Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.
 
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Trasmissione della fede e fonti della fede - di J.Ratzinger 1983

Ultimo Aggiornamento: 16/04/2013 12:18
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16/04/2013 12:14


2. Che cosa sono le "fonti"?

Considerando la fede in questa prospettiva, anche il problema delle "fonti" si pone in modo diverso. Quando, circa trent'anni fa, tentavo di fare uno studio della Rivelazione nella teologia del secolo XIII, mi scontravo con una constatazione inaspettata: infatti, in questa epoca nessuno aveva avuto l'idea di chiamare la Bibbia "la Rivelazione"; così pure a essa non venne applicato il termine di "fonte". Non che allora si fosse tenuta la Bibbia in minore stima di oggi: al contrario, se ne aveva un rispetto assai meno condizionale, ed era chiaro che la teologia non poteva e non doveva essere altro che interpretazione della Scrittura. E' l'idea che ci si faceva dell'armonia tra Scrittura e Vita che era differente.
Per questo si applicava la parola "Rivelazione", da un lato, al solo atto - mai esprimibile con parole umane - con il quale Dio si fa conoscere alla sua creatura e, d'altro lato, all'accoglienza con la quale la "condiscendenza" divina diventa percettibile all'uomo in forma di Rivelazione. Tutto ciò che deve essere fissato in parole, dunque la Scrittura stessa, testimonia della Rivelazione, senza essere questa Rivelazione nel senso più stretto del termine. Solo la Rivelazione medesima è, propriamente parlando, "fonte", una fonte alla quale attinge anche la Scrittura. Se la si distacca da questo contesto vitale della "condiscendenza" divina nel "noi" dei credenti, allora la fede è strappata al suo terreno naturale, per non essere più che "lettera" e "carne" (in seguito a diverse circostanze, fino a ora ho potuto pubblicare solo frammenti delle ricerche fatte a quell'epoca; cfr. J. RATZINGER, Offenbarung - Schrift – Uberlieferung, in Trierer Theologische Zeitschrift. 67, 1958, pp. 13-27; IDEM, Wesen und Weisen der Auctoritas im Werk des hlg. Bonaventura in Die Kirche und ihre Amter und Stande, Miscellanea cardinale Frings, Colonia 1960, pp. 58-72; si troveranno ugualmente alcune indicazioni nella mia opera Die Geschichtstheologie des hlg. Bonaventura, Monaco di Baviera 1959; cfr., per la problematica, H. DE LUBAC S.J., Exégèse mèdiévale, 3 voll., Aubier-Montagne, Parigi 1959-1964).

Quando, molto più tardi, si applicò alla Bibbia il concetto storico di "fonte", si eliminò contemporaneamente la sua capacità interna di superamento, che, ciononostante, appartiene alla sua essenza, e si ridussero pure a una sola le dimensioni della sua lettura. Questa non poteva cogliere altro che lo storicamente verosimile; ma che Dio agisca, ciò non poteva e non doveva più rientrare nelle categorie del verosimile agli occhi dello storico.

Se non si considera la Bibbia altrimenti che come una fonte nel senso del metodo storico - cosa che certo essa è anche -, allora lo storico è il solo competente a interpretarla; ma allora, anche, essa può darci soltanto informazioni storiche. Lo storico si sente in dovere di provare a fare dell'agire di Dio, in un tempo e in un luogo determinati, una ipotesi inutile.

Se, al contrario, la Bibbia è il condensato di un processo di Rivelazione molto più grande e inesauribile, e il suo contenuto è percettibile al lettore solamente quando costui è stato aperto a questa dimensione più alta, allora il senso della Bibbia non ne risulta diminuito. Ciò che, per contro, cambia totalmente sono le competenze della sua interpretazione. Ciò significa che essa appartiene a un ambito di riferimenti, mediante i quali il Dio vivente si comunica in Cristo mediante lo Spirito Santo. Ciò significa che essa è espressione e strumento della comunione grazie alla quale l’"io" divino e il "tu" umano si toccano nel "noi" della Chiesa attraverso la mediazione di Cristo. Essa è allora parte di un organismo vivente dal quale trae, per altro, la sua origine; di un organismo che - attraverso le vicissitudini della storia - conserva nondimeno la sua identità e che, di conseguenza, può fare valere, per così dire, i suoi diritti d'autore sulla Bibbia come su un bene che a esso appartiene. Che la Bibbia, come tutte le opere d'arte e ben più di tutte le opere d’arte, dica di più di quello che noi possiamo comprendere ora della sua lettera, risulta allora dal fatto che essa esprime una Rivelazione, riflessa ma non esaurita dalla parola.

Si spiega così anche che, la' dove la Rivelazione è stata "percepita" ed è ridiventata vivente, ne sia seguita un'unione con la parola più profonda che là dove essa è stata analizzata soltanto come un testo. La "simpatia" dei santi con la Bibbia, le loro sofferenze condivise con la Parola, la fanno loro comprendere più profondamente di quanto non abbiano potuto farlo i sapienti dell'epoca dei lumi. Questa è una conseguenza del tutto logica. Ma, contemporaneamente, divengono comprensibili sia il fenomeno della Tradizione che quello del Magistero della Chiesa (Cfr. P. G. MOLLER, Der Traditionsprozess im Neuen Testament, Friburgo in Brisgovia 1981, che ha bene dimostrato, con l’aiuto del metodo linguistico, come la Bibbia stessa presupponga questo contesto e possa, dunque, essere letta nella sua prospettiva propria solamente nella misura in cui vi si acceda così; H. GESE, Zur biblischen Theologie, Monaco di Baviera 1977, pp. 9-30, presenta, a questo riguardo, punti di vista importanti e interessanti; sulla Chiesa in quanto soggetto, cfr. COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, L'unite de la loi et le pluralisme theologique, Einsiedeln 1973, in particolare il mio commento sulle tesi IV-VIII, pp. 32-48).

Che rapporto hanno queste analisi con il nostro soggetto? Se sono esatte, significa che le fonti storiche devono sempre confluire nella fonte per eccellenza, cioè Dio che agisce in Cristo. Questa fonte non è altrimenti accessibile che nell'organismo vivente che l’ha creata e la mantiene in vita. In questo organismo, i libri della Scrittura e i commenti della Chiesa che spiegano la fede non sono più testimonianze morte di avvenimenti passati, ma elementi portatori di una vita nuova. Là, essi non hanno mai smesso di essere presenti e di aprire le frontiere del presente. Dal momento che essi ci conducono verso Colui che tiene il tempo nella sua mano, rendono anche permeabili le frontiere del tempo. Il passato è il presente si ricongiungono nell'oggi della fede (così l’"oggi" e il "domani" della liturgia nel tempo di Avvento e in quello di Quaresima non sono un semplice gioco di parole nella fede, ma, piuttosto, interpretazione della realtà).

3. La struttura della catechesi

a. Le quattro parti principali

La coesione interna tra la parola e l’organismo che la veicola traccia la via alla catechesi. La sua struttura appare attraverso gli avvenimenti principali della vita della Chiesa, che corrispondono alle dimensioni essenziali della esistenza cristiana. Così, fino dai primi tempi, è nata una struttura catechetica, il cui nucleo risale alle origini della Chiesa. Lutero ha utilizzato questa struttura per il suo catechismo altrettanto naturalmente di quanto hanno fatto gli autori del catechismo del Concilio di Trento. Ciò fu possibile perché non si trattava di un sistema artificiale, bensì, semplicemente, della sintesi del materiale mnemonico indispensabile alla fede, che riflette contemporaneamente gli elementi vitalmente indispensabili alla Chiesa: il simbolo degli apostoli, i sacramenti, il decalogo, la preghiera del Signore.

Queste quattro parti classiche e principali della catechesi sono servite per secoli come dispositivo e riassunto dell’insegnamento catechetico; esse hanno anche aperto l'accesso alla Bibbia così come alla vita della Chiesa. Vogliamo dire che corrispondono alle dimensioni della esistenza cristiana. E quanto afferma il Catechismo Romano dicendo (cfr. Catechismo Tridentino, prefazione, n. 12; trad. it. cit., p. 29) che vi si trova quanto il cristiano deve credere (simbolo), sperare (Padre Nostro), fare (decalogo), e in quale spazio vitale deve compierlo (sacramenti e Chiesa). Così diventa percettibile contemporaneamente l’accordo con i quattro gradi della esegesi, di cui si parla nel Medioevo, e che sono anche considerati come una risposta alle domande che si pongono alle quattro tappe della esistenza umana.

Vi è, anzitutto, il senso letterale della Scrittura, che si ricava con l’attenzione al radicamento storico degli avvenimenti della Bibbia. Viene poi il senso detto allegorico, cioè la intuizione e la interiorizzazione di tali avvenimenti in vista di superarli - quello grazie al quale i fatti storici riportati fanno parte di una storia della salvezza. Vi sono, infine, il senso morale e quello anagogico, che mettono in evidenza come l'agire deriva dall’essere e come la storia, al di là dell'avvenimento, è speranza e sacramento del futuro (Cfr. H. DE LUBAC S.J., Histoire et esprit. L'intelligence de l'Ecriture d'apres Origene. Aubier-Montagne, Parigi 1950). Oggi occorrerebbe rifare 1o studio di questa dottrina dei quattro sensi della Scrittura: essa spiega il posto indispensabile della esegesi storica, ma delimita altrettanto chiaramente i suoi confini e il suo necessario contesto.

Alla raccolta mnemonica delle materie della fede, che rappresentano le quattro componenti principali che stiamo enumerando, presiede, dunque, una innegabile logica interna. Per questo il Catechismo Romano le ha caratterizzate a giusto titolo come i "Luoghi della esegesi biblica".Nel linguaggio scientifico e teorico di oggi si direbbe che esso intende considerare come i punti fissi di una topica e di una ermeneutica della Scrittura (cfr. Il Catechismo Tridentino, prefazione, n. 12 - trad. it. cit., pp. 29-30 -, parla di "quatuor his quasi communibus Sacrae Scripturae locis", "questi quattro luoghi per così dire comuni della sacra Scrittura"; il n. 13 - trad. it. cit., p. 30 - tratta di "prima ilia quatuor genera", "queste quattro categorie prime"; la parola "fonte" interviene quando si dice che ogni enunciato della Bibbia può essere ricondotto a uno di questi "Luoghi", ai quali ogni catecheta deve ricorrere come alla fonte della dottrina da spiegare in ogni caso, "quo tamquam ad ejus doctrinae fontem [...] confugient", trad. it. cit., p. 30).

Per l’uso della parola "fonte", come pure per la comprensione esatta dei fattori che entrano in gioco nell'insegnamento cristiano, l'osservazione seguente non mi pare priva di importanza; qui, non si considera la Bibbia come fonte, in opposizione alle "componenti principali", "capita", che sarebbero uno schema di organizzazione, ma sono, invece, le "componenti principali" a essere la fonte dalla quale scaturiscono gli enunciati biblici particolari. Il fatto che ciò sia valido per il decalogo nel suo rapporto con i libri legislativi dell'Antico Testamento e stato dimostrato in modo convincente da H. Gese, con i metodi della esegesi scientifica, nel suo fondamentale studio sulla legge Zur biblischen Theologie (cit., pp. 55-84). Lo si dimostrerebbe ugualmente, non in modo equivalente ma analogo anche per le altre ("componenti principali").

Non si vede perché oggi si creda di dovere abbandonare a tutti i costi questa struttura semplice, esatta tanto teologicamente che pedagogicamente. Nei primi tempi del nuovo movimento catechetico essa passava per ingenua. Si credeva di dovere edificare a tutti i costi una sistematizzazione cristiana contemporaneamente logica e cogente. Ora, tentativi di questo genere appartengono alla ricerca teologica e non alla catechesi: essi, d'altronde, raramente sopravvivono ai loro autori. All'estremo opposto, vi è abolizione di qualunque struttura e caducità di scelte fatte in ragione della situazione attuale: fu una reazione inevitabile agli eccessi del pensiero sistematico.

b. Riflessioni su due problemi di contenuto

Il fine di questa esposizione non è di dare in dettaglio il contenuto di queste quattro componenti principali. Qui si tratta solo di problemi di struttura. Non posso nondimeno evitare alcune brevi riflessioni a proposito di due elementi di queste strutture, che mi sembrano oggi particolarmente minacciati.



[SM=g28005]  continua....



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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