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Notiziario importante su Benedetto XVI, qui gli aggiornamenti

Ultimo Aggiornamento: 18/03/2015 23:20
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24/02/2014 09:55


 FANTASTICA RIFLESSIONE DI SOCCI SULLA PRESENZA DEI "DUE PAPI" 
ecco un passo imponente ed umile al tempo stesso:

Veniamo ora alle immagini viste ieri in San Pietro. Un vaticanista, ha scritto, in rete, che “Benedetto XVI, vestito di bianco, con il soprabito, era seduto in prima fila, come primo tra i cardinali”.

Solo che egli non è affatto un cardinale e neanche “il primo fra i cardinali”. Quello che è lo ha detto il Segretario di Stato Parolin, dopo aver salutato papa Francesco: “Salutiamo, con uguale affetto e venerazione, il Papa emerito, Sua Santità Benedetto XVI, lieti per la sua presenza in mezzo a noi…”.

Del resto lo stesso Francesco, l’11 febbraio scorso, lo ha chiamato “Sua Santità Benedetto XVI”. Molti sembra che non si accorgano dell’eccezionalità di questa situazione, della sua unicità, in tutta la storia della Chiesa. Evidentemente è dovuta ai tempi che la Chiesa si trova a vivere.

Ieri è stato lo stesso Francesco a renderla evidente al mondo intero. Vedendo quelle immagini infatti tornavano in mente (con tutte le domande del caso) le parole di Benedetto XVI, pronunciate il 27 febbraio 2013, quelle parole che sembra siano state rimosse da molti: “Il ‘sempre’ è anche un ‘per sempre’ - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo”.

Ieri era evidente che “l’esercizio attivo del ministero” petrino è svolto da papa Francesco, ma pure che quel ministero, per quanto riguarda Benedetto XVI, non è “revocato” ed è “per sempre”.

Cosa significhi dal punto di vista ecclesiale non so dirlo. Ma il dovere dei giornalisti è quello di descrivere la realtà dei fatti così come sono, e, nel caso, di fare domande e chiedere spiegazioni e cercare di capire.

Ecco il testo integrale di Socci   

DUE PAPI IN SAN PIETRO. I PERCHE’ DI UN EVENTO MAI VISTO IN DUEMILA ANNI

23 FEBBRAIO 2014 / IN NEWS

Nella storia bimillenaria della Chiesa nessuno prima di ieri aveva mai visto in San Pietro due papi insieme e che si abbracciano come fratelli. E’ accaduto al Concistoro dove Francesco ha invitato a partecipare il papa emerito Benedetto XVI.

Francesco ha deviato la solenne processione d’ingresso per andare a salutarlo (poi, uscendo dalla basilica, ha deviato di nuovo per tornare da lui e scambiare alcune parole).

E’ la terza volta che i media immortalano il loro abbraccio. Nel marzo scorso a Castelgandolfo, poi nei giardini vaticani per la benedizione di una statua di San Michele Arcangelo.

Altre volte si sono incontrati e si incontrano privatamente a colazione, lontano dai giornalisti.

Ma quello di ieri è un caso particolare perché era una cerimonia pubblica solenne nella Basilica di San Pietro. Era un avvenimento ecclesiale molto importante, perché si trattava della creazione di 19 nuovi cardinali.

Per questo la partecipazione di papa Ratzinger ha avuto un rilievo particolare: è stata la prima volta, dal giorno del suo ritiro, che ha partecipato a una cerimonia pubblica. Doppiamente significativa questa sua presenza perché ieri, per la Chiesa, era la festa della Cattedra di San Pietro, quindi la festa del Papato.

 

IL MISTERO DELLA RINUNCIA

 

Prima di chiedersi cosa può significare questo “Concistoro dei due papi” (come è stato subito definito), bisogna constatare che Benedetto XVI è apparso in una buona forma fisica.

Sul suo vigore intellettuale non ci sono dubbi e chi ne avesse avuti li ha visti dissolvere, a settembre scorso, leggendo la formidabile risposta che Ratzinger ha fatto a un libro di Piergiorgio Odifreddi.

Una risposta pubblica in cui – pur con la sua consueta cortesia – gli ha impartito una vera e propria lezione. Scorrendo quelle pagine si può constatare che Ratzinger non è solo l’intelligenza più lucida (e ortodossa) della Chiesa, ma anche una delle menti più illuminate della nostra epoca.

Però la constatazione della sua buona forma fisica e della sua perfetta lucidità intellettuale, ripropone mille domande sui motivi della sua “rinuncia”.

Tutti i papi infatti, nel corso dei secoli, hanno vissuto i loro ultimi anni di pontificato disponendo di forze molto ridotte per l’avanzata età (basti ricordare il grande Giovanni Paolo II che ha fatto dell’ultimo suo periodo di ministero una testimonianza dalla croce).

E’ obiettivamente inspiegabile dunque il “ritiro” di un papa come Benedetto XVI che è tuttora in salute e perfettamente efficiente. Considerata la guerra spietata che gli è stata fatta, anche dentro alla Curia e alla Chiesa, fin dalla sua elezione, nel 2005, è del tutto legittimo sospettare che vi siano state pressioni indebite per indurlo al “ritiro”. O comunque che siano state create le condizioni per spingerlo a quel passo.

 

PAPA PER SEMPRE

 

Veniamo ora alle immagini viste ieri in San Pietro. Un vaticanista, ha scritto, in rete, che “Benedetto XVI, vestito di bianco, con il soprabito, era seduto in prima fila, come primo tra i cardinali”.

Solo che egli non è affatto un cardinale e neanche “il primo fra i cardinali”. Quello che è lo ha detto il Segretario di Stato Parolin, dopo aver salutato papa Francesco: “Salutiamo, con uguale affetto e venerazione, il Papa emerito, Sua Santità Benedetto XVI, lieti per la sua presenza in mezzo a noi…”.

Del resto lo stesso Francesco, l’11 febbraio scorso, lo ha chiamato “Sua Santità Benedetto XVI”. Molti sembra che non si accorgano dell’eccezionalità di questa situazione, della sua unicità, in tutta la storia della Chiesa. Evidentemente è dovuta ai tempi che la Chiesa si trova a vivere.

Ieri è stato lo stesso Francesco a renderla evidente al mondo intero. Vedendo quelle immagini infatti tornavano in mente (con tutte le domande del caso) le parole di Benedetto XVI, pronunciate il 27 febbraio 2013, quelle parole che sembra siano state rimosse da molti: “Il ‘sempre’ è anche un ‘per sempre’ - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo”.

Ieri era evidente che “l’esercizio attivo del ministero” petrino è svolto da papa Francesco, ma pure che quel ministero, per quanto riguarda Benedetto XVI, non è “revocato” ed è “per sempre”.

Cosa significhi dal punto di vista ecclesiale non so dirlo. Ma il dovere dei giornalisti è quello di descrivere la realtà dei fatti così come sono, e, nel caso, di fare domande e chiedere spiegazioni e cercare di capire.

 

PERCHE’ E’ TORNATO

 

Eccoci dunque alla domanda sul significato della scelta di papa Francesco. Perché ha voluto Benedetto ieri in San Pietro al solenne Concistoro?

Forse è stato un gesto di cortesia. E’ la risposta più immediata. Ma forse anche la più banale e, a ben vedere, del tutto insoddisfacente.

Perché questo evento accade dopo un anno dal loro avvicendamento, un anno durante il quale ce ne sono state molte altre di cerimonie a cui Benedetto XVI avrebbe potuto partecipare. A cominciare dalla messa d’insediamento di Francesco.

Se dopo un anno si verifica un fatto del genere, che interrompe – per comune volontà di Bergoglio e di Ratzinger – l’“assenza” di Benedetto XVI dal mondo (che era stata annunciata come totale e definitiva), il motivo probabilmente è diverso. Più profondo e importante.

Nessuno è nella mente dei due papi, quindi è inutile fare illazioni. C’è però una coincidenza che fa riflettere. Proprio l’altroieri il Concistoro era stato aperto dalla relazione del cardinale Kasper sui temi caldissimi del prossimo Sinodo (relativi alle questioni della famiglia e dell’accesso ai sacramenti).

Kasper rappresenta le fazioni progressiste-moderniste della Chiesa, quelle che vogliono andare verso un sostanziale annacquamento della dottrina, ovvero – a mio avviso – verso l’autodemolizione della Chiesa, resa subalterna alle ideologie mondane.

Ratzinger – prima da cardinale, braccio destro di Giovanni Paolo II – e poi da Papa, è sempre stato considerato da queste fazioni come il grande avversario.

Egli ha rappresentato e rappresenta infatti non solo l’ortodossia, la fedeltà alla tradizione della Chiesa, ma anche una straordinaria intelligenza cattolica, capace di dialogare col mondo senza sottomettersi ad esso e – anzi – affascinando e attraendo le migliori intelligenze laiche.

 

CHIESA SOTTO ATTACCO

 

Nelle scorse settimane si sono fatte sentire molto le fazioni ecclesiastiche che vorrebbero fare del Sinodo una sorta di Vaticano III.

Del resto dall’esterno sono arrivate pressioni gravissime per un “rovesciamento” della dottrina cattolica: basti ricordare il recente fazioso attacco dell’Onu alla Chiesa.

Ma la presenza ieri in San Pietro, al Concistoro, di “Sua Santità Benedetto XVI”, chiesta da Francesco, è uno di quei fatti che parlano da soli.

Che fanno fare memoria della retta via e della retta dottrina. Dal momento che il dovere principale del Papa è proprio la custodia del “depositum fidei”.

Del resto la stessa omelia di Francesco, ieri, è stata – per così dire – di sapore ratzingeriano. Il Papa ha detto infatti ai nuovi cardinali: “La Chiesa ha bisogno del vostro coraggio, per annunciare il Vangelo in ogni occasione opportuna e non opportuna, e per dare testimonianza alla verità”.

Ha aggiunto che “la strada che Gesù sceglie è la via della croce… Diversamente dai discepoli di allora”, ha osservato il Papa “noi sappiamo che Gesù ha vinto, e non dovremmo avere paura della croce, anzi, nella croce abbiamo la nostra speranza. Eppure, siamo anche noi pur sempre umani, peccatori, e siamo esposti alla tentazione di pensare alla maniera degli uomini e non di Dio”.

Questo modo mondano di pensare produce poi “le rivalità, le invidie, le fazioni”. Il Papa ha chiesto dunque ai cardinali di respingere la mentalità del mondo.

Infine ha ricordato ai pastori che il gregge di Cristo è perseguitato in molte parti del pianeta, invitando a “lottare contro ogni discriminazione”, a pregare per questi fedeli e a confortarli nella prova in tutti i modi. Francesco ha parlato come Benedetto.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 23 febbraio 2014

Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”


E ancora...........



FRANCESCO CHIAMA BENEDETTO ACCANTO A SE’. LE TEMPESTE SI AVVICINANO

6 MARZO 2014 / IN NEWS

Nell’intervista a papa Bergoglio, pubblicata ieri da Ferruccio De Bortoli sul “Corriere della sera”, ci sono notizie sorprendenti su quello che sta accadendo nella Chiesa e sul bivio davanti al quale si trova questo pontificato. Che si annuncia drammatico.

 

I DUE PAPI

Anzitutto constatiamo che addirittura papa Francesco scende in campo sulla questione relativa a Benedetto XVI e al suo “papato emerito” e questo fatto, da solo, zittisce i tanti pierini clericali i quali sostenevano, nelle scorse settimane, che i nostri articoli ponevano una questione inesistente e perfino dannosa.

Dalle parole di Francesco scopriamo la durezza della battaglia che viene combattuta, su Benedetto XVI, oltretevere (“qualcuno avrebbe voluto che si ritirasse in una abbazia benedettina lontano dal Vaticano”).

E c’è poi una notizia: Benedetto e Francesco hanno deciso che il papa emerito non sia più “nascosto al mondo” come aveva annunciato inizialmente: “ne abbiamo parlato e abbiamo deciso insieme che sarebbe stato meglio che vedesse gente, uscisse e partecipasse alla vita della Chiesa”.

Notizia di grande portata. Coloro che hanno voluto per anni affondare il papato di Benedetto (cominciando dai cardinali spergiuri del 2005) e che hanno cantato vittoria quando Benedetto ha rinunciato, adesso si ritrovano Ratzinger che è rimasto “papa emerito” e che – per volontà di Francesco – addirittura esce dalla clausura e parteciperà alla vita della Chiesa, perché – dice Francesco – “la sua saggezza è un dono di Dio”.

Cosa questo significherà ancora non si sa, ma si può pensare che il desiderio di Bergoglio di avere accanto Ratzinger preannunci l’arrivo di tempi molto drammatici.

 

IL FUTURO CHIARIRA’

Francesco, forse per far digerire la pillola ai tanti nemici di papa Benedetto, ha cercato di motivare questa decisione ricorrendo a una consuetudine già introdotta dopo il Vaticano II, ovvero “l’istituzione” del vescovo emerito. Così da mettere fine alle obiezioni.

Ma lui stesso, verosimilmente, sa che un simile paragone non regge e che la questione, prima o poi, andrà davvero inquadrata e motivata nella sua novità.

Perché l’istituzione del vescovo emerito è dovuta alla regola sul limite di età per i vescovi, regola che non c’è per il papa. E soprattutto perché il papato non può essere ridotto a un qualsiasi episcopato, pena il venir meno del pilastro della Chiesa Cattolica Apostolica Romana (oltretutto la consacrazione episcopale è un sacramento mentre il papato è qualcosa di diverso e superiore, tanto che ha giurisdizione immediata e  universale su tutti i vescovi della Terra).

Non a caso, un anno fa, il canonista Ghirlanda, sulla “Civiltà Cattolica”, riflettendo l’orientamento generale dei canonisti, prospettò, per Benedetto, il titolo di “vescovo emerito di Roma”, ma il papa bocciò l’idea ritenendo che il titolo che corrispondeva alla realtà fosse invece quello di “Papa emerito”.

Il fatto che lo stesso Benedetto XVI abbia definito la sua rinuncia come un atto “grave” mostra che non è affatto una decisione “normale”, men che meno riconducibile a una sua presunta volontà di “normalizzazione episcopale” del papato.

E il mistero riguarda anche la scelta – unica nella storia della Chiesa – di restare “papa emerito”.

L’invito al Concistoro pubblico fatto da Francesco sembra inaugurare il “ritorno” di Benedetto nella vita pubblica della Chiesa, ma non è affatto un “ritorno alla normalità”, come qualche “pompiere” dei giornali si è affrettato ad affermare, ma – al contrario – l’inizio di una situazione del tutto nuova, come papa Francesco fa ben capire.

Inoltre, nel caso specifico, quell’abbraccio pubblico in San Pietro è servito a calmare un po’ le acque giacché l’avvio del Sinodo sulla famiglia è stato incandescente a causa della relazione del cardinale Kasper che è stata apertamente contestata, per i suoi contenuti fuori dai binari cattolici, da diversi autorevoli porporati.

 

CERCHIOBOTTISMO?

Del resto il papa Francesco che ha chiesto a Kasper quella relazione sui divorziati risposati e che l’ha elogiata (si tratta forse di pedaggi del Conclave), è lo stesso papa Francesco che ha avallato (e probabilmente chiesto) i ripetuti interventi, in senso opposto, del cardinale Muller, prefetto dell’ex S. Uffizio.

Nell’intervista il papa spiega che sui temi del Sinodo non ha affatto timore del dibattito, ma anzi che “cerca” il confronto più vivace e libero. Però fa anche sapere che alla fine, “quando si tratta di decidere, di mettere una firma… (il Papa) è solo con il suo senso di responsabilità”.

Il Sinodo sarà il momento della verità. Ci sono molti, dentro e fuori della Chiesa, che si attendono da Francesco una rivoluzione e magari pure che autodemolisca la Chiesa (la potente pressione dei media e dei poteri di questo mondo va in questa direzione). Altri, all’interno della Chiesa (e senza potere nel mondo), temono fortemente che si verifichi questa tragedia e sperano che il papa non ceda, che difenda la fede cattolica nella sua integralità, in continuità con il magistero di sempre.

Da questa intervista si capisce cosa accadrà?

Alcuni ritengono che  Francesco dia un colpo al cerchio e uno alla botte. Faccio alcuni esempi.

E’ evidente che il Papa non vuole lanciare crociate, come lui dice, né ricordare al mondo la legge naturale.

Tuttavia raccoglie l’appello lanciato da Giuliano Ferrara e altri intellettuali sul Foglio, che si mettevano a disposizione dopo l’attacco alla Chiesa venuto dal recente documento dell’Onu.

Qualcuno ha preteso di liquidare l’appello di Ferrara come se volesse insegnare al Papa, invece Francesco ha fatto sua la preoccupazione del Foglio. Sempre qualche superficiale ha liquidato l’appello come se riguardasse i “valori non negoziabili”, mentre concerne la dignità della Chiesa e la sua libertà.

Il Papa lo fa capire bene, dicendo che sulla difesa dell’infanzia “Benedetto XVI è stato molto coraggioso…nessuno ha fatto più della Chiesa. Eppure la Chiesa è la sola ad essere attaccata”.

Un altro problema. Nell’intervista è praticamente spazzata via la priorità dei “valori non negoziabili”, che ha caratterizzato gli ultimi due pontificati. Ma non perché Francesco neghi quei valori, semmai perché li identifica con la morale cattolica che oggi deve essere subordinata all’evangelizzazione.

Il primato dell’annuncio evangelico è sacrosanto e condiviso anche dai predecessori. Ma forse papa Bergoglio non ha approfondito la grande “questione antropologica” denunciata da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI: essa mostra un’autentica emergenza che minaccia la stessa sopravvivenza dell’umanità. E questa è tutt’altra cosa rispetto alla priorità della fede sulla morale.

In ogni caso a questa posizione, che verrà usata dai progressisti, si accompagna una difesa a spada tratta dell’Humanae vitae di Paolo VI che è la “bestia nera” del progressismo.

Francesco dice che “la sua genialità fu profetica, ebbe il coraggio di schierarsi contro la maggioranza, di difendere la disciplina morale, di esercitare un freno culturale, di opporsi al neo-malthusianesimo presente e futuro”.

Una simile difesa dell’Humanae vitae è sorprendente e colloca Francesco nel solco dei predecessori. Importante anche l’accenno al “coraggio” di Paolo VI di “schierarsi contro la maggioranza”.

Potrebbe prefigurare la prova che attende Francesco.

 

FRANCESCOMANIA

 

Forse per questo egli oggi dice che la “francescomania” non durerà a lungo. Ed ha aggiunto una decisa sconfessione dei tanti suoi sedicenti “interpreti”, specie di chi lo mitizza per strattonarlo verso la rivoluzione della Chiesa: “non mi piacciono le interpretazioni ideologiche, una certa mitologia di papa Francesco…Sigmund Freud diceva, se non sbaglio, che in ogni idealizzazione c’è un’aggressione”.

Con ciò sembra già prefigurare quello che gli toccherà subire. Di recente monsignor Georg Gaenswein ha detto: “Papa Benedetto dovette affrontare difficili problemi, per papa Francesco le vere prove devono ancora venire”.

Antonio Socci

Da “Libero”, 6 marzo 2014

Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”




 



[Modificato da Caterina63 07/03/2014 00:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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