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Il Nuovo Catechismo impegno fruttuoso di Ratzinger

Ultimo Aggiornamento: 26/03/2013 23:02
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26/03/2013 22:54

L'uso della Scrittura nel Catechismo

Particolarmente forti furono gli attacchi all'uso della Scrittura da parte del Catechismo: esso (come già detto) non avrebbe avuto consapevolezza del lavoro esegetico di un intero secolo; sarebbe pertanto ad esempio così ingenuo da citare passi del Vangelo di Giovanni per delineare la figura storica di Gesù; si ispirerebbe ad una fede letteralistica che si potrebbe già designare come fondamentalistica ecc.

Al riguardo si dovrebbe in riferimento al già indicato compito specifico del Catechismo riflettere molto accuratamente circa il modo con cui questo libro deve fare uso della esegesi storico-critica. Relativamente ad un'opera, che deve presentare la fede - non delle ipotesi - e che per un tempo piuttosto lungo deve essere "riferimento sicuro e autentico per l'insegnamento della dottrina cattolica" (così il Papa nella Costituzione Apostolica, n. 4), si dovrebbe tener presente quanto rapidamente le ipotesi esegetiche mutano e quanto grande è in verità il dissenso anche fra autori contemporanei in riferimento a molte tesi. Il Catechismo ha pertanto dedicato un suo proprio articolo - i numeri 101-141 del libro - ad una riflessione specifica sul retto uso della Scrittura nella testimonianza della fede. Questa sezione è stata valutata da importanti esegeti come una sintesi metodologica riuscita, che affronta la questione della natura non solo storica, ma propriamente teologica dell'interpretazione della Scrittura.

Al riguardo occorre prima rispondere alla domanda: cos'è propriamente la Sacra Scrittura? Che cosa rende questa raccolta letteraria in una certa misura eterogenea, il cui tempo di formazione si estende per circa un millennio, un unico libro, un unico sacro libro, che come tale è interpretato?

Se si approfondisce questo interrogativo, emerge chiaramente tutta la specificità della fede cristiana e della sua concezione della rivelazione. La fede cristiana ha la sua specificità innanzitutto nel fatto che si riferisce ad eventi storici, o meglio ad una storia coerente, che di fatto è avvenuta come storia. In questo senso le è essenziale la questione della fattualità, della realtà dell'evento, e pertanto deve dare spazio al metodo storico. Ma questi eventi storici sono significativi per la fede soltanto perché è certo che in essi Dio stesso in un modo specifico ha agito e gli eventi portano in se qualcosa che va al di là della semplice fatticità storica, qualcosa che proviene da altrove e dà loro significato per tutti i tempi come per tutti gli uomini. Questa eccedenza non deve essere separata dai fatti, non è un significato giustapposto successivamente ad essi dall'esterno, ma è presente nell'evento stesso, pur trascendendo per altro la pura fatticità. Proprio in questa trascendenza insita nel fatto stesso si trova l'importanza di tutta quanta la storia biblica.

Questa struttura specifica della storia biblica si riflette nei libri biblici: essi da una parte sono espressione dell'esperienza storica di questo popolo, ma poiché la storia stessa è qualcosa di più che non l'azione e la passione del popolo, in questi libri non parla in realtà solo il popolo, ma quel Dio che agisce in lui e per mezzo di lui. La figura dell'"autore", che è così importante per la ricerca storica, è quindi articolata in tre livelli: l'autore individuale è infatti sostenuto a sua volta dal popolo nel suo insieme.
Questo si rivela proprio nelle sempre nuove aggiunte e modifiche dei libri; qui la critica delle fonti (malgrado molte esagerazioni ed ipotesi poco plausibili) ci ha fatto dono di pregevoli scoperte. Alla fine non è solo un autore individuale, che parla, ma i testi crescono in un processo di riflessione, di cultura, di nuova comprensione, che supera ogni singolo autore. Ma proprio in questo processo di continui superamenti, che relativizza tutti gli autori individuali, è all'opera un trascendimento più profondo: in questo processo di superamenti, di purificazioni, di crescita è operante lo Spirito ispiratore, che nella parola conduce i fatti e gli eventi e negli eventi e nei fatti spinge nuovamente alla parola.

Chi riflette su questa drammatica qui solo molto sommariamente accennata del divenire scrittura della parola biblica, vede senz'altro che la sua interpretazione - anche indipendentemente da interrogativi propriamente credenti - deve essere estremamente complessa. Chi però vive nella fede di questo stesso popolo e si trova all'interno di questo processo deve tener conto nell'interpretare anche dell'ultima istanza, che egli sa operante in essa. Solo allora si può parlare di interpretazione teologica, che di fatto non elimina quella storica, ma la amplia in una nuova dimensione. A partire da tali presupposti il Catechismo ha descritto la doppia dimensione di una corretta esegesi biblica, alla quale appartengono da una parte i metodi tipici dell'interpretazione storica, ma poi - se si considera questa letteratura un solo libro, e ancor più un libro sacro - devono aggiungersi ulteriori forme metodologiche.

Nei numeri 109 e 110 vengono menzionati con riferimento a Dei verbum 12 le esigenze fondamentali di un'esegesi storica: fare attenzione all'intenzione degli autori, alle condizioni del loro tempo e della loro cultura, così come tener conto dei modi di intendere, di esprimersi, di raccontare, consueti nella loro epoca (110). Ma vi si devono poi aggiungere anche quegli elementi metodologici, che derivano dalla comprensione dei libri come un solo libro e come il fondamento della vita del popolo di Dio nell'Antico e nel Nuovo Testamento: prestare attenzione al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura; leggere la Scrittura nella Tradizione vivente di tutta la Chiesa; essere attenti all'analogia della fede (112-114).

Vorrei almeno citare il bel testo, con il quale il Catechismo presenta il significato dell'unità della Scrittura e lo illustra con una citazione di San Tomaso: "per quanto siano differente i libri che la compongono, la Scrittura è una in forza dell'unità del disegno di Dio, del quale Cristo Gesù è il centro e il cuore, aperto dopo la sua Pasqua. 'Il cuore di Cristo designa la Sacra Scrittura che appunto rivela il cuore di Cristo. Questo cuore era chiuso prima della Passione, perché la Scrittura era oscura. Ma la Scrittura è stata aperta dopo la Passione, affinché coloro che ormai ne hanno l'intelligenza considerino e comprendano come le profezie debbano essere interpretate' (Tomaso d'Aquino, Psalm. 21, 11)" (112).



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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