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La scelta di Benedetto XVI è per la missione della Chiesa e la verità del mondo

Ultimo Aggiornamento: 02/05/2013 21:44
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02/05/2013 21:44

...finalmente in monastero!
In occasione dell'entrata di Benedetto XVI nel monastero Mater Ecclesiae, mi piace proporre questo articolo di P. Bernardo Cervellera
(PIME) che mi sembra un buon commento alla scelta monastica del nostro amato Padre nella fede Benedetto:

"Nel suo essere liberamente "espropriato" del titolo, il papa compie un gesto di passione missionaria per l'annuncio. La sua decisione per la clausura e la contemplazione mostra la vera radice dell'efficacia di ogni azione cristiana. Quasi tutti i media non percepiscono questa dimensione divino-umana del suo gesto e riducono lo spessore della sua testimonianza a banalità politiche o a svelamenti di trame segrete. Eppure vi è un enorme interesse verso di lui, segno di una segreta speranza.


Fra i fedeli, vescovi e laici, è sempre più evidente che la decisione del papa di riconsegnare il ministero petrino a Cristo e alla Chiesa è un gesto di amore verso entrambi. Esso è dettato non da un desiderio di "abdicare", di "farsi alla fine gli affari suoi", ma dalla passione a che la missione della Chiesa abbia ancora più forza. Le sue considerazioni sulla mancanza di vigore che egli scopre nel suo corpo ultra-ottuagenario non sono un semplice riconoscimento di impedimento per "raggiunti limiti d'età". Come lui stesso ha dichiarato, la sua scelta è spinta dal bisogno di "annunciare il Vangelo" "nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede". Nella decisione di dimettersi c'è perciò una acuta passione missionaria perché la Chiesa possa trovare nuove vie, nuovi volti e nuove energie da dedicare all'opera che lo ha assorbito per tutta la vita: quella di rendere Cristo vicino all'uomo e soprattutto all'uomo che non lo conosce o lo disprezza.

I teologi spiegano che Cristo si è "espropriato" del suo titolo divino per divenire uomo, fino a morire in croce (Filippesi 2, 6-11); i missionari, soprattutto quelli che vanno in Paesi lontani, vengono "espropriati" della loro cultura per penetrare nelle fibre di altre culture e farsi vicini ad altri popoli. Benedetto XVI in questo slancio per l'annuncio della fede al mondo, si è "espropriato" anche del suo titolo di papa.

In questa nudità della propria offerta a Cristo e alla Chiesa egli continuerà a operare per la missione, ma in una via tutta speciale, che è quella della contemplazione. Nell'annuncio della sua decisione ai cardinali, egli ha detto: "Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando". Il soffrire del suo corpo debilitato e la preghiera nella clausura in cui sta per entrare saranno efficaci per la Chiesa quanto la sua parola, i suoi viaggi, le sue pubblicazioni, la sua testimonianza attiva.

In questo passo egli è maestro a tutti i cristiani, preti, vescovi, cardinali, che considerano "indispensabile" il loro ruolo attivo in qualche commissione, lavoro, organizzazione. Benedetto XVI ci sta dicendo con la sua scelta che l'efficacia della vita sta invece nella consegna a Cristo, vera garanzia della fecondità. Lui stesso, in tante omelie e discorsi ha ricordato la fecondità della Piccola Teresa, la carmelitana di clausura che è divenuta patrona delle missioni: una contemplativa, modello dell'attività più acuta e più universale dei cristiani.

Con la sua scelta presa "davanti a Dio" Benedetto XVI è ancora di più "pontefice", ponte fra Dio e l'uomo. In questo suo passo così estremo e coraggioso veniamo persuasi di più su quanto Cristo sia presente nella vita di uomo, capace di trasformare la debolezza della vecchiaia - tanto rifuggita e nascosta nel nostro tempo - in un sacramento dell'amore a Dio, a sé e al mondo.

Forse è proprio questo carattere della sua scelta così vicino al divino a rendere diversi media così superficiali e ottusi. Senza una sensibilità a questa dimensione verticale, umano-divina, la scelta del papa è solo un altro capitolo di un uomo che va in pensione, il frutto dello sfinimento per battaglie combattute fra partiti nella Chiesa, la mossa scaltra e astuta per "condizionare" elezioni nella Chiesa e nel mondo. Questo mondo non riesce a capacitarsi che si può fare questa scelta per un amore più grande ("Simone, mi ami tu più di costoro?" - Giov. 21, 15) e per questo deve ridurre alle sue corte misure, al pragmatismo degli interessi meschini, al politicantismo che ci riempie di soddisfazione e di disperazione. L'accanimento dei media a cercare secondi motivi, svelare trame nascoste, additare "evidenti" fallimenti è il tentativo disperato di allontanare, banalizzare, cancellare quel Cristo che il gesto del papa ci ha reso ancora una volta così vicino e amorevole.

Ma forse in questo tentativo iconoclasta di inghiottire nel solito fango la perla della sua testimonianza, c'è anche una segreta speranza: che nel materialismo, nel relativismo e nella presunzione ideologica che ci ha inariditi, la verità possa esistere: "E tutto cospira a tacere di noi, un po' come si tace/ un'onta, forse, un po' come si tace una speranza ineffabile".

(R.M. Rilke, Elegie duinesi, II).

Del resto, anche il papa che viene deriso e compianto per i suoi fallimenti è simile, molto simile a Gesù Cristo, che vinceva l'odio del mondo mentre veniva inchiodato alla croce.


(ASIANEWS)
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