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Formazione liturgica del Popolo di Dio e nozioni utili anche per i Sacerdoti

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2013 00:15
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21/03/2013 21:11

UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE
DEL SOMMO PONTEFICE

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Formazione liturgica per il popolo di Dio

 

È stata pubblicata due giorni fa, lunedì 18 ottobre, la Lettera ai Seminaristi di Benedetto XVI, per la conclusione dell’Anno Sacerdotale. Al n. 1, il Papa esordisce ricordando che «chi vuole diventare sacerdote, dev’essere soprattutto un “uomo di Dio”» e questo in concreto significa che:

«il sacerdote non è l’amministratore di una qualsiasi associazione, di cui cerca di mantenere e aumentare il numero dei membri. È il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dio e così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra di loro. Per questo, cari amici, è tanto importante che impariate a vivere in contatto costante con Dio» (n. 1).

Nell’insegnamento di papa Benedetto, la preghiera è «luogo» privilegiato di apprendimento dello stile di vita cristiano. Ad esempio, nell’enclica Spe Salvi, il Santo Padre aveva presentato la preghiera come uno dei principali «luoghi» di apprendimento e di esercizio della speranza cristiana (cf. nn. 32-34). Anche nella Lettera ai Seminaristi, essa è considerata il modo concreto in cui il candidato al sacerdozio impara a stare in intima e continua comunione con il Signore:

«Quando il Signore dice: “Pregate in ogni momento”, naturalmente non ci chiede di dire continuamente parole di preghiera, ma di non perdere mai il contatto interiore con Dio. Esercitarsi in questo contatto è il senso della nostra preghiera. Perciò è importante che il giorno incominci e si concluda con la preghiera. Che ascoltiamo Dio nella lettura della Scrittura. Che gli diciamo i nostri desideri e le nostre speranze, le nostre gioie e sofferenze, i nostri errori e il nostro ringraziamento per ogni cosa bella e buona, e che in questo modo Lo abbiamo sempre davanti ai nostri occhi come punto di riferimento della nostra vita» (n. 1).

Con un ulteriore passaggio, Benedetto XVI ricorda che la preghiera allo stato perfetto è il culto pubblico della Chiesa, ossia la sacra liturgia, e in modo privilegiato la Santa Messa, a riguardo della quale il Papa precisa:

«Per la retta celebrazione eucaristica è necessario anche che impariamo a conoscere, capire e amare la liturgia della Chiesa nella sua forma concreta. Nella liturgia preghiamo con i fedeli di tutti i secoli – passato, presente e futuro si congiungono in un unico grande coro di preghiera. Come posso affermare per il mio cammino personale, è una cosa entusiasmante imparare a capire man mano come tutto ciò sia cresciuto, quanta esperienza di fede ci sia nella struttura della liturgia della Messa, quante generazioni l’abbiano formata pregando» (n. 2).

La liturgia si comprende davvero solo innestandosi nella Tradizione vivente della Chiesa, dalla quale la riceviamo come dono da preservare e vivere a nostra volta in spirito di fede e di preghiera. È infatti questo l’unico spirito giusto per celebrare e partecipare alla liturgia. Non si tratta di produrre emozioni superficiali e passeggere, attraverso invenzioni particolari da innestare nel rito, perché il vero «spirito della liturgia» è lo spirito di preghiera adorante, di chi sta «davanti a Dio per servirlo» (cf. Messale Romano [Paolo VI], «Preghiera Eucaristica II»).

È entusiasmante – dice il Santo Padre in base alla sua esperienza personale – imparare a capire la liturgia con questo senso ecclesiale e dinamico della vera Tradizione. Per questo è necessaria la formazione liturgica, che rischiara le tenebre dell’ignoranza e abbatte i bastioni dell’ideologia, aiutando a comprendere il senso sacro del culto divino e il suo legame con l’intera storia della fede, che la Chiesa custodisce e professa nei propri figli: capi e membra, pastori e gregge. Formazione liturgica non è però – né può essere – una rinnovata forma di iniziazione «gnostica», un sapere riservato a pochi titolati. La formazione liturgica, seppure fondata sulla serietà di uno studio scientifico che non è per tutti, deve tradursi in forme accessibili ai fedeli a cui è rivolta.

Tra le tante, lodevoli iniziative, a livello universale e locale, volte a curare la formazione liturgica del popolo di Dio, si inscrive anche la nostra rubrica «Spirito della Liturgia», che comincia oggi la sua terza annata di pubblicazione. Accogliendo diverse richieste, abbiamo deciso di sperimentare da quest’anno un taglio ancora più divulgativo, come si noterà dalla maggiore brevità degli articoli e dal numero ulteriormente ridotto dei rimandi e delle note. Questa scelta sacrifica, da un lato, il giusto desiderio degli articolisti di fornire più dettagli e riferimenti sui temi trattati; ma speriamo che possa favorire, dall’altro, una diffusione più ampia delle nostre riflessioni, sì da poter raggiungere un numero più elevato di lettori. Ad essi va sin d’ora la gratitudine degli autori di «Spirito della Liturgia», per la fedeltà ed attenzione con cui ci hanno seguito nei due anni precedenti e con le quali confidiamo vogliano continuare a leggerci.

 ***

Perché la liturgia? Cosa significa liturgia? (CCC 1066-1070)

 

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), dopo la professione di fede, sviluppata nella prima parte, si passa alla spiegazione della vita sacramentale, nella quale Cristo è presente, attua e continua l'edificazione della sua Chiesa. Infatti, se nella liturgia non emergesse la figura di Cristo, che è il suo principio ed è realmente presente per renderla valida, non avremmo più la liturgia cristiana, completamente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza.

 

Quindi, esiste un rapporto intrinseco tra fede e liturgia, entrambe sono intimamente unite. In realtà, senza la liturgia e i sacramenti la professione di fede non avrebbe efficacia, perché mancherebbe della grazia che sostiene la testimonianza dei cristiani. E «dall'altra parte, l'azione liturgica non può mai essere considerata genericamente, a prescindere dal mistero della fede. La sorgente della nostra fede e della liturgia eucaristica, infatti, è il medesimo evento: il dono che Cristo ha fatto di se stesso nel Mistero pasquale» (Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, 34).

 

Se apriamo il Catechismo nella sua seconda parte, si legge che la parola “liturgia” significa originariamente «servizio da parte del popolo e in favore del popolo». Nella tradizione cristiana vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all'«opera di Dio» (CCC, 1069).

 

In che cosa consiste questa opera di Dio alla quale noi partecipiamo? La risposta del Catechismo è chiara e ci permette di scoprire l'intima connessione esistente tra fede e liturgia: «Nel Simbolo della fede, la Chiesa confessa il mistero della Santa Trinità e “il mistero della sua volontà, secondo [...] la sua benevolenza” (Ef 1,9) su tutta la creazione: il Padre compie il “mistero della sua volontà” donando il suo Figlio diletto e il suo Santo Spirito per la salvezza del mondo e per la gloria del suo Nome» (CCC, 1066).

 

Infatti, «quest’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell’Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione» (CCC, 1067). È questo il mistero di Cristo che la Chiesa «annunzia e celebra nella sua liturgia, affinché i fedeli ne vivano e ne rendano testimonianza nel mondo» (CCC, 1068).

 

Per mezzo della liturgia «si effettua l'opera della nostra redenzione» (Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 2). Pertanto, come fu inviato dal Padre, Cristo ha inviato gli Apostoli a predicare la redenzione e ad «attuare l'opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica» (ibid., 6 ).

 

Così vediamo che il Catechismo sintetizza l'opera di Cristo nel mistero pasquale, che è il suo nucleo essenziale. E il nesso con la liturgia è ovvio, poiché «attraverso la liturgia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote, continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l’opera della nostra redenzione» (CCC, 1069). Quindi, questa «opera di Gesù Cristo», perfetta glorificazione di Dio e santificazione degli uomini, è il vero contenuto della liturgia.

 

Questo è un punto importante perché, sebbene l'espressione e il contenuto teologico-liturgico del Mistero pasquale dovrebbero ispirare lo studio teologico e la celebrazione liturgica, non è sempre stato così. Infatti, «la maggior parte dei problemi collegati all'applicazione concreta della riforma liturgica ha a che fare con il fatto che non è stato tenuto sufficientemente presente il peso dato dal Concilio Vaticano II alla Pasqua […]. Pasqua significa inseparabilità della Croce e della Risurrezione [...]. La Croce sta al centro della liturgia cristiana, con tutta la sua serietà: un ottimismo banale che nega la sofferenza e l'ingiustizia nel mondo e riduce l'essere cristiani all'essere cortesi non ha nulla a che fare con la liturgia della croce. La redenzione è costata a Dio la sofferenza di suo Figlio, la sua morte, e l’“exercitium” della redenzione, che, secondo il testo conciliare, è la liturgia, non può avvenire senza le purificazioni e le maturazioni che vengono dalla sequela della croce» (J. Ratzinger / Benedetto XVI, Teologia della liturgia, LEV, Città del Vaticano 2010, pp. 775-776).

 

Questo linguaggio si scontra con quella mentalità incapace di accettare la possibilità di un reale intervento divino in questo mondo, in soccorso dell'uomo. Quindi, «la confessione di un intervento redentore di Dio per cambiare questa situazione di alienazione e di peccato è vista da quanti condividono la visione deista come integralista, e lo stesso giudizio è dato a proposito di un segnale sacramentale che rende presente il sacrificio redentore. Più accettabile, ai loro occhi, sarebbe la celebrazione di un segnale che corrispondesse a un vago sentimento di comunità. Il culto però non può nascere dalla nostra fantasia; sarebbe un grido nell'oscurità o una semplice autoaffermazione. La vera liturgia presuppone che Dio risponda e ci mostri come possiamo adorarlo. “La Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce” (Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, 14). La Chiesa vive di questa presenza e ha come ragion d'essere e di esistere quella di diffondere tale presenza nel mondo intero» (Benedetto XVI, Discorso del 15.04.2010).

 

Questa è la meraviglia della liturgia che, come ricorda il Catechismo, è culto divino, annuncio del Vangelo e carità in azione (cf. CCC, 1070). È Dio stesso che agisce e noi siamo attratti da questa sua azione, per essere trasformati in Lui.

 

[Modificato da Caterina63 22/03/2013 00:15]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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