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ALCUNE OSSERVAZIONI PRELIMINARI [SM=g28002]

1) La teologia della liberazione è un fenomeno straordinariamente complesso: essa va dalle posizioni più radicalmente marxiste fino a quelle che pongono il luogo appropriato della necessaria responsabilità del cristiano verso i poveri e gli oppressi nel contesto di una corretta teologia ecclesiale, come hanno fatto i documenti del Celam (la Conferenza Episcopale Latino-Americana), da Medellín a Puebla. In questo nostro testo si utilizza il concetto "teologia della liberazione " in una accezione più ristretta: una accezione che comprende solo quei teologi che in qualche maniera hanno fatto propria l'opzione fondamentale marxista. Anche qui esistono nei particolari molte differenze nelle quali è impossibile addentrarsi in questa riflessione generale. In questo contesto posso solo tentare di mettere in evidenza alcune linee fondamentali che, senza disconoscere le diverse matrici, sono molto diffuse ed esercitano una certa influenza anche laddove non esiste una teologia della liberazione in senso stretto.

2) Con l'analisi del fenomeno della teologia della liberazione diventa manifesto un pericolo fondamentale per la fede della Chiesa. Indubbiamente bisogna tener presente che un errore non può esistere se non contiene un nucleo di verità. Di fatto un errore è tanto più pericoloso quanto maggiore è la proporzione del nucleo di verità recepita. Inoltre l'errore non potrebbe appropriarsi di quella parte di verità se questa verità fosse sufficientemente vissuta e testimoniata lì dove è il suo posto, cioè nella fede della Chiesa. Perciò, accanto alla dimostrazione dell'errore e del pericolo della teologia della liberazione bisogna sempre affiancare la domanda: quale verità si nasconde nell'errore e come recuperarla pienamente?

3) La teologia della liberazione è un fenomeno universale sotto tre punti di vista:

a) questa teologia non intende affatto costituire un nuovo trattato teologico a fianco degli altri già esistenti, come per esempio elaborare nuovi aspetti dell'etica sociale della Chiesa. Essa si concepisce piuttosto come una nuova ermeneutica della fede cristiana, vale a dire come una nuova forma di comprensione e di realizzazione del cristianesimo nella sua totalità. Perciò cambia tutte le forme della vita ecclesiale: la costituzione ecclesiastica, la liturgia, la catechesi, le opzioni morali.

b) la teologia della liberazione ha sicuramente il suo centro di gravità in America Latina, però non è affatto un fenomeno esclusivamente latinoamericano. Non è pensabile senza l'influenza determinante di teologi europei ed anche nordamericani. Ma esiste anche in India, nello Sri Lanka, nelle Filippine, a Taiwan e in Africa, sebbene qui sia in primo piano la ricerca di una "teologia africana " L'Unione dei teologi del Terzo Mondo è fortemente caratterizzata dall'attenzione prestata ai temi della teologia della liberazione.

c) la teologia della liberazione supera i confini confessionali: essa cerca di creare, fin dalle sue premesse, una nuova universalità per la quale le separazioni classiche delle chiese debbono perdere la loro importanza.

I. Il concetto della teologia della liberazione e i presupposti della sua genesi

Queste osservazioni preliminari ci hanno frattanto già introdotto nel nucleo del tema. Hanno però lasciato aperta la questione principale: che cos'è propriamente la teologia della liberazione?

In un primo tentativo di risposta possiamo dire: la teologia della liberazione pretende dare una nuova interpretazione globale del cristianesimo; spiega il cristianesimo come una prassi di liberazione e pretende di porsi essa stessa come una guida a tale prassi. Ma siccome secondo questa teologia ogni realtà è politica, anche la liberazione è un concetto politico e la guida alla liberazione deve essere una guida all'azione politica.

"Nulla resta fuori dall'impegno politico. Tutto esiste con una colorazione politica", scrive testualmente uno dei suoi più noti esponenti sudamericani. Una teologia che non sia "pratica " ' vale a dire essenzialmente politica, è considerata "idealistica" e condannata come irreale o come veicolo di conservazione degli oppressori al potere.

Per un teologo che abbia imparato la sua teologi . a nella tradizione classica e che abbia accettato la sua vocazione spirituale, è difficile immaginare che si possa seriamente svuotare la realtà globale del cristianesimo i . n uno schema di prassi socio-politica di liberazione. La cosa è tuttavia possibile, in quanto molti teologi della liberazione continuano ad usare gran parte del linguaggio ascetico e dogmatico della Chiesa in chiave nuova, in maniera tale che chi legge e chi ascolta partendo da un altro retroterra, può ricevere l'impressione di ritrovare il patrimonio antico con l'aggiunta solamente di qualche affermazione un poco "strana ", che però, unita a tanta religiosità, non potrebbe essere così pericolosa.

Proprio la radicalità della teologia della liberazione fa sì che ne venga spesso sottovalutata la gravità, perché non entra in alcuno schema esistente fino ad oggi di eresia; la sua impostazione di partenza si trova al di fuori di ciò che può venir colto dai tradizionali schemi di discussione.

Per questo vorrei tentare di accostarmi all'indirizzo fondamentale della teologia della liberazione in due tappe: prima occorrerà dire qualche cosa sui presupposti' che l'hanno resa possibile; successivamente vorrei esplorare alcuni dei concetti basilari che permettono di conoscere qualcosa della sua struttura

Come si è arrivati a quell'orientamento completamente nuovo del pensiero teologico che trova espressione nella teologia della liberazione? Vedo principalmente tre fattori che l'hanno resa possibile.

1) Dopo il Concilio si produsse una situazione teologica nuova:

a) si creò l'opinione che la tradizione teologica esistente fino ad allora non fosse più accettabile e che di conseguenza si dovesse cercare, a partire dalla Scrittura e dai segni dei tempi, orientamenti teologici e spirituali totalmente nuovi;

b) l'idea dì apertura al mondo e di impegno nel mondo si trasformò spesso in una fede ingenua nelle scienze; una fede che accolse le scienze umane come un nuovo vangelo, senza volerne riconoscere i limiti ed i problemi propri. La psicologia, la sociologia e l'interpretazione marxista della storia furono considerate come scientificamente sicure e quindi come istanze non più contestabili del pensiero cristiano;

c) la critica della tradizione da parte della esegesi evangelica moderna, specialmente di Rudolf Bultmann e della sua scuola, divenne una istanza teologica inamovibile che sbarrò la strada alle forme fino ad allora valide della teologia, incoraggiando così anche nuove costruzioni.

2) La situazione teologica così mutata coincise con una situazione della storia spirituale anch'essa modificata. Alla fine della fase di ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale, fase che coincise all'incirca con il termine del Concilio, si produsse nel mondo occidentale un sensibile vuoto di significato al quale la filosofia esistenzialista ancora in voga non era in grado di dare alcuna risposta. In questa situazione le differenti forme del neomarxismo si trasformarono in un impulso morale e allo stesso tempo in una promessa di significato che appariva quasi irresistibile alla gioventù universitaria. Il marxismo, con gli accenti religiosi di Bloch e le filosofie provviste di rigore "scientifico" di Adorno, Horkheimer, Habermas e Marcuse, offrirono modelli di azione con i quali si credette di poter rispondere alla sfida della miseria nel mondo e, allo stesso tempo, di poter attualizzare il senso corretto del messaggio biblico.

3) La sfida morale della povertà e dell'oppressione non si poteva più ignorare nel momento in cui l'Europa e l'America del Nord avevano raggiunto un'opulenza fino ad allora sconosciuta. Questa sfida esigeva evidentemente nuove risposte che non si potevano trovare nella tradizione esistente sino a quel momento. La situazione teologica e filosofica mutata invitava espressamente a cercare la risposta in un cristianesimo che si lasciasse guidare dai modelli di speranza, in apparenza fondati "scientificamente", delle filosofie marxiste.

II. La struttura fondamentale della teologia della liberazione

Quella risposta si presenta del tutto diversa nelle forme particolari di teologia della liberazione, teologia della rivoluzione, teologia politica, eccetera- Non può quindi essere rappresentata globalmente. Esistono tuttavia alcuni concetti fondamentali che si ripetono continuamente nelle diverse variazioni ed esprimono intenzioni di fondo comuni.

Prima di passare ai concetti fondamentali del contenuto, è necessario fare un'osservazione sugli elementi strutturali portanti della teologia della liberazione. Possiamo riallacciarci, a questo fine, a ciò che abbiamo già detto circa la situazione teologica mutata dopo il Concilio.

Come già detto, si è letta l'esegesi di Bultmann e della sua scuola come un'enunciazione della "scienza" su Gesù, scienza che doveva ovviamente essere ritenuta valida. Il "Gesù storico" di Bultmann si presenta tuttavia separato da un abisso (Bultmann stesso parla di Graben, fossato) dal Cristo della fede. Secondo Bultmann, Gesù appartiene solo ai presupposti del Nuovo Testamento, permanendo però racchiuso nel mondo del giudaismo.

Il risultato finale di questa esegesi consisteva nel fatto che veniva scossa la credibilità storica dei Vangeli: il Cristo della tradizione ecclesiale e il Gesù storico presentato dalla scienza appartengono a due mondi differenti. La figura di Gesù fu sradicata dal suo collocamento nella tradizione per mezzo della "scienza", considerata come istanza suprema, in questa maniera A un lato la tradizione si librava come qualcosa di irreale nel vuoto, dall'altro si dovevano cercare per la figura di Gesù una nuova interpretazione e un nuovo significato.

Bultmann quindi assunse importanza non tanto per le sue affermazioni positive, quanto per il risultato negativo della sua critica: il nucleo della fede, la cristologia, rimase aperto a nuove interpretazioni perché quelli che erano stati sino ad allora i suoi enunciati originali erano scomparsi, in quanto dichiarati storicamente insostenibili. Nello stesso tempo veniva sconfessato il Magistero della Chiesa perché considerato legato ad una teoria "scientificamente " insostenibile e quindi privo di valore come istanza conoscitiva su Gesù. I suoi enunciati potevano essere considerati solo come "definizioni frustrate di una posizione scientificamente superata".

Inoltre Bultmann fu importante per lo sviluppo ulteriore di una seconda parola chiave. Egli riportò in auge l'antico concetto di ermeneutica, conferendogli una dinamica nuova. Nella parola "ermeneutica " trova espressione l'idea che una comprensione reale dei testi storici non si dà attraverso una mera interpretazione storica; ma ogni interpretazione storica include certe decisioni preliminari. L'ermeneutica ha il compito di "attualizzare " la Scrittura in connessione con i dati che la storia, sempre mutevole, ci presenta: una "fusione degli orizzonti" tra "'l'allora" e "l'oggi". Essa pone di conseguenza la domanda: cosa significa "l'allora" al giorno d'oggi? Bultmann rispose a questa domanda servendosi della filosofia di Heidegger e interpretò quindi la Bibbia in senso esistenzialista. Questa risposta non riveste più alcun interesse; in questo senso Bultmann è superato dall'esegesi attuale. Però è rimasta la separazione tra la figura di Gesù della tradizione classica e l'idea che si possa e si debba trasferire questa figura nel presente attraverso una nuova ermeneutica.

A questo punto sorge il secondo elemento, già menzionato, della nostra situazione: il nuovo clima filosofico degli anni Sessanta. L'analisi marxista della storia e della società fu considerata come l'unica a carattere "scientifico". Ciò significa che il mondo viene interpretato alla luce dello schema della lotta di classe e che l'unica scelta possibile è quella tra capitalismo e marxismo. Significa, inoltre, che tutta la realtà è politica e che deve essere giudicata politicamente. Il concetto biblico del "povero" offre il punto di partenza per la confusione tra l'immagine biblica della storia e la dialettica marxista; questo concetto viene interpretato con l'idea di proletariato in senso marxista e giustifica altresì il marxismo come ermeneutica legittima per la comprensione della Bibbia.

Secondo questa comprensione, poi, esistono e possono esistere solo due opzioni; perciò, contraddire questa interpretazione della Bibbia non è che l'espressione dello sforzo della classe dominante per conservare il proprio potere. Un teologo della liberazione afferma: "La lotta di classe è un dato di fatto e la neutralità su questo punto è assolutamente impossibile".

Da questo punto si rende impossibile anche l'intervento del Magistero ecclesiale: nel caso in cui esso si opponesse a tale interpretazione del cristianesimo dimostrerebbe solamente di essere dalla parte dei ricchi e dei dominatori e contro i poveri e i sofferenti, vale a dire contro Gesù stesso, e, nella dialettica della storia, si schiererebbe dalla parte negativa.

Questa decisione, apparentemente "scientifica" e "ermeneuticamente" ineluttabile, determina da sé la strada dell'interpretazione ulteriore del cristianesimo, sia per quanto riguarda le istanze interpretative che per i contenuti interpretati.

Per quanto riguarda le istanze interpretative i concetti decisivi sono: popolo, comunità, esperienza, storia. Se fino ad ora la Chiesa - cioè la Chiesa cattolica nella sua totalità che, trascendendo tempo e spazio, abbraccia i laici (sensus fidei) e la gerarchia (magistero) - era stata l'istanza ermeneutica fondamentale, oggi lo è diventata la "comunità". Il vissuto e le esperienze della comunità determinano la comprensione e l'interpretazione della Scrittura.

Di nuovo si può dire, apparentemente in modo rigorosamente "scientifico", che la figura di Gesù, presentata nei Vangeli, costituisce una sintesi di avvenimenti e interpretazioni dell'esperienza di comunità particolari, dove tuttavia l'interpretazione è molto più importante dell'avvenimento, che in sé non è più determinabile. Questa sintesi originaria di avvenimento e interpretazione può essere sciolta e ricostruita sempre di nuovo: la comunità "interpreta" con la sua "esperienza "gli avvenimenti e trova così la sua "prassi " '

Questa idea la si incontra modificata in modo alquanto diverso nel concetto di "popolo", con il quale si' trasformò l'accentuazione conciliare dell'idea di "popolo di Dio" in un mito marxista. Le esperienze del "popolo" spiegano la Scrittura. "Popolo" diventa così un concetto opposto a quello di "gerarchia" e in antitesi a tutte le istituzioni indicate come forze dell'oppressione. Infine è "popolo" chi partecipa alla "lotta di classe",- la "Iglesia popular" si pone in opposizione alla Chiesa gerarchica.

Da ultimo il concetto di "storia" diviene istanza ermeneutica decisiva. L'opinione, considerata scientificamente sicura e irrefutabile, che la Bibbia ragioni in termini esclusivamente di storia della salvezza (e quindi in modo antimetafisico) permette la fusione dell'orizzonte biblico con l'idea marxista della storia che procede dialetticamente come portatrice di salvezza; la storia è l'autentica rivelazione e pertanto la vera istanza ermeneutica della interpretazione biblica. Tale dialettica viene appoggiata, talvolta, dalla pneumatologia, cioè dalla concezione dell'azione dello Spirito Santo.

In ogni caso anch'essa vede nel Magistero che insiste su verità permanenti una istanza nemica del progresso, dato che pensa " metafisicamente " e contraddice così la "storia " Si può dire che il concetto di storia assorbe il concetto di Dio e di rivelazione. La "storicità" della Bibbia deve giustificare il suo ruolo assolutamente predominante e quindi deve legittimare allo stesso tempo il passaggio alla filosofia materialista-marxista, nella quale la storia ha assunto il ruolo di Dio.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)