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Lo Sport, il calcio e Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 14/07/2014 22:36
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14/07/2014 21:38

  Mondiali: mons. Gänswein racconta la finale del Maracanà vista dal Vaticano











Mons. Gänswein racconta la Finale dei Mondiali vista dal Vaticano

14/07/2014

Oltre un miliardo di persone si sono fermate ieri per 120 minuti per guardare la finale dei Mondiali di Calcio, vinta 1-0 dalla Germania contro l’Argentina, nello stadio Maracanà di Rio de Janeiro. Una partita che è stata definita scherzosamente la “Finale dei due Papi” per le nazionalità argentina di Papa Francesco e tedesca di Benedetto XVI, anche se nessuno dei due - riferisce mons. Georg Gänswein - ha guardato la partita. Su questa originale coincidenza e sul ruolo che il calcio può avere per il dialogo e l’incontro tra nazioni e culture diverse, Alessandro Gisotti ha intervistato proprio il prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare del Papa emerito:

R. – Ho tifato per la squadra del cuore – che è la Germania – e l’ho vista a casa, con le Memores Domini, che anche loro hanno tifato per la Germania e alla fine siamo stati molto contenti – anche se mi dispiace per gli argentini. Hanno giocato bene, ma penso che alla fine la Germania abbia vinto meritatamente.

D. – In molti, ovviamente, si sono chiesti: Papa Benedetto ha visto la partita? Ha saputo del risultato? Ci può dire qualcosa al riguardo?

R. – L’ho invitato a guardare la partita, però lui ha ringraziato ma ha preferito andare a dormire. Certamente, questa mattina l’ho informato – ma lui aveva anche già visto la mia faccia, che portava un messaggio chiaro. Poi l’ho informato sull’andamento e quindi sul risultato della partita.

D. – Evidentemente, c’era anche una gioia da parte sua …

R. – Sì e no, perché nella squadra ci sono anche alcuni bavaresi, e questo fa scaldare il cuore ancora di più; d’altra parte ha detto: “Speriamo che gli argentini si riprendano presto”. E poi, uno a zero è un risultato che non umilia …

D. – Ovviamente … “Argentina” – il pensiero va a Papa Francesco. In qualche modo lei ha potuto parlare con il Santo Padre di questa partita? Può dirci qualcosa anche su questo?

R. – Non ancora. Ho fatto le mie sentite “condoglianze” al suo segretario, don Fabian, e lui mi ha risposto in modo molto secco, chiaro, ma convincente e mi ha fatto anche gli auguri per la vittoria della nostra squadra.

D. – Abbiamo visto, soprattutto sui social network, una cosa particolare e anche originale: cioè, si sono uniti Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto anche con un certo moto di affetto per entrambi; in qualche modo, se così si può dire, il calcio li ha uniti anche nell’immaginario collettivo …

R. – L’ho visto anch’io e devo dire che mi sono molto rallegrato, perché si vede che il calcio ha la forza di unire. E poi si è visto che molte cose sono state espresse in modo scherzoso, a volte in modo ironico, in fin dei conti sempre in modo simpatico, sincero … E penso che questa occasione ha fatto capire che c’è una bella intesa tra i due Papi.

D. – Papa Francesco in un tweet, prima ancora in un messaggio, ha sottolineato come i Mondiali di Calcio – lo sport in generale – siano occasione di incontro …

R. – Papa Francesco spesso parla – ed è diventata una parola chiave – dell’incontro, e lo sport – e anzitutto il calcio – è proprio un’occasione ad hoc per incontrarsi in modo sportivo e sincero. L’incontro, come tale, è quello che conta. E’ chiaro, c’è sempre il risultato, poi; ma quello che conta è l’incontro. E se per tutte e due le squadre l’incontro è positivo, penso che abbia una grande forza non soltanto per queste 22 persone, ma per molte altre persone ancora, e non soltanto dei due Paesi rappresentati, ma di tutto il mondo.

D. – Ovviamente, la finale del Mondiale, la parte finale del Mondiale, è coincisa purtroppo con il conflitto tra Israele e Palestina; fra l’altro, anche il Pontificio Consiglio della Cultura ha lanciato l’iniziativa "Pause for Peace", una pausa per la pace, legata ai Mondiali …

R. – Seguo con grande preoccupazione la situazione in Terra Santa; il Papa l’ha detto anche all’Angelus che la preghiera è importantissima; e che anche la preghiera con i due presidenti israeliano e palestinese e con il Patriarca ecumenico che ha fatto un mese fa, è un segnale e questo segnale deve avere e avrà frutti buoni, anche se attualmente la situazione, purtroppo, è diventata molto preoccupante.

D. – Quindi anche lo sport può aiutare? Per esempio, abbiamo visto tante volte che proprio lo sport è stata l’occasione in cui per la prima volta si sono affrontate squadre di nazioni che erano in guerra, o comunque in conflitto tra loro …

R. – Sì. Sono convinto – convintissimo – del fatto che la politica non sarebbe capace di fare incontrare squadre che politicamente siano totalmente diverse, ma lo sport – il calcio – è in grado di farlo e credo che questa sia una possibilità da rafforzare e una possibilità anche da apprezzare.

    

[Modificato da Caterina63 14/07/2014 22:36]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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14/07/2014 21:41

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Il Papa: Voi, come medici specialisti, riconoscete che il punto di partenza di tutto il vostro lavoro è il singolo atleta che servite. Così come lo sport è qualcosa in più di una semplice competizione; ogni sportivo, uomo e donna, è più di un mero concorrente: possiede una capacità morale e spirituale che deve essere arricchita e approfondita dallo sport e dalla medicina sportiva


UDIENZA AI PARTECIPANTI AL XXXII CONGRESSO MONDIALE PROMOSSO DALLA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DI MEDICINA DELLO SPORT, 27.09.2012


Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al XXXII Congresso Mondiale di Medicina dello Sport.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:

DISCORSO DEL SANTO PADRE 



Distinti Ospiti,
Cari Amici,

Sono lieto di accogliere a Castel Gandolfo voi rappresentanti del trentaduesimo Congresso Mondiale di Medicina dello Sport mentre, per la prima volta nella vostra storia, tenete il convegno biennale a Roma. Desidero anche ringraziare il dottor Maurizio Casasco per le gentili parole espresse a nome vostro.

In questa occasione è parso opportuno proporvi alcune riflessioni sulla cura degli atleti e di quanti partecipano allo sport. Ho appreso che voi, qui presenti al Congresso, provenite da centodiciassette Paesi e cinque continenti, e la vostra diversità è un segno importante della presenza dell'atletica nelle culture, nelle regioni e nelle diverse circostanze. È anche un'importante indicazione della capacità che hanno lo sport e gli sforzi atletici di unire le persone e i popoli nella ricerca comune di una pacifica eccellenza competitiva. 
I recenti giochi olimpici e paralimpici a Londra lo hanno mostrato chiaramente. Il richiamo universale e l'importanza dell'atletica e della medicina dello sport sono giustamente riflessi anche dal tema del vostro Congresso di quest'anno, che tratta delle implicazioni a livello mondiale del vostro lavoro, e della sua potenziale possibilità d'ispirare molte persone diverse in tutto il globo.

Come il dottor Casasco ha giustamente sottolineato nel suo discorso, voi, come medici specialisti, riconoscete che il punto di partenza di tutto il vostro lavoro è il singolo atleta che servite. Così come lo sport è qualcosa in più di una semplice competizione; ogni sportivo, uomo e donna, è più di un mero concorrente: possiede una capacità morale e spirituale che deve essere arricchita e approfondita dallo sport e dalla medicina sportiva. Talvolta, però, il successo, la fama, le medaglie e la ricerca del denaro diventano la principale, o addirittura l'unica motivazione per quanti sono coinvolti. Di tanto in tanto è perfino accaduto che la vittoria a tutti i costi abbia preso il posto del vero spirito sportivo e abbia portato all'abuso e all'uso sbagliato dei mezzi di cui la medicina moderna dispone.

Voi, come esperti di medicina dello sport, siete consapevoli di tale tentazione e so che state dibattendo questa importante questione nel vostro Congresso. Lo fate perché certamente anche voi sapete che le persone delle quali vi prendete cura sono individui unici e dotati, a prescindere dalle capacità atletiche, e che sono chiamati alla perfezione morale e spirituale prima che a qualsiasi risultato fisico. Di fatto, nella sua prima Lettera ai Corinzi san Paolo osserva che l'eccellenza spirituale e atletica sono strettamente correlate, ed esorta i credenti ad allenarsi nella vita spirituale. 

«Però ogni atleta -- dice -- è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile» (9, 25). È per questo, cari amici, che vi esorto a continuare a tenere presente la dignità di coloro che assistete con il vostro lavoro medico professionale. In tal modo, sarete agenti non solo di guarigione fisica e di eccellenza atletica, ma anche di rigenerazione morale, spirituale e culturale.

Come il Signore stesso si è incarnato e si è fatto uomo, così ogni persona umana è chiamata a rispecchiare perfettamente l'immagine e somiglianza di Dio. 

Pertanto, prego per voi e per coloro che beneficiano del vostro lavoro, affinché il vostro impegno porti a un apprezzamento sempre più profondo della bellezza, del mistero e del potenziale di ogni persona umana, atletico o di altro genere, fisicamente abile o con disabilità. Possano la vostra professionalità, il vostro consiglio e la vostra amicizia recare beneficio a tutti coloro che siete chiamati a servire! Con queste riflessioni invoco su di voi e su quanti servite le abbondanti benedizioni di Dio.

Grazie.


 - Libreria Editrice Vaticana

(Traduzione Osservatore Romano)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/07/2014 21:42

Il calcio è di più



Testo del discorso tenuto dall’Arcivescovo di München e Freising Cardinale Joseph Ratzinger, nel corso della trasmissione ‘Verso la domenica’ del 3 giugno 1978 , che l’impagabile Scriteriato ha scovato e tradotto  per noi! Grazie
dal Blog di Costanza Miriano


di Joseph Ratzinger

Chi, in questi giorni di giugno del 1978, desse un’occhiata ai giornali od ai programmi radiofonici e televisivi, si accorgerebbe molto rapidamente del fatto che vi sia un tema dominante: i mondiali di calcio. Nel 1970 vi furono quasi 700 milioni di persone che li guardarono in televisione; questa volta saranno certamente anche più numerosi. 
Il gioco del calcio è diventato un avvenimento globale, che lega le persone di tutto il mondo, al di là di ogni confine, negli stessi stati d’animo, nelle speranze, nei timori, nei dispiaceri e nelle gioie. Difficilmente un altro avvenimento sulla Terra può mostrare una simile potenza di coinvolgimento. Ciò mostra che qui deve piacere qualcosa di originariamente umano, e ci si chiede da dove un gioco tragga questa forza. Il pessimista dirà che succedeva la stessa cosa nell’antica Roma. Le masse gridavano: panem et circenses, pane e divertimenti. Pane e divertimenti sarebbero l’unico scopo esistenziale d’una società decadente, priva di obiettivi più elevati. Ma anche se si accettasse questa teoria, essa non sarebbe assolutamente sufficiente. 
Bisognerebbe difatti allora chiedersi: da dove viene questa fascinazione per il gioco, tale da porlo allo stesso livello d’importanza del pane? A questa domanda si potrebbe rispondere, tenendo presente la situazione dell’antica Roma, che l’invocazione di pane e divertimenti fosse in effetti l’espressione del desiderio d’una vita paradisiaca, d’una vita di felicità senza preoccupazioni e di totale libertà. Perciò in ultima analisi il collegamento col gioco sarebbe questo: nell’agire, completamente liberi, senza scopo e senza necessità, e ciò impegna ed esaurisce tutte le forze degli uomini.

In quest’ottica il gioco sarebbe dunque una specie di ritorno a casa in Paradiso: la fuga dalla schiavitù del vivere di tutti i giorni e dalle sue preoccupazioni vitali verso un vivere libero, che non deve essere così e che proprio per questo è bello. Conformemente a ciò il gioco oltrepassa certamente la vita quotidiana; esso ha, in primis fra i bambini, certamente un altro carattere, è un apprendistato alla vita.
Esso simboleggia la vita stessa e per così dire la anticipa in una maniera liberamente scelta.
Mi sembra che la fascinazione per il gioco del calcio consista sostanzialmente nel fatto che esso riunisca questi due aspetti in una forma molto convincente. Esso obbliga le persone, in primis se stessi, alla disciplina, in modo da poter giungere, con l’allenamento, ad acquisire padronanza di sé.
Esso insegna però anche la collaborazione disciplinata: in quanto gioco di squadra costringe alla coordinazione dei singoli in una squadra.

Esso lega in nome dello scopo comune: vittoria e sconfitta di ciascuno stanno nella vittoria e nella sconfitta della squadra.
Ed insegna infine a gareggiare lealmente con chi è sottoposto alle medesime regole, in una competizione che riunisce ed unifica, ed inoltre la libertà dei giocatori, se esercitata con correttezza, sdrammatizza la competizione sportiva nel fatto che il gioco ad un certo punto finisce.
Assistendo alle partite gli uomini si identificano col gioco e con i giocatori, e quindi in compagni di squadra ed avversarî, con cui condividono la serietà e la libertà delle partite: i giocatori diventano il simbolo della loro vita, ciò continua a riflettersi su questi ultimi.
Essi sanno che gli uomini si trovano rappresentati e gratificati da loro.
Naturalmente tutto ciò può venir guastato da uno spirito venale, che subordini il tutto alla logica opprimente del denaro e trasformi il gioco da gioco in industria, che produca un mondo terribilmente illusorio. Ma parimenti questo mondo illusorio non potrebbe esistere se non avesse un fondamento positivo, quello che è alla radice del gioco: l’esercizio preparatorio alla vita e l’orientamento della vita nella direzione del paradiso perduto.

In entrambi i casi però si tratta di cercare una disciplina alla libertà, un modo di fare esercizio, nel rispetto delle regole, con i compagni di squadra, con gli avversarî e con l’armonia verso se stessi. Forse potremmo, dato che abbiamo quest’opinione, realmente apprendere dal gioco un nuovo modo di vivere, giacché in esso diventa visibile un principio fondamentale: l’uomo non vive di solo pane, sì, il mondo materiale è solamente il livello preparatorio per il veramente umano, per il mondo della libertà.

La libertà vive però di regole, di disciplina, che insegna la collaborazione e la corretta competizione, l’indipendenza dal successo apparente e dal capriccio, in modo da diventare così davvero liberi.
Il gioco, una vita – se approfondissimo la cosa, il fenomeno d’un mondo tifoso di calcio potrebbe darci più che del semplice divertimento.


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<img border='0' class='smile' alt=" border="0" /> Quando Ratzinger scriveva di football 

Il calcio interessa e affascina milioni di persone in tutto il mondo, tocca qualcosa di radicalmente umano, scriveva nel 1985 l'allora cardinale Joseph Ratzinger in un testo raccolto nel libro Suchen was droben ist, Cercare ciò che sta in alto; in occasione dei Mondiali di calcio 2010 "Humanitas", la rivista di antropologia e cultura cristiana della Pontificia Università Cattolica del Cile, lo ripropone nel suo sito (www.humanitas.cl). 

Secondo Ratzinger, i Mondiali, con la loro periodicità quadriennale, hanno un enorme impatto su una moltitudine immensa di persone, e per questo bisogna chiedersi dove si trova la base di questo potere. 

Come gioco di squadra - scrive - il calcio obbliga a un ordinamento di ciò che è proprio all'interno dell'insieme, unisce attraverso l'obiettivo comune; il successo e l'insuccesso di ciascuno sono basati sul successo e sull'insuccesso dell'insieme; la libertà vive della regola e della disciplina che impara l'agire congiunto e lo scontro corretto. 


(©L'Osservatore Romano - 18 giugno 2010) 




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