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_016 LUCE DEL MONDO parte prima 1


Una conversazione con Peter Seewald (*) – pagg.59/78

Premessa: vi proponiamo la Conversazione di Benedetto XVI – divisa in più parti – per approfondire gli argomenti trattati. In questa parte, Benedetto XVI, offre l’unica risposta possibile ai tanti problemi che affliggono il mondo, compreso quello ambientalista per il quale risponde: “A fronte della minaccia incombente, tutti ormai si sono resi conto che è necessario fare scelte di ordine morale.….(..) Per questo è tanto urgente che la questione di Dio torni ad essere centrale. E non si tratta di un Dio che in qualche modo esiste, ma di un Dio che ci conosce, che ci parla e che ci riguarda, e che poi è anche nostro giudice…..” E’ necessario convertirsi, non abbiamo altre vie di uscita.

Domanda= PS  Risposta= BXVI

3. LA CRISI: CAUSE E OPPORTUNITÀ

PS. Resta indimenticabile l’accusa che Lei lanciò durante la Via Crucis del Venerdì Santo del 2005, poche settimane prima di essere eletto successore di Giovanni Paolo II: “Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata!”. E poi, quasi fosse già orientato agli eventi futuri: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!”. Tutte queste omissioni e questi crimini vengono alla luce ora, proprio nel corso dell’Anno Sacerdotale da Lei indetto. Da un punto di vista biblico, la notizia di questi scandali non è forse da intendere come segno?

BXVI. È immaginabile che il diavolo non riuscisse a sopportare l’Anno Sacerdotale e allora ci ha scaraventato in faccia il sudiciume. Ha voluto mostrare al mondo quanta sporcizia c’è anche proprio tra i sacerdoti. Dall’altro lato si potrebbe dire che il Signore abbia voluto metterci alla prova, chiamarci ad una più profonda purificazione, in modo che celebrassimo l’Anno Sacerdotale non in modo trionfalistico, come autocelebrazione, bensì come anno della purificazione, del rinnovamento interiore, della trasformazione e soprattutto della penitenza. Il concetto di penitenza, che appartiene agli elementi fondamentali del messaggio veterotestamentario, è andato smarrendosi sempre più. In qualche modo, si voleva dire solo il positivo. Ma il negativo esiste, è un dato di fattoche, attraverso la penitenza, si può cambiare e da essa ci si può fare trasformare, è qualcosa che ci è dato positivamente, è un regalo. Così pensava anche la Chiesa antica. Si tratta ora di ricominciare veramente daccapo nello spirito della penitenza, e contemporaneamente di non perdere la gioia del sacerdozio, ma di riconquistarla nuovamente. E con profonda gratitudine devo dire che proprio questo è accaduto. Da vescovi, da sacerdoti e laici ho ricevuto molte testimonianze di gratitudine che mi hanno scosso e commosso, che mi hanno toccato il cuore. Sono persone che testimoniano questo: “Abbiamo accolto l’Anno Sacerdotale come spunto per la purificazione, come atto di mortificazione per il quale ci facciamo chiamare nuovamente dal Signore. E proprio così abbiamo potuto vedere nuovamente la grandezza e la bellezza del sacerdozio”. In questo senso credo che queste terribili rivelazioni siano state alla fine un gesto della Provvidenza, che ci mortifica, che ci costringe a ricominciare di nuovo.

PS. Le cause degli abusi sessuali sono complesse. Senza parole ci si chiede soprattutto come sia possibile che abbia abusato sessualmente proprio chi ogni giorno legge il Vangelo e celebra la Messa, chi amministra i sacramenti, li riceve e da essi dovrebbe essere interiormente fortificato.

BXVI. È una domanda che veramente tocca il mysterium iniquitatis, il mistero del male. E ci si chiede anche: cosa pensa uno così quando al mattino va all’altare e celebra il Santo Sacrificio? Si confessa? E cosa dice quando si confessa? Quali effetti ha la confessione su di lui? In realtà, dovrebbe essere un mezzo potente per strapparlo dal male e per costringerlo a cambiare. È un mistero quello per cui qualcuno che si è votato a ciò che è sacro lo perda totalmente e poi smarrisca anche le sue stesse origini. Al momento dell’ordinazione sacerdotale deve pure avere avuto una nostalgia per ciò che è grande, per ciò che è puro, altrimenti non avrebbe compiuto quella scelta. Come è possibile che uno così precipiti in questo modo? Non lo sappiamo. Ma tanto più significa che i sacerdoti devono sostenersi a vicenda e non devono perdersi di vista; che i vescovi sono responsabili di questo e che noi dobbiamo raccomandare ai fedeli che anche loro sostengano i propri sacerdoti. Vedo che nelle parrocchie l’amore per il sacerdote cresce quando si riconoscono le sue debolezze e ci si propone di aiutarlo.

PS. Forse in parte abbiamo anche un’immagine completamente sbagliata della Chiesa; come se fosse immune da queste cose, come se anch’essa non fosse esposta alle tentazioni, anzi lei soprattutto. Cito ancora dalle sue meditazioni della Via Crucis: “La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! … Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra, e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai pili a rialzarti da quella caduta; spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto”.

BXVI. Sì, questo è quello che oggi possiamo constatare con i nostri stessi occhi e che con particolare evidenza ci si impone durante la Via Crucis. Qui diviene evidente che Gesù non ha sofferto per degli eventi casuali ma che veramente ha preso nelle sue mani l’intera storia dell’uomo. La sua sofferenza per noi non è soltanto una formula teologica. Riconoscere questo e poi permettere che Lui ci tiri dalla sua parte, e non dall’altra, è un atto esistenziale. Nelle meditazioni della Via Crucis noi prendiamo coscienza di questo: Egli veramente soffre per noi. E si è fatto carico anche della mia causa. Ora mi tira a sé, viene a trovarmi nei miei abissi e mi trascina in alto con sé. In questo senso il male sempre farà parte del mistero della Chiesa. E se si considera tutto quello che gli uomini, che i chierici hanno fatto nella Chiesa, allora questo si rivela proprio come una prova che è Lui che sostiene e che ha fondato la Chiesa. Se dipendesse solo dagli uomini, la Chiesa sarebbe già affondata da un pezzo.

PS. La gran parte dei casi di abuso sessuale si registra tra gli anni Settanta e Ottanta. Il Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, il cardinale Franc Rodé, ha fatto riferimento all’annoso declino della fede ed allo svuotamento della Chiesa, quali concause a suo giudizio degli scandali. “La cultura secolarizzata è penetrata in alcuni Ordini occidentali”, ha detto, “mentre proprio la vita religiosa dovrebbe rappresentare un’alternativa alla cultura dominante, invece di rispecchiarla”.

_016 LUCE DEL MONDO parte prima 2BXVI. È evidente che vi ha contribuito la situazione spirituale degli anni Settanta che già aveva incominciato a profilarsi negli anni Cinquanta. Proprio in quegli anni fu sviluppata la teoria per la quale la pedofilia dovesse essere considerata come una cosa positiva. Ma soprattutto venne sostenuta la tesi – che è penetrata anche nella teologia morale cattolica – che non esiste qualcosa di male in sé. Esisterebbe soltanto un male “relativo”. Quello che è bene o male dipenderebbe dalle conseguenze. In un contesto simile, in cui tutto è relativo e il male di per sé non esiste – esiste solo il bene relativo ed il male relativo – le persone che hanno una tendenza a un atteggiamento simile non trovano più limiti. E’ chiaro che in generale la pedofilia è più una malattia; ma il fatto che potesse attecchire in questo modo ed espandersi in tale misura è dovuto anche ad una situazione spirituale per la quale nella Chiesa iniziarono ad essere messi in discussione i fondamenti della teologia morale, il bene e il male. Bene e male erano divenuti interscambiabili e non si trovavano più nettamente in opposizione l’uno all’altro.

PS. Anche la rivelazione della doppia vita del fondatore della comunità religiosa dei “Legionari di Cristo “, Marciai Maciel Degollado, ha scosso la Chiesa. Accuse di abusi nei riguardi di Maciel, morto negli Stati Uniti nel 2008, circolavano già da anni. La sua compagna affermò di essere la madre dei due suoi figli. Dal Messico giungono voci per le quali le scuse pubbliche dei “Legionari di Cristo” non bastano, quella comunità religiosa dovrebbe essere sciolta.

BXVI. Purtroppo abbiamo affrontato la questione solo con molta lentezza e con grande ritardo. In qualche modo era molto ben coperta e solo dal 2000 abbiamo iniziato ad avere dei punti di riferimento concreti. Era necessario avere prove certe per essere sicuri che le accuse avessero un fondamento. Per me, Marcial Maciel rimane una figura misteriosa. Da un lato c’è un tipo di vita che, come ormai sappiamo, è al di là di ciò che è morale: un’ esistenza avventurosa, sprecata, stramba. Dall’altro vediamo la dinamicità e la forza con cui ha costruito la comunità dei Legionari. Nel frattempo abbiamo condotto una visitazione apostolica e nominato un delegato che, insieme ad un gruppo di collaboratori, preparerà le riforme necessarie. Ci sono da apportare delle correzioni, certamente, ma nel suo insieme la comunità è sana. Ci sono tanti giovani che con entusiasmo vogliono servire la fede. E non bisogna distruggere questo entusiasmo. In definitiva molti di loro sono stati chiamati al giusto da una figura sbagliata. E questa è una cosa singolare, la contraddizione per cui un falso profeta abbia potuto avere anche un effetto positivo. A tutti questi giovani, e sono tanti, bisogna infondere nuovo coraggio. È necessaria una struttura nuova affinché non cadano nel vuoto ma, guidati correttamente, possano ancora rendere un servizio alla Chiesa e agli uomini.

PS. Il caso Maciel è senza paragoni, e tuttavia ovunque ci sono sacerdoti che segretamente o anche non all’insaputa della loro comunità o addirittura della gerarchia ecclesiastica vivono relazioni simili al matrimonio. Lo scandalo diventa tanto più grande quando da quelle unioni nascono figli che vengono portati negli istituti e poi la Chiesa paga gli alimenti.

BXVI. Questo non deve essere. Tutto quello che è menzogna e occultamento, non deve essere. Purtroppo nella storia della Chiesa ci sono sempre state epoche in cui si sono verificate queste situazioni che poi si allargano per così dire proprio sulla scia del clima spirituale del tempo. È una sfida particolarmente urgente per noi tutti. Laddove un sacerdote vive insieme a una donna si deve esaminare se esista una vera volontà matrimoniale e se i due possano contrarre un buon matrimonio. Se così fosse, dovranno imboccare quella strada. Se invece si trattasse di una caduta della volontà morale, senza un’autentico legame interiore, sarà necessario trovare vie di risanamento per lui e per lei. In ogni caso è necessario provvedere al fatto che i bambini – che sono il bene più prezioso – siano tutelati e che possano vivere nel contesto educativo vivo del quale hanno bisogno.

Il problema di fondo è la sincerità. Il secondo problema è il rispetto, da parte delle due persone, per la verità e per i bambini, al fine di potere trovare la giusta soluzione. Il terzo è questo: come possiamo di nuovo educare i giovani al celibato? Come possiamo sostenere i sacerdoti affinché lo vivano in maniera tale che esso rimanga un segno in questo tempo così confuso, un tempo in cui attraversa una crisi profonda non solo il celibato ma anche il matrimonio? Molti sostengono che il matrimonio monogamico in realtà ormai non esista più. È una sfida immane sorreggere e riedificare ambedue: il celibato e il matrimonio. Il matrimonio monogamico è il fondamento su cui poggia la civiltà dell’Occidente. Se crolla, crolla un elemento essenziale della nostra cultura.

PS. Lo scandalo degli abusi potrebbe indurci ad interrogarci anche su altre forme di abuso; come per esempio, l’abuso di potere, l’abuso di una relazione, l’abuso del ruolo di educatore, l’abuso dei propri carismi. Nell’antichità greca la tragedia aveva lo scopo di provocare un turbamento negli spettatori, di innescare un processo di purificazione che li facesse riflettere sulla loro vita. Solo la catarsi porta gli uomini a modificare comportamenti ormai radicati. L’attuale crisi della Chiesa non potrebbe rappresentare una nuova possibilità?

BXVI. Credo di sì. Ho già detto che l’Anno Sacerdotale, che alla fine si è svolto in maniera completamente diversa da come avevamo immaginato, ha avuto un effetto catartico. Anche i laici sono tornati ad essere grati per quello che il sacerdozio in realtà è, sono riusciti a intenderlo nuovamente nella sua positività, e proprio attraverso minacce e disagi. Questa catarsi è un richiamo a noi tutti, a tutta la società ma naturalmente soprattutto alla Chiesa, a tornare a riconoscere i nostri valori portanti, a riconoscere i pericoli che ci minacciano, che minacciano non soltanto i sacerdoti ma profondamente l’intera società. La consapevolezza della minaccia di distruzione dell’intera struttura morale della nostra società dovrebbe essere per noi un richiamo alla purificazione. Dobbiamo tornare a riconoscere che non possiamo vivere nell’indifferenza, che libertà non significa indifferenza e che è importante imparare una libertà che sia responsabilità.

4. LA CATASTROFE GLOBALE

PS. C’è la crisi della Chiesa e c’è la crisi dovuta al secolarismo. La prima è grande, ma la seconda assomiglia sempre più ad una catastrofe globale permanente.

Con i cambiamenti climatici la fascia tropicale va estendendosi sempre più e il livello del mare si alza. I poli si sciolgono e il buco dell’ozono non si rimargina. Abbiamo vissuto tragedie come il disastro petrolifero nel Golfo del Messico, assistito ad incendi che distruggono superfici immense, alluvioni mai viste prima, ondate di calore e periodi di siccità sino ad oggi impensabili. Già nel novembre 2007, in occasione dell’Assemblea generale dell’Onu a New York, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, affermò che il pianeta terra si trova “in estremo pericolo”. Una commissione d’inchiesta dell’Onu è arrivata alla conclusione che all’umanità rimangono ancora solo pochi decenni prima di raggiungere il punto di non ritorno. Alcuni esperti sono convinti che al point of no return, quello oltre il quale non si sarà più in grado di riprendere il controllo di un mondo super-tecnologicizzato, in realtà si è già arrivati. “Dio vide tutto quello che aveva fatto”, è scritto nella Genesi, “ed ecco, era molto buono”. Fa spavento osservare cosa è divenuto questo pianeta di sogno. La domanda è questa: è semplicemente la terra che non riesce a sostenere l’enorme potenziale evolutivo della nostra specie? Forse come tale non è fatta per sostenerci in modo permanente? Oppure siamo noi che stiamo sbagliando qualcosa?

BXVI. Il fatto che non rimarremo qui per sempre ce lo dicono le Sacre Scritture ed anche la nostra esperienza. Ma sicuramente stiamo sbagliando qualcosa. Emerge la problematicità del termine “progresso”. La modernità ha cercato la propria strada guidata dall’idea di progresso e da quella di libertà. Ma cos’è il progresso? Oggi vediamo che il progresso può essere anche distruttivo. Per questo dobbiamo riflettere sui criteri da adottare affinché il progresso sia veramente progresso. Il concetto di progresso, in origine, aveva due aspetti: da un lato c’era il progresso nella conoscenza. Si intendeva con questo il comprendere la realtà; che è avvenuto in larghissima misura attraverso una combinazione di visione del mondo matematica e sperimentazione. Così oggi siamo in grado di ricostruire il DNA, la struttura della vita e più in generale il funzionamento dell’intera realtà, sino al punto di essere in grado di riprodurre in parte la vita, ed abbiamo iniziato a tentare di generarla da noi. Da questo punto di vista con quel progresso sono sorte anche nuove possibilità dell’uomo.

PS. Il pensiero di fondo era questo: il progresso è conoscenza.

BXV. E la conoscenza è potere. Significa che se conosco posso anche disporre. La conoscenza ha portato potere, ma in modo tale che con quel potere noi possiamo distruggere quel mondo del quale siamo ormai convinti di sapere tutto. Così diviene evidente che nel concetto di progresso, così come inteso sino ad oggi, e cioè quale combinazione di conoscenza e potere, manca un terzo punto di vista essenziale: che è l’aspetto del bene. Si tratta della domanda: cosa è bene? Dove la conoscenza deve condurre il potere? Si tratta solo del potere di disporre prima o poi di qualcosa, oppure è necessario anche porsi la domanda sui metri di giudizio interiori, su quello che è bene per l’uomo, per il mondo? Penso che questo non sia avvenuto in maniera adeguata. Così in fondo per larghi tratti è venuto meno l’aspetto etico, del quale fa parte la responsabilità di fronte al Creatore. Se si incrementa unicamente il proprio potere per mezzo della propria conoscenza, questo tipo di progresso diventa vera-mente distruttivo.

PS. Quali conseguenze dovremmo trarne?

_016 LUCE DEL MONDO parte prima 4BXVI. Dovrebbe avere luogo un grande esame di coscienza. Cos’è veramente progresso? È progresso quando posso distruggere? È progresso quando posso creare, selezionare ed eliminare esseri umani? Com’è possibile dominare il progresso dal punto di vista umano ed etico? Ma non sono solo i criteri del progresso che devono essere ripensati. Accanto alla conoscenza e al progresso, c’è anche l’altro concetto fondamentale della modernità: la libertà; che è intesa come libertà di poter fare tutto. Da questo pensiero origina la pretesa secondo cui la scienza non è scindibile. Il che significa che quello che si è in grado di fare, si deve anche avere la libertà di realizzarlo. Ogni altra cosa sarebbe contraria alla libertà. È vero? Credo che non sia vero. Vediamo che il potere dell’uomo è cresciuto in modo abnorme. Quello che però non è cresciuto di pari passo è il suo potenziale etico. Questa sproporzione si rispecchia oggi nei frutti di un progresso privo di fondamenta morali. Ed ora la domanda fondamentale è questa: come è possibile correggere il concetto di progresso e la realtà da esso generata e successivamente dominarlo in maniera positiva dal suo interno? In questo senso è necessaria un’ampia riflessione di fondo.

PS. Quanto siamo refrattari a modificare questi criteri del progresso è emerso chiaramente dalla Conferenza sul clima che si è svolta a Copenaghen, nel dicembre 2009. Ci hanno messo 17 anni, i governi di questa terra, per arrivare dal primo incontro di Rio a questo vertice decisivo che scienziati, ambientalisti e politici avevano definito una delle più importanti conferenze nella storia dell’umanità. Alla base dell’incontro c’erano i risultati delle ricerche di più di mille scienziati che, su incarico del Consiglio per il clima delle Nazioni Unite, l’IPCC, avevano calcolato che le temperature globali da adesso in poi non devono aumentare di più di due gradi. Nel caso di un riscaldamento ulteriore, il clima si capovolgerà irrimediabilmente. La bozza di accordo di Copenaghen, però, non contiene alcun impegno concreto. E pressoché certo che il limite dei due gradi verrà superato. Le conseguenze saranno tempeste, alluvioni, aridità, mancati raccolti. Tutto questo non dà ragione a chi ritiene l’umanità incapace di risolvere, in uno sforzo collettivo, una minaccia come quella dei cambiamenti climatici?

BXVI. È questo in effetti il grande problema. Cosa possiamo fare? A fronte della minaccia incombente, tutti ormai si sono resi conto che è necessario fare scelte di ordine morale.Esiste perfino una coscienza comune, più o meno sviluppata rispetto ad una responsabilità globale; il che significa che l’istanza etica non può più riferirsi soltanto al proprio gruppo o alla propria nazione ma che invece deve considerare la terra intera e tutti gli uomini. In questo senso, un certo potenziale di coscienza morale esiste. Convertirla in volontà politica ed in scelte politiche è però di fatto reso impossibile dalla mancanza di disponibilità alla rinuncia. Tutto dovrebbe trovare espressione nei bilanci delle singole nazioni ed essere in definitiva sostenuto dai singoli; e rispetto ad essi, si pone la questione della diversa distribuzione dei carichi. Ne deriva che la volontà politica, in definitiva, non può divenire efficace sin tanto che non nascerà nell’intera umanità – e soprattutto nei grandi attori dello sviluppo e del progresso – una nuova e più profonda coscienza morale, una concreta disponibilità alla rinuncia che, per il singolo, diventi criterio morale che decide del proprio stile di vita.

La questione è dunque la seguente: in che modo, la grande volontà morale alla quale tutti aderiscono e che tutti reclamano, può diventare scelta personale? Perché, sin tanto che questo non accadrà, la politica sarà impotente. Chi può far sì che questa coscienza generale penetri veramente in ogni singola persona? Può farlo solo un’istanza che tocca le coscienze, che è vicina al singolo e che non chiama a raccolta solo per manifestazioni di facciata. Ecco la sfida per la Chiesa; che non ha solo questa grande responsabilità, perché direi che spesso la Chiesa rimane l’unica speranza. La Chiesa è così vicina alla coscienza dell’uomo da poterlo muovere a determinate rinunce e da riuscire ad imprimere nell’animo suo determinati atteggiamenti di fondo.

PS. Il filosofo Peter Sloterdijk, circa la gestione globale della questione ambientale ha detto: “Gli uomini sono atei rispetto al futuro. Non credono a ciò che sanno nemmeno se gli si dimostra chiaramente cosa è inevitabile che accada”.

BXVI. In teoria forse ci credono pure. Ma si dicono anche: “Non capiterà proprio a me; ed in ogni caso non cambierò la mia vita”. E poi, in definitiva, non ci sono soltanto gli egoismi individuali, in lotta tra loro, ma anche gli egoismi di gruppi. Uno è abituato ad un certo tipo di vita e quando lo sente minacciato, naturalmente si difende. Si è a conoscenza di troppo pochi modelli rispetto a come dovrebbe configurarsi quella rinuncia di cui parlavamo. In questo senso, le comunità religiose hanno un ruolo esemplare. Possono mostrare come uno stile di vita improntato alla rinuncia razionale e morale sia assolutamente praticabile senza dover per così dire mettere tra parentesi tutte le possibilità che il nostro tempo ci offre.

PS. Quando si tratta di dare il buon esempio nemmeno lo Stato è in prima fila. I governi accumulano debiti come non mai. Un Paese come la Germania spenderà nel 2010 non meno di 43,9 miliardi di euro solo per pagare gli interessi alle banche, cioè per aver vissuto, nonostante la sua grande ricchezza, al di là delle proprie possibilità. Quella cifra spesa per pagare gli interessi da sola sarebbe sufficiente per garantire cibo a sufficienza a tutti i bambini nei Paesi in via di sviluppo. In tutto il mondo, da quando è scoppiata la crisi finanziaria, il debito pubblico è aumentato del 45%, oggi ha superato i 50 bilioni di dollari: sono cifre inimmaginabili, situazioni mai viste prima. Nel 2010, solo i Paesi dell’Unione Europea hanno chiesto prestiti per oltre 80 miliardi di euro. Il nuovo indebitamento del governo statunitense è di 1,56 bilioni di dollari, il livello più alto mai raggiunto. È per questo che il professor Kenneth Rogoff, della Harvard University, afferma che ormai la normalità non esiste più, bensì soltanto l’illusione della normalità. Certo è che sulle spalle delle generazioni future è messo il peso enorme di debiti giganteschi. Non è forse anche questo un grandissimo problema morale?

BXVI. Certo, perché stiamo vivendo a spese delle generazioni futureCosì vediamo che viviamo nella menzogna. Viviamo per l’apparenza, e trattiamo i grandi debiti come fossero qualcosa che fa parte di noi. E anche qui: in teoria tutti comprendono che sarebbe necessario un ravvedimento per riconoscere nuovamente cosa è effettivamente possibile, cosa si deve fare, cosa è permesso fare. Eppure non si riesce a far breccia nel cuore degli uomini.    Al di là dei singoli piani finanziari, un esame di coscienza globale è assolutamente inevitabile. E a questo la Chiesa ha cercato di contribuire con l’Enciclica Caritas in Veritate. Non dà risposte a tutti i problemi. Vuole essere un passo in avanti per guardare le cose da un altro punto di vista, che non sia soltanto quello della fattibilità e del successo, ma dal punto di vista secondo cui esiste una normatività dell’amore per il prossimo che si orienta alla volontà di Dio e non soltanto ai nostri desideri. In questo senso dovrebbero essere dati degli impulsi perché realmente avvenga una trasformazione delle coscienze.

PS. Abbiamo riconosciuto il problema della distruzione ambientale. E tuttavia solo molto lentamente matura nella nostra coscienza la consapevolezza che la condizione per salvare l’ambiente è ripristinare il nostro strato di ozono spirituale, salvaguardare le nostre foreste vergini dell’anima. Non avremmo da tempo dovuto chiederci: che ne è dell’inquinamento del nostro pensiero, dell’insudiciamelo della nostra anima? Molte delle cose che permettiamo alla cultura dei media e del commercio in definitiva equivale ad una intossicazione che quasi inevitabilmente conduce all’avvelenamento spirituale.

BXVI. E’ evidente che esiste un avvelenamento del pensiero che, a priori, ci dà prospettive sbagliate. Liberarcene per mezzo di un’autentica conversione, per usare questo termine fondamentale della fede cristiana, è una sfida ormai chiara a tutti. In un mondo tutto proteso alla scientificità e alla modernità, questi concetti hanno perso qualsiasi significato. Viene considerata antiquata e superata l’idea di una conversione, nel senso della fede nella volontà di Dio che ci indica una strada. E tuttavia credo che lentamente inizi a farsi strada la consapevolezza che c’è del vero quando diciamo che dobbiamo nuovamente ritornare in noi.

PS. Badessa e medico, Hildegard von Bingen ha riassunto ben 900 anni fa questi nessi nel modo seguente: “Quando l’uomo pecca, ne soffre tutto il cosmo”. I problemi dell’attuale momento storico, così Lei scrive nel suo libro su Gesù, sono conseguenza del fatto che Dio non è più ascoltato. Una volta Lei ha parlato addirittura dello “spegnersi della luce che viene da Dio”.

BXVI. Per molti, l’ateismo pratico è oggi regola di vita. Forse, si dicono, in tempi remotissimi qualcosa o qualcuno ha dato inizio alla terra, ma lui non ci riguarda. Quando una simile atteggiamento spirituale diviene diffuso stile di vita, la libertà non ha più un termine di misura, e tutto è possibile e permesso. Per questo è tanto urgente che la questione di Dio torni ad essere centrale. E non si tratta di un Dio che in qualche modo esiste, ma di un Dio che ci conosce, che ci parla e che ci riguarda, e che poi è anche nostro giudice.

– continua

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Nota

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)