00 20/12/2013 09:08

  Per non dimenticare Maria

Una lettura acuta e sistematiica del pensiiero del card. Joseph Ratzinger,, come espresso in alcuni suoi scritti.

Con visione sintetica, il card. Joseph Ratzinger, intervistato dal giornalista Vittorio Messori nel 1985, elenca «sei motivi per non dimenticare Maria», che a loro volta presuppongono una funzione essenzialmente unitiva e comunionale della Vergine in rapporto ai misteri della fede, alla Bibbia e alla Tradizione, all'Antico e al Nuovo Testamento, alla ragione e al cuore, all'uomo e alla donna. Primo punto: riconoscere a Maria il posto che il dogma e la Tradizione le assegnano significa stare saldamente radicati nella cristologia autentica (Vaticano II: «La Chiesa, pensando a lei con pietà filiale e contemplandola alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra più profondamente nell'altissimo mistero dell'incarnazione e si va sempre più conformando con il suo Sposo », Lumen gentium, 65).

È del resto al servizio diretto della fede nel Cristo – non dunque, innanzitutto, per devozione alla Madre – che la Chiesa ha proclamato i suoi dogmi mariani: prima la verginità perpetua e la maternità divina e poi, dopo una lunga maturazione e riflessione, il concepimento senza la macchia del peccato originale e l'assunzione al cielo. Questi dogmi mettono al riparo la fede autentica nel Cristo, come vero Dio e vero uomo: due nature in una sola persona.

Mettono al riparo anche l'indispensabile tensione escatologica, indicando in Maria assunta il destino immortale che tutti ci attende. E mettono al riparo pure la fede, oggi minacciata, in Dio creatore che (è tra l'altro uno dei significati della più che mai incompresa verità sulla verginità perpetua di Maria) può liberamente intervenire anche sulla materia. Insomma, come ricorda anche il Concilio, «Maria, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede» (Lumen gentium, 65).

il card. Joseph Ratzinger a colloquio con Vittorio Messori (da sinistra), Beppe Del Colle, editorialista di Famiglia Cristiana, e don Leonardo Zega, direttore del settimanale paolino. Siamo negli anni '80 (foto TAGLIABUE).

Il card. Joseph Ratzinger a colloquio con Vittorio Messori (da sinistra), Beppe Del Colle, editorialista di Famiglia Cristiana, e don Leonardo Zega, direttore del settimanale paolino. Siamo negli anni '80 (foto TAGLIABUE).

La Parola e la Tradizione. A questo primo punto di ordine essenzialmente cristologico, che pone Maria in connessione con l'autentica fede in Cristo vero uomo e vero Dio, sicché diviene la pietra di paragone dell'ortodossia, Ratzinger ne fa seguire un secondo. Questo consiste nel saldare Parola di Dio e Tradizione ecclesiale, in quanto la figura della Vergine Madre nel suo approfondimento lungo i secoli concentra i dati biblici e il progresso nella conoscenza del mistero operata nella Chiesa.

Secondo punto: la mariologia della Chiesa suppone il giusto rapporto, la necessaria integrazione tra Bibbia e Tradizione. I quattro dogmi mariani hanno la loro base indispensabile nella Scrittura. Ma qui vi è come un germe che cresce e dà frutto nella vita calda della Tradizione così come si esprime nella liturgia, nell'intuizione del popolo credente, nella riflessione della teologia guidata dal Magistero.

Ignoto, Assunzione, miniatura del Corale B (sec. XIV), Biblioteca civica, Montepulciano (Siena, foto BONOTTO).

Ignoto, Assunzione, miniatura del Corale B (sec. XIV), Biblioteca civica, Montepulciano (Siena, foto BONOTTO).

Il terzo punto riguarda la posizione mediana ed unificante della Vergine di Nazaret, che viene storicamente a trovarsi nel crinale dove converge il moto ascensionale del popolo d'Israele e da dove parte il movimento cristiano che si diffonde nel mondo mediante l'opera evangelizzatrice della Chiesa. Terzo punto: nella sua persona di fanciulla ebrea divenuta madre del Messia, Maria lega insieme in modo vitale e inestricabile antico e nuovo popolo di Dio, Israele e cristianesimo, Sinagoga e Chiesa. È come il punto di giunzione senza il quale la fede (come oggi succede), rischia di sbilanciarsi o sull'Antico Testamento o soltanto sul Nuovo. In lei possiamo invece vivere la sintesi della Scrittura intera.

Ratzinger scorge in Maria il «resto santo» del popolo d'Israele che si tramuta in germe del popolo cristiano. Egli vi giunge per via tipologica: «L'identificazione tipologica dell'Immacolata si ha nella teologia biblico-patristica della Ecclesia immaculata (Ef 5,27 e corrispondenti sviluppi dei Padri). La dottrina dell'Immacolata, al pari di tutta la mariologia successiva, è qui anticipata in primo luogo come ecclesiologia.

L'immagine della Chiesa verginemadre è stata riferita a Maria secondariamente, non viceversa. Ora, se il dogma dell'Immacolata applica a Maria le affermazioni che appartengono anzitutto all'antitetica vecchio-nuovo Israele e se esse sono, in questo senso, un'ecclesiologia sviluppata tipologicamente, ciò significa conseguentemente che Maria viene presentata come l'inizio e la concretezza personale della Chiesa».

Della Robbia (scuola), Assunzione (sec. XVI), Ospedale del Ceppo, Pistoia., foto BONOTTO).

Della Robbia (scuola), Assunzione (sec. XVI), Ospedale del Ceppo, Pistoia., foto BONOTTO).

La vera devozione. La funzione unitiva della Vergine si manifesta nella devozione del popolo di Dio verso di lei: essa collega insieme ragione e sentimento, razionalità e affetto, preservando o liberando il cristianesimo dagli scogli dell'intellettualismo e del sentimentalismo, ambedue sterili.

Quarto punto: la corretta devozione mariana garantisce alla fede la convivenza dell'indispensabile «ragione» con le altrettanto indispensabili «ragioni del cuore», come direbbe Pascal. Per la Chiesa l'uomo non è solo ragione né solo sentimento, è l'unione di queste due dimensioni. La testa deve riflettere con lucidità, ma il cuore deve essere riscaldato: la devozione a Maria («esente da qualunque falsa esagerazione, ma anche da una grettezza di mente che non consideri la singolare dignità della Madre di Dio», come raccomanda il Concilio), assicura alla fede la sua dimensione umana completa.

Alle motivazioni fin qui addotte, Ratzinger ne aggiunge una particolarmente attuale, quasi eco di analogo pensiero del suo collega Hans Urs von Balthasar.

«Allorché il mistero della marianità della Chiesa viene oscurato o sacrificato, il cristianesimo diventa inevitabilmente unisessuale (omosessuale), cioè pan-maschile [...]. Queste trovate tipicamente maschili e astratte non predominano forse perché la femminilità profonda, la marianità della Chiesa è andata smarrita? Senza la mariologia, il cristianesimo minaccia di disumanizzarsi inavvertitamente. La Chiesa diventa funzionalistica, senz'anima, una fabbrica febbrile incapace di sosta, dispersa in rumorosi progetti. E poiché in questo mondo dominato da uomini succedono in continuazione nuove ideologie che si soppiantano a vicenda, tutto diventa polemico, critico, aspro, piatto e infine noioso, mentre la gente si allontana in massa da una Chiesa di questo genere».

Maria contribuisce efficacemente con la sua femminilità e maternità a umanizzare il volto della Chiesa, impedendole di cadere nella burocrazia, nel formalismo astratto e nel legalismo della lettera che uccide.

Quinto punto: per usare le espressioni stesse del Vaticano II, Maria è «figura», «immagine», «modello» della Chiesa. Allora, guardando a lei, la Chiesa è messa al riparo da quel modello maschilista di cui parlavo che la vede come strumento di un programma d'azione socio-politico.

In Maria, sua figura e modello, la Chiesa ritrova il suo volto di Madre, non può degenerare in una involuzione che la trasformi in un partito, in un'organizzazione, in un gruppo di pressione a servizio di interessi umani, anche se nobilissimi.

Se in certe teologie ed ecclesiologie Maria non trova più posto, la ragione è semplice: hanno ridotto la fede ad una astrazione. E un'astrazione non ha bisogno di una madre.

Della Robbia (scuola), Assunzione (sec. XVI), Ospedale del Ceppo, Pistoia., foto BONOTTO).

G. Vasari-C. Ghirardi, La Devozione (1554), chiesa inferiore del Gesù, Cortona (Arezzo, foto BONOTTO).

Un destino altissimo. Il sesto ed ultimo motivo per non dimenticare Maria nel nostro tempo è la sua esemplarità per tutti e in special modo per le donne. Ella illumina il loro cammino rimandando alla vocazione e al mistero provenienti da Dio; nello stesso tempo offre l'esempio di una sintesi tra interiorità e annuncio evangelico, consacrazione e missione, coraggio e disponibilità. Sesto punto: con il suo destino, che è insieme di vergine e di madre, Maria continua a proiettare luce su ciò che il Creatore ha inteso per la donna di ogni tempo, il nostro compreso. Anzi, forse soprattutto il nostro, dove – come sappiamo – è minacciata l'essenza stessa della femminilità. La sua verginità e la sua maternità radicano il mistero della donna in un destino altissimo da cui non può essere scardinata. Maria è l'intrepida annunciatrice del Magnificat; ma è anche colei che rende fecondi il silenzio e il nascondimento. È colei che non teme di stare sotto la croce, che è presente alla nascita della Chiesa; ma è anche colei che, come sottolinea più volte l'Evangelista, «serba e medita nel suo cuore» ciò che le avviene attorno. Creatura del coraggio e dell'obbedienza è (ancora e sempre) un esempio al quale ogni cristiano – uomo e donna – può, deve guardare. La conclusione è ovvia: condannare all'oblio una persona così significativa nella storia dell'umanità come Maria non è arricchirsi, ma impoverirsi spiritualmente, privandosi di una donna che ha dato una svolta positiva e una giusta direzione al cammino umano e quindi è divenuta un paradigma insostituibile per la rivelazione di Dio e per la maturità dei discepoli di Cristo.

 

padre Stefano De Fiores

 



   Presenza efficace nella nostra storia


Maria è posta nell'intimo della confessione cristiana nel Dio vivente, che non può essere pensato senza la Vergine di Nazaret.

Mai forse come il 26 giugno 2000 la sala stampa vaticana è stata affollata da giornalisti a nome di testate diffuse in tutto il mondo. Clamore mediatico comprensibile perché stava per essere rivelato il terzo segreto di Fatima. E, come si sa, un segreto suscita sempre curiosità.

Lo stesso attentatore Alì Agcà nel colloquio a quattr'occhi con Giovanni Paolo II a Rebibbia nel 1983 gli chiede espressamente: «Che cos'è il terzo segreto di Fatima?», nell'intento di trovare una spiegazione al suo gesto criminale. Scriverà nel libro farneticante Io, Gesù Cristo: «Ho capito di essere al centro di un mistero che cominciava il 13 maggio 1917».

Altri, come il tedesco L. Einrich, giungono a pubblicare nel 1963 in Neues Europa un testo inventato del segreto di Fatima che contiene notizie allarmanti circa cataclismi universali («catastrofe di fuoco e di fiamme») e lotte all'interno della Chiesa, dove «cardinali saranno contro cardinali e vescovi saranno contro vescovi. Satana si metterà in mezzo a loro».

Beato Angelico, Il paradiso, part. del Giudizio universale (1430 ca.), Museo di San Marco, Firenze (foto LORES RIVA).

Beato Angelico, Il paradiso, part. del Giudizio universale (1430 ca.), Museo di San Marco, Firenze (foto LORES RIVA).

Dal segreto alla rivelazione. La rivelazione della terza parte del segreto di Fatima è affidata da Giovanni Paolo II al card. J. Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Tale rivelazione sconfigge ugualmente la mania del sensazionale e il facile allarmismo, suscitando in alcuni delusione, in altri soddisfazione, in altri infine indifferenza.

Delusi rimangono quanti si aspettavano annunci di cataclismi universali e di mali catastrofici. soddisfatti invece si dichiarano quanti vivevano il segreto come un incubo da cui sono finalmente liberati. Indifferenti quanti pensano che nel Vangelo c'è già tutto ciò che è necessario per la salvezza dei singoli e del mondo, incorrendo verosimilmente nel rimprovero biblico a quanti sono insensibili a visioni e profezie: «Eppure il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e dei veggenti, aveva ordinato…: Convertitevi dalle vostre vie malvagie» (2Re 17,13).

Da vero teologo, il card. Ratzinger ha distinto i due livelli della rivelazione, rivendicando il primato assoluto a quella definitiva, pubblica e necessaria avvenuta una volta per tutte in Cristo, mentre le ulteriori comunicazioni celesti hanno funzione sussidiaria: «L'autorità delle rivelazioni private è essenzialmente diversa dall'unica rivelazione pubblica», ma «la rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché mi rimanda all'unica rivelazione pubblica».

In ciò che egli chiama «un tentativo di interpretazione del "segreto" di Fatima », Ratzinger spiega innanzitutto come possa costituire «una via di salvezza» qualcosa di «sorprendente per persone provenienti dall'ambito culturale anglosassone e tedesco: la devozione al Cuore immacolato di Maria».

Essa consiste praticamente in un'opzione fondamentale, che sulla scia di Maria inserisce la disponibilità al volere di Dio nel nucleo profondo dell'io umano. Per capire questo può bastare qui una breve indicazione. «Cuore» significa nel linguaggio della Bibbia il centro dell'esistenza umana, la confluenza di ragione, volontà, temperamento e sensibilità, in cui la persona trova la sua unità ed il suo orientamento interiore. Il «cuore immacolato» è secondo Mt 5,8 un cuore, che a partire da Dio è giunto ad una perfetta unità interiore e pertanto «vede Dio». «Devozione» al Cuore immacolato di Maria pertanto è avvicinarsi a questo atteggiamento del cuore, nel quale il Fiat – «Sia fatta la tua volontà» – diviene il centro informante di tutta quanta l'esistenza.

Continuando nell'analisi, il Cardinale comprende che come parola chiave della prima e della seconda parte del «segreto » è quella di «salvare le anime», così la parola chiave della terza parte è il triplice grido: «Penitenza! Penitenza! Penitenza! ».

Tale grido dev'essere situato nel momento storico attuale, «caratterizzato da grandi pericoli, i quali verranno delineati nelle immagini successive». Ed ecco balzare con evidenza la figura luminosa di Maria come efficace antidoto alle perniciose tendenze necrofile in atto nel mondo. Esaminiamo ora un poco più da vicino le singole immagini.

L'Angelo con la spada di fuoco a sinistra della Madre di Dio ricorda analoghe immagini dell'Apocalisse. Esso rappresenta la minaccia del giudizio, che incombe sul mondo. La prospettiva che il mondo potrebbe essere incenerito in un mare di fiamme, oggi non appare assolutamente più come pura fantasia: l'uomo stesso ha preparato con le sue invenzioni la spada di fuoco.

La visione mostra poi la forza che si contrappone al potere della distruzione – lo splendore della Madre di Dio – e, proveniente in un certo modo da questo, l'appello alla penitenza.

Ritornare al cuore di Maria. Come si può notare, esiste uno scontro frontale tra le forze di morte(necrofile), rappresentate dalla spada di fuoco che vorrebbe incenerire il cosmo, e le pulsioni di vita(biofile), condensate paradigmaticamente nello «splendore della Madre di Dio».

Il ritorno al Cuore immacolato di Maria è inevitabile quanto benefico: tutto si risolve con il richiamo alla libertà umana affinché si orienti decisamente al volere divino «in una direzione positiva » per la salvezza e la vita, e non per la distruzione e la morte. In tal modo viene sottolineata l'importanza della libertà dell'uomo: il futuro non è affatto determinato in modo immutabile e l'immagine, che i bambini videro, non è affatto un film anticipato del futuro, del quale nulla potrebbe più essere cambiato.

Tutta quanta la visione avviene in realtà solo per richiamare sullo scenario la libertà e per volgerla in una direzione positiva. Il senso della visione non è quindi quello di mostrare un film sul futuro irrimediabilmente fissato. Il suo senso è esattamente il contrario, quello di mobilitare le forze del cambiamento in bene. La salvezza è dunque ancorata ad un'autentica antropologia, secondo cui al fatalismo si sostituiscono la responsabilità e l'impegno, capaci di cambiare il volto degli esseri umani e il movimento della storia.

L'arcangelo Michele pesa le anime, part. del Giudizio universale (sec. XII), Cattedrale di Autun (Francia, foto BONOTTO).

L'arcangelo Michele pesa le anime, part. del Giudizio universale (sec. XII), Cattedrale di Autun (Francia, foto BONOTTO).

Il problema dell'essere umano. Con lucida visione il filosofo M. Heidegger presenta il problema dell'uomo come la questione fondamentale del nostro tempo. Nessuna epoca ha accumulato conoscenze tanto numerose e diverse concernenti l'uomo come la nostra. Ma nello stesso tempo nessuna epoca ha saputo meno che cos'è l'uomo. Mai l'uomo è apparso tanto misterioso. La ragione del mistero dell'uomo è la sua condizione di essere tra gli estremi: «L'uomo è l'essere della frontiera (Tommaso d'Aquino) tra natura e spirito, tempo ed eternità, tra Dio e il mondo ».

Si comprende perciò perché l'uomo è celato a se stesso e agli altri. È un homo absconditus. È un mistero della speranza e al tempo stesso un mistero della malvagità. Proprio in questa problematica s'innesta la figura di Maria che contribuisce con Cristo a rivelare l'uomo all'uomo. Questo homo revelatus, questa creatura manifestata a se stessa trova la sua icona nella Vergine Maria: su di lei si riverbera come primizia lo splendore del nuovo Adamo, che ella porta nel grembo; in lei, la plasmata dalla grazia, rifulge la creatura «ricreata» nell'immagine perfetta di Dio, il Cristo (cf Gv 1,18; 14,9; Col 1,15).

Beato Angelico (1395 ca.-1455), Cristo giudice, Museo di San Marco, Firenze (foto LORES RIVA).

Beato Angelico (1395 ca.-1455), Cristo giudice, Museo di San Marco, Firenze (foto LORES RIVA).

In questa linea teo-antropologica e storico-salvifica si era posto il contributo di J. Ratzinger, tanto da suscitare una ammirazione per il teologo tedesco che elabora con perspicacia e coerenza unamariologia essenzialmente teologica, più che mai necessaria oggi nell'ambiente della boriosaintellighentia incline a dileggiare la mariologia riducendola al ruolo di cenerentola o disciplina para-teologica.

Di fondamentale significato è da una parte il fatto che Maria con la sua maternità verginale strappa definitivamente il velo del nascondimento di Dio: ormai da Dio lontano egli «diventa il nostro Dio, l'Emmanuele, "Dio con noi"».

D'altra parte non meno pregno di senso è il consenso della Vergine, che mentre rivela il Dio del dialogo nella libertà, manifesta l'essere umano non già come una marionetta mossa dall'alto senza risposta propria, ma come assunto da Dio unitrino alla partecipazione attiva nell'opera di salvezza.

G.B. Tiepolo (1696-1770), La Penitenza e l'Umiltà, Santa Maria del Carmelo, Venezia (foto BONOTTO).

G.B. Tiepolo (1696-1770), La Penitenza e l'Umiltà, Santa Maria del Carmelo, Venezia (foto BONOTTO).

Maria diviene specchio dell'uomo che risponde a Dio offrendo la propria attività per la salvezza del mondo. Ne consegue che eliminare oppure obnubilare Maria immette nella negazione della creazione e nella negazione della realtà della grazia, in una concezione dell'attività solitaria di Dio che trasforma la creatura in una maschera e disconosce quindi anche il Dio della Bibbia, caratterizzato dal fatto che egli è il Creatore e il Dio dell'alleanza.


Padre Stefano de Fiores

da Madre di Dio maggio 2011



 

[Modificato da Caterina63 20/12/2013 10:25]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)