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(Messaggio di Benedetto XVI ai Vescovi 10.11.2010)

Altare - Logiké latreia – Partecipazione attiva

Benedetto XVI, Omelia Santa Messa con Dedicazione dell’Altare, Saint Mary's Cathedral di Sydney, 19 luglio 2008

Ci apprestiamo a celebrare la dedicazione del nuovo altare di questa veneranda cattedrale. Come il frontale scolpito ci ricorda in maniera potente, ogni altare è simbolo di Gesù Cristo, presente nel mezzo della sua Chiesa come sacerdote, altare e vittima (cfr Prefazio pasquale V). Crocifisso, sepolto e risorto dai morti, restituito alla vita nello Spirito e seduto alla destra del Padre, Cristo è divenuto il nostro Sommo Sacerdote, che intercede eternamente per noi. Nella liturgia della Chiesa, e soprattutto nel sacrificio della Messa consumato sugli altari del mondo, egli invita noi, membra del suo mistico Corpo, a condividere la sua auto-oblazione. Egli chiama noi, quale popolo sacerdotale della nuova ed eterna Alleanza, ad offrire, in unione con lui, i nostri quotidiani sacrifici per la salvezza del mondo. 

Nell’odierna liturgia la Chiesa ci rammenta che, come questo altare, anche noi siamo stati consacrati, messi “a parte” per il servizio di Dio e l’edificazione del suo Regno. Troppo spesso, tuttavia, ci ritroviamo immersi in un mondo che vorrebbe mettere Dio “da parte”. Nel nome della libertà ed autonomia umane, il nome di Dio viene oltrepassato in silenzio, la religione è ridotta a devozione personale e la fede viene scansata nella pubblica piazza. Talvolta una simile mentalità, così totalmente opposta all’essenza del Vangelo, può persino offuscare la nostra stessa comprensione della Chiesa e della sua missione. Anche noi possiamo essere tentati di ridurre la vita di fede ad una questione di semplice sentimento, indebolendo così il suo potere di ispirare una visione coerente del mondo ed un dialogo rigoroso con le molte altre visioni che gareggiano per conquistarsi le menti e i cuori dei nostri contemporanei. 

E tuttavia la storia, inclusa quella del nostro tempo, ci dimostra che la questione di Dio non può mai essere messa a tacere, come pure che l’indifferenza alla dimensione religiosa dell’esistenza umana in ultima analisi diminuisce e tradisce l’uomo stesso. Non è forse questo il messaggio proclamato dalla stupenda architettura di questa cattedrale? Non è forse questo il mistero della fede che viene annunciato da questo altare in ogni celebrazione dell’Eucaristia? La fede ci insegna che in Cristo Gesù, Parola incarnata, giungiamo a comprendere la grandezza della nostra stessa umanità, il mistero della nostra vita sulla terra ed il sublime destino che ci attende in cielo (cfr Gaudium et spes, 24). La fede inoltre ci insegna che noi siamo creature di Dio, fatte a sua immagine e somiglianza, dotate di una dignità inviolabile e chiamate alla vita eterna. Laddove l’uomo viene sminuito, è il mondo che ci attornia ad essere sminuito; perde il proprio significato ultimo e manca il suo obiettivo. Ciò che ne emerge è una cultura non della vita, ma della morte. Come si può considerare questo un “progresso”? Al contrario, è un passo indietro, una forma di regressione, che in ultima analisi inaridisce le sorgenti stesse della vita sia degli individui che dell’intera società. 

Sappiamo che alla fine -come sant’Ignazio di Loyola vide in modo così chiaro -l’unico vero “standard” su cui ogni realtà umana può essere misurata è la Croce ed il suo messaggio di amore non meritato che trionfa sul male, sul peccato e sulla morte, che crea vita nuova e perenne gioia. La Croce rivela che ritroviamo noi stessi solo donando le nostre vite, accogliendo l’amore di Dio come dono immeritato ed operando per condurre ogni uomo e ogni donna verso la bellezza di quell’amore e verso la luce della verità che sola reca salvezza al mondo. 

È in questa verità -il mistero della fede -che siamo stati consacrati (cfr Gv 17,17-19), ed è in questa verità che siamo chiamati a crescere, con l’aiuto della grazia di Dio, nella quotidiana fedeltà alla sua parola, entro la comunione vivificante della Chiesa. E tuttavia come è difficile questo cammino di consacrazione! Esige una continua “conversione”, un morire sacrificale a se stessi che è la condizione per appartenere pienamente a Dio, un mutamento della mente e del cuore che porta vera libertà ed una nuova ampiezza di visione. La liturgia odierna ci offre un simbolo eloquente di quella trasformazione spirituale progressiva alla quale ciascuno di noi è chiamato. Dall’aspersione dell’acqua, dalla proclamazione della parola di Dio, dall’invocazione di tutti i Santi, fino alla preghiera di consacrazione, all’unzione e al lavacro dell’altare, al suo essere rivestito di bianco e addobbato di luce -tutti questi riti ci invitano a ri-vivere la nostra propria consacrazione nel Battesimo. Ci invitano a respingere il peccato e le sue false attrattive, e a bere sempre più profondamente alla sorgente vivificante della grazia di Dio.
  

Altare - Logiké latreia – Partecipazione attiva

Benedetto XVI, Discorso nella Benedizione delle prime pietre delle Chiese dei Latini e dei Greco-Melkiti, Betania oltre il Giordano, Domenica, 10 maggio 2009

La prima pietra di una chiesa è simbolo di Cristo. La Chiesa poggia su Cristo, è sostenuta da Lui e non può essere da Lui separata. Egli è l’unico fondamento di ogni comunità cristiana, la pietra viva, rigettata dai costruttori ma scelta e preziosa agli occhi di Dio come pietra angolare (cfr 1 Pt 2,4-5.7). Con Lui anche noi siamo pietre vive costruite come edificio spirituale, luogo di dimora per Dio (cfr Ef 2,20-22; 1 Pt 2,5). Sant’Agostino amava riferirsi al mistero della Chiesa come al Christus totus, il Cristo intero, il pieno e completo Corpo di Cristo, Capo e membra. Questa è la realtà della Chiesa; essa è Cristo e noi, Cristo con noi. Egli è con noi come la vite è con i suoi tralci (cfr Gv 15,1-8). La Chiesa è in Cristo una comunità di vita nuova, una dinamica realtà di grazia che promana da Lui. Attraverso la Chiesa Cristo purifica i nostri cuori, illumina le nostre menti, ci unisce con il Padre e, nell’unico Spirito, ci conduce ad un quotidiano esercizio di amore cristiano. Confessiamo questa gioiosa realtà come l’Una, Santa, Cattolica e Apostolica Chiesa.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)