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Il Sacerdote, la Liturgia, La Messa nel Catechismo della Chiesa con Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 25/04/2015 21:09
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21/03/2013 20:02

UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE
DEL SOMMO PONTEFICE


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Dove celebrare? (CCC 1179-1186)

 

Nel suo esistere, l’uomo è individuato da due coordinate fondamentali: lo spazio e il tempo, due realtà che non si costruisce, ma che gli sono date. L’uomo è legato allo spazio e al tempo, e lo è anche la sua preghiera a Dio. Mentre la preghiera in quanto semplice atto religioso si può fare dappertutto, la liturgia, invece, in quanto atto di culto pubblico e ordinato, richiede un luogo, di norma un edificio, dove si può realizzare come rito sacro.

L’edificio di culto cristiano non è il corrispettivo del tempio pagano, dove la cella con l’effigie della divinità era anche considerata in qualche modo l’abitazione di quest’ultima. Come dice San Paolo agli ateniesi, “Dio non abita in templi costruiti dall’uomo” (Atti degli Apostoli 17,24).

C’è invece un rapporto più stretto con la Tenda del convegno, eretta nel deserto secondo le istruzioni di Dio stesso, dove la gloria del Signore (shekinah) si rendeva manifesta (Esodo 25,22; 40,34). Tuttavia, Salomone, dopo aver costruito il Tempio di Gerusalemme, edificio che prese il posto della Tenda del convegno, esclama, “Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco i cieli, e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita!” (1 Re 8,27). Nella storia del popolo d’Israele avviene una spiritualizzazione, che porta al famoso passo dal libro del profeta Isaia: “Tutta la terra è piena della sua gloria” (Isaia 6,3; cf. Geremia 23,24; Salmi 139,1-18; Sapienza 1,7), testo poi passato nel Sanctus della Liturgia Eucaristica. “Tutta la terra è santa e affidata ai figli degli uomini” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1179).

Una tappa ulteriore è presente nel Vangelo secondo Giovanni, quando Cristo dichiara, durante il suo incontro con la donna samaritana, che “è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (Giovanni 4,23). Ciò non significa che, alla luce del Vangelo, non ci dovrebbe essere alcun culto pubblico o edificio sacro. Il Signore non dice che non ci dovrebbero essere luoghi per il culto nella Nuova Alleanza; allo stesso modo, nella profezia sulla distruzione del Tempio, Egli non afferma che non ci debba essere più alcun edificio costruito in onore di Dio, ma piuttosto che non ci debba essere un solo luogo esclusivo.

Cristo stesso, il suo corpo vivo, risorto e glorificato, è il nuovo tempio dove Dio dimora e dove si svolge il suo culto universale “in spirito e verità” (cf. J. Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, pp. 39-40). Come scrive San Paolo: “È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi avete in lui parte alla sua pienezza” (Colossesi 2,9-10). Per partecipazione, in forza del Battesimo, anche il corpo del cristiano diventa tempio di Dio (1 Corinzi 3,16-17; 6,19; Efesini 2,22). Utilizzando una frase molto cara a Sant’Agostino, Christus totus, il Cristo interoè il vero luogo di culto cristiano, cioè Cristo in quanto Capo e i cristiani in quanto membra del suo Corpo Mistico. I fedeli che si riuniscono in uno stesso luogo per il culto divino costituiscono le “pietre vive”, messe insieme “per la costruzione di un edificio spirituale” (1 Pietro 2,4-5). Infatti, è significativo che la parola che prima indicava l’azione del riunirsi dei cristiani, cioè ekklesia – Chiesa –, sia passata a indicare il luogo stesso in cui la riunione si realizza. Il Catechismo della Chiesa Cattolica insiste sul fatto che le chiese (come edifici) “nonsono semplici luoghi di riunione, ma significano e manifestano la Chiesa che vive in quel luogo, dimora di Dio con gli uomini riconciliati e uniti in Cristo” (n. 1180).

In epoca paleocristiana, forma tipica dell’edificio chiesa è diventata la basilica con grande navata centrale rettangolare, che termina in un’abside semicircolare. Tale tipo di edificio corrispondeva alle esigenze della liturgia cristiana e, allo stesso tempo, lasciava grande libertà ai costruttori, per la scelta dei singoli elementi architettonici ed artistici. La basilica esprime anche un orientamento assiale, che apre l’assemblea alle dimensioni trascendente ed escatologica dell’azione liturgica. Nella tradizione latina, la disposizione dello spazio liturgico con l’orientamento assiale è rimasta normativa e si ritiene che anche oggi sia la più adatta, perché esprime il dinamismo di una comunità in cammino verso il Signore.

Come afferma Benedetto XVI, “la natura del tempio cristiano è definita dall’azione liturgica stessa” (Sacramentum Caritatis, n. 41). Per questo, anche la progettazione degli arredi sacri (altare, tabernacolo, sede, ambone, battistero, luogo della penitenza) non può seguire soltanto criteri funzionali. L’architettura e l’arte non sono elementi estrinseci alla liturgia e neppure hanno una funzione puramente decorativa. Perciò, l’impegno di costruire o adeguare le chiese deve essere permeato dallo spirito e dalle norme dalla liturgia della Chiesa, ossia da quella lex orandi che esprime la lex credendi, e da questo risulta la grande responsabilità sia dei progettisti che dei committenti.



UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE
DEL SOMMO PONTEFICE

 

Perché la liturgia? Cosa significa liturgia? (CCC 1066-1070)

 

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), dopo la professione di fede, sviluppata nella prima parte, si passa alla spiegazione della vita sacramentale, nella quale Cristo è presente, attua e continua l'edificazione della sua Chiesa. Infatti, se nella liturgia non emergesse la figura di Cristo, che è il suo principio ed è realmente presente per renderla valida, non avremmo più la liturgia cristiana, completamente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza.

Quindi, esiste un rapporto intrinseco tra fede e liturgia, entrambe sono intimamente unite. In realtà, senza la liturgia e i sacramenti la professione di fede non avrebbe efficacia, perché mancherebbe della grazia che sostiene la testimonianza dei cristiani. E «dall'altra parte, l'azione liturgica non può mai essere considerata genericamente, a prescindere dal mistero della fede. La sorgente della nostra fede e della liturgia eucaristica, infatti, è il medesimo evento: il dono che Cristo ha fatto di se stesso nel Mistero pasquale» (Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, 34).

Se apriamo il Catechismo nella sua seconda parte, si legge che la parola “liturgia” significa originariamente «servizio da parte del popolo e in favore del popolo». Nella tradizione cristiana vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all'«opera di Dio» (CCC, 1069).

In che cosa consiste questa opera di Dio alla quale noi partecipiamo? La risposta del Catechismo è chiara e ci permette di scoprire l'intima connessione esistente tra fede e liturgia: «Nel Simbolo della fede, la Chiesa confessa il mistero della Santa Trinità e “il mistero della sua volontà, secondo [...] la sua benevolenza” (Ef 1,9) su tutta la creazione: il Padre compie il “mistero della sua volontà” donando il suo Figlio diletto e il suo Santo Spirito per la salvezza del mondo e per la gloria del suo Nome» (CCC, 1066).

Infatti, «quest’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell’Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione» (CCC, 1067). È questo il mistero di Cristo che la Chiesa «annunzia e celebra nella sua liturgia, affinché i fedeli ne vivano e ne rendano testimonianza nel mondo» (CCC, 1068).

Per mezzo della liturgia «si effettua l'opera della nostra redenzione» (Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 2). Pertanto, come fu inviato dal Padre, Cristo ha inviato gli Apostoli a predicare la redenzione e ad «attuare l'opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica» (ibid., 6 ).

Così vediamo che il Catechismo sintetizza l'opera di Cristo nel mistero pasquale, che è il suo nucleo essenziale. E il nesso con la liturgia è ovvio, poiché «attraverso la liturgia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote, continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l’opera della nostra redenzione» (CCC, 1069). Quindi, questa «opera di Gesù Cristo», perfetta glorificazione di Dio e santificazione degli uomini, è il vero contenuto della liturgia.

Questo è un punto importante perché, sebbene l'espressione e il contenuto teologico-liturgico del Mistero pasquale dovrebbero ispirare lo studio teologico e la celebrazione liturgica, non è sempre stato così. Infatti, «la maggior parte dei problemi collegati all'applicazione concreta della riforma liturgica ha a che fare con il fatto che non è stato tenuto sufficientemente presente il peso dato dal Concilio Vaticano II alla Pasqua […]. Pasqua significa inseparabilità della Croce e della Risurrezione [...]. La Croce sta al centro della liturgia cristiana, con tutta la sua serietà: un ottimismo banale che nega la sofferenza e l'ingiustizia nel mondo e riduce l'essere cristiani all'essere cortesi non ha nulla a che fare con la liturgia della croce. La redenzione è costata a Dio la sofferenza di suo Figlio, la sua morte, e l’“exercitium” della redenzione, che, secondo il testo conciliare, è la liturgia, non può avvenire senza le purificazioni e le maturazioni che vengono dalla sequela della croce» (J. Ratzinger / Benedetto XVI, Teologia della liturgia, LEV, Città del Vaticano 2010, pp. 775-776).

Questo linguaggio si scontra con quella mentalità incapace di accettare la possibilità di un reale intervento divino in questo mondo, in soccorso dell'uomo. Quindi, «la confessione di un intervento redentore di Dio per cambiare questa situazione di alienazione e di peccato è vista da quanti condividono la visione deista come integralista, e lo stesso giudizio è dato a proposito di un segnale sacramentale che rende presente il sacrificio redentore. Più accettabile, ai loro occhi, sarebbe la celebrazione di un segnale che corrispondesse a un vago sentimento di comunità. Il culto però non può nascere dalla nostra fantasia; sarebbe un grido nell'oscurità o una semplice autoaffermazione. La vera liturgia presuppone che Dio risponda e ci mostri come possiamo adorarlo. “La Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce” (Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, 14). La Chiesa vive di questa presenza e ha come ragion d'essere e di esistere quella di diffondere tale presenza nel mondo intero» (Benedetto XVI, Discorso del 15.04.2010).

Questa è la meraviglia della liturgia che, come ricorda il Catechismo, è culto divino, annuncio del Vangelo e carità in azione (cf. CCC, 1070). È Dio stesso che agisce e noi siamo attratti da questa sua azione, per essere trasformati in Lui.

[Modificato da Caterina63 21/03/2013 21:06]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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