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Liturgia: Eucaristia - Adorazione - Comunione

Ultimo Aggiornamento: 21/03/2013 15:31
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21/03/2013 15:23

Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla Plenaria della CCDDS, Sala del Concistoro, 13 marzo 2009

Con grande gioia e con sempre viva riconoscenza vi ricevo, in occasione della Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. In questa importante occasione mi è gradito, in primo luogo, porgere il mio cordiale saluto al Prefetto, il Signor Cardinale Antonio Cañizares Llovera, che ringrazio per le parole con cui ha illustrato i lavori svolti in questi giorni e ha dato espressione ai sentimenti di quanti sono oggi qui presenti. Estendo il mio saluto affettuoso e il mio cordiale ringraziamento a tutti i Membri ed Officiali del Dicastero, a cominciare dal Segretario, Mons. Malcom Ranjith, e dal Sotto-Segretario, fino a tutti gli altri che, nelle diverse mansioni, prestano con competenza e dedizione il loro servizio per «la regolamentazione e la promozione della sacra liturgia» (Pastor Bonus, n. 62). Nella Plenaria avete riflettuto sul Mistero eucaristico e, in modo particolare, sul tema dell’adorazione eucaristica. Mi è ben noto come, dopo la pubblicazione dell’Istruzione «Eucharisticum mysterium» del 25 maggio 1967 e la promulgazione, il 21 giugno 1973, del Documento «De sacra communione et cultu mysterii eucharistici extra Missam», l’insistenza sul tema dell’Eucaristia come fonte inesauribile di santità è stata una premura di primo piano del Dicastero.

Ho accolto, pertanto, volentieri la proposta che la Plenaria si occupasse del tema dell’adorazione eucaristica, nella fiducia che una rinnovata riflessione collegiale su tale prassi potesse contribuire a mettere in chiaro, nei limiti di competenza del Dicastero, i mezzi liturgici e pastorali con cui la Chiesa dei nostri tempi può promuovere la fede nella presenza reale del Signore nella Santa Eucaristia e assicurare alla celebrazione della Santa Messa tutta la dimensione dell’adorazione. Ho sottolineato questo aspetto nell’Esortazione apostolica Sacramentum caritatis, in cui raccoglievo i frutti della XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, svoltasi nell’ottobre del 2005. In essa, evidenziando l’importanza della relazione intrinseca tra celebrazione dell’Eucaristia e adorazione (cfr n. 66), citavo l’insegnamento di sant’Agostino: «Nemo autem illam carnem manducat, nisi prius adoraverit; peccemus non adorando» (Enarrationes in Psalmos, 98, 9: CCL 39, 1385). I Padri sinodali non avevano mancato di manifestare preoccupazione per una certa confusione ingeneratasi, dopo il Concilio Vaticano II, circa la relazione tra Messa e adorazione del Santissimo Sacramento (cfr Sacramentum caritatis, n. 66). In questo, trovava eco quanto il mio Predecessore, Papa Giovanni Paolo II, aveva già espresso circa le devianze che hanno talvolta inquinato il rinnovamento liturgico post-conciliare, rivelando «una comprensione assai riduttiva del mistero eucaristico» (Ecclesia de Eucharistia, n. 10).

Il Concilio Vaticano Secondo ha messo in luce il ruolo singolare che il mistero eucaristico ha nella vita dei fedeli (Sacrosanctum Concilium, nn. 48-54, 56). Come Papa Paolo VI ha più volte ribadito: «l’Eucaristia è un altissimo mistero, anzi propriamente, come dice la Sacra Liturgia, il mistero di fede» (Mysterium fidei, n. 15). L’Eucaristia, infatti, è alle origini stesse della Chiesa (cfr Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 21) ed è la sorgente della grazia, costituendo un’incomparabile occasione sia per la santificazione dell’umanità in Cristo che per la glorificazione di Dio. In questo senso, da una parte, tutte le attività della Chiesa sono ordinate al mistero dell’Eucaristia (cfr Sacrosanctum Concilium, n. 10; Lumen gentium, n. 11; Presbyterorum ordinis, n. 5; Sacramentum caritatis, n. 17), e, dall’altra, è in virtù dell’Eucaristia che «la Chiesa continuamente vive e cresce» (Lumen gentium, n. 26). Nostro compito è percepire il preziosissimo tesoro di questo ineffabile mistero di fede «tanto nella stessa celebrazione della Messa quanto nel culto delle sacre specie, che sono conservate dopo la Messa per estendere la grazia del Sacrificio» (Istruz. Eucharisticum mysterium, n. 3, g.). La dottrina della transustanziazione del pane e del vino e della presenza reale sono verità di fede evidenti già nella Sacra Scrittura stessa e confermate poi dai Padri della Chiesa. Papa Paolo VI, al riguardo, ricordava che «la Chiesa Cattolica non solo ha sempre insegnato, ma anche vissuto la fede nella presenza del corpo e del sangue di Cristo nella Eucaristia, adorando sempre con culto latreutico, che compete solo a Dio, un così grande Sacramento» (Mysterium fidei, n. 56; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1378).

È opportuno ricordare, al riguardo, le diverse accezioni che il vocabolo «adorazione» ha nella lingua greca e in quella latina. La parola greca proskýnesis indica il gesto di sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire. La parola latina adoratio, invece, denota il contatto fisico, il bacio, l’abbraccio, che è implicito nell’idea di amore. L’aspetto della sottomissione prevede un rapporto d’unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore. Infatti, nell’Eucaristia l’adorazione deve diventare unione: unione col Signore vivente e poi col suo Corpo mistico. Come ho detto ai giovani sulla Spianata di Marienfeld, a Colonia, durante la Santa Messa in occasione della XX Giornata mondiale della Gioventù, il 21 agosto 2005: «Dio non è più soltanto di fronte a noi, come il Totalmente Altro. È dentro di noi, e noi siamo in Lui. La sua dinamica ci penetra e da noi vuole propagarsi agli altri e estendersi a tutto il mondo, perché il suo amore diventi realmente la misura dominante del mondo» (Insegnamenti, vol. I, 2005, pp. 457 s.). In questa prospettiva ricordavo ai giovani che nell’Eucaristia si vive la «fondamentale trasformazione della violenza in amore, della morte in vita; essa trascina poi con sé le altre trasformazioni. Pane e vino diventano il suo Corpo e Sangue. A questo punto però la trasformazione non deve fermarsi, anzi è qui che deve cominciare appieno. Il Corpo e il Sangue di Cristo sono dati a noi affinché noi stessi veniamo trasformati a nostra volta» (ibid., p. 457).

Il mio Predecessore, Papa Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica «Spiritus et Sponsa», in occasione del 40° anniversario della Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla Sacra Liturgia, esortava ad intraprendere i passi necessari per approfondire l’esperienza del rinnovamento. Ciò è importante anche rispetto al tema dell’adorazione eucaristica. Tale approfondimento sarà possibile soltanto attraverso una maggiore conoscenza del mistero in piena fedeltà alla sacra Tradizione ed incrementando la vita liturgica all’interno delle nostre comunità (cfr Spiritus et Sponsa, nn. 6-7). A questo riguardo, apprezzo in particolare che la Plenaria si sia soffermata anche sul discorso della formazione di tutto il Popolo di Dio nella fede, con una speciale attenzione ai seminaristi, per favorirne la crescita in uno spirito di autentica adorazione eucaristica. Spiega, infatti, S. Tommaso: «Che in questo sacramento sia presente il vero Corpo e il vero Sangue di Cristo non si può apprendere coi sensi, ma con la sola fede, la quale si appoggia all’autorità di Dio» (Summa theologiae, III, 75, 1; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1381).

 

Eucaristia – Adorazione – Comunione

Benedetto XVI, Discorso all’apertura del Convegno Ecclesiale della diocesi di Roma, 26 maggio 2009

(...) Se è la Parola a convocare la Comunità, è l'Eucaristia a farla essere un corpo: «Poiché c'è un solo pane -scrive san Paolo -, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane» (1 Cor 10,17). La Chiesa dunque non è il risultato di una somma di individui, ma un'unità fra coloro che sono nutriti dall'unica Parola di Dio e dall'unico Pane di vita. La comunione e l'unità della Chiesa, che nascono dall'Eucaristia, sono una realtà di cui dobbiamo avere sempre maggiore consapevolezza, anche nel nostro ricevere la santa comunione, sempre più essere consapevoli che entriamo in unità con Cristo e così diventiamo noi, tra di noi, una cosa sola. Dobbiamo sempre nuovamente imparare a custodire e difendere questa unità da rivalità, da contese e gelosie che possono nascere nelle e tra le comunità ecclesiali.

In particolare, vorrei chiedere ai movimenti e alle comunità sorti dopo il Vaticano II, che anche all'interno della nostra Diocesi sono un dono prezioso di cui dobbiamo sempre ringraziare il Signore, vorrei chiedere a questi movimenti, che ripeto sono un dono, di curare sempre che i loro itinerari formativi conducano i membri a maturare un vero senso di appartenenza alla comunità parrocchiale. Centro della vita della parrocchia, come ho detto, è l'Eucaristia, e particolarmente la Celebrazione domenicale. Se l'unità della Chiesa nasce dall'incontro con il Signore, non è secondario allora che l'adorazione e la celebrazione dell'Eucaristia siano molto curate, dando modo a chi vi partecipa di sperimentare la bellezza del mistero di Cristo. Dato che la bellezza della liturgia «non è mero estetismo, ma modalità con cui la verità dell'amore di Dio in Cristo ci raggiunge, ci affascina e ci rapisce» (Sacramentum caritatis n. 35), è importante che la Celebrazione eucaristica manifesti, comunichi, attraverso i segni sacramentali, la vita divina e riveli agli uomini e alle donne di questa città il vero volto della Chiesa.

 

Eucaristia – Adorazione – Comunione

Benedetto XVI, Luce del mondo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, p. 218

Per quel che riguarda la sacralità dell’Eucaristia, Lei una volta ha affermato che non c’è alcuna libertà di azione. Essa sarebbe il fulcro e il cardine di ogni rinnovamento. Cambiamenti spirituali sarebbero possibili unicamente a partire dallo spirito dell’Eucaristia.

Se è evero –come noi crediamo- che nell’Eucaristia Cristo è realmente presente, allora questo è l’avvenimento centrale per eccellenza. Non l’avvenimento di un solo giorno, ma della storia del mondo nel suo complesso, forza decisiva dalla quale sola possono scaturire dei cambiamenti. È importante che nella Eucaristia parola e presenza reale del Signore nei segni stiano insieme. Che nella parola troviamo anche un insegnamento. Che nella nostra preghiera rispondiamo, e che in questo modo il precedere di Dio ed in nostro andare insieme con Lui ed il lasciarsi-cambiare si intreccino, perché avvenga quel cambiamento dell’uomo che è la più importante condizione per un cambiamento realmente positivo del mondo. Se vogliamo che nel modo qualcosa vada avanti, questo è possibile solo a partire dall’unità di misura di Dio, che viene a dimorare in noi, che entra in noi come realtà. Nell’Eucaristia gli uomini possono essere plasmati. Per questo le grandi figure che in tutta la storia hanno suscitato vere rivoluzioni di bene sono i santi che, toccati da Cristo, hanno portato nel mondo nuovi impulsi.

Da Papa, Lei ha iniziato ad amministrare la Comunione ai fedeli in bocca, quando essi si inginocchiano. Crede che sia questa la posizione più appropriata?

(...) Non sono contro la Comunione in mano per principio, io stesso l’ho amministrata così ed in quel modo l’ho anche ricevuto. Facendo sì che la Comunione si riceva in ginocchio e che la si amministri in bocca, ho voluto dare un segno di timore e mettere un punto esclamativo circa la Presenza reale. Non da ultimo perché proprio nelle celebrazioni di massa, come quelle nella Basilica di San Pietro o sulla Piazza, il pericolo dell’appiattimento è grande. Ho sentito di persone che si mettono la Comunione in borsa, portandosela via quasi fosse un souvenir qualsiasi. In un contesto simile, nel quale si pensa che è ovvio ricevere la Comunione –della serie: tutti vanno in avanti allora lo faccio anch’io- volevo dare un segnale forte, deve essere chiaro questo: “È qualcosa di particolare! Qui c’è Lui, è di fronte a Lui che cadiamo in ginocchio. Fate attenzione! Non si tratta di un rito sociale qualsiasi al quale si può partecipare o meno”.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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