodotto delle circostanze e deve venire definita e praticata a seconda degli scopi della società; tutto ciò che serve a favorire l’avvento dello stato finale felice è morale. Qui il sovvertimento dei valori che avevano costruito l’Europa è completo. Di più, qui si apre una frattura con tutta la tradizione morale dell’umanità: non ci sono più valori indipendenti dagli scopi del progresso; all’occorrenza tutto diventa lecito e persino necessario, tutto diventa morale nel senso nuovo del termine. Anche l’uomo può diventare uno strumento; non conta il singolo, conta solo il futuro che diventa la terribile divinità che delibera sopra tutti e sopra tutto.
I sistemi comunisti sono naufragati per il loro fallace dogmatismo economico. Ma si trascura troppo volentieri la parte avuta dal disprezzo dei diritti umani, dalla subordinazione della morale alle esigenze del sistema e alle promesse di futuro. La più grande catastrofe che hanno incontrato non è di natura economica; essa consiste nell’inaridimento delle anime, nella distruzione della coscienza morale. Il problema essenziale della nostra ora per l’Europa e per il mondo è che, se da un lato si riconosce la fallacia dell’economia comunista, tanto che gli ex comunisti sono diventati senza esitazione liberali in economia, dall’altro la questione morale e religiosa, di cui propriamente si trattava, viene quasi completamente rimossa. Così il nodo irrisolto dl marxismo continua a esistere anche oggi: il dissolversi delle originarie certezze dell’uomo su Dio, su se stessi e sull’universo.

(da Marcello Pera-Joseph Ratzinger, Senza radici, Mondadori, Milano, 2004).




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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