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Per ricordare l'elezione dell'amato Benedetto XVI e il suo Calvario con Cristo

Ultimo Aggiornamento: 27/06/2013 12:24
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13/04/2013 14:42

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (1)

13.04.2013 14:16

 

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (1)

perseguitato ed ostacolato parte il ministero di Joseph Ratzinger affidato dalla Provvidenza a Benedetto XVI.

(parte prima)

 

Riportiamo, per dovere di cronaca, alcuni appunti dal sapore amaro tratti da un Diario uscito dopo quel Conclave e quindi ben prima dell'elezione del nuovo Pontefice 2013.

"E' il 17 aprile 2005, dentro le mura del Vaticano. Nel pomeriggio ho preso possesso della camera alla Casa Santa Marta. Posati i bagagli ho provato ad aprire le persiane, perché la stanza era buia. Non ci sono riuscito. Hanno spiegato che le persiane erano state sigillate. Clausura del Conclave..."

Con queste parole con cui comincia il diario di un anonimo Prelato della Curia, riportato da Repubblica nei giorni successivi a quel Conclave, possiamo ricostruire una strana situazione che avendosi dovuto verificare otto anni orsono, la ritroviamo oggi nell'ultimo Conclave dopo Benedetto XVI.

 

Ma non si viola così un segreto?

Se hanno acconsentito, sia pure in forma anonima, a rendere possibile tale ricerca di alcuni fatti avvenuti è perché hanno creduto all’intenzione non scandalistica ma rigorosamente storica di questo lavoro. Potrebbe sembrare una giustificazione alla violazione di un giuramento fatto o per accreditare il detto che il fine giustifica i mezzi, in questo caso vista la situazione nella Chiesa e l'evento storico di un Papa costretto (anche se non sappiamo ancora da chi o da cosa) a dimettersi, riteniamo un dovere anche il monito del Signore a non temere mai di dire la verità.

L’imposizione del segreto, poi, è stata decisa dai Papi innanzitutto per tutelare la libertà del Conclave: una fuga di notizie prima o durante il conclave, con i «seggi» nella Sistina ancora aperti, potrebbe condizionare le successive votazioni. Altra cosa, meno grave, crediamo, è una violazione del segreto post factum. Non c’è qui alcuna possibilità di condizionare o influenzare un fatto che è già avvenuto e può essere ormai consegnato alla storia nei suoi contorni più obiettivi.

L'idea di riportare qui queste ed altre note dei fatti ha due ragioni:

la prima è data dall'affetto che ci lega a Benedetto XVI, uno dei Pontefici più perseguitati di questi ultimi tempi, forse dovremmo risalire a Pio VII, al beato Pio IX e al venerabile Pio XII per capire quanto accanimento questo Papa ha dovuto sopportare. Forse possiamo accostarlo anche all'immagine di Paolo VI, perseguitato nel suo Magistero petrino, quando uscì l'Humanae Vitae.

Resta illuminante a riguardo il magnifico articolo riportato da Riscossa Cristiana e firmato dal teologo Padre Giovanni Cavalcoli O.P. "Forza e debolezza del Papato", che consigliamo vivamente.

La seconda ragione è che essendo ormai note di dominio pubblico affidate spesso a citazioni di profezie dei Santi, diventa lungimirante usare queste informazioni per fare un pò di ordine alle idee sia per non lasciarci travolgere dagli eventi e rischiare di cedere al disfattismo ed allo scoraggiamento, sia per ascoltare e mettere davvero in pratica le parole del Signore: " È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!" (Mt.18,7), in questo caso riteniamo più utile comprendere i fatti e cessare così di alimentare ulteriori scandali.

 

Dunque, ritornando alle pagine di quel Diario, si intuisce l'importanza dell'isolamento del Corpo elettore, affinché "lasciamo spazio allo Spirito Santo", così come diceva proprio l'allora cardinale Ratzinger nel commento al Trittico alla Sistina di Giovanni Paolo II: " Dagli occhi interiori del Papa emerge nuovamente il ricordo dei Conclave dell’agosto e dell’ottobre 1978.

Poiché anch’io ero presente, so bene come eravamo esposti a quelle immagini nelle ore della grande decisione, come esse ci interpellavano; come insinuavano nella nostra anima la grandezza della responsabilità. Il Papa parla ai Cardinali del futuro Conclave "dopo la mia morte" e dice che a loro parli la visione di Michelangelo. La parola Con-clave gli impone il pensiero delle chiavi, dell’eredità delle chiavi lasciate a Pietro. Porre queste chiavi nelle mani giuste: è questa l’immensa responsabilità in quei giorni. Si ricordano così le parole di Gesù, il "guai" che ha rivolto ai dottori della legge: "avete tolto la chiave della scienza" (Lc 11, 52). Non togliere la chiave, ma usarla per aprire affinché si possa entrare per la porta: a questo esorta Michelangelo".

Nel 2005 quelle Chiavi furono messe nelle mani che la Provvidenza aveva forgiate, preparate per tanti anni, le mani di Joseph Ratzinger. Che non tutto il Collegio cardinalizio fosse d'accordo è comprensibile. La componente umana ha sempre giocato il suo ruolo umano da quando, Duemila anni orsono, il Signore Iddio scelse l'umile Ancella per realizzare il Suo Progetto di Salvezza e da Lei attese una risposta, amava sentire quel "Fiat" voluntas tua prima di cominciare l'opera.

Come ci insegnano i Padri della Chiesa, infatti, l'Incarnazione prodigiosa avvenne nel momento del fatidico "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me quello che hai detto" e l'Angelo compiuta la sua missione, partì da Lei (cfr Lc.1,28-38).

Così, all'incirca, avviene in ogni Conclave: ogni volta è una "incarnazione", è un prodigio nonostante ci siano i calcoli umani, nonostante tutto... e non è un caso la promessa che il Signore Gesù fece solamente e singolarmente a Pietro: "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt.16,18-19).

Chiunque venga eletto, alla fine dei giochi, riceve una dignità unica (e la Grazia di Stato) perché è la Parola del Signore che conta alla fine, è la Sua fedeltà che impegna il Suo stesso progetto. Gli scandali dunque ci saranno sempre, sta a noi non essere lo scandalo!

Joseph Ratzinger viene eletto al quarto scrutinio. Ma quello che a molti di noi dall'esterno può essere sembrato una naturale continuità col suo Predecessore, fu in realtà un percorso pieno di ostacoli e di insidie utili oggi per comprendere la sofferenza e la dura persecuzione vissute da Benedetto XVI.

Tornando al Diario si legge come al terzo scrutinio fossero in verità una minoranza i cardinali poco propensi a dare il proprio voto all'ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, indirizzati piuttosto a compattarsi per eleggere da allora il primo pontefice del Sudamerica Jorge Mario Bergoglio.

Non è un mistero che il suo nome venne alla luce da subito, da quando si chiusero le porte del Conclave e che continuò a riecheggiare per molti mesi dopo.

Bergoglio così raggiunse ben 40 voti che, seppur pochi per varare l'Habemus Papam, di fatto bloccò l'elezione immediata di Ratzinger.

Sia ben chiaro che questi fatti non devono farci leggere Bergoglio quale nemico di Ratzinger, ciò che interessa a noi è comprendere l'ipotesi piuttosto veritiera di una crisi interna alla Curia romana che non solo non è finita con l'elezione "tardiva" di Bergoglio (al quale spettano ora le medesime croci e i medesimi tradimenti), ma che sta probabilmente alla radice delle ragioni più vere delle dimissioni di Benedetto XVI.

Arrivati a lunedì 18 aprile, ricostruisce il Diario, il nodo comincia a sciogliersi.

Ma il primo antagonista della vicenda non è Bergoglio, bensì il cardinale Martini.

Infatti in quello scrutinio alle ore 18 del 18 aprile la situazione è la seguente:

Joseph Ratzinger, 47 voti;

Bergoglio, 10 voti;

Martini, 9 voti;

2 voti li prende anche Tettamanzi e 6 perfino Ruini, voti o... vuoti a perdere, grazie a Dio!

Qualcuno ipotizza un testa a testa fra Martini e Ratzinger nel secondo scrutinio, ma non abbiamo prove, quindi lasciamo andare.

Resta palese tenere in grande considerazione che in verità, al cardinale Martini, non interessava affatto diventare Papa, primo per il decorso della malattia che lo aveva già colpito, secondo perché era tipico di Martini preferire il ruolo di "ante-papa" (e non anti-papa) come lui stesso ebbe a dire nel suo libro Conversazioni notturne a Gerusalemme. Cosa volesse in realtà Martini, o chi preferisse al posto di Ratzinger come Papa resta un mistero, come un mistero resta quella sua affermazione a voler essere "ante-papa", e spesso anche scandalo per certe affermazioni poco dottrinali.

Ciò che è importante è l'annotazione del Diario in questione che  sottolinea all'improvviso la svolta nel Conclave. Ci piace immaginare in questa "svolta" il vero soffio dello Spirito Santo che in qualche modo e con azioni a noi incomprensibili, ebbe così a spostare l'attenzione degli Elettori sul vero Candidato.

E poi, parliamoci chiaro: ma chi voleva fra gli eventuali papabili, diventare l'ombra di Giovanni Paolo II ed essere continuamente paragonato a lui? Perché è anche questo che ha dovuto subire Ratzinger e di cui poco si parla; serviva un capro-espiatorio.

Lo abbiamo visto con l'elezione oggi di Bergoglio: alla Messa di intronizzazione di Ratzinger, benché la piazza fosse gremita fino a Via della Conciliazione e l'entusiasmo era palpabile, la piazza e i fedeli si era riempita anche di immagini del suo Predecessore mentre, alla Messa di intronizzazione di Bergoglio nessun fedele portava l'immagine del Predecessore, per altro vivente.

Mancanza di tatto, di buona educazione, sensibilità e quant'altro, ci viene spontanea una osservazione: ma da dove uscivano questi fedeli che avevano dimenticato così in fretta Benedetto XVI? Dalle catacombe? Dove sono stati in tutti questi otto anni quelli che con un sospiro di "sollievo" intervistati dicevano: "finalmente"!

Scusate, ma "finalmente" di cosa?

O come le assurde affermazioni fatte dal cardinale Ruini di cui, in qualità di cattolici, ci vergogniamo profondamente e ne prendiamo volutamente le dovute distanze!

Così il vero antagonista di Ratzinger, nel Conclave 2005 si rivela essere di fatto Bergoglio. Tutto sommato anche lui un gesuita come lo era Martini ma tra i due, si dice anche, che in verità non corresse buon sangue. Vi è da dire che più che con Martini lo stesso Giovanni Paolo II ebbe sostegno proprio da Bergoglio che non dall'arcivescovo di Milano.

Bergoglio appoggiò e sostenne il Magistero del Papa in Argentina, se ne faceva promotore soprattutto con l'uscita del Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica del quale ebbe a dire nel 2002:

«Per questo presentiamo il messaggio del Catechismo così com'è. Colui che lo segue si salva e salva gli altri. Siamo consapevoli della sofferenza del nostro popolo, siamo consapevoli del fatto che molti bambini non possono terminare il primo ciclo d'istruzione per mancanza delle necessarie proteine. Siamo consapevoli che negli ospedali manca l'essenziale per la salute della gente. Presentare il messaggio di Gesù Cristo significa tracciare il cammino che Egli ha tracciato. Per esser degni della Sua dignità. E diciamo: ogni persona del nostro popolo ha diritto a vedere rispettata questa dignità e non a vederla calpestata. Calpestare la dignità di una donna, di un uomo, di un bambino, di un anziano è un peccato grave che grida al Cielo».

 

Un cardinale Martini avrebbe tagliato la parte iniziale in riferimento al Catechismo e avrebbe sostenuto solo l'ultima parte della frase.

Perciò, nonostante sia una forzatura quella di relegare Bergoglio a candidato "progressista", il vero antagonista di Ratzinger fu lui, forse perché molti degli Elettori vedendolo anche a 69 anni (confronto ai 78 anni di Ratzinger) e più simile ad un portamento alla Giovanni Paolo II, come oggi sta dimostrando, vedevano in Bergoglio il candidato più adatto.

Se così fosse però, ci viene confermata non solo la crisi in atto nella Curia, ma soprattutto la volontà grave (o l'aggravante) a non volere un Papa "dottrinale e teologo" che annoierebbe la piazza, ma un Papa sprint, un Papa "da vedere", un Papa che si occupi esclusivamente delle folle attraverso baci, carezze e gesti significativi. Ratzinger, per loro, non avrebbe garantito questo successo e sapevano che si sarebbe occupato di ciò per cui la Provvidenza lo aveva forgiato: Custode della Dottrina della fede, fine teologo, un Prefetto, un amante della Liturgia, un monaco nel mondo, un mistico fra la gente, Cooperatore Veritatis. Troppo "cattolico"!

Non che Bergoglio non lo sia, ma non è un teologo! Non è una diceria, egli non conseguì mai il dottorato. Non è un liturgista, a lui piace la Messa detta in cinque minuti ed è insofferente nei confronti del tempo che una liturgia appropriata (pontificia) richiederebbe. Bergoglio è pastorale, la stessa croce pettorale che ama portare riproduce infatti non il Crocefisso o il Risorto, ma il Buon Pastore. Non è mica una colpa questa, anzi, ma è un dato di fatto su cosa e chi volevano davvero i cardinali in Conclave.

Dice bene Padre Cavalcoli O.P. nel titolo sopra riportato:

" Certo, abbiamo avuto Papi francescani, ma hanno fatto i Papi e hanno smesso di fare i frati. Questo sia detto con tutto rispetto dei frati - io sono un frate domenicano - ma non bisogna confondere i ruoli nella Chiesa. I frati domenicani che sono diventati Papi hanno fatto i Papi.

Questo nuovo Papa poi è Gesuita, ed anche questa sua qualità certo ci fa sperare insieme col carissimo nome di Francesco, anzi vorremmo sperare in una sintesi tra l’energia e la dottrina del Gesuita da una parte e la mitezza ed umiltà francescane dall’altra. In ogni caso il grande problema pastorale di oggi è una ritrovata collaborazione tra Papa ed episcopato. In ciò indubbiamente è utile l’applicazione delle direttive conciliari, tuttavia adeguatamente corrette nei loro difetti e non peggiorate come vorrebbero i modernisti, pensando così di far avanzare la Chiesa e invece la fanno retrocedere.

In particolare bisogna che i vescovi, senza affatto abbandonare la bella figura del pastore evangelico delineata dal Concilio, riprendano in mano il loro ufficio di maestri e custodi della fede evitando di lasciare solo il Papa in questo gravissimo compito che spetta a tutto il Magistero della Chiesa".

 

Senza dubbio che questi discorsi sui Conclavi e sui Protagonisti possono risultare sgradevoli o spiacevoli, ma noi li offriamo solo come cronaca atta a smascherare proprio certo gioco mediatico progressista, tutto a favore di una lotta intestina alla Chiesa che se da una parte è reale, dall'altra però non vuole considerare l'azione dello Spirito Santo che continua e agisce nonostante le intenzioni umane.

Nei fatti, quel 19 aprile 2005, alle ore 16 e 30, Ratzinger riceve 84 voti contro i 26 di Bergoglio, lo spoglio delle 17,30 si ferma dopo aver superato quota settantasette. I Prelati Elettori si guardano, Ratzinger si asciuga il volto con un fazzoletto, parte l'applauso (qualcuno dirà: non troppo caloroso), Habemus Papam: Joseph Ratzinger.

(continua nella seconda parte fra qualche giorno)

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Maggiori informazioni http://anticlericali-cattolici.webnode.it/news/a19-aprile-2005-un-pontificato-difficile-1-/



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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16/04/2013 20:37

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (2)

16.04.2013 19:37

 

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (2)

perseguitato ed ostacolato, il ministero di Benedetto XVI procede per 8 anni sulle profetiche Stazioni di una gloriosa Via Crucis.

(parte seconda) qui la parte prima

 

Fra le tante citazioni che si potrebbero riportare, di Ratzinger prima di essere eletto come le famose Meditazioni alla Via Crucis del Venerdì Santo 2005, o come l'Omelia alla Messa Pro eligendo Pontifice, ci piace riportare invece il suo appello ai fedeli nell'Omelia per la Messa di intronizzazione del 24.4.2005 quando disse:

" Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti e noi impariamo a portarci gli uni gli altri..."

Con tutto l'amore che vogliamo alla razza dei canidi e l'immagine affettuosa, cara alla tradizione, di un Francesco (il Santo e poverello d'Assisi) alle prese con un lupo, non possiamo non riscontrare un'altra immagine drammatica, quella biblica che ben delinea il Calvario di questo glorioso Pontificato:

"I suoi sacerdoti violano la mia legge, profanano le cose sante. Non fanno distinzione fra il sacro e il profano, non insegnano a distinguere fra puro e impuro, non osservano i miei sabati e io sono disonorato in mezzo a loro. I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi che dilaniano la preda, versano il sangue, fanno perire la gente per turpi guadagni". (Ezech. 22,26-27)

In questo breve e drammatico passo c'è tutto il sunto di questi otto anni di Pontificato benedettiano, momenti difficili e bui per la Chiesa nei quali era proprio la parola e i gesti liturgici di Benedetto XVI a portare speranza, luce, fiducia. L'umile lavoratore nella vigna del Signore è da subito circondato da lupi affamati. Del resto, come ben sappiamo, l'orso di San Corbiniano riportato nel suo stemma ci conduce passo passo all'interno di questa battaglia che, effettivamente, egli combatteva già da molti anni in qualità di Prefetto per la custodia della sana Dottrina. Detta brevemente, la storia dell'orso, ci racconta di come san Corbiniano, durante il suo pellegrinaggio verso la Tomba dell'Apostolo Pietro, venne assalito da un orso che uccise il suo cavallo. A quel punto san Corbiniano , che forse si sarà ricordato pure del Salmo: "Il cavallo non giova per la vittoria, con tutta la sua forza non potrà salvare" (32,17), si mette a parlare con l'orso, lo rimprovera per il suo gesto e così lo addomestica facendosi portare sulle sue spalle fino a Roma.

Benedetto XVI è senza armi umane e senza supporti, si affida a questo racconto per spiegare come egli veda il suo Pontificato: come l'orso che si fa carico dei problemi che hanno oscurato la cristianità del nostro tempo.

Ci si ostina a dire che Benedetto XVI eliminò la tiara dal suo stemma pontificio. Nulla di ciò è più falso. Che Egli abbia deciso di adottare la mitria è tipico del suo carattere mite e mansueto, pronto ad accettare anche una imposizione che lo coglie, invece, a sorpresa, a fatto compiuto. Lo stemma pontificio del Papa infatti venne confezionato a sorpresa e portato al Papa come dono del cardinale Montezemolo. Che piaccia o meno, non era nel carattere di Ratzinger respingere un dono. Prova ne è che sul famoso tronetto rosso usato nelle Messe, venne riportato lo stemma di Benedetto XVI con tanto di tiara e non solo lì, ma anche su alcune stole non ha esitato ad alternare il suo stemma con la tiara a quello con la mitria, per non parlare dell'uso delle stole dei predecessori con tanto di stemma e tiara; ma anche in diversi piviali e perfino si tentò di riportarla sul tappeto domenicale dell'Angelus, ma la comparsa di quello stemma di una domenica di ottobre del 2010, bastò a scatenare gli sproloqui progressisti e così, da buon mansueto, Benedetto sia, fece sparire anche quel tappeto.

Questi piccoli episodi la dicono lunga su cosa Ratzinger dovette sopportare e subire.

Così come le falsi voci sulle firme prestigiose sulle sue scarpe rosse, mantelli, mozzette varie, non sono altro che quel continuo tam-tam diffamatorio atto a voler presentare un Pontefice schivo alla povertà, spendaccione, amante del lusso. In verità lo stile di Benedetto XVI non è stato altro che decoroso e dignitoso al ruolo che ricopriva, sobrio dal punto di vista delle spese visto che per otto anni ha usato paramenti e stole dei suoi Predecessori, sobrio dal punto di vista degli oggetti visto che ha tirato fuori dal museo i vari troni dei suoi Predecessori. Lo stesso pastorale (ferula) non fu altro che un dono del Circolo di San Pietro, una usanza antica quella di donare al nuovo Pontefice la ferula e dopo che ebbe portato sia quella di Paolo VI sia quella di Pio IX. Dunque, dove stanno tutte queste "spese"?

Ma torniamo alle cose più serie.

 

Il 17 aprile del 2008 è la prima volta nella storia della Chiesa che un Pontefice incontra uomini e donne vittime di abusi sessuali commessi da sacerdoti cattolici.

Ben consapevole di tal piaga oramai purulenta, dopo che sotto il Pontificato precedente i Vescovi e cardinali l'avevano avuta vinta di far passare tutto sotto silenzio, Benedetto XVI decide di far emergere tutto il pus velenoso che si era addensato nella piaga e convoca, non a caso, un Anno Sacerdotale (2009/2010) durante il quale le tenebre si accaniscono contro la Chiesa e cercano di ottenere il suo più completo disfacimento, ma invano!

E come non ricordare il tentativo di rovesciare questo Trono Petrino quando in quel 12 settembre del 2006, all'università di Ratisbona, di proposito si vollero usare le parole del suo Discorso storpiandole, manipolandole in modo da dare origine al "caso", ma anche qui invano!

 

E come non dimenticare il vile tentativo di far passare la sua breve esperienza militare (obbligatoria e dalla quale si defilò disertando) con indosso una divisa della aviazione, scambiata volutamente e diabolicamente quale divisa delle SS?

Ricorderemo tutti le parole di Benedetto XVI sull'aereo che lo portava a Fatima (11-14 maggio 2010) quando rispiegò il valore del Terzo Segreto di Fatima:

" Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia. Con una parola, dobbiamo ri-imparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza e le virtù teologali. Così rispondiamo, siamo realisti nell’attenderci che sempre il male attacca, attacca dall’interno e dall’esterno, ma che sempre anche le forze del bene sono presenti e che, alla fine, il Signore è più forte del male, e la Madonna per noi è la garanzia visibile, materna della bontà di Dio, che è sempre l’ultima parola nella storia...."

E come non menzionare le sue tre Encicliche diabolicamente mai fatte circolare nelle varie Diocesi e parrocchie, mai usate come strumento di evangelizzazione.

Con la Deus Caritas est Benedetto XVI mette a nudo il pericolo socialista e marxista così come il pericolo della Teologia della Liberazione;

con la Caritas in veritate mette a nudo le contraddizioni delle principali teorie economiche che dominando nel mercato politico vedono l'uomo solo come oggetto di consumo e ricavo, lo sfruttamento dell'uomo e di conseguenza il suo vero indebolimento e la conseguente crisi economica, sociale e culturale;

e infine con l'enciclica Spe Salvi nella quale, e potremmo dire davvero impietosamente, denuncia il come siamo giunti a toccare il fondo di un processo evolutivo drammatico per l'uomo, specie in Occidente, a causa di un progressivo allontanamento dalla vera unione tra fede e ragione che a fatica era stata portata già con San Benedetto per la formazione di una Europa "ragionevolmente" cristiana. Benedetto XVI non risparmia di denunciare in questa enciclica il degrado generato dal fideismo e dal liberalismo protestante, che ha negato il ruolo della ragione, poi denuncia il degrado perpetrato a causa di un prepotente laicismo illuminista che ha eliminato la fede, infine sono sopraggiunte le ideologie del XX Secolo che si sono imposte come nuove "religioni" secolari ed anticristiane, per raggiungere a quel nichilismo oggi imperante che è, appunto, quel relativismo che ha colpito l'Uomo in ogni suo ruolo, da quello familiare a quello politico, e inevitabilmente anche all'uomo religioso, al sacerdote, al vescovo...

 

Vale qui la pena di riportare un altro passo dell'articolo già citato nella prima parte, a firma del teologo Padre Giovanni Cavalcoli O.P. "Forza e debolezza del Papato" quando dice:

" Se dunque nei primi anni del postconcilio avevamo per lo più soltanto teologi rahneriani colpevolmente tollerati dai loro vescovi, adesso abbiamo vescovi rahneriani, che sono gli antichi seminaristi di un tempo formati da insegnanti rahneriani. Una situazione incancrenita e pericolosissima. Rahner è diventato un “classico” quasi fosse un Padre della Chiesa o un nuovo S.Tommaso d’Aquino. (..)

Il potere di questi prelati, essendo immediatamente e spazialmente vicino, conta più di quello del Papa, è più temibile di questo. Disobbedire al Papa in molti ambienti non porta a nessuna conseguenza, anzi si ottiene successo e si passa per moderni ed avanzati, ma disobbedire ai prelati modernisti si paga caro e può compromettere o bloccare la stessa carriera o attività ecclesiastica o sacerdotale, per quanto si possa essere teologi o docenti stimati e di lunga esperienza.

In tal modo il Papato con i pochi collaboratori fedeli che gli restano tra i vescovi e tutti i buoni cattolici, è una specie di stato maggiore di un esercito dove però l’esercito si è costituito capi per conto suo, i quali non seguono affatto le direttive dello stato maggiore, ma vanno per conto proprio con una loro politica ecclesiastica, una loro teologia ed una loro pastorale che non riflette la vera concezione cattolica, ma quella concezione ereticale di cui sopra.

E i Papato ha le mani legate, non può far quasi nulla dal punto di vista del governo, del controllo della dottrina e delle nomine ecclesiastiche. Queste ultime sono per lo più imposte od ottenute con raggiri dai modernisti, sicchè il Papa deve, come si suol dire, “far buon viso a cattivo gioco”, si trova ad avere a che fare con “collaboratori” finti o di facciata che non sono affatto copertamente o scopertamente veri collaboratori, ma che gli remano contro se non in modo plateale e sfacciato, certo comunque in modo reale e come un tarlo che corrode ogni giorno il sistema del Papato.

Il Papa è così sottoposto ad uno stillicidio quotidiano, ad una vita logorante difficilmente sopportabile[5], se non fosse che abbiamo avuto in questi decenni Papi santi che hanno saputo offrire la loro vita per la Chiesa in unione con la croce di Cristo. Con tutto ciò è chiaro che il Papa ha i suoi buoni collaboratori, presenti grazie a Dio in tutti i settori della Chiesa in tutto il mondo, ma in scarsissimo numero, e tutto quello che possono fare, oltre a soffrire insieme col Vicario di Cristo, è la proclamazione della sana dottrina, peraltro sistematicamente ed immediatamente criticata, fraintesa, derisa e contestata dai potenti mezzi propagandistici dei modernisti. E’ possibile dunque sapere, in linea di principio, che cosa pensa il Magistero, ma è assai difficile metterlo in pratica a causa degli ostacoli, delle minacce, delle seduzioni e delle persecuzioni provenienti dal potere modernista.

Questa situazione di debolezza e di impotenza sorge col papato di Paolo VI e si protrae sino ai nostri giorni. Essa certamente è all’origine delle dimissioni di Benedetto XVI[6]. Il Papato con Paolo VI non è più Cristo che guida le folle[7], che compie prodigi, che corregge i discepoli, che caccia i demòni, che minaccia farisei, sommi sacerdoti e dottori della legge, ma è Cristo sofferente, “crocifisso e abbandonato”, inascoltato, disobbedito, contestato, beffato, emarginato, angosciato..."

 

Perdonate la lunga citazione, ma indispensabile per comprendere questi 8 anni di calvario di Benedetto XVI, perché parliamo appunto di Calvario, descritto da una firma assai più prestigiosa della nostra.

Va anche annotato che il cardinale Joseph Ratzinger era stato nominato Prefetto per la Congregazione della Dottrina della fede da Giovanni Paolo II il 25 novembre del 1981 e che da allora, neppure in questi 8 anni da Pontefice, egli ha mai lasciato davvero questo incarico.

Lo dicono le nomine da lui fatte in cerca di un sostituto a lui stesso diventato Pontefice, nomine insufficienti, inadeguate, inconcludenti.

Con mons. Levada (forse l'unico idoneo al ruolo) gli unici Documenti firmati risalgono a bozze che erano già state preparate da Ratzinger prima di diventare Papa. In ultimo, la nomina di mons. Muller la dice lunga sull'inadeguatezza a chi affidare questo delicato ma decisivo ruolo (anzi ci auguriamo di sbagliare riguardo alla scelta), in sostanza appare evidente che a differenza di questi due ultimi Pontificati, attualmente non abbiamo un "Defensor fidei" di elevato spessore o paragonabile all'allora Ratzinger.

Certo, qui è la responsabilità stessa del Papa che fa le nomine, ma probabilmente anche la forte carenza di Prelati adatti e soprattutto "cattolici nella Dottrina", come ha spiegato Padre Cavalcoli nell'articolo sopra, la dice lunga della grave situazione interna in cui vive la Chiesa e delle scelte difficili che spettano poi al Papa.

Ricapitolando questa seconda puntata, traspare tutto il Calvario con le Stazioni vissute da Benedetto XVI, ma tante altre se ne potrebbero citare e saranno ricordate nella terza parte dell'articolo che intendiamo preparare dopo questo.

Abbiamo voluto ricordare questi eventi perché se è vero che Benedetto XVI non è più Vescovo di Roma, Sommo Pontefice dal 28 febbraio 2013 per sua scelta, è altrettanto vero che sarà "Papa e Vicario di Cristo" fino all'ultimo dei suoi giorni perché, come si deduce dallo stesso Diritto Canonico, il ruolo di "ex Papa o ex Vicario di Cristo" non esiste, così come non esiste quello di "ex-sacerdote", il che significa, almeno per noi, che Benedetto XVI pur non essendo più alla guida della Chiesa egli è nella Chiesa, come detto da lui stesso nell'ultimo Angelus:

"Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze..." (Angelus 24.2.2013).

 

(continua nella terza parte fra qualche giorno)

 

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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19/04/2013 13:45

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (3)

19.04.2013 00:06

 

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (3)

perseguitato, odiato ed ostacolato per aver "adornato la Sposa di Cristo" nella Liturgia.

(parte terza ed ultima) leggi qui la seconda parte

Qualcuno, leggendo la seconda parte  avrà forse pensato che abbiamo esagerato nella descrizione di questo Pontificato. Con questo ultimo articolo della serie vi dimostreremo che non siamo gli unici a pensarla così e che è auspicabile per molti cattolici (anche tra preti e vescovi e cardinali) fare un sincero esame di coscienza.

 

 "Santità, la menzogna e la violenza diabolica si avventano, ogni giorno, sulla Sua Sacra Persona.

Lei vive di fronte a tutta la Chiesa una singolarissima partecipazione alla Passione del Signore Gesù Cristo.

Di fronte alla Chiesa e al mondo Lei sta percorrendo “la via dolorosa”. Ci senta accanto a Lei, con un affetto infinito e con la volontà di confortare, per quanto possiamo, questo suo dolore. Nel suo dolore, Santità, vibra già tutta la potenza di Dio che, in questo dolore e per questo dolore, vince oggi il male del mondo.

(..) com’è possibile che un miliardo di cristiani assistano in silenzio ed impotenti al tentativo di distruggere il Papa, senza rendersi conto che dopo questo non ci sarà più salvezza per nessuno.

Santità, è necessario che tutti noi lavoriamo, sotto di Lei, ad una grande riforma dell’intelligenza e del cuore della Chiesa, fondata sull’adesione incondizionata al Suo Magistero ".

Con queste parole il 27 marzo 2010, mons. Luigi Negri allora Vescovo di San Marino, pubblicava una Lettera aperta per far fronte ai duri attacchi di cui fu oggetto nell'Anno Sacerdotale il Sommo Pontefice, a causa degli scandali della pedofilia nel Clero, e non solo per questi come abbiamo visto nell'articolo precedente.

I primi, con mons. Crepaldi come vedremo, praticamente le uniche voci forti che abbiano avuto il coraggio di schierarsi apertamente contro la dura ed ingiusta persecuzione che il Papa dovette subire.

Già, come è stato possibile il silenzio di un miliardo di persone che si dicono cattoliche? Sì, alla fine abbiamo assistito alle onde oceaniche di gruppi e movimenti organizzati che si sono riversati in San Pietro per dare solidarietà al Papa ma, ci perdoni oggi Papa Bergoglio, è assai più facile scendere in piazza e manifestare nella gioia fra gesti, applausi e abbracci, senza nulla ancora da difendere, anziché scendere in piazza per sostenere un Pontefice ingiustamente calunniato e perseguitato. E' vero pure che con i se e i ma non si fa la storia e siamo sicuri che se un domani Papa Francesco dovesse aver bisogno della solidarietà cattolica, la riceverebbe con lo stesso calore, resta palese che questa solidarietà proprio dal mondo cattolico, nei confronti di un Papa ingiustamente percosso, fu davvero, al principio, assai latente. E' evidente che gran parte di questa responsabilità ricade sui Media e su certa stampa che, presentandosi da cattolica ma di fatto sono lupi voraci, si sono avventati sul gregge disorientandolo e ingannandolo.

Ecco l'importanza di questa Lettera e quella di mons. Crepaldi di Trieste, per difendere il Pontefice Benedetto XVI.

E non fu certo solo colpa dello scandalo della pedofilia! e no!

L'ostilità a Papa Benedetto c'è sempre stata, fin da quando occupava la croce del Difensore della fede, Prefetto, che con disprezzo chiamavano "il panzer-cardinal" oscurando volutamente la mitezza di questo gigante della Fede, la bontà, la tenerezza.

 

Il 21 marzo sempre del 2010 così scriveva mons. Crepaldi Arcivescovo di Trieste:

"Il tentativo della stampa di coinvolgere Benedetto XVI nella questione pedofilia è solo il più recente tra i segni di avversione che tanti nutrono per il Papa."

 

Il più recente, quali furono dunque gli attacchi precedenti? Ne citiamo alcuni:

intanto la sua nomina a Pontefice, mentre la gente ne fu davvero entusiasta, il malumore non mancò di farsi sentire tra i Vescovi e qualche freddo commento fra i Cardinali (leggasi la prima parte).

Tutti sapevano chi era Ratzinger, ma molti ne avevano una immagine distorta. Con pazienza e preparando il terreno attraverso catechesi e discorsi, Benedetto XVI cominciò ad avviare una grande Riforma nella Chiesa a partire dalla Liturgia, e questa fu giudicata come un attacco alla propria e personale creatività da parte di molti. Qualcuno scriveva "la ricreazione è finita!"

In verità Ratzinger non ha imposto nulla e forse questa "troppa grazia" è stata mal digerita dai gruppi detti tradizionalisti, e dall'altra parte progressista, resa invalida la Riforma.

Benedetto XVI comincia a riformare la Messa del Pontefice fino ad allora ridotta davvero all'osso con gli altari spogliati completamente di tutto. Una Sposa denudata, ridotta a stracci, per altro costosissimi, di casule ridicole indegne pure per il mago Otelma: colorate, rasate, e non giudichiamo l'arte, ma il sacramentalmente ridicole come le casule imposte a Benedetto XVI in visita apostolica in Austria.

Finalmente dal primo ottobre 2007 le cose cambiano, arriva mons. Guido Marini nominato Maestro delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice e gli effetti si vedono. Perché spendere soldi? Ecco riaprire la Sacrestia dei Papi e rispolverare pianete, mitrie, stole e casule degne di un Pontefice, poi il dono di alcuni fedeli con seri piviali con tanto di stemma faranno il resto. Non ci voleva tanto, ma solo la buona volontà.

"Pizzi e merletti" si va dicendo con ironia, odiosi orpelli che ritornano in uso, si accusa al Pontefice, dimenticando che stiamo parlando di un Sposa non di un oggetto, tale è la Liturgia che si celebra nella Chiesa: è la Sposa che parla, che si rivolge allo Sposo; è la Sposa che solleva il Calice della salvezza e con lo Sposo offrono al Padre il Suo Sacrificio perfetto; è la Sposa che invocando lo Spirito Santo manda sulle membra i suoi sette santi doni.

Certo che "pizzi e merletti" non servono, chi e che cosa potrebbe mai essere all'altezza di esprimere visibilmente quello che accade in una vera Liturgia Cattolica? Questi "orpelli" sono solo un segno che esprime, solamente sfiorandola, la Bellezza che viviamo e di cui tanto parliamo, la vera Bellezza che salva.

Annotiamo anche una nota di "colore".

Il famoso camauro che Papa Benedetto XVI osò indossare in una udienza durante un inverno gelido. L'ignoranza di certi vaticanisti è tollerabile quando, senza conoscerne l'usanza, si scagliarono con maleducazione inaudita contro il Papa ridicolizzandolo, ma che certa ignoranza provenga dalla stampa cattolica è davvero inaccettabile. Il camauro non è solo un semplice copricapo invernale (bianco se è dopo Pasqua) che a differenza dello zucchetto protegge meglio il capo e le orecchie dal freddo, ma è anche un ricordo della "corona di spine".

Fa pensare come certa stampa si sia così presto dimenticata del beato Giovanni XXIII, così racconta l'episodio il grande sarto dei Papi, Gammarelli:

"Un giorno, durante il pontificato di Giovanni XXIII, mio padre fu chiamato in Vaticano dal Papa, che disse: 'Gammarelli, vorrei un camauro'. Mio padre cadde dalle nuvole, ma evidentemente non si dice di no ad un desiderio del Papa e disse: 'senz'altro, Santità , provvederemo immediatamente'. Mio Padre aveva una vaga idea di ciò che era un camauro e soprattutto non sapeva dove cominciare per confezionarlo e se a Roma c'erano artigiani in grado di soddisfare la curiosa richiesta. Dopo avere consultato enciclopedie di vario tipo, mio padre si accorse che il camauro era molto ben documentato dal punto di vista figurativo, ma rimaneva il problema di come farlo e chi lo potesse fare. Il problema fu presto risolto, avendo nel negozio il velluto del colore adatto ed una manodopera specializzata. Il tutto per la completa soddisfazione del Papa buono e l'orgoglio di avere esaudito un desiderio del Papa. In seguito e' stato di nuovo confezionato per Sua Santità  Benedetto XVI in velluto rosso, ma anche in damasco bianco, da indossare nel periodo pasquale".

Dove stava lo scandalo in tutto ciò tanto da ridicolizzare Benedetto XVI?

 

Ma sorvolando su questi cambiamenti nel luglio 2007, Benedetto XVI aveva osato firmare un Motu Proprio "inaccettabile": aveva osato liberalizzare la Messa nella forma oramai detta "antica", il famoso Summorum Pontificum.

Ci perdoni nuovamente Papa Bergoglio per i paragoni non già alla sua Persona quanto all'uso di certe sue scelte. Infatti i gesti compiuti da Papa Francesco appena eletto e la dismissione di mozzette ed altro, non hanno fatto altro che generare applausi e larghi consensi come se, coloro che hanno applaudito, avessero vissuto anni di profonda castrazione, manco fossero stati obbligati e costretti ad indossare loro mozzette e affini.

Basta usare la moviola e recuperare le reazioni che molti nella Chiesa hanno avuto davanti a quel Motu Proprio, quasi fossero stati obbligati ad andare alla Messa "antica".

Ci fu persino l'ammutinamento dei Vescovi francesi che scrissero una lettera al Papa per chiedergli di non firmare quella liberalizzazione, pena sarebbe stata una divisione nella Chiesa. Ecco il ricatto! Se tu firmi io ti remo contro ma resto appunto nella stessa barca.

Perché questo è stato il dramma delle persecuzioni vissute da Benedetto XVI: questa gente non se ne è andata via, è rimasta nella Chiesa remando contro.

Ve la immaginate la scena? Pietro che regge il timone, tutti che ai suoi ordini remano in una direzione, poi ad un tratto i rematori (Vescovi) cominciano a remare divisi chi da una parte chi dall'altra. Ecco cosa è accaduto in questi otto anni: disobbedienza al Pontefice su molti fronti, vi ricordiamo di leggere l'articolo illuminante di Padre Giovanni Cavalcoli O.P. "Forza e debolezza del Papato".

Tutto il 2007 si alternò tra appelli e contrappelli, al Papa ed anche contro il Papa e lui, "come agnello condotto al macello" portava la sua croce e andava mite su per il Calvario certo che l'esempio che stava dando avrebbe portato frutti a suo tempo.

 

Arriva il 2008 e il Papa compie un'altra "ingiustizia" celebra la Messa "di spalle" alla Sistina per i Battesimi, quale orrore scriverà la stampa mediatica: il Papa da le spalle ai fedeli!

Quanta superbia! Nessuno aveva pensato che, piuttosto, prima stava dando le spalle a Dio, e che proprio la sua posizione invitava anche i fedeli a volgersi tutti insieme, sacerdote compreso, verso il Signore?

Ma chi è il Protagonista nella Messa: il prete o Gesù Cristo presente realmente, vivo e vero nelle apparenze del pane e del vino, nel mistero della Transustanziazione? (leggasi anche questo articolo).

“Si è ritenuto – spiegò così la nota uscita sull'Osservatore Romano – di celebrare all’altare antico per non alterare la bellezza e l’armonia di questo gioiello architettonico, preservando la sua struttura dal punto di vista celebrativo e usando una possibilità contemplata dalla normativa liturgica. Ciò significa che in alcuni momenti il Papa si troverà con le spalle rivolte ai fedeli e lo sguardo alla Croce, orientando così l’atteggiamento e la disposizione di tutta l’assemblea”.

Subito i giornali scrivevano con perversione: ecco il "nuovo" che avanza... e che da le spalle ai fedeli!

Si comprende bene l'applauso ricevuto da Papa Bergoglio quando celebrando la sua prima Messa con i Cardinali ha invece dato "le spalle alla Croce" orientando su di se lo sguardo dell'assemblea: il "nuovo" che avanza.... e che da le spalle alla Croce. Queste scelte incomprensibili dividono, non l'atteggiamento di chi volge il proprio sguardo alla Croce.

Anche qui Benedetto XVI non impone nulla e sul sito Vaticano fa spiegare i motivi di questa scelta sperando che, essendo lui il Papa, esistano ancora christefidelis-laici, sacerdoti e vescovi pronti ad imitarlo e a seguirlo, ma invano. E il nuovo "Vescovo di Roma" sembra dare ragione ai chi duramente perseguitò questo Pontefice.

Allora prova riportando il Crocefisso sull'Altare da dove era stato ingiustamente tolto, ma anche qui, trova pochi imitatori e molti contestatori e persecutori.

A giugno del 2008, per il Corpus Domini in Laterano, prima della Processione Eucaristica, osa dare la Comunione a dei bambini in ginocchio e alla bocca, scoppia lo scandalo!

Caspita! Ricevere Gesù in ginocchio e alla bocca è diventato lo scandalo, un male!

Non possiamo ignorare il monito di Isaia: "Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro" (Is. 5,20).

 

Arriviamo così nel gennaio 2009, Benedetto XVI  animato da profonda giustizia e ben disposto verso una istituzione che sforna molti sacerdoti ottimamente preparati decide di togliere la scomunica alla Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX), apriti cielo! La miccia viene innescata non dal gesto del Papa ma da quelli che avendo saputo per tempo l'aria che tirava, non volevano e si fa uscire ad arte una intervista di un Vescovo della FSSPX il quale aveva rilasciato delle dichiarazioni personali, pochi giorni prima la decisione del Papa, non confacenti al politicamente corretto, insomma una questione di politica che con la Chiesa non c'entra nulla.

Si diramano comunicati e smentite, alla fine il Pontefice è costretto a scrivere una Lettera a tutti i Vescovi dove usa queste parole davvero allarmanti:

"A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo..."

 

Odio e intolleranza verso questo Papa!

Nella Lettera sopra citata, scrive mons. Crepaldi:

"Bisogna chiedersi come mai questo Pontefice, nonostante la sua mitezza evangelica e l’onestà, la chiarezza delle sue parole unitamente alla profondità del suo pensiero e dei suoi insegnamenti, susciti da alcune parti sentimenti di astio e forme di anticlericalismo che si pensavano superate. E questo, è bene dirlo, suscita ancora maggiore stupore e addirittura dolore, quando a non seguire il Papa e a denunciarne presunti errori sono uomini di Chiesa, siano essi teologi, sacerdoti o laici..."

 

La campagna diffamatoria è stata lanciata fin da quando Benedetto XVI è stato chiamato sul Soglio Petrino. Questo Papa, seppur circondato da molti fedeli sinceri, ha ricevuto la stessa sorte del Maestro e Signore. Basta ricordare la scena al Pretorio: la folla, la menzogna (Barabba) e la Verità (Gesù e il Suo Vicario in terra), "Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!» (Mt.27,21); la folla voleva che venisse liberata la menzogna e crocefissa la Verità, la voce di chi gridava a favore della Verità veniva soppressa dalle urla del male, ma anche da gente che durante gli anni di vita pubblica Gesù aveva in un certo modo beneficiato. Così è la vita del Vicario di Cristo in terra, aspettarsi la gloria e gli osanna sarebbe sbagliato, questi osanna durarono solo un giorno, all'ingresso a Gerusalemme, dopo tre giorni la stessa folla che lo aveva salutato ora lo insultava e lo calunniava, voleva vederlo crocefisso. Del resto vale il detto del Maestro: "se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv.12.24)

 

Arriviamo al 2010 e la Sapienza, tra le più antiche Università di Roma fondata niente meno che per volontà di papa Bonifacio VIII, il 20 aprile 1303 con la bolla pontificia "In suprema praeminentia dignitatis", lo "Studium Urbis", prima invita Benedetto XVI per una Lectio in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico, poi a causa di alcuni gruppi oppositori rigetta l'invito. Inaudito! La campagna mediatica si scatena. Per Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, le contestazioni alla visita di papa Benedetto XVI rischiano di rendere La Sapienza ''più povera'' e vogliono costruire un nuovo ''muro di Berlino'' tra cultura laica e religione. Scatta la solidarietà, gli scandali, dice il Signore, sono necessari (Mt.18,7) e gli studenti cattolici - favorevoli alla visita del Santo Padre - rispondono alla contestazione dei collettivi con una veglia di preghiera. Qui l'allocuzione che il Papa avrebbe tenuto a La Sapienza.

 

Ed altri attacchi ancora, dall'interno della Chiesa contro il Magistero di Benedetto XVI tanto da dare l'impressione, come spiegherà mons. Crepaldi, di avere un "magistero parallelo".

Queste le sue parole che vale la pena di meditare:

 

"Non era forse mai accaduto che la Chiesa fosse attaccata in questo modo. Alle persecuzioni nei confronti di tanti cristiani, crocefissi in senso letterale in varie parti del mondo, ai molteplici tentativi per sradicare il cristianesimo nelle società un tempo cristiane con una violenza devastatrice sul piano legislativo, educativo e del costume che non può trovare spiegazioni nel normale buon senso si aggiunge ormai da tempo un accanimento contro questo Papa, la cui grandezza provvidenziale è davanti agli occhi di tutti.

A questi attacchi fanno tristemente eco quanti non ascoltano il Papa, anche tra ecclesiastici, professori di teologia nei seminari, sacerdoti e laici. Quanti non accusano apertamente il Pontefice, ma mettono la sordina ai suoi insegnamenti, non leggono i documenti del suo magistero, scrivono e parlano sostenendo esattamente il contrario di quanto egli dice, danno vita ad iniziative pastorali e culturali, per esempio sul terreno delle bioetica oppure del dialogo ecumenico, in aperta divergenza con quanto egli insegna. Il fenomeno è molto grave in quanto anche molto diffuso.

Benedetto XVI ha dato degli insegnamenti sul Vaticano II che moltissimi cattolici apertamente contrastano, promuovendo forme di controformazione e di sistematico magistero parallelo guidati da molti “antipapi”; ha dato degli insegnamenti sui “valori non negoziabili” che moltissimi cattolici minimizzano o reinterpretano e questo avviene anche da parte di teologi e commentatori di fama ospitati sulla stampa cattolica oltre che in quella laica; ha dato degli insegnamenti sul primato della fede apostolica nella lettura sapienziale degli avvenimenti e moltissimi continuano a parlare di primato della situazione, o della prassi o dei dati delle scienze umane; ha dato degli insegnamenti sulla coscienza o sulla dittatura del relativismo ma moltissimi antepongono la democrazia o la Costituzione al Vangelo.

Per molti la Dominus Iesus, la Nota sui cattolici in politica del 2002, il discorso di Regensburg del 2006, la Caritas in veritate è come se non fossero mai state scritte.

La situazione è grave, perché questa divaricazione tra i fedeli che ascoltano il Papa e quelli che non lo ascoltano si diffonde ovunque, fino ai settimanali diocesani e agli Istituti di scienze religiose e anima due pastorali molto diverse tra loro, che non si comprendono ormai quasi più, come se fossero espressione di due Chiese diverse e procurando incertezza e smarrimento in molti fedeli.

In questi momenti molto difficili, il nostro Osservatorio si sente di esprimere la nostra filiale vicinanza a Benedetto XVI. Preghiamo per lui e restiamo fedelmente al suo seguito".

Mons, Crepaldi usa per ben due volte il termine "grave", parla senza mezzi termini di accanimento contro questo Papa, non è un caso che sia stato l'unico Vescovo in Italia ad aver subito, a sua volta, un accanimento di grave intolleranza nella sua diocesi.

 

Queste le parole di mons. Crepaldi a seguito della rinuncia di Benedetto XVI:

"Si è trattato di un pontificato luminoso. Tanto più luminoso quanto più difficile. Il 19 aprile 2005 sulla cattedra di Pietro si era seduto un autentico Padre della Chiesa. Lo abbiamo seguito con trepidazione in questi anni. Gli siamo stati vicini in filiale solidarietà nelle sue tante amarezze. Abbiamo gioito intellettualmente e spiritualmente dei suoi alti insegnamenti...."

 

Sì, lo crediamo anche noi! Il 19 aprile del 2005 è stato eletto a guida della Chiesa, Vicario di Cristo in terra, un grande Dottore della Chiesa.

Otto anni di dura persecuzione, calunnie, diffamazioni, ricatti, imposizioni. Non sta a noi svelare il mistero della sua rinuncia, perché il Papa, questo grande Papa non si è dimesso per l'età, né per la salute, ma nella sua grande mitezza ed umiltà ha continuato fino all'ultimo ad assumersi le proprie responsabilità, anche quelle delle dimissioni per le quali non ha esitato di parlare di gravità. Il termine "grave" ricorre molte volte, fino all'ultimo.

Ha parlato solo in bene, non si è mai lamentato, tranne quando, tirato davvero per il collo, non poté fare a meno di rimettere i Vescovi ai loro posti, lo abbiamo ricordato sopra, con quella Lettera ai Vescovi. Fino all'ultimo ha detto sempre bene di tutti, ci ha davvero insegnato cosa significa amare e perdonare.

Ha ringraziato tutti lasciando alla storia tutto il bene che ha voluto e che vuole ancora con queste parole della sua ultima Udienza:

"Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui. Il sempre è anche un per sempre - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro".

(Benedetto XVI, Ultima udienza del 27 febbraio 2013)

 

Ci vengono a mente le parole del beato Giovanni XXIII nel suo "il giornale dell'anima" dove appuntava: "Signore ti ringrazio perché mai mi sono fermato a raccogliere i sassi che mi lanciavano dietro".

Noi purtroppo per dovere di cronaca e di storia abbiamo dovuto e voluto farlo, lo riteniamo un dovere di figli verso un Padre ingiustamente perseguitato, ma senza dimenticare il suo atteggiamento di misericordia verso tutti.

Benedetto XVI nella sua intervista "Luce del mondo", disse:

 “Il fatto di trovarmi all'improvviso di fronte a questo compito immenso è stato per me un vero choc. La responsabilità, infatti, è enorme. Veramente avevo sperato di trovare pace e tranquillità. Il pensiero della ghigliottina mi è venuto: ecco, ora cade e ti colpisce. Ero sicurissimo che questo incarico non sarebbe stato destinato a me ma che Dio, dopo tanti anni faticosi, mi avrebbe concesso un po' di pace e di tranquillità. Sapevo che di lì a poco, dalla Loggia centrale, avrei dovuto pronunciare qualche parola, e ho iniziato a pensare: «Cosa potrei dire?». Per il resto, fin dal momento in cui la scelta è caduta su di me, sono stato capace soltanto di dire questo: «Signore, cosa mi stai facendo? Ora la responsabilità è tua. Tu mi devi condurre! Io non ne sono capace. Se tu mi hai voluto, ora devi anche aiutarmi!». In quel momento ho capito che accanto ai grandi Papi devono esserci anche Pontefici piccoli che danno il proprio contributo”. (Luce del Mondo, 2010).

 

Nel riconoscersi in questa vera piccolezza, possiamo dire che è stato ed è davvero un grande Pontefice della Croce.

 

 

Concludiamo questo ciclo di riflessioni su questo Pontificato, ritornandoci su con altri argomenti, elevando a Dio per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, le più ardenti suppliche affinché ci sia concesso di ricevere benefici e grazie da questo Pontefice umiliato e spezzato, ghigliottinato, cacciato e schiacciato da eventi gravi interni ed esterni alla Chiesa, eventi che avrebbero ucciso chiunque, ma non il più grande Defensor Fidei del nostro  tempo e di questi ultimi secoli moderni; l'hanno "cacciato via" e l'hanno odiato, ma egli vivrà per sempre nella gloria dei Santi.

Grazie Benedetto XVI, la sua eredità in Cristo, con Cristo sarà per sempre, riversandosi sulla Chiesa e sugli uomini di buona volontà per l'onore stesso di Cristo.

E per non concludere con un tono di amarezza, ma bensì di fierezza per cotanto Pontefice, vi rimandiamo al significativo articolo postato dal Blog di Raffaella a riguardo degli Auguri che Benedetto XVI ha ricevuto per il suo ottantaseiesimo augusto genetliaco, cliccare qui per pensare benevolmente.

 

*****



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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21/04/2013 00:03

Da un giornalista (anonimo) a Benedetto XVI

 
Alle ore 20.00 di oggi, 28 febbraio 2013, in coincidenza con la fine del pontificato di Benedetto XVI ho ricevuto questo messaggio anonimo firmato semplicemente: "un giornalista". Lo pubblico qui di seguito:

Caro Benedetto XVI,

hai iniziato il pontificato come "umile operaio" nella vigna del Signore e lo finisci come "semplice pellegrino che inizia l'ultima tappa del suo pellegrinaggio sulla terra", dandoci una (ultima?) grandissima lezione.

Ti abbiamo chiamato pastore tedesco, panzerkardinal, papa teologo, timido, isolato, abbiamo detto: "non è come il predecessore". Ti abbiamo accusato, abbiamo commentato ogni tua scelta come se avessimo saputo cosa fosse meglio fare. Ci siamo sbagliati molte volte.

In molti ci siamo anche sforzati di raccontarti nel modo che meritavi ma non era facile con quel clima di concorrenza e di crisi del sistema. Siamo stati spesso superbi, superficiali, increduli. Non ti abbiamo letto fino in fondo, abbiamo fatto titoli avventati. Abbiamo cercato nei tuoi capolavori di catechesi qualcosa ad effetto, qualcosa da "stirare" sui giornali. Ti abbiamo dato del "freddo", del "debole", del "malaticcio". Abbiamo toppato un sacco di volte. Qualche altra ci abbiamo anche preso.

E tu come ci ha ripagato? Come solo un padre sa fare con dei figli adolescenti (questo siamo, soprattutto noi giornalisti) che sa tacere, perdonare, scusare, passare oltre, paziente.

Ora non è più nostro compito occuparci di te. Ora se ne occuperà la Storia. Si inizierà a far luce sull'enorme Papa che sei stato. Si ricomincerà a leggerti senza la foga del take d'agenzia, senza la pressione di trovare qualche notizia. Inizieremo a realizzare che eravamo di fronte a uno dei più grandi Papi degli ultimi secoli.

E la cosa sarà pubblica, si diffonderà, sarà inarrestabile, travolgente. Attraverserà la Chiesa, il mondo, l'umanità intera. Molti riscopriranno il senso del Concilio Vaticano II, l'amore per il catechismo, la fedeltà al Vangelo, al Romano Pontefice. Il rapporto con Gesù, la Verità, il dialogo con Dio, la devozione alla Madonna. Tutte quelle cose che credevamo ormai perse per strada e che invece sono, ora e per il futuro, la vera vita della Chiesa. Torneremo ad avere una grande voglia di confessarci. Torneremo ad avere voglia di innamorarci di Dio, tutti, più che mai. Torneremo a convertirci.

E se a quel punto qualcuno, magari con fare esperto, ancora dirà: "Benedetto XVI non riuscì a fare la riforma della Chiesa", avrà bucato la più grande notizia della storia. Perché quella riforma è in atto già da un pezzo, si tratterà solo di saperne scorgere i frutti nel futuro. Saremo cronisti abbastanza svegli?

Grazie Benedetto XVI che invece di stare appresso a noi - sempre un po' succubi dell'ultima attualità - hai rivolto i tuoi sforzi prima di tutto verso il bene dell'umanità e della Chiesa.

un giornalista


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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11/06/2013 23:36

[SM=g28004] per non dimenticare..... 26 agosto 2010.... che Benedetto XVI fosse un perseguitato e calunniato lo si sapeva già a tal punto se ne fece un libro....


I tre nemici del Papa. “Attacco a Ratzinger” di Paolo Rodari e Andrea Tornielli






di Massimo Introvigne

Attacco a Ratzinger. Accuse, scandali, profezie e complotti contro Benedetto XVI (Piemme, Milano 2010) dei vaticanisti Paolo Rodari e Andrea Tornielli non è né una storia né un’analisi sociologica del pontificato di Benedetto XVI. Si tratta invece di eccellente giornalismo, e di una cronaca attenta ai particolari e ai retroscena degli attacchi contro Benedetto XVI, che dal 2006 a oggi ne hanno fatto il Pontefice più sistematicamente aggredito da un’incessante campagna mediatica degli ultimi anni.

Rodari e Tornielli elencano dieci episodi principali, e a proposito di ognuno forniscono dettagli in parte inediti. La prima offensiva contro il Papa inizia con il discorso di Ratisbona del 12 settembre 2006, il quale contiene una citazione dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo (1350-1425) giudicata da alcuni offensiva nei confronti dell’islam e dei musulmani. Ne nasce una grande campagna contro Benedetto XVI, alimentata sia da organi di stampa occidentali sia dal fondamentalismo islamico, che degenera in episodi violenti. A Mogadiscio, in Somalia, è perfino uccisa una suora.

Già in questo primo episodio l’analisi degli autori mostra all’opera tutti gli ingredienti delle crisi successive. Un buon numero di media, anzitutto occidentali, estrapolano la citazione dal contesto e sbattono la notizia della presunta offesa ai musulmani in prima pagina. Al coro di questi media – secondo elemento, che non va mai trascurato – si uniscono esponenti cattolici ostili al Papa, in questo caso personaggi come l’islamologo gesuita Thomas Michel, rappresentante a suo modo tipico di un establishment del dialogo interreligioso smantellato da Benedetto XVI per il suo buonismo filo-islamico tendente al relativismo. Intervistati dalla stampa internazionale questo cattolici lanciano un "attacco frontale a Benedetto XVI" (p. 26), essenziale per rendere credibili le polemiche della stampa laicista. Ma in terzo luogo Rodari e Tornielli non mancano di rilevare una certa debolezza nel sistema di comunicazione vaticano, molto lento rispetto alla velocità delle polemiche nell’era di Internet e non sempre capace di prevedere in anticipo le conseguenze delle parole più "forti" del Papa, prendendo per tempo le necessarie contromisure.

Tornando però dal discorso di Ratisbona come evento mediatico al discorso di Ratisbona come documento, gli autori riportano l’opinione dello specialista gesuita padre Khalil Samir Khalil secondo cui non si è trattato affatto di una gaffe del Papa bisognosa di correzione, ma di un passaggio integrale e ineludibile in un’analisi sui problemi dell’islam contemporaneo e sulla sua difficoltà a impostare correttamente il rapporto fra fede e ragione. Paradossalmente, rilevano gli autori, queste motivazioni profonde del passaggio sull’islam nel testo di Ratisbona sono state comprese da molti intellettuali musulmani, ma rimangono ostiche o ignorate per la grande stampa dell’Occidente.

Emerge dunque uno schema in tre stadi – errori di comunicazione della Santa Sede, aggressione della stampa laicista, ruolo essenziale di cattolici ostili a Benedetto XVI nel supportare quest’aggressione – che si ritrova in tutti gli altri episodi, con poche varianti. Il ruolo del dissenso progressista appare particolarmente cruciale nelle campagne successive al motu proprio del 2007 Summorum Pontificum, che liberalizza la Messa con il rito detto di san Pio V, e alla remissione della scomunica nel 2009 ai quattro vescovi a suo tempo consacrati da mons. Marcel Lefebvre (1905-1991). Nel primo caso Rodari e Tornielli descrivono un quadro sconfortante di resistenza di liturgisti, riviste cattoliche, intellettuali con un accesso diretto ai grandi media come Enzo Bianchi ma anche vescovi e intere conferenze episcopali che si agitano, si riuniscono, arruolano la stampa laicista e tramano in mille modi per sabotare il motu proprio. La posta in gioco, notano giustamente gli autori che si riferiscono in particolare a uno studio di don Pietro Cantoni pubblicato sulla rivista di Alleanza Cattolica Cristianità, non è solo la liturgia ma l’interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Chi combatte il motu proprio difende l’egemonia di quell’interpretazione del Vaticano II in termini di discontinuità e di rottura con tutta la Tradizione precedente che Benedetto XVI ha tentato in molti modi di correggere e scalzare.

Il caso della remissione della scomunica ai vescovi "lefebvriani" si è trasformato come è noto nel "caso Williamson". Il Papa è stato oggetto di durissimi attacchi quando è emerso che uno dei quattro vescovi consacrati da mons. Lefebvre, mons. Richard Williamson, è un sostenitore di tesi in tema di Olocausto che negano l’esistenza delle camere a gas e riducono il numero di ebrei uccisi dal nazional-socialismo a non più di trecentomila. Al di là del merito della questione, è evidente che la Santa Sede non condivide queste tesi – lo stesso Benedetto XVI le ha ripetutamente condannate – e che qualunque persona dotata di buon senso sarebbe stata in grado di rendersi conto che un provvedimento in qualche modo favorevole a un sostenitore della posizione "revisionista" sull’Olocausto non avrebbe mancato di scatenare una tempesta mediatica. Il problema, dunque, è quando la Santa Sede è venuta a conoscenza delle tesi di mons. Williamson in tema di Olocausto.

Rodari e Tornielli ricostruiscono la vicenda in modo minuzioso, e concludono che un appunto sul tema era stato indirizzato da vescovi svedesi tramite la nunziatura apostolica in Svezia – il Paese dove nel novembre 2008 mons. Williamson aveva rilasciato a un’emittente televisiva non l’unica ma la più recente e articolata sua intervista sull’argomento – alla Segreteria di Stato, dove era stato sottovalutato nella sua potenziale portata e gestito da funzionari minori responsabili dei rapporti con la Scandinavia. Quando dalla televisione svedese la notizia passa sul settimanale tedesco Spiegel e di lì ai media di tutto il mondo, il 21 gennaio 2009, il decreto di remissione della scomunica non è ancora stato pubblicato, è vero, ma è già stato trasmesso il 17 gennaio ai vescovi "lefebvriani" interessati. Non è dunque più possibile ritirarlo o modificarlo. Secondo gli autori ha tuttavia costituito un errore di comunicazione da parte della Santa Sede non accompagnare immediatamente la pubblicazione, avvenuta il 24 gennaio 2009, con una chiara precisazione sul fatto che la remissione delle scomuniche non ha nulla a che fare con le tesi di Williamson sull’Olocausto, che il Papa in nessun modo condivide. Questa precisazione è venuta solo diversi giorni dopo, dando l’impressione che la Santa Sede si trovasse in imbarazzo e sulla difensiva. Inoltre, come il Papa stesso ha rilevato nella sua lettera dell’11 marzo 2009 sul tema, già prima dell’intervista rilasciata in Svezia le posizioni di mons. Williamson comparivano su diversi siti Internet e "seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l’Internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie".

Dalla lettera di Benedetto XVI, notano gli autori, emergono altri due elementi. Il primo è la grandezza d’animo di un Papa che si assume personalmente la responsabilità di ogni errore eventualmente commesso, rompendo con una lunga prassi secondo cui in questi casi ogni colpa è attribuita ai collaboratori. Il secondo è che, pur essendo evidente che al momento della firma del decreto Benedetto XVI non conosceva le posizioni di mons. Williamson sull’Olocausto, anche in questo caso la campagna della stampa laicista ha avuto successo a causa dell’immediato attacco al Papa da parte di noti esponenti cattolici che hanno inteso così "vendicarsi" del motu proprio. Scrive lo stesso Pontefice: "Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un’ostilità pronta all’attacco".

I tempi del caso Williamson non sono casuali. Gli autori ricordano come sia stata ipotizzata nella diffusione mondiale delle notizie sul vescovo "revisionista" proprio in concomitanza con la remissione della scomunica la regia di una coppia di giornaliste lesbiche francesi note per le loro campagne anticlericali e per la "vicinanza al Grande Oriente di Francia" (p. 99), cioè alla direzione della massoneria francese, Fiammetta Venner e Caroline Fourest. Secondo Rodari e Tornielli l’intervista svedese con mons. Williamson "non è concordata in precedenza. Il giornalista si presenta al seminario e riesce a ottenere il colloquio con Williamson" (p. 88). Sembra dunque che mons. Williamson non abbia "organizzato" l’episodio. Tuttavia alla data dell’intervista la notizia secondo cui il Papa stava per firmare il decreto di remissione delle scomuniche circolava già su Internet. Gli autori si chiedono chi abbia armato il microfono dell’oscuro giornalista svedese Ali Fegan. Personalmente mi pongo qualche interrogativo anche su mons. Williamson, il quale sapeva certamente dell’imminente remissione delle scomuniche, è notoriamente critico su ogni ipotesi di compromesso con Roma della Fraternità San Pio X di mons. Lefebvre e come minimo si è comportato con il cronista svedese in modo davvero molto imprudente.

Il ruolo dei cattolici progressisti era già emerso in altre due campagne contro Benedetto XVI, particolarmente gravi perché coronate da successo. Due vescovi regolarmente scelti dal Papa avevano dovuto rinunciare alle cariche: mons. Stanislaw Wielgus, nominato primate di Polonia, a causa della scoperta di documenti relativi a una sua collaborazione giovanile con i servizi segreti del regime comunista, e mons. Gerhard Wagner, nominato vescovo ausiliare di Linz, in Austria, contro cui si erano sollevati il clero e anche molti vescovi austriaci a causa di dichiarazioni sulla natura di castigo di Dio dell’uragano Katrina, sul carattere satanico dei romanzi del ciclo di Harry Potter e sulla possibilità di curare l’omosessualità tramite terapie riparative. Come notano gli autori, le opinioni di mons. Wagner su tutti e tre i temi sono condivise da molti nella Chiesa – lo stesso cardinale Ratzinger aveva espresso simpatia nel 2003 per un libro critico su Harry Potter di una studiosa tedesca sua amica, pur ammettendo di non avere letto i relativi romanzi – ma è anche vero che il prelato austriaco le aveva espresse in toni particolarmente accesi.

I due casi, spiegano gli autori, sono meno lontani di quanto sembri a prima vista. Anche mons. Wielgus, per quanto denunciato per la prima volta da "cacciatori di collaborazionisti" di destra, è stato poi attaccato sistematicamente da una stampa polacca che lo avversava non tanto per il suo passato di collaboratore con i servizi segreti comunisti – un passato condiviso da oltre centomila persone in Polonia, tra cui numerosi sacerdoti e diversi vescovi – quanto per il suo presente di vescovo particolarmente conservatore. Se nel caso di mons. Wielgus, che aveva maldestramente cercato di nascondere documenti sul suo passato, l’accettazione delle dimissioni era inevitabile, non si possono non condividere alcune perplessità degli autori sul caso di mons. Wagner. Cedere alle pressioni di una parte del clero e dell’episcopato austriaco – guidato nel caso Wagner da un sacerdote che poco dopo ha ammesso pubblicamente di vivere da anni in una situazione di concubinato – ha innescato in Austria una contestazione globale nei confronti della Santa Sede, in cui sono sempre più apertamente coinvolte le massime gerarchie cattoliche del Paese e che a tutt’oggi non appare risolta.

Nel marzo 2009 con il viaggio del Papa in Africa l’attacco entra in una fase nuova. Sull’aereo che lo porta in Camerun come di consueto Benedetto XVI risponde alle domande dei giornalisti. A un cronista francese che gli pone una domanda sull’AIDS il Papa risponde che la distribuzione massiccia di preservativi non risolve ma aggrava il problema. Il Papa, rilevano gli autori, tecnicamente ha ragione e nei giorni successivi lo confermeranno fior di immunologi: favorendo la promiscuità sessuale e creando una falsa illusione di sicurezza le politiche basate sul preservativo hanno regolarmente aggravato il problema AIDS nei Paesi dove sono state sperimentate. Ma la risposta del Papa occupa le cronache internazionali per tutto il viaggio, facendo ignorare almeno in Europa e negli Stati Uniti i profondi insegnamenti sulla crisi del continente africano – e la puntuale denuncia delle malefatte delle istituzioni internazionali e di alcune multinazionali in Africa: che fosse proprio questo lo scopo?

Non sorprende ormai più la discesa in campo contro il Papa dei soliti teologi progressisti. Ma il fatto nuovo è l’intervento dei governi: Spagna, Francia e Germania chiedono al Papa di scusarsi, al Parlamento Europeo una mozione di censura del Pontefice non passa ma raccoglie comunque 199 voti. In Belgio una mozione analoga è invece votata dal Parlamento e provoca una dura risposta vaticana, innescando una crisi diplomatica senza precedenti tra i due Paesi che prepara gli atteggiamenti maneschi della polizia belga nella successiva vicenda dei preti pedofili.

Due attacchi citati da Rodari e Tornielli sono interessanti perché non vengono "da sinistra" ma "da destra", e mostrano che anche persone di solito rispettose sono indotte dal clima generale a usare nei confronti del Papa e dei suoi collaboratori un linguaggio che in altri tempi non si sarebbero permesso. Si tratta delle critiche di un mondo cattolico conservatore in tema di economia all’enciclica Caritas in veritate del 2009, giudicata da studiosi statunitensi come George Weigel e Michael Novak ingiustamente ostile al modello di capitalismo prevalente negli Stati Uniti, e delle polemiche sul terzo segreto di Fatima e sull’asserita esistenza di una parte del testo tenuta ancora segreta dal Vaticano. Sul merito si può certo discutere – anche se sull’enciclica gli studiosi americani sembrano soprattutto stizziti per non essere stati consultati, com’era invece avvenuto per testi di Giovanni Paolo II – ma il tono e i veleni sono comunque segnali di un clima malsano.

La stessa apertura agli anglicani che, delusi dalle aperture della loro comunità al sacerdozio femminile e al matrimonio omosessuale, tornano a Roma, se è avversata "da sinistra" come pericolosa per l’ecumenismo – ma quale ecumenismo è possibile con chi celebra in chiesa matrimoni gay? – è attaccata anche "da destra" perché, prevedendo percorsi di accoglienza nella Chiesa Cattolica di sacerdoti anglicani sposati, sembra compromettere la difesa del celibato. Anche qui quella che è più grave è l’incomprensione del carattere globale dell’attacco al Papa da parte di certi sedicenti "conservatori", che gettano benzina anziché acqua sul fuoco.

Le altre nove crisi impallidiscono comunque di fronte alla decima, relativa ai preti pedofili. Dal momento che gli autori citano ampiamente e riprendono materiale dal mio libro Preti pedofili (San Paolo, Cinisello Balsamo 2010), sostanzialmente condividendone l’impostazione, forse non debbo qui riassumere l’ampia sezione del libro dedicata al tema e posso permettermi di rimandare al mio testo.

Il libro di Rodari e Tornielli ribadisce, contro le critiche assurde che purtroppo sono venute anche da vescovi e cardinali, quanto anch’io ho sottolineato: se c’è stato nella Chiesa un prelato durissimo nei c
onfronti dei preti pedofili, tanto da essere accusato di violare il loro diritto alla difesa e di essersi scontrato sul punto con numerosi colleghi vescovi, questi è stato il cardinale Ratzinger quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Presentarlo al contrario come tollerante sul punto è semplicemente ridicolo, eppure trova talora credito tra i lettori meno informati dei quotidiani.

Semmai gli autori si chiedono se gli ostacoli che il cardinale Ratzinger ebbe a incontrare negli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II – quando le sue richieste di ancor maggiore severità non sempre furono accolte – non gettino un’ombra sul grande Papa polacco e non rischino perfino di compromettere la sua causa di beatificazione. In effetti nella causa in corso il problema è stato affrontato. Ma si è concluso, giustamente, che taluni freni all’opera del cardinale Ratzinger risalgono agli ultimi anni del pontificato wojtyliano, quando Giovanni Paolo II, sempre più gravemente malato, non seguiva più personalmente queste vicende delegandole a collaboratori cui vanno dunque girate eventuali critiche.

In conclusione Rodari e Tornielli si chiedono se si possa parlare di un complotto contro il Papa, citando varie opinioni tra cui la mia in un’intervista che ho loro rilasciato specificatamente per questo volume.

La loro conclusione è che ci siano in atto tre diversi attacchi a Benedetto XVI da parte di tre diversi nemici.

Il primo è costituito dalla galassia di lobby laiciste, omosessuali, massoniche, femministe, delle case farmaceutiche che vendono prodotti abortivi, degli avvocati che chiedono risarcimenti miliardari per i casi di pedofilia. Questa galassia, troppo complessa perché si possa ritenere che risponda a una sola regia, dispone però grazie alle nuove tecnologie dell’informazione di un potere che nessun altro nemico della Chiesa ha avuto nell’intera storia umana e vede nel Papa il principale ostacolo alla costruzione di una universale dittatura del relativismo in cui Dio e i valori della vita e della famiglia non contano. Un ostacolo che dev’essere spazzato via a tutti i costi e con ogni mezzo.


Queste lobby hanno successo perché hanno arruolato un secondo nemico del Papa costituito dal progressismo cattolico e da quei cattolici e teologi – tra cui non pochi vescovi – i quali vedono la loro autorità e il loro potere nella Chiesa minacciato dallo smantellamento da parte di Benedetto XVI di quella interpretazione del Concilio in termini di discontinuità e di rottura con la Tradizione su cui hanno costruito per decenni carriere e fortune. Le interviste ai cattolici progressisti permettono ai media laicisti di rappresentare la loro propaganda non come anticattolica ma come sostegno contro il Papa reazionario che vuole "abolire il Concilio", cioè mettere in discussione il suo presunto "spirito", dal momento che la lettera dei documenti conciliari dai giornalisti anticattolici non è neppure conosciuta e dai loro compagni di strada "cattolici adulti" è giudicata irrilevante.

In terzo luogo, Benedetto XVI ha anche un terzo nemico, inconsapevole e involontario ma non per questo meno pericoloso. Ci sono "’attacchi’ involontariamente autoprodotti a causa delle numerose imprudenze e dei frequenti errori dei collaboratori" (p. 313) del Papa. Gli autori riportano diversi pareri sulla difficoltà di comunicazione della Santa Sede nell’epoca non solo di Internet ma di Facebook e di una telefonia mobile collegata al Web che fa sì che le notizie arrivino a centinaia di milioni di persone – per esempio i cinquecento milioni di utenti Facebook attivi ogni giorno – pochi secondi dopo essere state lanciate e siano archiviate come vecchie dopo qualche ora. Se una notizia falsa non è smentita entro due o tre ore, se a un attacco non si risponde al massimo entro ventiquattr’ore le possibilità di replica efficace si riducono a poco più di zero.

Se tutto questo è vero, le opinioni di chi, intervistato dagli autori, rimpiange il precedente portavoce pontificio, il laico dottor Joaquín Navarro Valls, giudicandolo più scaltro del suo successore gesuita padre Federico Lombardi, possono essere dibattute all’infinito ma forse non vanno al cuore del problema. È il modo di comunicare che è cambiato radicalmente, ed è cambiato dopo la morte di Giovanni Paolo II perché il problema non è Internet ma il numero sempre maggiore di persone – centinaia di milioni, appunto, non piccole élite – che a Internet sono collegate ventiquattro ore su ventiquattro tramite gli smartphone, i netbook o i vari iPad, e hanno un tempo di reazione a richieste o provocazioni che si misura in minuti e non più in ore. Sul punto il libro del giornalista italiano Marco Niada Il tempo breve (Garzanti, Milano 2010) dovrebbe forse essere letto anche da qualche vaticanista.

Benedetto XVI non è inconsapevole di questi attacchi. È molto interessato alle nuove tecnologie e alla necessità di migliorare le strategie di comunicazione della Santa Sede. Ma, concludono Rodari e Tornielli, è anche molto sereno. È disponibile a seguire i problemi che la rivoluzione delle comunicazioni – una rivoluzione forse non meno importante di quella degli anni 1960 in tema di morale e di crisi dell’autorità – pone alla Chiesa, ma non a inseguirli. Insiste sul fatto che la salvezza della Chiesa perseguitata non verrà dalle strategie, dalle diplomazie, dalle tecnologie – per quanto queste siano importanti e non vadano trascurate – ma dalla fedeltà alla preghiera, alla meditazione, al Cristo crocefisso. È probabile che abbia ragione non solo, com’è ovvio, sul piano spirituale ma anche su quello culturale e sociologico, dove alla Chiesa non si chiede d’imitare i modelli dominanti ma di essere se stessa. Non tutti, anche tra i cattolici, sembrano averlo compreso.

Fonte: blog.messainlatino.it/

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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17/06/2013 22:20

amato benedetto



     Benedetto XVI tra l'enciclica "Deus caritas est" e la rinuncia al pontificato
    In un tempo nuovo

        di CARLO DI CICCO

        Il pendolo della storia della Chiesa nella tarda mattina dell'11 febbraio 2013 per un attimo si era fermato. Nella sala del Concistoro del Palazzo Apostolico si svolgeva un rito ordinario per approvare tre canonizzazioni. Tutto agli occhi della cinquantina di cardinali presenti pareva scorrere nella consueta routine.

Ma dopo l'attimo di silenzio degli astanti che sempre precede un discorso del papa, dalle prime parole in latino si ebbe la percezione improvvisa che stesse accadendo qualcosa di straordinaria importanza.

Benedetto XVI in piena tranquillità leggeva una dichiarazione sconvolgente: annunciava la sua rinuncia al ministero del vescovo di Roma successore di san Pietro. Voleva cessare di essere papa e stava comunicandolo ai suoi più stretti collaboratori come fosse una decisione tra le tante. Mille settecento ottantatré caratteri in latino per motivare davanti al mondo quella decisione sorprendente, rarissima nella storia della Chiesa cattolica. Il papa fissava anche un percorso per rendere esecutiva la sua volontà presa "in piena coscienza davanti a Dio" e "con piena libertà".

Poco dopo un flash dell'agenzia Ansa faceva il giro del mondo e quella notizia mandava in soffitta tutti i palinsesti televisivi innescando una frenetica giornata per gli operatori dell'informazione e gli amanti del web in ogni continente. Il pontefice che annunciava l'inizio della Sede vacante a cominciare dalle ore 20 del 28 febbraio, invitava le autorità competenti a convocare il conclave per la nomina di un successore. L'immaginazione di alcuni romanzieri e cineasti era divenuta realtà.



        Quando, tra lo sconcerto generale dei presenti, il pendolo riprese a cullarsi nel tempo, la Chiesa di Benedetto XVI che tutti avevano atteso, ma pochi erano riusciti a individuare nei tratti caratteristici, si era ritrovata sbalzata come d'improvviso in un tempo nuovo.

Quest'uomo, stimato per dottrina e semplicità, avversato da tanti critici e avversari dentro e fuori la Chiesa, costringeva ora l'opinione pubblica internazionale e in particolare le gerarchie cattoliche a porsi domande severe. A riflettere sulla direzione imboccata che con crescente chiarezza andava impigliandosi in una crisi epocale. Superata l'emozione immediata, anche i cardinali presenti nell'aula del Concistoro, smarriti e increduli, avvertivano confusamente che nessuna cosa nella Chiesa di Roma sarebbe rimasta come prima.


        E forse tra loro, ma certamente tra quanti ne serbavano memoria, era tornato in mente lo smarrimento seguito alla fumata bianca del 19 aprile 2005. Quel pomeriggio con il nome di Benedetto, Joseph Ratzinger, eletto papa, dava l'impressione di una figura umile ma solida. In tanti pensavano a una marcia trionfale per lui, nei presumibili pochi anni che si pensava potesse guidare la Chiesa.
Come per Papa Giovanni XXIII, quello che poi convocò il concilio Vaticano II, per Ratzinger si era parlato di pontificato breve di transizione breve. I suoi critici dichiarati o nascosti speravano per lui governo breve, lo stretto necessario per traghettare la Chiesa verso un tempo stabile di continuità.


        Joseph Ratzinger aveva già mischiato le carte una volta, scrivendo nel nono mese del suo pontificato una enciclica sull'amore.

Divenuto Benedetto XVI cogliendo di sorpresa i più, dopo essere stato un'icona dell'intransigenza cattolica per lunghi anni, con quell'enciclica sparigliava costringendo tutti a ripartire dall'inizio. Quel testo rivelava anzitutto una verità: quanto poco egli fosse conosciuto e compreso. L'enciclica affondava le radici nella sua prima giovinezza. Era rimasta quasi ibernata per decenni, tornando alla luce dopo l'elezione a successore di Pietro che lo aveva liberato dalle funzioni di controllore della dottrina cattolica. All'età di 19 anni, appena entrato in seminario, aveva scritto la sua prima ricerca sulla carità in san Tommaso. E poi, era stato affascinato da una citazione di Soren Kierkegaard: "Il cristianesimo non è una dottrina, ma il comunicarsi di una vita".


        Tanti anni dopo quegli inizi, a ridosso della pubblicazione dell'enciclica Deus caritas est un famoso cardinale belga, che godeva allora della massima autorevolezza, aveva raccontato l'opinione che si era fatto di Ratzinger dal tempo del conclave da cui era uscito eletto con il nome di Benedetto XVI.
"È un uomo discreto. Un uomo che insegna con calma: non è uno showman, assolutamente. E nemmeno un uomo delle folle. Ma è posato. La sua prima enciclica è molto chiara: non parla di temi scottanti, parla dell'essenziale, di amare Dio e di amare gli altri. È una bella enciclica, anche se, due giorni dopo la sua pubblicazione, nei media già non se ne parlava più […] Direi che a fianco di temi controversi, è bene tornare alla bellezza e all'essenza del cristianesimo. Credo che lui lo faccia molto bene. Dopo 20 anni che lo conosco, sapevo che non era il panzerkardinal che si dipingeva. È un uomo molto dolce, molto affabile, che ha il dono della preghiera. Un professore che è se stesso, che non imita il suo predecessore. È chiaramente un uomo solido. A me piace".

È stato questo uomo che ha scritto un'enciclica che rovescia L'essenza del cristianesimo di Ludwig Feuerbach. Quasi divertito a cogliere tutti di sorpresa per la scelta dell'argomento - primo papa della storia a farlo - e per i contenuti in essa disegnati, con i quali la sua Chiesa si ritira, in quanto istituzione, dall'arena politica, delegando ai soli laici credenti la concreta lotta per la giustizia.

        In molti, anche tra i cattolici, neppure lontanamente ritenevano pensabile e possibile un'enciclica sull'amore, un tema di largo consumo nella società moderna sotto la categoria dell'eros e tanto essenziale per la fede cristiana da sembrare persino banale trattarlo in un "documento-manifesto" di un papato.

        Joseph Ratzinger con le idee chiare di un teologo conciliare, desideroso di dialogo, chiariva finalmente davanti a tutti l'attualità della proposta cristiana nel mondo globalizzato e secolarizzato.

        Convinto della fine epocale della società cristiana, quando la Chiesa si riconosceva nel Sillabo, e non desideroso di ricostituirla, Benedetto XVI puntava a una Chiesa della testimonianza religiosa e della fede proposta, non imposta, confidando specialmente sull'attrazione che può nascere da vite di esemplari seguaci di Gesù Cristo. E convinto che la fede si accoglie specialmente con la purezza di cuore tipica dei poveri e dei semplici.

        Partendo da un manifesto fondato sull'amore, la Chiesa di Benedetto era attesa a un esame fin dagli inizi impegnativo: vedere fino a che punto - trascorso l'anno di lutto per la morte di Wojtyla e di luna di miele per la sua elezione - il nuovo papa si sarebbe rivelato capace di spingerla coerentemente sulla scia richiesta dal primo posto dato all'amore.

        Una verifica da portare sul versante della riforma interna e sulla capacità effettiva di incontro con le diverse comunità internazionali. Vedere fino a che punto il suo appello a ripartire dall'amore sortisse frutti efficaci, a cominciare dalla sua Chiesa, o invece restasse un comodo alibi vuoto per mascherare nella Chiesa la permanenza su vecchi sentieri.



(L'Osservatore Romano 24 marzo 2013)



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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20/06/2013 18:10


 VI PREGO, LEGGETE QUESTO ARTICOLO E MEDITIAMO.... RIFLETTIAMO....


Benedetto XVI profeta

MA CHI PENSA A QUESTE COSE?

Cari amici,
 qualcuno mi ha chiesto il motivo del mio silenzio su questo blog in queste ultime settimane.
 Non è semplice dirlo.
 In due parole, banalmente, potrei dire che sto sentendo ancora tutto lo sconvolgimento provocato dallo choc delle dimissioni di Papa Benedetto e della elezione di Papa Francesco.

Mi spiego.
 Non è per il fatto di una sintonia affettiva con questo o quel Papa. Il papa è papa e basta, chiunque sia, punto.
 
E dunque non è per un sentire mio personale, quanto piuttosto, direi pure ecclesiologico, se non veramente perciò teologico.
 Il fatto è che ho l'impressione che ci sia quasi una voglia di "normalizzazione" nell'ambito ecclesiale (ma anche in buona parte del mondo esterno alla Chiesa) quasi a voler richiudere in fretta la parentesi del pontificato di Benedetto XVI.
Come se questi non ci fosse mai stato.
 Non è un problema di continuità con Francesco: che c'è, almeno nel richiamo al suo magistero.
 E' come se di fatto, anche tra quelli che credevamo essere tra i più vicini a papa Benedetto, di questo papa si sia avvertito solo la sua "scomodità".

Non si tratta di croci d'oro o di scelte liturgiche diverse o di sensibilità teologiche pre o post conciliari, credo che Benedetto XVI sia stato "indigesto" un po' alla maggioranza della gente (anche vescovi e preti, anzi, forse più vescovi e preti che laici) perché invece di presentare un cristianesimo tutto zucchero e miele e buono per tutti, è andato al cuore del dramma del mondo contemporaneo: la scomparsa di Dio dall'orizzonte del cuore dell'uomo, e quindi al dovere della Chiesa di ricentrare la sua missione sull'unicum necessario, l'annuncio del vangelo. E questo comporta anche il dovere della Chiesa di convertirsi e di rinnegare il male che ne deturpa il volto e che rischia di inficiarne la testimonianza.
 Benedetto ci ha riportato al "realismo cristiano" che è l'insegnamento a fondamento della fede cattolica: che significa mettere al centro l'uomo e Dio, il peccato e la grazia.
 E cioè ci ha ricordato che il cristiano è nel mondo ma non del mondo.
 Se il cristianesimo viene ricondotto in una cornice solamente intramondana è ridotto a filosofia, a morale, ma non è più l'evento che salva e la Chiesa non è più il Corpo di Cristo nel mondo ma solo un club (diviso tra l'altro tra chi lo vorrebbe esclusivo e chi lo pensa nazional-popolare) che pensa solo a ridurre la fame nel mondo.
 
Chiaramente Benedetto è stato scomodo sia per quelli che pensano solo alla fede come fuga mundi, sia per coloro che vorrebbero che la fede sia solo l'espressione dell'impegno per migliorare questo mondo.
 Ma a che giova all'uomo (e alla stessa Chiesa) guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?
 Ecco Benedetto ci ha fatto ripensare all'anima, all'impegno per salvarla: cioè a Dio, alla voglia di contemplare il suo volto. Ché per questo noi siamo fatti.
 Contro ogni tentativo di ridurre il cristianesimo ad una sorta di religione civile o ad un umanesimo senza Dio (che solo a scriverlo sembra di un'assurdità così lampante che ci si meraviglia di come alcuni non si rendano conto di questa lapalissiana evidenza).
 
Quello che mi meraviglia (ma poi mica tanto) dunque è come nel mondo cattolico ci sia questo tentativo di far rientrare tutto nella ordinarietà e nella "continuità" così da esorcizzare non solo lo scandalo di un pontificato tutto vissuto da papa Benedetto all'insegna della parresia, la franchezza cristiana, ma lo stesso scandalo della sua rinuncia al papato.
 Così tutto è letto come se il suo pontificato fosse stato una parentesi di nostalgia ecclesiale un po' retrò e la sua rinuncia come se fosse il pensionamento di un vecchietto che finalmente arriva all'agognato riposo.
 
Ma il pontificato di Benedetto brillerà sempre più nel futuro (la storia è giudice equanime) come uno dei più moderni della storia, dove moderno sta correttamente per un confronto con la contemporaneità e le istanze della secolarizzazione, e perciò come un pontificato profetico (e come tutte le profezie sarà il suo svelamento nel futuro a rivelarlo in tutta la sua grandezza).
 E perciò la sua stessa rinuncia al papato ha tutti i contorni di una profezia che come Chiesa forse si stenta a comprendere (o si rinuncia a comprendere) e che pure ha una sua valenza tutta da decifrare.
 Stranamente ciò che la teologia ha rinunciato a comprendere (ad oggi non mi risulta che ci sia stato qualche tentativo da parte di qualche teologo di leggere teologicamente la rinuncia - e tutto il papato - di Benedetto XVI: forse troppa fretta di chiudere il caso?) è stato oggetto di riflessione da parte di pensatori laici, e non solo del giornalista cattolico Socci o dell'ateo devoto Giuliano Ferrara. Mi riferisco al laico Massimo Cacciari col suo Il potere che frena e l'altro laico Giorgio Agamben  con Il mistero del male. Benedetto XVI e la fine dei tempi.

Non è questo il luogo di entrare nel merito di due scritti che da opposte visioni eppure arrivano a medesime conclusioni: che il gesto del Papa vada letto in un'ottica escatologica. Che cioè vada inquadrato nella lettura che l'Apocalisse (ma non solo, anche Paolo) fa della storia, come del luogo in cui si concentra lo scontro tra il Cristo e le potenze del Male. In ultima analisi tra il Cristo e l'anticristo. E l'anticristo, pur essendo animato dalla spirito del mondo, che è il satana, nasce sempre da un contesto ecclesiale, come se lo spirito del mondo fosse riuscito a entrare nella Chiesa e quasi a trionfarne. Non è un caso che Benedetto XVI ricordasse sempre che i veri nemici che attaccano la Chiesa nascono dal suo interno e ne provocano tutta la sua sporcizia. La pedofilia, la corruzione, l'attaccamento demoniaco al denaro e al potere nella Chiesa nascono proprio come espressione anticristica: non si possono leggere come fattori sociologici ma come espressione della lunga apostasia di parte della Chiesa dal suo Signore, e quindi da decriptare teologicamente. In ciò Benedetto, come ogni profeta, è stato incompreso ed inascoltato (o dovremmo dire volutamente equivocato?).
 
E' come se la Chiesa non comprendesse più se stessa e a chi volesse ricondurla alla sua identità originaria opponesse un netto rifiuto.
Perché di fatto non c'è più una Chiesa ma tante chiese quante sono le teste che la pensano, siano essi vescovi, preti o laici!
 
Il problema si complica quando si pensa che una incomprensione del ruolo della Chiesa e del cristianesimo porta pure all'incapacità di leggere la storia del mondo o quanto meno ne provoca una lettura distorta. E al ruolo del cristiano nel mondo.
E' come se la lettura buonista del mondo che si è avuta nel postconcilio abbia provocato la rinuncia ad una lettura teologica, e quindi escatologica, della storia.
 Perché un conto è dire che si aspetta il ritorno del Signore e la venuta del suo regno, un conto è dire che siamo qui sulla terra per costruire la civiltà dell'amore e rendere il mondo migliore e basta.
Perché il regno di Dio non è semplicemente questo mondo reso migliore dall'impegno degli uomini (altrimenti Dio che ci starebbe a fare?).

Una prova della rinuncia a una lettura escatologica della storia, e quindi alla incapacità di leggere teologicamente la storia stessa della Chiesa ed un evento epocale quale il pontificato e la rinuncia di Benedetto, è stata la marginalizzazione di tutta una letteratura non solo cattolica, ma anche anglicana e ortodossa, che - profeticamente - agli inizi del '900 aveva descritto con incredibile lucidità l'apostasia della Chiesa e dell'Occidente cristiano fino a preconizzare i segni della venuta dell'anticristo. Mi riferisco al Soloviev dei  Tre dialoghi e il racconto dell'Anticristo (scritto nel 1900), e al romanzo (scritto nel 1903) di Robert Benson, Il padrone del mondo, in cui l'apostasia ecclesiale è introdotta dal trionfo del naturalismo, dell'animalismo, del pacifismo, dell'umanitarismo, dell'unione europea in chiave anticristiana... fino alla introduzione di un governo mondiale stile Grande Fratello ante litteram: cose che scritte un secolo fa sembrano essere la cronaca di quanto ultimamente avviene ai nostri giorni. Dove la sorte finale sarà quella del trionfo, dopo la sua durissima prova, della Catholica e del papato.
 
Perché si è perso questo sguardo cattolico? Perché mentre un russo ortodosso e un anglicano inglese (capofila di illustri intellettuali che dopo Newman, nel '900 si convertiranno al cattolicesimo, quali Chesterton, Green...) vedono la salvezza nella chiesa cattolica, in Pietro, i cattolici oggi hanno quasi paura di dirsi tali? Ci si dice solamente cristiani, dove cristiano sta per un ondivago sentire buonista che comprende di tutto di più ma a volte senza ormai il solo Cristo!
 
Benedetto XVI ha confessato che proprio i libri suddetti sono stati tra quelli che hanno contribuito alla sua formazione teologica (perché a volte un buon romanzo è meglio di un libro di teologia scolastica), così come hanno nutrito le altre grandi menti del '900, anche laiche.
 Ora è come se questo filo si sia spezzato.

Non so - e mi si scusi l'ardire e non vuole essere un giudizio - se questi libri concorrono ancora alla formazione del sentire cattolico dei nostri preti e dei nostri vescovi, di chi dovrebbe cioè educare alla forma cattolica del vivere la fede cristiana.
Se sento la gioia di essermi potuto formare alla scuola di questa grande tradizione cattolica, sento oggi la pena e la solitudine di non riuscire a comunicare questo sentire cattolico con altri, seppure ecclesialmente impegnati, fossero anche preti e vescovi (e se non con loro, vuoi che ci riesca con semplici laici buoni ma imbottiti di idee "moderniste"?).
 
Oggi sperimento quasi quella che un grande epistemologo chiamò la "incomunicabilità dell'evidenza". Come se ci fosse una sorta di follia collettiva che impedisca di vedere ciò che pure dovremmo vedere: "magari foste ciechi..."
 La rinuncia di Benedetto ci provoca e ci riporta alla lotta contro l'anticristo che ognuno di noi deve condurre.
 
Il papato di Benedetto è stato come un grande esorcismo che lui ha condotto sul corpo malato, indemoniato, della Chiesa: e come ogni esorcista sa, ogni scontro col nemico indebolisce le forze di chi vi lotta contro. Benedetto XVI ha esaurito le sue forze in questo combattimento contro le forze del Male che gli hanno riversato contro ogni sporcizia della Chiesa fino a fargli provare lo sconforto dell'abbandono e del tradimento. Per questo si è fatto da parte, per continuare a combattere con l'unica arma efficace che è la preghiera, e per dare l'opportunità a nuove e fresche forze di subentrare in questa lotta: non dimentichiamo che non c'è predica quotidiana in cui papa Francesco non richiami i tentativi del diavolo di stravolgere l'opera del Cristo e della Chiesa.

Una cosa che vorrebbero farci dimenticare: che la maggior parte dei miracoli di Cristo sono stati esorcismi.
 il diavolo ha ingannato tanti col far credere che lui non esiste. Ma il suo gioco è stato scoperto.
 Questi sono i suoi colpi di coda, i più pericolosi, prima della sconfitta finale, perciò non possiamo più essere ingenui.
 Questo è il tempo dell'Armagheddon.
 
Pubblicato da Padre Ignazio La China
http://catholicaforma.blogspot.it/2013/06/ma-chi-pensa-queste-cose.html






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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21/06/2013 17:57

venerdì 21 giugno 2013

Ruini: Joseph Ratzinger può essere considerato forse l'ultimo dei teologi di rilevanza mondiale

Benedetto XVI: card. Ruini, ha dato contributo importante a teologia

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 21 giu


''Joseph Ratzinger ha dato un contributo molto importante alla teologia dell'ultimo secolo e puo' essere considerato forse l'ultimo dei teologi di rilevanza mondiale dopo la generazione dei Balthasar e dei Rahner''.

Lo ha detto il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato scientifico della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, durante la presentazione del simposio 'I Vangeli: storia e cristologia.

La ricerca di Joseph Ratzinger', che si svolgera' a Roma presso la Pontificia Universita' Lateranense, dal 24 al 26 ottobre prossimo.

Nel corso della conferenza stampa in Vaticano sono stati inoltre resi noti i nomi dei candidati prescelti dal Comitato Scientifico per l'assegnazione della terza edizione del Premio della Fondazione.

''E' indubitabile il valore intrinseco della teologia ratzingeriana - ha aggiunto il card. Ruini - sia sul piano della teologia sistematica, sia dal punto di vista della critica storica, sia su quello della visione del mondo che il suo pensiero propone.
La sua opera ha gia' fecondato e influenzato il pensiero teologico contemporaneo e il modo di studiare la figura di Cristo, per la sua notevole profondita' e la grande originalita' di elaborazione''.


ASCA



[SM=g28002]  siamo perfettamente d'accordo.... e senza condizionale....
Ratzinger e in quanto Benedetto XVI, ha detto tutto ciò che c'era da dire in materia di insegnamento... ora può essere utile per le anime più sbandate un pontificato che riporti al Vangelo, perchè l'insegnamento dottrinale è finito.... [SM=g27988]

basta poi leggere la Città di Dio di sant'Agostino per comprendere le tappe della Chiesa:

- prima la persecuzione al Fondatore della Chiesa, Nostro Signore Gesù Cristo;

- seguirà la persecuzione agli Apostoli perchè soprattutto TESTIMONI OCULARI dei fatti;

- poi inizieranno le persecuzioni ai fedeli;

- dopo un periodo di relativa coabitazione, la Chiesa sarà MAESTRA e dovrà lottare per affermare la vera dottrina, sarà perseguitata e ci saranno scismi e apostasie (ricordiamo così il protestantesimo, Lutero e il Concilio di Trento, l'ultimo Concilio dottrinale);

- seguirà una nuova persecuzione contro la Chiesa in quanto ISTITUZIONE, la ragione sarà offuscata... (e siamo tra l'Illuminismo, il Socialismo, il Comunismo, la Massoneria.... la dea ragione contro la Chiesa.... la condanna del Modernismo di san Pio X, i fatti sotto Pio IX....)

- per ultimo, dice sant'Agostino, sarà perseguitato IL SOMMO PONTEFICE PERSONALMENTE, quale garante dell'integrità dottrinale e unico punto di riferimento in un mondo avvolto dalle tenebre..... e questo sarà poco prima del ritorno definitivo di nostro Signore Gesù Cristo. A Lui la gloria e la lode nei secoli eterni.

[SM=g27988]



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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27/06/2013 12:24


Le radici dell'astio nei confronti di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Già nel 1985 i teologi si scagliavano contro il Prefetto della Cdf. Le argomentazioni? Le medesime di oggi!

 
Siamo al terzo tassello del nostro studio. Nel gennaio 1985 Repubblica manda alle stampe la seguente "inchiesta", che potremmo chiamare lo "sfogatoio" di tutti coloro che si sentivano (e si sentono) punzecchiati dalle parole di verita' pronunciate dall'allora cardinale Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Ecco l'equazione preferita di Kung: Ratzinger e' un profeta di sventura?
Davvero? Io direi che era ed e' semplicemente un profeta senza bisogno di aggettivi. Non c'e' una parola o una frase che non si siano puntualmente verificate nel corso degli anni.
Curioso il richiamo alla "Gaudium et spes". Chi potrebbe dire oggi che Ratzinger aveva torto? 
Da morire dal ridere la frase di Kung sul fatto che il suo ex collega abbia fatto carriera. Eh si'...il futuro Benedetto XVI era cosi' attaccato al potere che ha rinunciato a tutto caricandosi della croce di tutti e per tutti.
E' francamente "tenero" che a quasi trent'anni di distanza questo teologo svizzero ripeta sempre e sempre e sempre i soliti concetti...
Trovo particolarmente "fastidiose" le affermazioni di Alberigo. Oggi non si potrebbero piu' esprimere certi concetti sui Tedeschi e sui Polacchi perche' politicamente scorretti :-)
O sbaglio? 
Comunque la frase di Alberigo e' importante per capire che cosa e' accaduto in questi trent'anni.
Ratzinger ha sempre fatto il parafulmine. E' stato lui ad accettare questo ruolo, intendiamoci! Io, per esempio, non l'avrei fatto :-)
Quello che e' certo e' che nessuno si e' messo accanto a lui per cercare di dimezzare l'effetto dei fulmini...
Dall'articolo seguente si capisce che i teologi (e in generale i commentatori), non potendo (volendo?) colpire direttamente Wojtyla, prendevano di mira Ratzinger la cui lealta' verso il Pontefice era chiara a tutti.
Per tutto il Pontificato di Giovanni Paolo II l'allora cardinale Ratzinger si e' assunto ogni responsabilita' e si e' esposto in prima persona per proteggere il Papa.
Messori ha infatti raccontato che l'unica volta che il Prefetto della Cdf prese carta e penna per rispondere agli attacchi fu quando fu preso di mira Papa Wojtyla con considerazioni del tutto simili a quelle espresse da Alberigo tanto da farmi pensare che forse la risposta fosse proprio per lui. Clicca qui per l'articolo che riporta il fatto.
Oggi esistono ancora uomini cosi'? La domanda e' retorica. Sappiamo perfettamente che NESSUNO, durante il Pontificato di Benedetto XVI, si e' fatto avanti per portare la croce al suo posto anche per un breve tratto di strada.
Come abbiamo detto piu' volte a Benedetto e' mancata una figura fondamentale: il "Ratzinger di Ratzinger".
Come conseguenza di questa pura e semplice verita' possiamo tranquillamente affermare che tutto cio' che poteva essere criticato sotto Giovanni Paolo II era "colpa" di Ratzinger e tutto cio' che poteva essere oggetto di discussione sotto Benedetto XVI ricadeva sempre nella sfera di azione di Ratzinger.
Che coerenza!
E adesso? Chissa'...
La luna di miele impedisce di approfondire la questione ma vediamo che l'atteggiamento non e' cambiato: si celebra la discontinuita', si mettono in luce le differenze fra il Papa regnante ed il Papa emerito esaltando il primo a spese del secondo. In fondo non e' cambiato nulla. Il "Ratzinger di Bergoglio" continua ad avere un solo nome: Ratzinger.
Forse un giorno eminenti sociologi, storici ma soprattutto psichiatri saranno indotti a studiare il fenomeno ed a spiegare ai nostri nipoti come mai un uomo mite e' diventato il capro espiatorio di tutti.
Leggiamo questo articolo che mostra perfettamente il clima degli anni Ottanta.

R.

QUEL DIAVOLO DI RATZINGER...


12 gennaio 1985 —   pagina 7   sezione: INCHIESTE


di DOMENICO DEL RIO


"RATZINGER è un profeta di sventura, uno di quelli biasimati da papa Giovanni nel discorso di apertura del Concilio". 

A dare un giudizio così secco è Hans Kung, il teologo "biasimato" a sua volta dal Sant' Uffizio, che, al contrario di Boff e di Schillebeeckx, si è sempre rifiutato di venire a Roma a farsi interrogare e giudicare. Mandava a dire che non aveva tempo. Ma che cosa diceva papa Giovanni in quel suo famoso discorso di apertura? Era l' 11 ottobre 1962, e nella basilica vaticana splendente di luci, Roncalli parlava con la quella voce cantilenante.
"Nell' esercizio quotidiano del nostro ministero pastorale", diceva, "ci feriscono talora l' orecchio suggestioni di persone, pur ardenti di zelo, ma non fornite di senso sovrabbondante di discrezione e di misura. Nei tempi moderni essi non vedono che prevaricazione e rovina; vanno dicendo che la nostra età, in confronto con quelle passate, è andata peggiorando; e si comportano come se nulla avessero imparato dalla storia, che pure è maestra di vita. A noi sembra di dover dissentire da cotesti profeti di sventura, che annunciano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo". 

Quel giorno, a sentire quella descrizione di profeti di sventura, tutti pensarono al cardinale Ottaviani, che allora reggeva il Sant' Uffizio e definiva se stesso "il carabiniere della Chiesa". Ora, parlando di Ratzinger, il paragone con Ottaviani viene spontaneo a qualcuno. Dice Giuseppe Alberigo: "Il modo con cui Ratzinger concepisce la funzione della sua Congregazione per la dottrina della fede richiama quello di Ottaviani. 

Anzi, mi chiedo se in fondo il povero Ottaviani, ai suoi tempi, non abbia avuto meno spazio di quanto riesce ad avere Ratzinger oggi. Ottaviani aveva di fronte un papa, Pio XII, che era secondo me, a un livello teologico superiore a quello di Wojtyla. Se oggi il prefetto del Sant' Uffizio ritiene di muoversi in una certa direzione, non credo che il papa gli ponga dei problemi. Anche per il solito rapporto che c' è tra un ex professore polacco e un ex professore tedesco. E' ovvio che il polacco soccomba". 

Ma perchè Ratzinger è un "profeta di sventura"? "Perchè la sua visione delle cose è piena di pessimismo", spiega Kung. 
"E' la posizione di un uomo che ha paura e perciò, per reazione, agisce da inquisitore. Ha paura che la Chiesa cambi, paura di dover constatare che questa sua azione, che dura da vent' anni, per imporre agli altri la propria visione, non ha successo. 

Anche il suo rievocare il diavolo è una proiezione della sua paura
Lui e quelli come lui che cosa sono mai riusciti a cambiare nella Chiesa, nella mente dei fedeli? Niente. 
La gente pensa in modo diverso in fatto di divorzio, di sacramenti ai divorziati. La pensa diversamente sul ruolo che le donne dovrebbero avere nella comunità cristiana. 

Il Popolo di Dio cammina per conto suo, e intanto a Roma si colleziona tutto ciò che di negativo c' è nella Chiesa". E, dunque, che uomo è infine questo Ratzinger? "Che uomo è?", si sfoga ancora Kng. "Basta vedere come tratta i suoi colleghi in teologia. 
Giudizi negativi su tutti. Per lui c' è un solo buon teologo nella Chiesa: Joseph Ratzinger. E' l' orgoglio dell' uomo di potere che è salito in lui". "Ratzinger, quest' anno", racconta Paul Valadier, direttore della rivista "Etudes", "è venuto in Francia, ha tenuto due conferenze, una a Lione e una a Parigi, sulla catechesi, anzi per dir meglio, contro la catechesi approvata dai vescovi francesi. Devo dire che non ha lasciato certo una buona impressione, si è visto che non era bene informato, che parlava in maniera molto astratta, teorica, lontana dalla realtà. In questo modo non ha certamente aumentato la propria autorità. Del resto, non si capisce bene quale ruolo egli svolga, essendo teologo e insieme prefetto del Sant' Uffizio. In pratica si presenta solamente come il capo di un vecchio tribunale inquisitorio". Schillebeeckx, il teologo domenicano olandese, già inquisito dalla Sacra Congregazione per la dottrina della fede, narra del suo ultimo incontro con il prefetto del Sant' Uffizio. E' stato alla fine di settembre, a Roma, ma di quel colloquio si era avuta solo la notizia. "Non ho voluto dare pubblicità all' incontro", dice Schillebeeckx, "perchè era la stessa settimana in cui era stato chiamato a Roma Leonardo Boff. 

Non volevo aumentare la tensione. D' altra parte, non ero stato convocato da Ratzinger. Mi aveva chiamato il superiore generale dell' Ordine, il quale evidentemente aveva avuto nuovamente un dossier su di me. E' stato il padre generale, l' irlandese Damian Byrne, che mi ha pregato di andare insieme a lui da Ratzinger. L' incontro è stato breve, una ventina di minuti soltanto, e non ha avuto aspetti drammatici come quello di Boff. 

Ratzinger è stato molto cortese. Voleva sapere quale sarebbe stato il tenore del mio nuovo libro sui ministeri nella Chiesa, che sto per pubblicare a giorni. Gli ho detto che, secondo me, non ci sarà nulla che contraddica direttamente dichiarazioni emanate dal Sant' Uffizio sul sacerdozio ministeriale. Ratzinger non mi ha chiesto altro nè mi ha detto se ha intenzione di vedermi ancora o no. Mi ha congedato avvertendomi, però, che attende di esaminare il mio nuovo libro e che io devo aspettarmi una nuova valutazione di Roma sulla mia opera". 

Un Ratzinger sospettoso? "Oh, sì", sorride Schillebeeckx, "credo che egli abbia sempre qualche sospetto quando io scrivo un libro. Sospettoso, scontento e pessimista lo è sempre stato, anche fin dai tempi del Concilio. Nelle riunioni di teologi che facevamo a Roma (ne facevamo una ogni quindici giorni, c' erano Rahner, Congar, ecc.), quando affrontammo lo schema della "Gaudium et spes", il documento conciliare sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Ratzinger sosteneva che il testo era troppo ottimista nei confronti del mondo e voleva che si accentuasse maggiormente quello che si chiama peccato originale. Forse bisognerebbe ricordare che Ratzinger ha avuto la sua abilitazione teologica con un lavoro su Sant' Agostino. Egli è più agostiniano che tomista, cioè non avverte completamente quello che dice San Tommaso: che la grazia divina suppone la natura. Penso che questa sia una deficienza in Ratzinger in quanto teologo". "Ho conosciuto Ratzinger durante il Concilio e poi qui in Germania", osserva Wolfgang Seibel, il gesuita direttore della rivista "Stimmen der Zeit", di Monaco, la città dove Ratzinger è stato arcivescovo prima di essere chiamato a Roma: "Egli ha sempre avuto uno stile piuttosto individuale di dirigere la diocesi, senza molti collegamenti con la Conferenza episcopale tedesca. 

Non gli sono mai piaciute le strutture organizzate dentro la Chiesa

Forse per questo parla male ora delle Conferenze episcopali. Probabilmente ha avuto delle esperienze poco piacevoli nei rapporti con l' episcopato. D' altra parte, mi sembra anche più cambiato da diversi anni. Lui dice che sono stati gli altri a cambiare e perciò si è messo a fare queste battaglie contro quello che egli chiama "l' antispirito del Concilio". Ma non è vero. E' lui che è diventato più conservatore. Ha assunto un atteggiamento sempre più critico verso l' evoluzione avvenuta dopo il Concilio. Più volte si è espresso in questo senso, ma nell' ultima intervista a Jesus sembra aver concentrato tutto il suo spirito pessimistico". Il pensiero critico e pessimistico del cardinale Prefetto del Sant' Uffizio verso il Concilio, anzi sembra verso tutti i Concili, è stato documentato dalla rivista bolognese "Il regno", nel numero uscito in questi giorni.
Dice il direttore della rivista, Alfio Filippi: "Abbiamo ricostruito la figura di Ratzinger teologo in questi anni, e si vede che non è affatto quello studioso aperto di cui si era parlato. Adesso si è accentuato, col nuovo ruolo che ha a Roma, l' aspetto autoritario e conservatore delle sue prese di posizione in campo teologico. Basterebbe leggere l' intervento che ha avuto a Bogotà, alla fine del marzo scorso, in una riunione di vescovi latino-americani. Il testo è stato pubblicato integralmente ora dalla "Rivista ecclesiastica brasiliana". Ratzinger traccia un panorama mondiale dello stato attuale della teologia cattolica. E' una visione impressionante, tutta a tinte fosche: in ogni parte del mondo, in Europa, in America del nord, in America latina, in Africa, tutto va male, la teologia segue strade pericolose. 


Secondo lui, crolla tutto: la fede in Dio, il concetto di soprannaturale, i valori morali, la morale sessuale, perfino la distinzione fra uomo e donna, il mondo cerca la salvezza, ma solo in se stesso"

"Il regno" riporta alcuni giudizi catastrofici che, già dieci anni fa, il "profeta di sventura" Joseph Ratzinger dava sul Concilio Vaticano II e sull' avvenire della Chiesa. Ratzinger cominciava col porsi domande retoriche: "Il Concilio è stata una falsa strada, dalla quale occorre far marcia indietro per salvare la Chiesa? Le gioie e le speranze si sono rovesciate in tristezza e angoscia?". Ma poi terminava: "L' ingenuo ottimismo del Concilio e l' autoesaltazione di molti, che lo hanno fatto e propagandato, giustificano in modo inquietante le più fosche diagnosi dei primi uomini di Chiesa sul pericolo dei Concili. Non tutti i Concili validi si sono rivelati, alla prova dei fatti della storia, Concili utili; di taluni, alla fine, rimane solo un gran niente". 

  Repubblica, 12 gennaio 1985





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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