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Benedetto XVI, Omelia celebrazione dei Vespri nella riapertura della Cappella Paolina, 4 luglio 2009

Qui  (nella Cappella Paolina) non si fanno solenni celebrazioni con il popolo. Qui il Successore di Pietro e i suoi collaboratori meditano in silenzio e adorano il Cristo vivente, presente specialmente nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia. 

L’Eucaristia è il sacramento in cui si concentra tutta l’opera della Redenzione: in Gesù Eucaristia possiamo contemplare la trasformazione della morte in vita, della violenza in amore. Nascosta sotto i veli del pane e del vino, riconosciamo con gli occhi della fede la stessa gloria che si manifestò agli Apostoli dopo la Risurrezione, e che Pietro, Giacomo e Giovanni contemplarono in anticipo sul monte, quando Gesù si trasfigurò davanti a loro: evento misterioso, la Trasfigurazione, che il grande quadro di Simone Cantarini ripropone anche in questa Cappella con forza singolare. In realtà però tutta la Cappella -gli affreschi di Lorenzo Sabatini e Federico Zuccari, le decorazioni dei numerosi altri artisti convocati qui in un secondo momento dal Papa Gregorio XIII-, tutto, potremmo dire, qui confluisce in un medesimo unico inno alla vittoria della vita e della grazia sulla morte e sul peccato, in una sinfonia di lode e di amore a Cristo redentore che risulta altamente suggestiva.

 

Benedetto XVI, Discorso ai vescovi della Conferenza Episcopale del Brasile (Regione Norte 2) in visita “ad Limina Apostolorum”, 15 aprile 2010

In quell'apparizione, le parole - se ci sono state - sono sfumate nella sorpresa di vedere il Maestro redivivo, la cui presenza dice tutto: ero morto, ma ora sono vivo e voi vivrete attraverso di me (cfr Ap 1, 18). E, essendo vivo e risorto, Cristo può divenire "pane vivo" (Gv 6, 51) per l'umanità. Per questo sento che il centro e la fonte permanente del ministero petrino sono nell'Eucaristia, cuore della vita cristiana, fonte e culmine della missione evangelizzatrice della Chiesa. Potete così comprendere la preoccupazione del Successore di Pietro per tutto ciò che può offuscare il punto più originale della fede cattolica: oggi Gesù Cristo continua a essere vivo e realmente presente nell'ostia e nel calice consacrati. 

La minore attenzione che a volte si presta al culto del Santissimo Sacramento è indice e causa dell'oscuramento del significato cristiano del mistero, come avviene quando nella Santa Messa non appare più preminente e operante Gesù, ma una comunità indaffarata in molte cose, invece di essere raccolta e di lasciarsi attrarre verso l'Unico necessario: il suo Signore. Ora l'atteggiamento principale e fondamentale del fedele cristiano che partecipa alla celebrazione liturgica non è fare, ma ascoltare, aprirsi, ricevere... È ovvio che, in questo caso, ricevere non significa restare passivi o disinteressarsi di quello che lì avviene, ma cooperare - poiché di nuovo capaci di farlo per la grazia di Dio - secondo "la genuina natura della vera Chiesa. Questa ha infatti la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell'azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina; tutto questo, in modo tale, però, che ciò che in essa è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all'invisibile, l'azione alla contemplazione, la realtà presente alla città futura, verso la quale siamo incamminati" (Sacrosanctum Concilium, n. 2). Se nella liturgia non emergesse la figura di Cristo, che è il suo principio ed è realmente presente per renderla valida, non avremmo più la liturgia cristiana, completamente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza creatrice. 

Quanto sono distanti da tutto ciò coloro che, a nome dell'inculturazione, incorrono nel sincretismo introducendo nella celebrazione della Santa Messa riti presi da altre religioni o particolarismi culturali (cfr Redemptionis Sacramentum, n. 79)! Il mistero eucaristico è un "dono troppo grande - scriveva il mio venerabile predecessore Papa Giovani Paolo II - per sopportare ambiguità e diminuzioni", in particolare quando, "spogliato del suo valore sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il valore di un incontro conviviale fraterno" (Ecclesia de Eucharistia, n. 10). Alla base delle varie motivazioni addotte, vi è una mentalità incapace di accettare la possibilità di un reale intervento divino in questo mondo in soccorso dell'uomo. Questi, tuttavia, "si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si senta come incatenato" (Costituzione Gaudium et spes, n. 13). La confessione di un intervento redentore di Dio per cambiare questa situazione di alienazione e di peccato è vista da quanti condividono la visione deista come integralista, e lo stesso giudizio è dato a proposito di un segnale sacramentale che rende presente il sacrificio redentore. Più accettabile, ai loro occhi, sarebbe la celebrazione di un segnale che corrispondesse a un vago sentimento di comunità. 

Il culto però non può nascere dalla nostra fantasia; sarebbe un grido nell'oscurità o una semplice autoaffermazione. La vera liturgia presuppone che Dio risponda e ci mostri come possiamo adorarlo. "La Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce" (Esortazione apostolica Sacramentum caritatis, n. 14). La Chiesa vive di questa presenza e ha come ragion d'essere e di esistere quella di diffondere tale presenza nel mondo intero. 

 




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)