00 25/08/2014 13:41

 

"In quell'atteggiamento molto diffuso di affrettata critica alla storia passata della cristianità torna sempre a imporsi l’idea che ci si dovrebbe sbarazzare dell’intera storia di questi duemila anni e radere così al suolo le mura dei dogmi e delle confessioni, per cominciare tutto da capo, come se Cristo comparisse per la prima volta oggi sulla soglia della nostra casa.

Per quanto ciò sia allettante, tuttavia, così facendo noi ridurremmo l’unità della Chiesa a un’opera, a un prodotto delle nostre mani, e la Chiesa a qualcosa che noi stessi possiamo costruire.

 

Ma di fronte a quest'opzione non c’è giustificazione che tenga: in fondo, in questa maniera eleviamo di nuovo una muraglia contro Dio e finiamo per confidare maggiormente solo in quanto è in nostro potere fare.

Il muro della legge e il muro che vuole circoscrivere lo spazio di azione di Dio non sono però stati rimossi dall’azione dell’uomo: questa semmai li ha alzati ancora di più. Essi sono stati invece rasi al suolo da colui che ha recato al mondo l’amore di Dio e, sulla croce, si è caricato del carico di impotenza e di male di ogni azione umana.

 

Così dunque non va.

Quando parliamo di unità della Chiesa, dobbiamo subito smettere di sognare opere audaci e grandi realizzazioni, delle quali riterremmo d’esser capaci.

La lettera agli Efesini ci offre una diversa indicazione: ci esorta a lasciarci incorporare e riedificare nell'uomo nuovo, nella nuova umanità che Cristo ha inaugurato.

Come è stato notato, « l’unità non può essere creata dagli uomini, essi possono solo riconoscerla» . La vera Chiesa non è opera nostra: ci precede ed è opera di Cristo.

Il nostro compito è quello di lasciarci incorporare a essa.

Quando lo adempiamo, lasciandoci sgrezzare umilmente dal Signore come pietre vive, quando smettiamo di « progettare a tavolino » la Chiesa, quando ci lasciamo condurre là dove non vogliamo, allora fiorisce l’unità e, anche in mezzo a divisioni, le mura diventano ostacoli superabili."

 

(Bollettino diocesano, 20 gennaio 1978)

 

 

"Noi abbiamo perduto il senso che i cristiani non possono vivere come vive chiunque. L'opinione stolta secondo cui non esisterebbe una specifica morale cristiana è solo una espressione particolarmente spinta della perdita di un concetto base: la " differenza del cristiano "rispetto ai modelli del mondo.

Anche in alcuni ordini e congregazioni religiose si è scambiata la vera riforma con il rilassamento della austerità tradizionale. S'è scambiato il rinnovamento con l'accomodamento.

Per fare un piccolo esempio preciso: un religioso mi ha riferito che la dissoluzione del suo convento era cominciata - molto concretamente - quando si era dichiarata "non più praticabile" la levata dei frati per la recita dell'ufficio notturno previsto dalla liturgia. Ebbene, questo indubbio ma significativo "sacrificio" era stato sostituito con uno stare a guardare la televisione sino a notte avanzata. Un piccolo caso, in apparenza: ma è anche di questi "piccoli casi" che è fatto il declino attuale della indispensabile austerità della vita cristiana. A cominciare da quella dei religiosi".

Oggi più che mai il cristiano deve essere conscio di appartenere a una minoranza e di essere in contrasto con ciò che appare buono, ovvio, logico per lo "spirito del mondo", come lo chiama il Nuovo Testamento. Tra i compiti più urgenti per il cristiano, c'è il recupero della capacità di opporsi a molte tendenze della cultura circostante, rinunziando a certa solidarietà troppo euforica post-conciliare.

Dunque, accanto alla Gaudium et spes (il testo del Concilio sui rapporti tra Chiesa e mondo) possiamo ancora tenere l'Imitazione di Cristo.

Si tratta, ovviamente, di due spiritualità molto diverse. L'Imitazione è un testo che rispecchia la grande tradizione monastica medievale. Ma il Vaticano II non voleva affatto togliere le cose buone ai buoni. (...) occorre una nuova evidenza, una nuova gioia, se posso dire una nuova "fierezza" (che non contrasta con l'umiltà indispensabile) di essere cattolici."

 

(Rapporto sulla Fede cap. ottavo)






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)