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Benedetto XVI, Discorso ai vescovi della Conferenza Episcopale della Repubblica Federale di Germania in visita “ad Limina Apostolorum”, 10 novembre 2006

Infine vorrei soffermarmi ancora su un problema tanto urgente quanto carico di emotività: il rapporto tra sacerdoti e laici nell’adempimento della missione della Chiesa. Quanto sia importante la collaborazione attiva dei laici per la vita della Chiesa, lo scopriamo sempre di più nella nostra cultura secolare. Desidero ringraziare di cuore tutti i laici che, in virtù della forza del battesimo, sostengono in modo vivo la Chiesa. Proprio perché la testimonianza attiva dei laici è tanto importante, è altrettanto importante che i profili specifici delle diverse missioni non vengano confusi. L'omelia durante la Santa Messa è un compito legato al ministero ordinato; quando è presente un numero sufficiente di sacerdoti e di diaconi, spetta a loro la distribuzione della Santa Comunione. Inoltre, continua ad essere avanzata la richiesta perché i laici possano svolgere delle funzioni di guida pastorale. A tale riguardo, non possiamo discutere le questioni che vi sono connesse solo alla luce della convenienza pastorale, poiché qui si tratta di verità della fede, vale a dire della struttura sacramentale-gerachica voluta da Gesù Cristo per  la sua Chiesa. Poiché questa si fonda sulla Sua volontà come anche la delega apostolica poggia sul Suo mandato, esse sono sottratte all’intervento umano. Solo il sacramento dell’Ordinazione autorizza chi lo riceve a parlare e ad agire in persona Christi. E’ questo, cari Confratelli, che bisogna inculcare sempre di nuovo con grande pazienza e sapienza, traendone poi le necessarie conseguenze. 

 

Benedetto XVI, Discorso ai vescovi della Conferenza Episcopale della Repubblica Federale di Germania in visita “ad Limina Apostolorum”, 18 novembre 2006

Nel discorso al primo gruppo di Vescovi tedeschi ho già accennato brevemente ai molteplici servizi liturgici da parte dei laici che oggi sono possibili nella Chiesa: quello di ministro straordinario dell’Eucaristia, al quale si aggiungono quello di lettore e quello di guida della liturgia della Parola. Non vorrei ritornare di nuovo su questo tema. È importante che tali compiti non vengano eseguiti, rivendicandoli quasi come un diritto bensì con uno spirito di servizio. La Liturgia ci chiama tutti al servizio di Dio, per Dio e per gli uomini, nel quale non vogliamo mettere in mostra noi stessi, ma porci con umiltà dinanzi a Dio e renderci permeabili per la sua luce. In questo discorso vorrei trattare brevemente altri quattro punti che mi stanno a cuore. 
 

Benedetto XVI, Omelia Santa Messa, Saint Mary's Cathedral di Sydney Sabato, 19 luglio 2008

(...) Ci apprestiamo a celebrare la dedicazione del nuovo altare di questa veneranda cattedrale. Come il frontale scolpito ci ricorda in maniera potente, ogni altare è simbolo di Gesù Cristo, presente nel mezzo della sua Chiesa come sacerdote, altare e vittima (cfr Prefazio pasquale V). Crocifisso, sepolto e risorto dai morti, restituito alla vita nello Spirito e seduto alla destra del Padre, Cristo è divenuto il nostro Sommo Sacerdote, che intercede eternamente per noi. Nella liturgia della Chiesa, e soprattutto nel sacrificio della Messa consumato sugli altari del mondo, egli invita noi, membra del suo mistico Corpo, a condividere la sua auto-oblazione. Egli chiama noi, quale popolo sacerdotale della nuova ed eterna Alleanza, ad offrire, in unione con lui, i nostri quotidiani sacrifici per la salvezza del mondo. 

Nell’odierna liturgia la Chiesa ci rammenta che, come questo altare, anche noi siamo stati consacrati, messi “a parte” per il servizio di Dio e l’edificazione del suo Regno. Troppo spesso, tuttavia, ci ritroviamo immersi in un mondo che vorrebbe mettere Dio “da parte”. Nel nome della libertà ed autonomia umane, il nome di Dio viene oltrepassato in silenzio, la religione è ridotta a devozione personale e la fede viene scansata nella pubblica piazza. Talvolta una simile mentalità, così totalmente opposta all’essenza del Vangelo, può persino offuscare la nostra stessa comprensione della Chiesa e della sua missione. Anche noi possiamo essere tentati di ridurre la vita di fede ad una questione di semplice sentimento, indebolendo così il suo potere di ispirare una visione coerente del mondo ed un dialogo rigoroso con le molte altre visioni che gareggiano per conquistarsi le menti e i cuori dei nostri contemporanei. 

E tuttavia la storia, inclusa quella del nostro tempo, ci dimostra che la questione di Dio non può mai essere messa a tacere, come pure che l’indifferenza alla dimensione religiosa dell’esistenza umana in ultima analisi diminuisce e tradisce l’uomo stesso. Non è forse questo il messaggio proclamato dalla stupenda architettura di questa cattedrale? Non è forse questo il mistero della fede che viene annunciato da questo altare in ogni celebrazione dell’Eucaristia? La fede ci insegna che in Cristo Gesù, Parola incarnata, giungiamo a comprendere la grandezza della nostra stessa umanità, il mistero della nostra vita sulla terra ed il sublime destino che ci attende in cielo (cfr Gaudium et spes, 24). La fede inoltre ci insegna che noi siamo creature di Dio, fatte a sua immagine e somiglianza, dotate di una dignità inviolabile e chiamate alla vita eterna. Laddove l’uomo viene sminuito, è il mondo che ci attornia ad essere sminuito; perde il proprio significato ultimo e manca il suo obiettivo. Ciò che ne emerge è una cultura non della vita, ma della morte. Come si può considerare questo un “progresso”? Al contrario, è un passo indietro, una forma di regressione, che in ultima analisi inaridisce le sorgenti stesse della vita sia degli individui che dell’intera società. 

Sappiamo che alla fine -come sant’Ignazio di Loyola vide in modo così chiaro -l’unico vero “standard” su cui ogni realtà umana può essere misurata è la Croce ed il suo messaggio di amore non meritato che trionfa sul male, sul peccato e sulla morte, che crea vita nuova e perenne gioia. La Croce rivela che ritroviamo noi stessi solo donando le nostre vite, accogliendo l’amore di Dio come dono immeritato ed operando per condurre ogni uomo e ogni donna verso la bellezza di quell’amore e verso la luce della verità che sola reca salvezza al mondo. 

È in questa verità -il mistero della fede -che siamo stati consacrati (cfr Gv 17,17-19), ed è in questa verità che siamo chiamati a crescere, con l’aiuto della grazia di Dio, nella quotidiana fedeltà alla sua parola, entro la comunione vivificante della Chiesa. E tuttavia come è difficile questo cammino di consacrazione! Esige una continua “conversione”, un morire sacrificale a se stessi che è la condizione per appartenere pienamente a Dio, un mutamento della mente e del cuore che porta vera libertà ed una nuova ampiezza di visione. La liturgia odierna ci offre un simbolo eloquente di quella trasformazione spirituale progressiva alla quale ciascuno di noi è chiamato. Dall’aspersione dell’acqua, dalla proclamazione della parola di Dio, dall’invocazione di tutti i Santi, fino alla preghiera di consacrazione, all’unzione e al lavacro dell’altare, al suo essere rivestito di bianco e addobbato di luce -tutti questi riti ci invitano a ri-vivere la nostra propria consacrazione nel Battesimo. Ci invitano a respingere il peccato e le sue false attrattive, e a bere sempre più profondamente alla sorgente vivificante della grazia di Dio

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)