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Liturgia – Partecipazione attiva

Benedetto XVI, Lectio divina nel Pontificio Seminario Romano Maggiore, 15 febbraio 2012

A che cosa esorta, in questo senso, Paolo? “Offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (v. 1). “Offrire i vostri corpi”: parla della liturgia, parla di Dio, della priorità di Dio, ma non parla di liturgia come cerimonia, parla di liturgia come vita. Noi stessi, il nostro corpo; noi nel nostro corpo e come corpo dobbiamo essere liturgia. Questa è la novità del Nuovo Testamento, e lo vedremo ancora dopo: Cristo offre se stesso e sostituisce così tutti gli altri sacrifici. E vuole “tirare” noi stessi nella comunione del suo Corpo: il nostro corpo insieme con il suo diventa gloria di Dio, diventa liturgia. Così questa parola “offrire” - in greco parastesai - non è solo un’allegoria; allegoricamente anche la nostra vita sarebbe una liturgia, ma, al contrario, la vera liturgia è quella del nostro corpo, del nostro essere nel Corpo di Cristo, come Cristo stesso ha fatto la liturgia del mondo, la liturgia cosmica, che tende ad attirare a sé tutti.

“Nel vostro corpo, offrire il corpo”: questa parola indica l’uomo nella sua totalità, indivisibile - alla fine - tra anima e corpo, spirito e corpo; nel corpo siamo noi stessi e il corpo animato dall’anima, il corpo stesso, deve essere la realizzazione della nostra adorazione. E pensiamo - forse direi che ognuno di noi poi rifletta su questa parola - che il nostro vivere quotidiano nel nostro corpo, nelle piccole cose, dovrebbe essere ispirato, profuso, immerso nella realtà divina, dovrebbe divenire azione insieme con Dio. Questo non vuol dire che dobbiamo sempre pensare a Dio, ma che dobbiamo essere realmente penetrati dalla realtà di Dio, così che tutta la nostra vita - e non solo alcuni pensieri - siano liturgia, siano adorazione. Paolo poi dice: “Offrire i vostri corpi come sacrifico vivente” (v. 1): la parola greca è logike latreia e appare poi nel Canone Romano, nella Prima Preghiera Eucaristica, “rationabile obsequium”. E’ una definizione nuova del culto, ma preparata sia nell’Antico Testamento, sia nella filosofia greca: sono due fiumi - per così dire - che guidano verso questo punto e si uniscono nella nuova liturgia dei cristiani e di Cristo. Antico Testamento: dall’inizio hanno capito che Dio non ha bisogno di tori, di arieti, di queste cose. Nel Salmo 50 [49], Dio dice: Pensate che io mangi dei tori, che io beva sangue di arieti? Io non ho bisogno di queste cose, non mi piacciono. Io non bevo e non mangio queste cose. Non sono sacrificio per me. Sacrificio è la lode di Dio, se voi venite a me è lode di Dio (cfr vv. 13-15.23). Così la strada dell’Antico Testamento va verso un punto in cui queste cose esteriori, simboli, sostituzioni, scompaiono e l’uomo stesso diventa lode di Dio.

Lo stesso avviene nel mondo della filosofia greca. Anche qui si capisce sempre più che non si può glorificare Dio con queste cose - con animali od offerte -, ma che solo il “logos” dell’uomo, la sua ragione divenuta gloria di Dio, è realmente adorazione, e l’idea è che l’uomo dovrebbe uscire da se stesso e unirsi con il “Logos”, con la grande Ragione del mondo e così essere veramente adorazione. Ma qui manca qualcosa: l’uomo, secondo questa filosofia, dovrebbe lasciare - per così dire - il corpo, spiritualizzarsi; solo lo spirito sarebbe adorazione. Il Cristianesimo, invece, non è semplicemente spiritualizzazione o moralizzazione: è incarnazione, cioè Cristo è il “Logos”, è la Parola incarnata, e Lui ci raccoglie tutti, cosicché in Lui e con Lui, nel suo Corpo, come membri di questo Corpo diventiamo realmente glorificazione di Dio. Teniamo presente questo: da una parte certamente uscire da queste cose materiali per un concetto più spirituale dell’adorazione di Dio, ma arrivare all’incarnazione dello spirito, arrivare al punto in cui il nostro corpo sia riassunto nel Corpo di Cristo e la nostra lode di Dio non sia pura parola, pura attività, ma sia realtà di tutta la nostra vita. Penso che dobbiamo riflettere su questo e pregare Dio, perché ci aiuti affinché lo spirito diventi carne anche in noi, e la carne diventi piena dello Spirito di Dio.

La stessa realtà la troviamo anche nel capitolo quarto del Vangelo di San Giovanni, dove il Signore dice alla samaritana: Non si adorerà in futuro su quel colle o sul quell’altro, con questi o altri riti; si adorerà in spirito e in verità (cfr Gv 4,21-23). Certamente è spiritualizzazione, uscire da questi riti carnali, ma questo spirito, questa verità non è un qualunque spirito astratto: lo spirito è lo Spirito Santo, e la verità è Cristo. Adorare in spirito e verità vuol dire realmente entrare attraverso lo Spirito Santo nel Corpo di Cristo, nella verità dell’essere. E così noi diventiamo verità e diventiamo glorificazione di Dio. Divenire verità in Cristo esige il nostro coinvolgimento totale.

E poi continuiamo: “Santo e gradito a Dio: è questo il vostro culto spirituale” (Rm 12,1). Secondo versetto: dopo questa definizione fondamentale della nostra vita come liturgia di Dio, incarnazione della Parola in noi, ogni giorno, con Cristo - la Parola incarnata -, san Paolo continua: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare, rinnovando il vostro modo di pensare” (v. 2). “Non conformatevi a questo mondo”. C’è un non conformismo del cristiano, che non si fa conformare. Questo non vuol dire che noi vogliamo fuggire dal mondo, che a noi non interessa il mondo; al contrario vogliamo trasformare noi stessi e lasciarci trasformare, trasformando così il mondo. E dobbiamo tenere presente che nel Nuovo Testamento, soprattutto nel Vangelo di San Giovanni, la parola “mondo” ha due significati e indica quindi il problema e la realtà della quale si tratta. Da una parte il “mondo” creato da Dio, amato da Dio, fino al punto di dare se stesso e il suo Figlio per questo mondo; il mondo è creatura di Dio, Dio lo ama e vuol dare se stesso affinché esso sia realmente creazione e risposta al suo amore. Ma c’è anche l’altro concetto del “mondo”, kosmos houtos: il mondo che sta nel male, che sta nel potere del male, che riflette il peccato originale. Vediamo questo potere del male oggi, per esempio, in due grandi poteri, che di per sé stessi sono utili e buoni, ma che sono facilmente abusabili: il potere della finanza e il potere dei media. Ambedue necessari, perché possono essere utili, ma talmente abusabili che spesso diventano il contrario delle loro vere intenzioni.

 

Liturgia – Partecipazione attiva

Benedetto XVI, Messaggio per la chiusura del 50° Congresso Eucaristico Internazionale, Dublino 17 giugno 2012

Il Congresso inoltre si svolge in un periodo in cui la Chiesa in tutto il mondo si prepara a celebrare l’Anno della Fede, per commemorare il 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, un evento che lanciò il più ampio rinnovamento del Rito Romano mai visto prima. Basato su un apprezzamento sempre più profondo delle fonti della liturgia, il Concilio ha promosso la piena ed attiva partecipazione dei fedeli al Sacrificio eucaristico. Oggi, a distanza di tempo dai desideri espressi dai Padri Conciliari circa il rinnovamento liturgico, e alla luce dell’esperienza universale della Chiesa nel periodo seguente, è chiaro che il risultato è stato molto grande; ma è ugualmente chiaro che vi sono state molte incomprensioni ed irregolarità. Il rinnovamento delle forme esterne, desiderato dai Padri Conciliari, era proteso a rendere più facile l’entrare nell’intima profondità del mistero. Il suo vero scopo era di condurre la gente ad un incontro personale con il Signore, presente nell’Eucaristia, e così al Dio vivente, in modo che, mediante questo contatto con l’amore di Cristo, l’amore reciproco dei suoi fratelli e delle sue sorelle potesse anch’esso crescere. Tuttavia, non raramente, la revisione delle forme liturgiche è rimasta ad un livello esteriore, e la "partecipazione attiva" è stata confusa con l’agire esterno. Pertanto, rimane ancora molto da fare sulla via del vero rinnovamento liturgico. In un mondo cambiato, sempre più fisso sulle cose materiali, dobbiamo imparare a riconoscere di nuovo la presenza misteriosa del Signore Risorto, il solo che può dar respiro e profondità alla nostra vita.

L’Eucaristia è il culto di tutta la Chiesa, ma richiede anche il pieno impegno di ogni singolo cristiano nella missione della Chiesa; contiene un appello ad essere il popolo santo di Dio, ma pure l’appello alla santità individuale; è da celebrarsi con grande gioia e semplicità, ma anche nella maniera più degna e riverente possibile; ci invita a pentirci del nostri peccati, ma anche a perdonare i fratelli e le sorelle; ci unisce insieme nello Spirito, ma anche ci comanda, nello stesso Spirito, di recare la buona novella della salvezza agli altri.

Inoltre, l’Eucaristia è il memoriale del sacrificio di Cristo sulla croce, il suo corpo e il suo sangue offerto nella nuova ed eterna alleanza per la remissione dei peccati e la trasformazione del mondo. L’Irlanda è stata plasmata per secoli dalla Messa al livello più profondo e, dalla sua potenza e grazia, generazioni di monaci, di martiri e di missionari hanno vissuto eroicamente la fede nella propria terra e diffuso la Buona Novella dell’amore e del perdono di Dio ben al di là dei vostri lidi. Siete gli eredi di una Chiesa che è stata una potente forza di bene nel mondo, e che ha offerto a moltissimi altri un amore profondo e duraturo per Cristo e per la sua Santa Madre. I vostri antenati nella Chiesa in Irlanda seppero come impegnarsi per la santità e la coerenza nella vita personale, come predicare la gioia che viene dal Vangelo, come promuovere l’importanza di appartenere alla Chiesa universale in comunione con la Sede di Pietro, e come trasmettere alle generazioni future amore per la fede e le virtù cristiane. La nostra fede cattolica, imbevuta di un senso profondo della presenza di Dio, rapita dalla bellezza della creazione che ci circonda, e purificata mediante la penitenza personale e la consapevolezza del perdono di Dio, è una eredità che sicuramente è perfezionata e nutrita quando è deposta con regolarità sull’altare del Signore nel Sacrificio della Messa. Ringraziamento e gioia per una così grande storia di fede e di amore sono stati di recente scossi in maniera orribile dalla rivelazione di peccati commessi da sacerdoti e persone consacrate nei confronti di persone affidate alle loro cure. Al posto di mostrare ad essi la strada verso Cristo, verso Dio, al posto di dar testimonianza della sua bontà, hanno compiuto abusi su di loro e minato la credibilità del messaggio della Chiesa. Come possiamo spiegare il fatto che persone le quali hanno ricevuto regolarmente il corpo del Signore e confessato i propri peccati nel sacramento della Penitenza abbiano offeso in tale maniera? Rimane un mistero. Eppure evidentemente il loro cristianesimo non veniva più nutrito dall’incontro gioioso con Gesù Cristo: era divenuto semplicemente un’abitudine. L’opera del Concilio aveva in realtà l’intento di superare questa forma di cristianesimo e di riscoprire la fede come una relazione personale profonda con la bontà di Gesù Cristo. Il Congresso Eucaristico ha un simile scopo. Qui desideriamo incontrare il Signore Risorto. Chiediamo a Lui di toccarci nel profondo. Possa Colui che ha alitato sugli Apostoli a Pasqua, comunicando loro il suo Spirito, donare alla stessa maniera anche a noi il suo soffio, la potenza dello Spirito Santo, aiutandoci così a divenire veri testimoni del suo amore, testimoni della sua verità. La sua verità è amore. L’amore di Cristo è verità.   

 



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)